Le Bartoline


Data: Giovedì, 22 Ottobre 1981;
Luogo: Travalle di Calenzano (PO), località Le Bartoline;
Orario: Di difficile collocazione, probabilmente fra le 23.00 e le 24.00 secondo alcune testimonianze;
Vittime: Stefano Baldi, 26 anni; Susanna Cambi, 24 anni;
Automobile: Volkswagen Golf nera targata FI A21640;
Fase Lunare: Sei giorni prima del Novilunio: metà luna calante.
Fase Lunare: Cinque giorni prima del novilunio (età lunare -5gg). Illuminazione al 34%. Il 22 ottobre a Firenze la luna è tramontata alle ore 15:16 per poi sorgere il giorno successivo (23 ottobre) alle ore 1:52.


Prima del delitto
Il nuovo duplice omicidio avvenne di giovedì, dunque questo è l'unico delitto della serie (a parte quello del '68) che non è stato commesso durante il week-end. Va però detto che per il giorno successivo (venerdì 23 ottobre 1981) era previsto uno sciopero generale dei lavoratori, di quelli degli anni '80 che avevano larghissima adesione.
Il mese era quello di ottobre, dunque questo è l'unico duplice delitto che non è stato commesso in periodo estivo o più in generale con clima estivo.
Stefano Baldi era di Calenzano, abitava a La Querce in via Mugellese. Rimasto orfano di padre, era stato costretto ad abbandonare la facoltà di medicina e cercare lavoro presso il lanificio Stura a Vaiano. Susanna Cambi era di Firenze, era stata assunta dalla ditta "Eurogiochi" di Padova come telefonista per le televendite che venivano registrate all'Hotel Palace di Prato e trasmesse su TV Prato.
I due giovani erano prossimi al matrimonio, le nozze erano previste per la primavera successiva e per questo stavano già allestendo la casa in cui andare a vivere dopo il lieto evento, situata nello stesso stabile dove Sefano viveva con la mamma.
La sera del delitto i due ragazzi cenarono a casa Baldi, quindi fra le 22:00 e le 22:30 uscirono a bordo della Golf del ragazzo. Da quel momento in poi se ne persero le tracce.
Si è sparsa la voce secondo cui alcuni amici di Stefano riferirono che inizialmente il giovane doveva trascorrere la serata con loro guardando una partita di calcio e che solo alla fine cambiò idea decidendo di vedersi con la Cambi. In realtà, spulciando fra campionato di serie A, coppa Italia, coppe europee e partite della nazionale, non è possibile trovare alcuna gara che si sia giocata quella sera, quindi probabilmente si tratta della classica notizia falsa – come ce ne son tante in questa storia – che una volta diffusa è divenuta una verità storica.
Secondo il criminologo Enea Oltremari, il quale ha avuto modo di parlare con alcuni amici del Baldi, il ragazzo rinunciò invece agli allenamenti della sua squadra di calcio quella sera per poter passare un po' di tempo con Susanna.


Scena del crimine
L'automobile della coppia venne ritrovata fra le 10:00 e le 11:00 della mattina successiva (venerdì, 23 ottobre 1981) in una traversa sterrata di via dei Prati, località Le Bartoline, in una zona solitamente frequentata di sera da coppie e da giovani in cerca di un luogo appartato. Il ritrovamento avvenne ad opera di due contadini, Bruno Corsini e Armando Cavani, che si affrettarono ad avvertire le forze dell'ordine locali.
Ad arrivare per primi sul luogo del delitto furono dunque i carabinieri della caserma di Calenzano, con a capo il comandante della caserma, il maresciallo Dino Salvini. Successivamente sarebbe arrivato il tenente Vittorio Trapani, comandante del Nucleo Operativo della Compagnia di Prato.
L'automobile della coppia era posizionata a una cinquantina di metri da via dei Prati, al centro della stradina sterrata, bloccando di fatto il transito sulla stessa.
La vettura aveva il finestrino destro infranto, i frammenti di vetro sparsi sul sedile anteriore destro ed entrambe le portiere chiuse. I due cadaveri erano all'esterno dell'automobile; stando alla ricostruzione ufficiale del delitto, si tratterebbe dunque dell'unica volta in cui il MdF ha estratto anche il cadavere dell'uomo.
Il Baldi era sdraiato su un fianco a circa tre metri a sinistra dall'automobile in posizione quasi fetale. Non aveva i pantaloni, le mutande erano infilate solo alla gamba sinistra. Indossava una camicia, i calzini e uno stivale. L'altro stivale era in macchina, sul tappetino al posto di guida. Il ragazzo era stato raggiunto da 5 colpi di arma da fuoco e 4 coltellate post-mortem. Sotto l'unghia di un dito della sua mano destra furono rinvenuti due capelli di colore castano chiaro ed alcune tracce di tessuto. Nella perizia medica stilata dai dottori Mauro Maurri, Giovanni Marello e Maria Grazia Cucurnia è riportato che "possono essere attribuiti con estrema verosimiglianza a reperti piliferi appartenuti a Susanna Cambi".
