Le ultime piste


Abbiamo finora esposto le piste investigative che possiamo definire ufficiali, quelle cioè che sono state perseguite nel corso degli anni dagli organi inquirenti e che hanno portato, a seconda dei casi, ad archiviazioni, processi, assoluzioni o condanne passate in giudicato. Appartengono a queste piste le indagini che hanno riguardato i sardi, Pacciani e i Compagni di Merende, il dottor Calamandrei, il dottor Narducci e un ipotetico secondo livello, infine l'ex legionario Vigilanti.

Nel presente capitolo cercheremo invece di analizzare, e per quanto possibile valutare, le piste investigative che, almeno per il momento, non possono essere definite ufficiali ma che hanno un certo numero di sostenitori e in alcuni casi sono fra le più gettonate dell'ordierna mostrologia.


Il Rosso del Mugello
Abbiamo visto nel capitolo dedicato a La pistola del Mostro che la notte del 5 febbraio 1965 erano state rubate quattro armi da fuoco da una ferrammenta/armeria di proprietà del signor Romano Guidotti a Borgo San Lorenzo.
Le indagini degli inquirenti portarono a rintracciare gli autori del furto e a recuperare in due distinte operazioni di polizia a Firenze e a Brescia due delle pistole rubate.
Delle altre due pistole non rinvenute, che ancora oggi risultano disperse, una è risultata di particolare interesse per le indagini sul Mostro, in quanto si trattava di una Beretta Calibro 22 Long Rifle Serie 70 Modello 75 acquistata dall'armeria nel 1963.
Difatti, subito dopo il duplice omicidio di Vicchio, in piena epoca "Mostro", il maggiore Sebastiano Anzà sospettò che tale arma scomparsa potesse essere messa in relazione con i delitti del MdF. In un dettagliato rapporto dell'ottobre 1984, il graduato dell'Arma indicò come possibile possessore un uomo di origine mugellana, precisamente di Scarperia, nato nel luglio del 1938, amico e fiancheggiatore di coloro che avevano perpetrato il furto all'armeria.
Dal rapporto si evince che tale individuo negli anni '60 si era trasferito dal Mugello alla zona ovest di Firenze e che nel giugno del 1966 aveva subito una perquisizione per il furto della predetta Beretta; durante la perquisizione erano stati rinvenute armi e munizioni, fra cui due cartucce calibro 22 e una decina di bossoli. Infine, particolari riccamente suggestivi, costui aveva perso la moglie per un tumore al seno sinistro e nel 1980 era stato denunciato per reati contro la libertà sessuale.
Le indagini che seguirono al rapporto del maggiore portarono nel giugno del 1985 a una nuova perquisizione nell'abitazione del soggetto, che però non diede alcun frutto. Fu sequestrata, invero, una pistola, ma non risultò compatibile né con quella rubata nel 1965, né con la vicenda del Mostro. In seguito tale pista venne completamente abbandonata e del suddetto personaggio non si è più parlato a livello investigativo. A quanto risulta non rientrò neanche nella famosa lista della SAM.
In tempi piuttosto recenti, tuttavia, il documentarista Paolo Cochi ha concentrato le sue ricerche su tale individuo, dicendosi persuaso che ivi potrebbe risiedere la soluzione del caso. Stando alle informazioni da lui raccolte, tale soggetto potrebbe infatti essere (il condizionale è d'obbligo) la stessa persona dai capelli biondo-rossicco che, in occasione del delitto di Vicchio, era stato più volte avvistato in luoghi prossimi a quello del duplice omicidio e che, negli ambienti mostrologici, è ben noto come il "Rosso del Mugello".
Si è già accennato nel capitolo dedicato al delitto di Vicchio a queste segnalazioni riguardanti presumibilmente uno stesso sinistro personaggio. Le ripercorriamo in maniera più approfondita, non dimenticando che si tratta di segnalazioni rilasciate nell'immediatezza dei fatti e non a distanza di anni, dunque da ritenersi senza dubbio alcuno genuine.