Dal canto suo, la Cambi era stata attinta da 4 colpi di arma da fuoco e 4 di coltello. Venne ritrovata a circa 5 o 6 metri dall'automobile sulla destra, seminascosta dalla vegetazione, sul greto di un canale di scolo delle acque, quasi in posizione seduta. Aveva indosso la maglietta sollevata fino al collo, così come il reggiseno. Il seno sinistro presentava ferite d'arma bianca (forse un'anticipazione delle escissioni del 1984 e 1985). Portava una gonna lunga, tagliata verticalmente sul davanti da un colpo di arma bianca. Come nel delitto di pochi mesi prima, le era stato asportato il pube, ma questa volta in maniera più drastica rispetto a Mosciano. Il taglio era più vasto e più profondo tanto che nel Processo Pacciani si disse che era stato asportato anche il tessuto perianale ed erano visibili le anse intestinali. Nella mano sinistra, Susanna stringeva una ciocca di capelli. Da esami successivi risultarono appartenere al Baldi.
Non erano visibili segni di trascinamento sul corpo della ragazza tranne su una gamba dove erano presenti alcune striature che avrebbero potuto essere ricondotte a un trascinamento. Durante il Processo Pacciani, la dottoressa Cucurnia parlò di vaghissimi segni di trascinamento sul terreno che comunque era erboso e non lasciava evidenti tracce. Sempre la stessa dottoressa parlò di altri segni che avrebbero potuto far pensare a un trascinamento, in particolare visibili sull'unico stivale indossato dal ragazzo. Analogamente, durante il Processo ai CdM, il maresciallo dei carabinieri di Calenzano, Dino Salvini, riferì di aver ricordo di segni di trascinamento esclusivamente sull'erba che si trovava dalla parte sinistra dell'automobile delle vittime, mentre dalla parte destra vi era un tipo di erba diversa, bassa e tendente a rialzarsi, che dunque non poteva lasciare vistose tracce.
Dal canto suo, il super-poliziotto Michele Giuttari affermò durante lo stesso processo ai CdM che non furono affatto rivelate tracce di trascinamento, ma è bene precisare che Giuttari non era mai stato sul luogo del delitto e quindi riportava testimonianze raccolte nei verbali; inoltre il suo potrebbe essere inteso come un modo per tirare acqua al mulino della Pubblica Accusa, volendo cioè mettere in evidenza come sul luogo del delitto fossero stati presenti più esecutori che avrebbero potuto sollevare i corpi del ragazzo e della ragazza. Complessivamente non c'è dunque molta chiarezza - come sempre del resto - sulle testimonianze in merito.
Possiamo tuttavia concludere che, a differenza del delitto di quattro mesi prima in cui i medici legali esclusero l'ipotesi del trascinamento, in questo caso tracce in tal senso sembravano essere state rilevate.
La borsa di Susanna venne trovata sul sedile posteriore della macchina. Non venne trovato né un portafogli e/o un portamonete, né alcun documento della ragazza. Nella borsa venne invece rinvenuto un borsello vuoto chiuso e stranamente il libretto di circolazione della macchina del fidanzato.
Per concludere, vennero repertati sul luogo del delitto due particolari che avrebbero solleticato l'interesse di inquirenti e opinione pubblica:
▪ a circa cinque metri di distanza dalla parte anteriore dell'automobile, dunque dalla parte opposta di via dei Prati, fu rinvenuta sul terreno un'impronta piuttosto nitida di uno stivale numero 44.
▪ a circa tre metri di distanza dalla vettura fu rinvenuta una pietra tronco-piramidale molto caratteristica, lavorata a mano e verniciata di rosso, su cui parecchio si elucubrerà.


Dopo il delitto
Un nuovo duplice omicidio, a poco più di quattro mesi dal precedente, scatenò nell'opinione pubblica la vera e propria psicosi da serial killer.
Due giorni dopo, il 24 ottobre, venne scarcerato Enzo Spalletti che ben presto scomparirà definitivamente dalla vicenda. L'uomo si ritirerà a vita privata e, ancora oggi a distanza di tanti anni, rifiuta categoricamente di parlare con chicchessia dell'argomento (il che, per certi versi, può essere anche comprensibile).
Dopo questo duplice omicidio, gli inquirenti entrarono per la prima volta in possesso di un ipotetico identikit dell'assassino, ma aspettarono quasi un anno prima di divulgarlo.
Il 4 Novembre 1981, il Giudice Istruttore del Tribunale di Prato, dottor Salvatore Palazzo, richiese una perizia psichiatrica sull'autore degli omicidi, nominando come perito il dottor Carlo Nocentini, all'epoca psicologo e psicoterapeuta presso una struttura pubblica. Nocentini, che verrà ascoltato al processo contro i Compagni di Merende, parlerà di un soggetto probabilmente affetto da sindrome paranoide e porrà l'accento su un evento traumatico avvenuto in età infantile, forse avente a che fare con la figura materna, che potrebbe aver scatenato l'odio del cosiddetto Mostro nei confronti delle donne.