1. La prima testimonianza è quella resa nei primi giorni di agosto del 1984 ai carabinieri di Vicchio dalla signora Tiziana Salvi, secondo cui un uomo venne notato sabato 14 luglio intento a spiare alcune ragazze che prendevano il sole sulle rive del fiume Sieve, in un punto estremamente vicino al luogo del delitto.
Stando a questa testimonianza si tratterebbe di un individuo molto distinto, "all'apparenza un professionsta", sui 40/45 anni, vestito con pantaloni chiari, beige o grigi, e con una camicia parzialmente sbottonata a maniche corte o rimboccate di colore bianco. Era alto circa 180 centimetri, di "corporatura robusta, meglio prestante, capelli corti con riga sul lato sinistro, leggermente stempiato". Per quanto riguarda i capelli, il verbale riporta "colore dei capelli sul castano chiaro, ma non escludo la gradazione dal biondo o al rossiccio".
2. La seconda testimonianza venne resa ai carabinieri di Vicchio il 2 Agosto 1984 dalla collega di Pia, Manuela Bazzi. La donna dichiarò che un personaggio molto simile a quello già descritto si presentò verso le 18 di sabato 21 luglio 1984 al bar "La Spiaggia" dove lavorava Pia. Importunò una ragazza chiedendole se era ancora accampata in tenda e alla risposta affermativa di questa, le disse che sarebbe andato a trovarla. Tale ragazza lasciò il bar piuttosto intimidita dall'atteggiamento dell'uomo.
Da verbale, la Bazzi descrive il soggetto con le seguenti parole: "Alta circa 1,80, molto robusto, viso tondo, colorito roseo accentuato, labbra carnose, senza barba né baffi, capelli corti, stempiato, colore biondo sul rossiccio, occhi credo marrone chiaro... apparantemente dimostrava circa 45 anni... appariva persona abbastanza curata e pulita anche se non vestiva in modo elegante... nel parlare dimostrava di essere toscano anche se non con accento marcato".
3. Secondo la testimonianza resa ai carabinieri sempre il 2 Agosto 1984 da un'altra collega di Pia, la signora Luciana Limmi, lo stesso personaggio si presentò nuovamente al bar il giorno successivo, domenica 22 luglio, chiedendo alla Limmi quante ragazze lavorassero in quel bar.
Queste le sue dichiarazioni: "La domenica precedente al 29/7/1984, mi trovavo al posto di lavoro unitamente a Pia, e ricordo che verso le ore 17.00 circa si presentava al banco un signore alto circa 1.75, abbastanza robusto, viso rotondo, di colorito roseo, capelli lisci corti con ciuffo che lo mandava sul lato sinistro, forse leggermente stempiato, i capelli erano di colore biondo chiaro, età apparente di circa 45 anni... aveva un accento toscano e quando parlava non mi sembrava fosse una persona del tutto normale, lo stesso mi scrutava in modo voglioso guardandomi dall’alto in basso".
4. Una settimana dopo, dunque sabato 28 luglio 1984 verso le 18.30, lo stesso personaggio tornò al bar e incontrò nuovamente la Bazzi. La chiamò per nome (nonostante la donna affermi che non si erano mai rivolti la parola prima) e le chiese se la sera andasse a ballare. In quell'occasione la Bazzi rimase così turbata che chiese ad altri avventori se conoscessero questa persona. Le fu risposto che probabilmente era di Scarperia.
5. Il pomeriggio successivo, domenica 29 luglio 1984, giorno del delitto, ci fu il famoso avvistamento di un uomo giudicato fortemente sospetto nel bar del signor Bardazzi. Abbiamo già parlato di questo episodio nel capitolo dedicato al duplice omicidio de La Boschetta.
Non è dato sapere se si tratti dello stesso individuo delle precedenti segnalazioni, la somiglianza in ogni caso non è trascurabile.
Riassumendo quanto già riportato, il signor Baldo Bardazzi, proprietario del bar La Torre a Borgo San Lorenzo, riferì alle forze dell'ordine che il giorno dell'omicidio, attorno alle 16:45, due ragazzi che lui successivamente avrebbe riconosciuto come Pia e Claudio, erano stati nel suo locale per una merenda. Subito dopo il loro ingresso, nel locale era entrato un uomo distinto, elegante, leggermente stempiato e con capelli sul rossiccio, di età sui 50 anni, alto almeno 175 cm, che sembrava mostrare un certo livore verso la giovane coppia. Quest'uomo aveva infatti ordinato una birra e si era seduto sui tavolini all'esterno del locale, continuando a guardare per tutto il tempo i due ragazzi in modo torvo e cattivo. Secondo Bardazzi, costui cercava di nascondere con una mano la propria bocca per non farsi scorgere mentre mormorava frasi (presumibilmente offensive) nei confronti della giovane coppia. Quando i due ragazzi, terminata la consumazione, avevano lasciato il locale, l'individuo si era affrettato a scolare in un unico sorso metà della birra rimasta nel suo bicchiere e a seguirli.
Il giorno successivo, Bardazzi aveva visto le foto delle vittime sui giornali e aveva riconosciuto la coppia uccisa come quella che era stata al suo locale. Di qui la decisione di presentarsi ai carabinieri per la propria testimonianza.
Inizialmente la sua deposizione fu presa piuttosto seriamente dagli inquirenti, anche perché il Bardazzi fornì un particolare che avrebbe trovato un certo riscontro nelle indagini successive. Dichiarò, infatti, che la ragazza del bar aveva mangiato un panino con le cozze, il che trovava corrispondenza con la testimonianza della mamma di Pia, secondo cui uno dei cibi preferiti di Pia fossero proprio le cozze. Fu, pertanto, tracciato un identikit del misterioso personaggio entrato nel bar e il Bardazzi fu invitato a seguire dall'alto il funerale della giovane coppia e segnalare l'eventuale presenza dell'uomo.
Col tempo, tuttavia, complice anche la strada intrapresa dalla Procura di Firenze, si è data sempre meno importanza a questo avvistamento.
6. Secondo la testimonianza resa da tale Franco L. ai carabinieri di Vicchio, la sera del 29 luglio, attorno alle ore 20:00, quindi circa un'ora e mezza prima che si consumasse il delitto, tale personaggio venne visto sempre al bar "La Spiaggia".
Questo il verbale redatto: "Non mi ricordo di preciso se sabato o domenica 28-29 luglio, ho notato nel bar La Spiaggia, che io frequento abitualmente, verso le 20:00 circa, un signore molto distinto, alto, di corporatura robusta, vestito con abito completo, stempiato, capelli chiari e corti, con lo sguardo mussoliniano, serio, entrare nel bar e consumare un caffè. Mi sono accorto di questo signore in quanto era molto distinto e portava la giacca, benché facesse molto caldo. Ricordo che la giacca era chiara e i pantaloni scuri. Individuo molto somigliante all'identikit (del Bardazzi, NdA) a parte la bocca che nella parte superiore mi sembrava più pronunciata".
7. Martedì 1 Agosto 1984, tre giorni dopo il delitto, il soggetto venne infine visto per l'ultima volta nei dintorni di Vicchio, ancora una volta al bar dove lavorava Pia. In questa occasione si limitò a prendere un caffè senza scambiare parola con nessuno. A servirlo fu Luciana Limmi.

Valutando nel complesso le suddette segnalazioni, queste sembrano realmente indicare un'unica persona e sorge spontaneo chiedersi chi potesse essere quest'uomo che con così tanta costanza ha frequentato nei giorni immediatamente precedenti al delitto sia il bar dove lavorava Pia, sia le sponde del fiume Sieve nei pressi della piazzola del duplice omicidio. Sorge spontaneo chiedersi anche perché subito dopo questi eventi, quest'uomo sia letteralmente scomparso, non facendosi più vedere in zona.
A queste segnalazioni dovremmo, inoltre, aggiungere altri due avvistamenti che potrebbero fare riferimento sempre allo stesso soggetto e che abbiamo già riportato nei capitoli dedicati ai relativi duplici omicidi.