Avvistamenti e segnalazioni
► In una tarda serata del luglio del 1981 (quindi pochi mesi prima del delitto Baldi/Cambi) in un bar di Calenzano in zona Nome di Gesù, a pochissima distanza dalle Bartoline, una guardia giurata di nome Nicola Esposito era stata avvicinata da un uomo che aveva dimostrato un certo interesse verso la divisa e l'arma che l'Esposito stesso portava in dotazione. Quest'individuo, dopo aver mostrato all'Esposito tre cartucce, vecchie e ossidate, calibro 22 Long Rifle con la lettera H sul fondello, decise di regalarglieli, sostenendo di averne altre 500 o 600 in casa. Costui venne descritto dall'Esposito come alto circa 1.80, di corporatura robusta, spalle larghe, stempiato, con i capelli color biondo-rossiccio. La descrizione è simile a quella che altri testimoni hanno fornito di un possibile sospetto in occasione del delitto del 1984 a Vicchio e di quello del 1985 a Scopeti (vedasi il paragrafo dedicato al "Rosso del Mugello" nel capitolo La Boschetta).
L'Esposito aveva conservato le cartucce ricevute in dono per oltre tre anni, fin quando l'11 settembre del 1985, due giorni dopo la scoperta dell'ultimo delitto del MdF alla piazzola degli Scopeti, si era recato presso la caserma dei carabinieri di Prato e aveva reso testimonianza dell'incontro testé descritto alla presenza del maresciallo dei carabinieri Antonio Amore del Nucleo Investigativo di Prato.
Nota bene: Risulta doveroso precisare che le cartucce calibro 22 Long Rifle donate all'Esposito dal miserioso individuo non parevano compatibili con i bossoli rivenuti sulle scene dei crimini commessi dal Mostro, in quanto la famosa H sul fondello non presentava i caratteristici segni distintivi propri dei bossoli adoperati dal MdF.


L'identikit
A questo delitto risalgono le due segnalazioni più importanti relative a un uomo visto nei pressi della scena del delitto in orario compatibile con lo stesso. Dalla prima di queste segnalazioni fu realizzato l'identikit più celebre, quello che potremmo definire "ufficiale", del MdF. Queste segnalazioni furono verbalizzate dai carabinieri nei giorni immediatamente successivi al duplice omicidio e forse riguardano la stessa persona:
1. Due fidanzati della zona, Giampaolo Tozzini e Rossella Parisi, riferirono che fra le 23.40 e la mezzanotte di giovedì 22 ottobre, sullo stretto "ponte della Marina" incrociarono un'automobile di colore rosso che proveniva dal luogo del delitto e procedeva a velocità sostenuta, alla cui guida c'era un uomo di circa 45/55 anni, dal volto arcigno e sconvolto. Da questa segnalazione venne poi realizzato il celebre identikit del MdF e dunque possiamo dedurre che la polizia prese in seria considerazione questa testimonianza.
Per quanto riguarda l'automobile alla cui guida c'era l'ipotetico MdF, durante il Processo ai CdM, Tozzini dichiarò che presumibilmente la vettura era una Alfa GT. Presumibilmente perché – secondo le dichiarazioni dello stesso Tozzini - all'epoca esisteva anche la Lancia HF (sia Fulvia che Flavia) il cui davanti era in tutto simile alla GT. Da notare che, come si scoprirà diversi anni dopo, all'epoca del delitto delle Bartoline, il futuro indagato Giampiero Vigilanti aveva proprio una Lancia Flavia di color rosso (vedasi capitolo dedicato al Legionario).
Impressionante comunque la somiglianza dell'identikit realizzato con la figura di Giovanni Faggi, abitante nella zona del delitto e futuro imputato al Processo ai CdM. Tuttavia, sempre durante quel processo, la Parisi non riconobbe nel Faggi l'uomo visto quella notte, mentre il Tozzini, pur rimanendo piuttosto scettico sulla possibilità che l'uomo fosse il Faggi, parlò di buona somiglianza.
Va comunque precisato che sebbene le forze dell'ordine tennero in ottima considerazione questa testimonianza, tanto da far diventare il suddetto identikit quello ufficiale del "mostro", non esiste alcuna prova che il personaggio che Tozzini e Parisi incrociarono quella notte, fosse davvero il MdF. Per quanto se ne sa, avrebbe anche potuto essere un guardone che aveva assistito casualmente all'omicidio e ne fuggiva sconvolto.