8. Il primo avvistamento risale a qualche mese prima del duplice omicidio delle Bartoline, quando in una tarda serata del luglio del 1981 in un bar di Calenzano, non molto distante dal luogo in cui si sarebbe verificato delitto, una guardia giurata di nome Nicola Esposito era stata avvicinata da un uomo che aveva dimostrato un certo interesse verso la divisa e l'arma che l'Esposito stesso portava in dotazione. Quest'individuo, dopo aver mostrato all'Esposito tre cartucce, vecchie e ossidate, calibro 22 Long Rifle con la lettera H sul fondello, decise di regalargliele, sostenendo di averne altre 500 o 600 in casa. Costui venne descritto dall'Esposito come alto circa 1.80, di corporatura robusta, spalle larghe, stempiato, con i capelli color biondo-rossiccio.
9. Il secondo avvistamento è invece relativo al delitto degli Scopeti ed è riportato nella testimonianza rilasciata dal signor Giovanni Uras al Reparto Operativo dei Carabinieri di Firenze.
Costui dichiarò di aver visto un uomo di 40-45 anni, alto circa 180 centimetri, robusto, dai capelli castano rossicci aggirarsi nei pressi della piazzola degli Scopeti poco dopo le 18 di venerdi 6 settembre 1985.
Sulla base di questa testimonianza i carabinieri realizzarono un photo-fit dell'individuo indicato.
Ovviamente, non sappiamo se questa segnalazione fa riferimento allo stesso uomo visto più volte l'anno prima nei dintorni di Vicchio da diversi testimoni o addirittura allo stesso uomo visto quattro anni prima a Travalle dalla guardia giurata. Ci limitiamo, per ora, a riportare uno accanto all'altro l'identikit disegnato dopo la testimonianza del Bardazzi e il photo-fit realizzato dopo la predetta testimonianza del signor Giovanni.
Non sembrerebbe esserci eccessiva somiglianza, ma prima di soffermarci su questo aspetto, torniamo a seguire l'evoluzione della sicuramente suggestiva ipotesi investigativa.

Il primo a interessarsi alla pista cosiddetta mugellana fu l'avvocato difensore di Pietro Pacciani, Rosario Bevacqua, il quale, pur senza calcare troppo la mano durante il Processo di primo grado nei confronti del contadino di Mercatale, fece notare alla Corte la sinistra coincidenza di queste segnalazioni che convergevano verso un unico sospettato dalle chiare connotazioni fisiche.
La pista sembrò morire con la condanna in primo grado di Pacciani. Successivamente, in occasione del Processo ai Compagni di Merende, anche l'avvocato Filastò provò a puntare l'attenzione sull'avvistamento del Bardazzi, ma anche in questo caso senza successo.
Come abbiamo anticipato, l'interesse per questa pista è stato ripreso in tempi recenti dal documentarista Paolo Cochi. Le sue indagini, svolte come consulente dell'avvocato Antonio Mazzeo, avrebbero portato alla conclusione che tutte le segnalazioni su riportate potrebbero fare riferimento a un'unica persona e che questa potrebbe essere lo stesso individuo sospettato dal maggiore Anzà nel 1984.
In alcune recenti interviste, Cochi ha illustrato il quadro indiziario a carico del sospettato: nato a Scarperia in Mugello, classe 1938, morto nel 2009, condannato per favoreggiamento per il furto dall'armeria, vedovo, cacciatore, dalla corporatura corrispondente al photo-fit realizzato a seguito dell'avvistamento agli Scopeti, condannato nel 1980 per reati contro la libertà sessuale, proprietario, infine, di un'abitazione posta a circa 200 metri di distanza dal luogo in cui nel settembre 1985 era stata presumibilmente imbucata la lettera alla dottoressa Della Monica.
Aspetti riccamente suggestivi sono, come abbiamo già fatto notare, la morte della moglie per un tumore al seno sinistro, lo stesso seno che in due occasioni il MdF aveva escisso alle vittime femminile, e la condanna per reati contro la libertà sessuale, condanna maturata - stando sempre a qunto dichiarato dal Cochi - per un tentativo di violenza nei confronti di una minorenne.
Per ultimo, il soggetto avrebbe lavorato in ambienti vicini a quelli giudiziari, forse in Pretura, in questura o in Procura, non è ben chiaro questo aspetto in quanto le dichiarazioni dei parenti intervistati sembrerebbero discordanti. Sarebbero invece concordi nell'affermare che costui sarebbe stato buon amico di un ben noto magistrato fiorentino, impegnato in prima persona nella caccia al Mostro.
Il suo impiego lavorativo avrebbe potuto dargli un certo vantaggio nei confronti degli inquirenti, in quanto, entro certi limiti, avrebbe potuto conoscere o intuire in anticipo le loro mosse.

Ovviamente, anche questa pista invesigativa non è scevra da dubbi, incertezze ed eventuali detrattori nei vari ambienti mostrologici.
Premettiamo che anche se non è mai stato fatto il nome del sospettato, per il mondo mostrologico è stato piuttosto semplice risalire all'identità e svolgere proprie indagini. Si tratterebbe, infatti, di tale Stefano P.
Vediamo, dunque, cosa potrebbe non tornare nel quadro indiziario formulato.
● Per prima cosa, secondo gli amministratori del canale youtube I mostri di Firenze, nei giorni in cui si compiva il duplice omicidio degli Scopeti, il soggetto sarebbe risultato in vacanza a Forte dei Marmi, attenzionato dalle forze dell'ordine, dunque impossibilitato a commettere il duplice omicidio.
● Ma quandanche non fosse così (carte alla mano, Cochi sostiene, difatti, che non esiste alcun riscontro documentale sul punto), il soggetto in questione avrebbe commesso l'ultimo terribile duplice omicidio meno di due mesi dopo essere stato per la prima volta attenzionato, perquisito e interrogato dalle forze dell'ordine in quanto rientrato nelle indagini sul Mostro. Anche se questo non è ovviamente un punto dirimente, è indubbio che fornisca qualche spunto di riflessione: ci si aspetterebbe infatti maggiore prudenza da un soggetto consapevole di essere improvvisamente e per la prima volta finito nel mirino degli inquirenti.
● La discrepanza fra i due identikit solleva qualche dubbio sull'identità della persona che è stata segnalata nel 1985 e quella vista dal Bardazzi nel 1984.
È sicuramente vero che si tratta di due tipologie di ricostruzioni facciali completamente diverse: in un caso un disegno, nell'altro un photofit. Tuttavia non possiamo fare a meno di notare che lo stesso Bardazzi definì l'identikit realizzato sulla base della sua testimonianza "abbastanza somigliante".
● Per quanto riguarda gli avvistamenti del 1984, inoltre, non abbiamo alcuna certezza che riguardino tutti la stessa persona. In particolar modo non abbiamo evidenza che l'uomo visto dal Bardazzi sia lo stesso visto più volte al bar "La spiaggia" o sulle sponde della Sieve. Le descrizioni dei testimoni appaiono senza alcun dubbio convergenti, ma nulla più di questo possiamo dire.
● Particolarmente interessante risulta essere la testimonianza del Bardazzi, dato che verosimilmente i ragazzi entrati nel suo locale potrebbero proprio essere le future vittime del Mostro. Ora, sembra un po' complesso pensare a un MdF che non solo ha seguito la coppia Stefanacci-Rontini in pieno giorno dentro il bar di Bardazzi, ma si è spinto fino a osservarla con astio sotto gli occhi di tutti. A maggior ragione, sembra ancora più arduo pensare a un killer che si fa vedere da più persone nel bar dove lavorava Pia e senza alcuna remora decide di importunare qualche ragazza. Inoltre, nello stesso bar vi sarebbe finanche tornato per un'ultima volta a delitto compiuto. Tutto ciò va decisamente contro l'idea di personaggio estremamente cauto e calcolatore che il MdF ha sempre dato durante tutti gli anni della sua tragica attività delittuosa.
● Sarebbe anche lecito chiedersi perché lo stesso personaggio in un'occasione avrebbe assunto un atteggiamento assolutamente ostile e quasi da psicopatico nei confronti della coppia, tanto da doversi coprire la bocca con la mano per non far trapelare le parole che mormorava fra sé, mentre in altre occasioni si sarebbe comportato quasi normalmente, non importunando mai la Rontini, ma rivolgendo le sue forse spregiudicate attenzioni verso altre ragazze, senza tuttavia trascendere nell'ostilità né tanto meno in atteggiamenti malsani. Ancora una volta, sono aspetti che lasciano piuttosto perplessi.