2. Dal rapporto giudiziario dei carabinieri, emerge che un'altra coppia di fidanzati, rimasta anonima, quella notte ebbe uno strano incontro. La coppia, che stazionava all'inizio di via dei Prati, riferì di avere udito dei rumori all'esterno della propria automobile attorno alle 22.40 e di aver scorto un uomo che probabilmente tentava di avvicinarsi alla vettura. Il ragazzo era perciò sceso dall'automobile, ma l'uomo era fuggito con un'andatura "dapprima goffa, poi lesta". Dalla descrizione che la coppia rese di quest'uomo, si trattava di un individuo sui 45/50 anni, con i capelli radi, dritti e corti. Potrebbe essere lo stesso uomo visto in automobile da Pazzini e Parisi, ma ovviamente non vi è alcuna certezza in merito.

Su questi due avvistamenti, durante il Processo ai Compagni di Merende, creò un po' di confusione il maresciallo Dino Salvini, il quale probabilmente non ricordando esattamente come si fossero svolti gli eventi, riferì che il celebre identikit del presunto mostro fosse stato stilato sulla base delle segnalazioni concordanti, seppur distinte e separate, sia di Pazzini e Torrisi, che della seconda coppia. Questo ovviamente gettò un po' di scompiglio in aula, sia per la novità che rappresentava questa dichiarazione, sia soprattutto perché - qualora fosse stata vera - dava tutt'altro peso all'avvistamento di Tozzini e Parisi e alla bontà del relativo identikit.
A riportare le cose al loro posto furono gli interventi in aula nei giorni successivi del maresciallo Angelo Diotiaiuti, incaricato dal PM di fare chiarezza sull'argomento, e del graduato della polizia scientifica, Giovanni Simpatia, autore dell'identikit. Entrambi dichiararono, senza alcun indugio, che tale identikit era stato realizzato esclusivamente sulla base della segnalazione della coppia Tozzini-Parisi.


Particolarità alle Bartoline
● I proiettili usati per questo delitto furono Winchester a piombo nudo, così come a Mosciano, ma diversi da Rabatta e Signa. Avevano impresso sul fondello la solita lettera H ed erano stati sparati dalla medesima pistola Beretta calibro 22. Vennero rinvenuti 7 bossoli su 9 colpi sparati.
● Si è già detto della particolarità del giorno (giovedì) e del mese (ottobre). Questo risulta dunque l'unico duplice omicidio della serie attribuita al MdF che non avvenne d'estate ed è l'unico (a parte il 1968) che non avvenne di weekend. Inoltre, è l'unico duplice delitto che avvenne nello stesso anno di un altro (ad appena 4 mesi dall'omicidio di Mosciano) ed è quello che più di ogni altro fu eseguito fuori dalla tipica zona-mostro, ove storicamente si intende per zona-mostro quella di Scandicci (sud-ovest di Firenze) e quella del Mugello.
● In questo caso l'attacco da parte del MdF è avvenuto da destra, quindi dal lato passeggero.
Inoltre, per la prima e unica volta nella storia dei delitti commessi dal MdF, almeno stando alla ricostruzione ufficiale, il corpo della vittima maschile era stato tirato fuori dall'automobile e portato fra l'erba a circa tre metri di distanza. Molti studiosi ritengono - a parere di chi scrive a ragione - che il corpo di Stefano fosse stato estratto per rendere pulita la scena del crimine, non lasciare cioè alla vista di eventuali passanti tracce dell'efferato crimine mentre il killer compiva in disparte le escissioni sul corpo di Susanna. Si noti, a questo proposito, che le Bartoline è probabilmente il luogo più esposto (a parte Baccaiano) fra tutti quelli scelti dal MdF per commettere i suoi eccidi.
Vi è però una frangia di mostrologi che ritiene che fu il Baldi a uscire dalla macchina e a tentare una disperata fuga prima di essere ucciso. Non esistono prove a sostegno di questa ipotesi, se non del presunto terriccio ritrovato sul calzino destro del ragazzo e la consapevolezza, almeno secondo costoro, che non ci fosse alcun motivo per cui l'assassino avrebbe dovuto portar fuori dalla vettura anche il cadavere del ragazzo.
● Il cadavere del Baldi venne rinvenuto con una sola gamba dei pantaloni infilata. Nello stesso modo era stato rinvenuto pochi mesi prima il cadavere di Giovanni Foggi a Mosciano. Questo ha portato alcuni mostrologi a ipotizzare che l'agguato dei due differenti omicidi fosse avvenuto nella stessa identica maniera, con il killer che aveva appositamente scelto per colpire il momento in cui la componente maschile della coppia si stava sfilando i pantaloni. In quel momento, teoricamente, l'uomo sarebbe infatti stato maggiormente vulnerabile.
● A differenza dei due precedenti delitti (settembre 1974 e giugno 1981) la fase lunare era ancora piuttosto distante dal Novilunio, la serata tuttavia era piuttosto fredda e nuvolosa e la luna ancora piuttosto lontana dal sorgere. Molto probabilmente dunque la visibilità era comunque decisamente scarsa.
● A differenza del precedente delitto di appena quattro mesi prima, la Cambi fu raggiunta da 4 colpi d'arma bianca inferti post mortem, uno criminologicamente "interessante" al seno sinistro, forse una sorta di anticipazione delle escissioni mammarie dei delitti del 1984 e 1985.
● Come detto, l'asportazione del pube in questo delitto, sebbene simile nelle modalità, fu molto più profonda rispetto al precedente, tant'è che risultavano visibili le anse intestinali della povera Susanna. A proposito di questa asportazione si è spesso parlato di operazione di bassa macelleria. Anche questa, come a Scandicci, è stata eseguita da soggetto destrimane. Per i medici legali che si sono occupati del caso si tratta comunque indubbiamente della stessa mano.
IMPORTANTE: Come detto, il Baldi venne ritrovato all'esterno della vettura con addosso un solo stivale, l'altro era rimasto in macchina, posizionato in maniera forse insolitamente ordinata sul tappetino del posto di guida. Questa immagine potrebbe richiamare alla mente un altro delitto della serie, quello del 1968, in cui una delle calzature del Lo Bianco era sul tappetino della vettura, mentre l'altra era regolarmente al piede del cadavere. Da notare che all'epoca del delitto di Travalle non era stato ancora effettuato il collegamento col delitto di Signa, quindi secondo alcuni mostrologi sarebbe stato proprio il MdF a comporre appositamente quella parte di scena del crimine in modo da suggerire agli inquirenti il collegamento con Signa. In seguito, sempre secondo costoro, vedendo che la somiglianza non era stata colta, lo stesso MdF avrebbe provveduto per altre vie a rivendicare il duplice omicidio del 1968 (si veda capitolo La pista sarda).
● A proposito di calzature, come anticipato, venne ritrovata sulla scena del crimine un'orma di stivale numero 44. Non si è mai saputo a chi appartenesse anche se talvolta si è parlato di un incauto membro delle forze dell'ordine arrivato sulla scena la mattina dopo. Durante il Processo Pacciani, l'allora comandante della stazione dei carabinieri di Calenzano, il maresciallo Dino Salvini, accennò alla possibilità che questa orma fosse antecedente all'omicidio, in quanto sembrava che altre orme passassero sotto la macchina dei ragazzi e proseguissero oltre. Tuttavia, sempre durante la stessa udienza, l'allora ispettore della polizia scientifica, Claudio Valente, non confermò queste dichiarazioni.
In tempi più recenti, si è diffusa la voce che nuovi studi avrebbero accertato che quell'impronta fosse stata lasciata da uno scarpone di tipo militare in vendita in Francia. La notizia è stata riportata da diversi organi d'informazione e da alcune trasmissioni televisive, prettamente a diffusione locale, da sempre fortemente interessate alla vicenda. Ovviamente ciò poneva l'ultimo indagato per i delitti del MdF, l'ex legionario Giampiero Vigilanti, ancor più al centro delle indagini. Inoltre gli stessi studi evidenziavano possibili impronte di un cane sovrapposte a quella dello scarpone. Anche questo particolare andava a solleticare la fantasia dei cosiddetti "vigilantiani", in quanto l'ex legionario si dice fosse solito uscire nottetempo per lunghe passeggiate nelle campagne attorno a Prato con i suoi cani (vedasi capitolo dedicato al Legionario).
D'altro canto, risulta doveroso riportare le seguenti informazioni:
1. la posizione del Vigilanti è stata al vaglio degli inquirenti fino al novembre del 2020 e successivamente archiviata (vedasi capitolo dedicato agli aggiornamenti).
2. il Vigilanti porta un numero di scarpe (dovrebbe essere il 46) non compatibile con quello dell'orma rinvenuta sul luogo del delitto di Calenzano;
3. in un recente video, il noto blogger ed esperto balistico Enrico Manieri, meglio noto in mostrologia come Henry62 sembrerebbe aver smentito, fotografie alla mano, che l'impronta di Calenzano potesse essere stata lasciata da uno scarpone francese di tipo militare;
4. infine, già all'epoca del Processo Pacciani era stata avanzata l'ipotesi - aprioristicamente per nulla escludibile - che quell'impronta potesse essere stata lasciata da cacciatori, con cani al seguito, passati in loco prima del delitto.
● Venne inoltre trovata sul luogo del delitto una piccola pietra tronco-piramidale dalla superfice estremamente levigata e dipinta di rosso che diede il via a una serie di illazioni sul carattere esoterico di questo omicidio. Alcuni mostrologi hanno anche ipotizzato che tale pietra fu utilizzata dall'assassino per rompere il finestrino della macchina del Baldi. Va però detto che, sempre secondo quanto riferì il maresciallo Dino Salvini al Processo Pacciani, queste pietre in Toscana non hanno alcun particolare significato ma vengono appositamente levigate e decorate per essere usate come fermaporte nelle case di campagna. Come e perché poi una di queste fosse finita sul luogo del duplice omicidio, non è dato saperlo.