● Infine, ci sarebbe da chiedersi come un personaggio con simili precedenti penali (condanna per favoreggiamento per il furto all'armeria, condanna per tentata violenza sessuale) possa esser finito a lavorare in ambienti giudiziari, pretura, questura o procura che fosse.

In ogni caso, le ultime informazioni ci dicono che dovrebbe essere stato presentato agli organi inquirenti un esposto sul cosiddetto "Rosso del Mugello" al fine di verificare la validità dei sospetti a suo carico.
Restiamo in attesa di eventuali futuri sviluppi.


Zodiac
Per quanto possa sembrare improbabile, la teoria "Zodiac" sta riscuotendo un certo consenso nell'odierna mostrologia, sia per l'indubbio fascino che esercita sugli appassionati di cold case, sia perché è sostenuta da personaggi piuttosto di spicco nell'attuale panorama mostrologico, dalla buona dialettica e dal pregevole background culturale.
Iniziamo questa breve trattazione con il chiarire chi è Zodiac.
Zodiac, anche noto come Zodiac Killer o killer dello Zodiaco, è stato un assassino seriale che ha agito nella California settentrionale tra il dicembre 1968 e l'ottobre 1969. L'appellativo venne coniato dallo stesso autore dei delitti in una serie di lettere inviate alla stampa dall'agosto 1969 fino al luglio del 1974, dunque ben oltre l'ultimo delitto ufficialmente da lui commesso. Tali lettere contenevano fra l'altro anche quattro crittogrammi (messaggi cifrati), uno dei quali rimane ancora oggi senza soluzione, mentre un altro è stato decriptato solo pochi mesi fa.
Zodiac uccise cinque persone in quattro agguati che videro complessivamente coinvolte sette persone, quattro uomini e tre donne; due di loro sopravvissero alle aggressioni. In verità al killer dello Zodiaco sono state attribuite numerose altre vittime, senza tuttavia che vi fossero prove sufficienti per confermarle.
Al di là del numero piuttosto esiguo di vittime e del tempo limitato in cui ha colpito, Zodiac è stato uno dei serial killer più conosciuti e temuti del ventesimo secolo. A far di lui quasi una tragica icona popolare sono state soprattutto le numerose lettere inviate a importanti giornali locali in cui sfidava, minacciava, derideva e quasi giocava con gli inquirenti.
Nonostante le serrate indagini e i numerosi sospetti, ad oggi l'identità dell'assassino rimane ancora sconosciuta. Forse questo è il motivo per cui il nome di Zodiac è stato recentemente accostato a quello del Mostro di Firenze.
Ma proviamo ad andare con ordine.
Il 6 giugno 1994 si presentò a deporre al Processo Pacciani l'ex soldato americano Giuseppe Bevilacqua, detto Joe. Dopo aver lasciato l'esercito, dal 1974 al tardo 1988 il Bevilacqua fu direttore del cimitero militare statunitense dei Falciani, a San Casciano in Val di Pesa. Il cimitero era estremamente vicino alla piazzola degli Scopeti. Lo stesso Bevilacqua abitava in prossimità del cimitero, dunque a una distanza di circa trecento metri in linea d'aria dalla suddetta piazzola.
Durante la sua testimonianza a processo (vedasi la relativa appendice), il Bevilacqua dichiarò fra le altre cose di aver visto Pacciani, vestito da guardiacaccia o con abbigliamento simile, aggirarsi sul luogo del delitto nei giorni in cui lo stesso ebbe luogo. Fu obbiettivamente una strana deposizione quella del Bevilacqua, abbastanza ricca di contraddizioni e incongruenze, in cui l'avvocato difensore del Pacciani, Rosario Bevacqua, sembrò quasi accusare il teste di poter avere a che fare con gli omicidi. Gli chiese infatti se nel 1968 fosse stato in Italia, se avesse posseduto o possedesse armi, fece notare alla corte l'estrema somiglianza con il Pacciani e in un fuori onda si lasciò andare a un commento forse scherzoso "può essere lui il mostro".