● Un particolare molto inquietante avvenne la mattina dopo l'omicidio, quando non solo la notizia del delitto non era ancora stata divulgata, ma probabilmente i cadaveri non erano ancora stati ufficialmente scoperti. Attorno alle 10.00 del mattino arrivò infatti una telefonata a Firenze a casa della zia di Susanna Cambi, la signora Maria Nencini in Pieraccini. Il chiamante, senza presentarsi, chiese con insistenza di parlare con la mamma di Susanna. La telefonata si interruppe bruscamente a causa di un guasto alla linea; lo sconosciuto interlocutore non ebbe più modo di mettersi in contatto con casa Pieraccini. L'aspetto più strano della vicenda è dovuto al fatto che in quei giorni Susanna, sua mamma e sua sorella alloggiavano momentaneamente proprio a casa della zia ed erano davvero in pochi a esserne a conoscenza. Chi aveva telefonato, qualunque fosse stato il motivo, sapeva dunque perfettamente di poter trovare lì la mamma di Susanna.
Secondo Wikipedia, la voce che effettuò la telefonata era: "chiara, distinta e priva di inflessioni dialettali". Secondo altre fonti, invece, la voce, gentile ma insistente, aveva un marcato accento toscano. La zia di Susanna è sempre stata convinta che quella telefonata fosse stata fatta dall'assassino.
Parte dell'odierna mostrologia tende invece a dare minor peso a questo episodio, valutando la possibilità che quella telefonata potesse avere a che fare con l'abitazione dove la famiglia Cambi sarebbe dovuta andare a vivere da lì a breve.
● Pare ci fosse stata una telefonata strana anche a casa del Baldi, ma su questo punto non c'è molta chiarezza: verso le 20.30 del 22 ottobre 1981, dunque circa tre ore prima dell'omicidio, Stefano ricevette una telefonata da un tal geometra incaricato di una pratica per la costruzione della casa che Stefano e Susanna stavano facendo erigere. La telefonata era stata presa dalla mamma di Stefano che in seguito ne riportò il particolare alle forze dell'ordine. Sembra che tutti i geometri interpellati abbiano in seguito smentito di aver effettuato tale telefonata, di conseguenza non è ben chiaro chi abbia cercato Stefano qualche ora prima del delitto.
● La Cambi aveva spesso frequentato il Mugello e la zona di Borgo San Lorenzo, luogo dove trascorreva le ferie estive e dove nel 1974 era avvenuto l'omicidio di Rabatta.
Inoltre, fino a poco tempo prima del delitto, Susanna aveva vissuto con la mamma e la sorella Cinzia in una casa in via Benedetto Marcello, nel quartiere San Jacopino a Firenze. Tale abitazione era di proprietà della signora Ada Pinori, moglie di un noto avvocato fiorentino, in seguito coinvolto nelle indagini sul Mostro di Firenze come presunto mandante dei delitti (vedasi capitolo Il secondo livello).
● Anche la povera Susanna (come la Pettini 7 anni prima) nei giorni precedenti all'omicidio si era lamentata di un tale che la pedinava e la importunava. In una circostanza, secondo quanto riportato dall'avvocato Nino Filastò, mentre era alla guida delle sua automobile la ragazza aveva quasi provocato un incidente stradale eseguendo una manovra brusca, spiegando poi alla madre, al suo fianco, che la manovra era dovuta a "un tale, il solito" che la seguiva e che lei non voleva incontrare.
Interrogata in merito, la già citata Cinzia Cambi, sorella della vittima, aveva fatto nomi di alcune persone sgradevoli che nel corso del tempo potevano aver importunato Susanna e fra questi figurava quello di tale Gianni Frezzolini, cancelliere del tribunale di Firenze, che a dire di Cinzia: "...ci ha sempre promesso aiuti per favorire la stipula del concordato (riferendosi ad attività lavorative della famiglia Cambi, NdA) ma non ha fatto mai nulla."
Stando alle informazioni riportate in un video dai ricercatori Dario Quaglia e Alessandro Flamini, un paio di anni dopo, precisamente nel novembre del 1983, il Frezzolini sarebbe stato arrestato insieme ad altre dodici persone, in quanto complice di una banda di rapinatori specializzata in colpi in ville nella zona di Firenze. Frezzolini venne condannato per aver fornito alla suddetta banda i duplicati delle chiavi dell'ufficio Corpi di Reato sia della Pretura di Lucca che del tribunale di Firenze, presso cui aveva lavorato. In tal maniera i componenti della banda potevano attingere al materiale (anche armi e munizioni) conservato nei suddetti uffici. Inutile sottolineare che verosimilmente nell'ufficio "Corpi di Reato" del tribunale di Firenze erano conservati anche i bossoli rivenuti sulle scene dei delitti del Mostro.