La testimonianza del Bevilacqua non fu comunque particolarmente determinante per la condanna dell'imputato e la questione sembrò terminare lì.
Tuttavia, circa ventiquattro anni dopo, precisamente nel maggio del 2018, il nome di Joe Bevilacqua tornò prepotentemente agli onori della cronaca mostrologica quando un giovane giornalista, Francesco Amicone, dichiarò in un lungo articolo su "Il Giornale" di aver raccolto le confidenze dell'ex soldato italoamericano, il quale gli avrebbe rivelato di essere stato sia l'autore degli omicidi in California attribuiti a Zodiac sia di quelli in Toscana attribuiti al Mostro di Firenze a partire da Rabatta nel 1974.
Le prime ammissioni sarebbero avvenute, stando a quanto dichiarato dallo stesso Amicone, nel corso di una lunga telefonata sopraggiunta al culmine di una serie di colloqui a casa dello stesso Bevilacqua, in un paese della provincia fiorentina. A tale telefonata sarebbe seguita la confessione vera e propria, durante la quale Bevilacqua avrebbe sostenuto che, dopo tanti anni, gli inquirenti americani non avrebbero potuto dimostrare chi fosse l'autore degli omicidi commessi da Zodiac.
Sempre stando alle dichiarazioni di Amicone, lui avrebbe consigliato al Bevilacqua di costituirsi ai carabinieri e di portare con sé la pistola con cui avrebbe commesso i delitti attribuiti al Mostro di Firenze.
Risulta facile capire come questa incredibile rivelazione, caduta come un fulmine a ciel sereno, risolvesse due annosi e inestricabili enigmi criminologici, l'identità di Zodiac e quella del MdF. Accolta con un certo scetticismo da gran parte della comunità mostrologica, a lungo sono state attese le prove promesse dall'Amicone che attestassero senza ombra di dubbio le rivelazioni del Bevilacqua. Prove almeno fino a oggi mai arrivate.
Inutile dire che non solo il Bevilacqua non si è mai costituito e non ha mai portato agli inquirenti la famosa pistola del Mostro, ma dopo l'esplosione medatica del caso (anche la trasmissione "Chi L'ha Visto" su RaiTre se n'è occupata) minacciò di querela il giovane Amicone. Non solo, pare che anche il difensore delle vittime francesi, l'avvocato Vieri Adriani, avrebbe presentato un esposto contro il giornalista per depistaggio delle indagini.
Negli ultimi tempi, infatti, le indagini in Procura si sarebbero orientate in modo da far chiarezza su alcuni punti della vicenda. Fonti giornalistiche (che, beninteso, potrebbero indubbiamente lasciare il tempo che trovano) rivelano che la Procura di Firenze avrebbe recentemente acquisito il DNA di Bevilacqua. L'ex direttore del cimitero americano sarebbe inoltre già stato sottoposto a un test su richiesta della Procura della Repubblica di Siena, nell' ambito delle indagini sull'omicidio della tassista Alessandra Vanni, uccisa nel 1997 a Castellina in Chianti. L'esito del test sarebbe stato negativo.
Negli ambienti mostrologici la teoria Zodiac, accolta inizialmente come la classica bufala estiva e dunque con estremo scetticismo, ha catturato col tempo l'attenzione di qualche valente studioso del caso, come Valeria Vecchione, la principale artefice delle indagini condotte sulla busta inviata dal MdF alla dottoressa Della Monica nel settembre del 1985 (vedasi il relativo capitolo).