Come neanche troppo velatamente sottinteso dai predetti ricercatori, questo particolare potrebbe rivestire una certa importanza nell'ottica di un eventuale (molto eventuale a parere di chi scrive) depistaggio allorché gli inquirenti giunsero a collegare la scia delittuosa perpetrata dal Mostro con il delitto di Signa del 1968 (vedasi capitolo La pista sarda).
● Sempre a proposito del già citato avvocato Filastò, si è visto come nel delitto del 1974, il libretto di circolazione dell'automobile del Gentilcore fosse stato trovato sul pianale dell'auto, mentre nel giugno del 1981 il portafogli del Foggi fosse stato rinvenuto sul cruscotto della vettura. In questo delitto il libretto della Golf del Baldi venne ritrovato nella borsa della Cambi. Questo particolare ovviamente può essere suscettibile di diverse interpretazioni che riportiamo brevemente:
▪ normalmente o anche solo quella sera, la Cambi portava nella propria borsa il libretto di circolazione dell'automobile del fidanzato perché questi non voleva lasciarlo nel cassetto portaoggetti e/o non aveva una borsa dove infilarlo;
▪ anche in questa occasione, il killer, come già nei tre precedenti delitti (Signa, Rabatta, Mosciano) aveva frugato fra gli oggetti delle vittime e in particolar modo nella borsa della donna; forse ne aveva svuotato il contenuto su un sedile, per poi - dopo avervi dato un'occhiata - riposto tutto nuovamente dentro la borsa, non accorgendosi di averci infilato anche il libretto dell'automobile;
▪ il mostro era un "uomo in divisa" e si era presentato ai due giovani chiedendo i documenti (patente e libretto per intenderci), per poi colpire nel momento di maggior sorpresa; in seguito, come nell'ipotesi precedente, il mostro stesso avrebbe riposto il libretto nella borsa di Susanna.
● A proposito del contenuto della borsa della Cambi, risulta strana la mancanza di un portafogli o portamonete e di un documento di Susanna, tant'è che qualcuno ha ipotizzato potessero essere stati portati via dall'assassino. In realtà se nulla possiamo dire circa il portafogli, risulta certo che quella sera Susanna non avesse con sé i propri documenti, in quanto qualche giorno dopo il delitto la sua carta d'identità e la sua patente furono consegnati dalla sorella Cinzia ai carabinieri di Calenzano.
● Dopo questo delitto salì ai disonori della cronaca il nome del dottor Garimeta Gentile, ginecologo e direttore della struttura sanitaria Villa Le Rose. Si dice che fu una voce popolare, secondo cui la moglie del dottore aveva trovato i resti delle vittime femminili nel frigorifero di casa, a dare il via alle illazioni sul medico fiorentino. Alcuni cittadini inferociti si radunarono persino presso la residenza del primario che fu salvato dal linciaggio solo dall'intervento delle forze di polizia, costrette in seguito a presidiare a lungo la sua abitazione. Successivamente la Procura della Repubblica di Firenze diffuse un comunicato in cui ribadì fermamente la falsità di certe voci. Lo stesso medico si vide costretto a minacciare di querela tramite il proprio legale sulle pagine de "La Nazione" chiunque avesse continuato ad alimentare le voci di un suo coinvolgimento nei delitti del MdF.
● Attorno alla zona di Calenzano ruotavano diversi personaggi connessi in un modo o nell'altro con la storia del Mostro di Firenze. A parte le due giovani vittime, possiamo annoverare:
Salvatore Vinci che dal 1963 risiedeva alla Briglia, nel Comune di Vaiano, a pochi chilometri da Travalle;
▪ il futuro indagato Rolf Reinecke (vedasi capitolo Il secondo livello), conosciuto a Prato per essere stato socio di uno stabilimento tessile alla Briglia tra la fine degli anni '70 e gli inizi degli anni '80 e per aver sposato la signora Silvia Bartolini, appartenente ad una delle più note famiglie di industriali di Prato;
▪ il futuro indagato Giovanni Faggi, residente a poche centinaia di metri dal luogo del delitto, co-imputato nel Processo ai Compagni di Merende, in seguito assolto da ogni accusa (vedasi capitolo Faggi e Corsi);
▪ L'ultimo indagato per i delitti del Mostro, l'ex legionario Giampiero Vigilanti, originario di Vicchio (come Pacciani) ma residente da anni a Prato, nella zona del Cantiere.
● Pur se non in maniera diretta, avrebbe avuto dei contatti con Calenzano anche il futuro imputato Pietro Pacciani. Un contatto era sicuramente dato dal già citato Giovanni Faggi, commerciante calenzanese, il quale aveva conosciuto Pacciani nel 1977 e con cui era rimasto presumibilmente amico, nonostante durante i Processi il Faggi avesse ovviamente fatto di tutto per sminuire tale conoscenza.