Gli indizi che hanno portato una parte dell'odierna mostrologia dapprima a interessarsi alla pista Zodiac, in seguito ad abbracciarla, sarebbero:
▪ i messaggi cifrati inviati da Zodiac contenevano spesso riferimento alla parola "acqua";
▪ l'articolo di giornale da cui erano state ritagliate la maggior parte delle lettere utilizzate per comporre l'indirizzo sulla busta inviata alla Della Monica, era intitolato "Cari dolce acque";
▪ abbiamo visto che la rivista da cui furono ritagliate le suddette lettere era la numero 51 di "Gente", in edicola fra il 14 e il 20 Dicembre 1984; è risaputo che la data del 20 dicembre era una data molto cara a Zodiac: il 20 dicembre del 1968 Zodiac commise il suo primo omicidio; il 20 dicembre 1969 Zodiac spedì una lettera all'avvocato Belli, in cui chiedeva aiuto e allegava un pezzo della camicia di una sua vittima; pare che lo stesso Zodiac fosse nato il 20 dicembre;
▪ l'ultima comunicazione ufficiale inviata da Zodiac risaliva al luglio del 1974; da quel momento in poi, dopo cinque lunghi anni di intensa corrispondenza, di Zodiac si sarebbero perse tutte le tracce. Due mesi dopo, il 14 Settembre 1974, aveva inizio la tragica epopea del Mostro di Firenze con il delitto di Rabatta;
▪ le metodologie di attacco e le firme lasciate sui luoghi del delitto da Zodiac e dal Mostro sembrano (a parere di chi segue questa pista) piuttosto simili.
A onor del vero c'è da dire che quest'ultimo è un indizio talmente labile che non può neanche definirsi tale. Innanzitutto va precisato che Zodiac non attaccava solo coppie appartate in auto, ma in un'occasione uccise un tassista nella sua automobile. Inoltre in due occasioni Zodiac non riuscì a concludere mortalmente il proprio assalto, mancando di uccidere due delle vittime prescelte. Il Mostro di Firenze ha sempre attaccato coppie appartate in auto o in tenda e non ha mai lasciato in vita alcuna vittima, né alcuno scomodo testimone. Il Mostro aveva una vera e propria firma, forse anche più di una: sicuramente l'arma da fuoco, sempre la stessa dal 1968 al 1985; un'altra possibile firma (anzi secondo lo Spezi, la vera firma del killer) è stata l'allontamento del cadavere dell'uomo da quello della donna. Non risulta che gli omicidi di Zodiac siano stati contraddisti da una metodologia e un'eventuale firma inequivocabilmente riconducibile a lui;
▪ continuando, comunque, con gli indizi che accomunerebbero le due tragiche vicende delittuose, la registrazione del colloquio nel carcere di Pisa fra Mario Vanni e Lorenzo Nesi (vedasi il relativo capitolo) sarebbe un'ulteriore conferma della bontà della pista "Zodiac". In quell'occasione Vanni rivelò al Nesi che l'autore dei delitti fosse un tale Ulisse, l'americano. La Procura credette di individuare tale Ulisse nello stilista americano Mario Robert Parker (vedasi capitolo Il secondo livello), ma abbiamo già avuto modo di vedere come questa strada difficilmente possa essere considerata quella giusta. I seguaci della teoria Zodiac ritengono appunto che l'americano Ulisse fosse proprio il Bevilacqua;
▪ infine, quando l'ex soldato si presentò a deporre al processo Pacciani si era ben guardato dal dichiarare di essere stato un ex sergente dell'esercito degli Stati Uniti con 20 anni di carriera alle spalle e un turno di servizio in Vietnam. Al contrario si era presentato semplicemente come ex direttore del cimitero dei Falciani e, pressato dalle domande dell'avvocato Bevacqua, come ex "poliziotto criminale". Questa omissione sul suo passato sembra destare qualche dubbio all'interno della comunità mostrologica che crede nella teoria Zodiac. Come se omettere di esser stato un reduce del Vietnam potesse allontanare sospetti di qualsiasi tipo.

In tempi molto recenti (dal febbraio 2022), la vicenda ha avuto un ulteriore strascico giudiziario. A seguito della querela per diffamazione presentata da Joe Bevilacqua nei confronti di Francesco Amicone, la Procura di Firenze, nella persona del dottor Luca Turco, ha chiuso le indagini, rinviando a giudizio il giornalista. Nel fascicolo che archivia la pratica sul Bevilacqua, è possibile leggere che l'inchiesta giornalistica dell'Amicone "è caratterizzata da suggestioni, supposizioni, asserite intuizioni e non contiene alcun elemento fattuale suscettibile ad assurgere a dignità di indizio.".
Per maggiori dettagli, vedasi la pagina dedicata agli aggiornamenti.
Si attendono, al solito, sviluppi sul caso.


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