Un secondo punto di contatto era dato da uno dei datori di lavoro di Pacciani, l'imprenditore Afro Gazziero (alcune fonti, anche prestigiose, riportano il nome con una sola "zeta", ma la versione corretta è quella con due "zeta"). Ricco industriale di origine bolognese, all'epoca dei fatti il Gazziero aveva dei terreni agricoli a San Casciano, presso cui per un certo periodo aveva lavorato Pacciani, e un'azienda a Calenzano. Stando a quanto riportato nel Processo Pacciani, tra l'ottobre e il novembre del 1982 tale azienda venne colpita da un incendio di vaste proporzioni, al termine del quale il Pacciani ricevette il compito di dare una mano a ripulire i locali devastati dal fuoco e dal fumo. In questa occasione il Pacciani si appropriò - come probabilmente suo costume - di diversi oggetti rinvenuti nei locali. Stando ai suoi memoriali, fra questi oggetti vi era anche il famigerato disegno "Sogno di Fatascienza", che tanta parte avrebbe avuto nel processo a suo carico (vedasi il relativo capitolo).
Secondo alcune fonti mostrologiche, l'azienda era prospiciente al luogo del delitto, in realtà come si apprende nell'udienza del 1 giugno 1994 del Processo Pacciani, era sita in via Garibaldi 70, in linea d'area molto vicina, ma non prospiciente. C'è da sottolineare anche come l'incendio e il successivo impiego del Pacciani in loco fosse avvenuto circa un anno dopo il delitto delle Bartoline. Più in generale, secondo le fonti ufficiali, il rapporto lavorativo fra Pacciani e Gazziero aveva avuto inizio proprio nel 1982, quindi anche in questo caso successivamente al delitto. Ovviamente ciò non impedisce che Pacciani potesse aver lavorato in nero per il Gazziero e dunque frequentato Calenzano anche precedentemente, ma nulla attesta una simile eventualità.
● Questo viene solitamente considerato il delitto che scagiona il dottor Francesco Narducci, in quanto in quei giorni il celebre gastroenterologo era a Philadelphia negli USA per un convegno medico, particolare questo confermato anche dal magistrato Giuliano Mignini, uno dei grandi accusatori del Narducci. Secondo le fonti ufficiali, infatti, il Narducci partì per gli Stati Uniti il 16 settembre 1981 e rientrò in Italia il 13 dicembre 1981. A detta dello stesso Mignini, i timbri sul passaporto non sembrano lasciare spazio a dubbi.
Tuttavia, alcuni mostrologi convinti della colpevolezza del Narducci non esitano a sostenere che il medico possa aver fatto in tempo a rientrare silenziosamente in Italia in occasione del delitto, a dispetto degli scioperi nazionali che in quei giorni affliggevano il paese, per poi tornare di nuovo altrettanto furtivamente negli States.
● Una settimana dopo il duplice omicidio, precisamente il 29 ottobre 1981, il quotidiano "La Nazione" riportò un inquietante episodio accaduto presso la Galleria degli Uffizi a Firenze, che la voce popolare collegò subito alle vicende del Mostro di Firenze. Mano ignota aveva infatti sfregiato alcuni dipinti rtraenti nudi femminili. Tre di questi sfregi riguardavano la zona pubica delle figure femminili, completamente asportata con un intarsio triangolare. Secondo la voce del popolo a realizzare quegli sfregi era stato proprio il Mostro di Firenze in visita agli Uffizi. Si scoprirà successivamente che l'articolo faceva riferimento, però, a un episodio accaduto nel lontano 1965, ben sedici anni prima gli eventi di Calenzano e tre anni prima il duplice omicidio di Castelletti.
● Dopo questo delitto, il 15 Novembre 1981, non sapendo minimamente dove andare a cercare l'assassino, il Giudice Istruttore di Prato, Salvatore Palazzo, si recò da una celebre sensitiva di Scandicci, la signora Teresa Stoppioni, nella speranza di ricavare qualche informazione sul mostro. La sensitiva diede una marea di informazioni sull'assassino, sui luoghi che frequentava, le sue abitudini, i suoi interessi, le sue conoscenze, persino le parole che usava. Ai fini pratici, però, tutte queste informazioni si rivelarono (ovviamente) inutili. Uno sconsolato dottor Palazzo commentò a questo modo la visita: "Parlò molto, ma le tante cose che disse non risultarono poi utili. La verità è che le provammo tutte, anche quella di ascoltare cosa aveva da dirci una veggente."


Mostrologia alle Bartoline
La domanda più ricorrente riguardo questo duplice omicidio è "perché un delitto fuori stagione", "fuori zona" e a così breve distanza dal precedente?
Vediamo le ipotesi che si possono fare:

IPOTESI N° 1: Gli impulsi del MdF erano diventati incontrollabili, di qui l'esigenza di colpire alla prima occasione utile, indipendentemente dall'intervallo di tempo, dalla zona e dalla stagione.

IPOTESI N° 2: Unico scopo di questo delitto era far scarcerare Enzo Spalletti, quindi doveva essere eseguito alla prima occasione utile, indipendentemente dall'intervallo di tempo, dalla zona e dalla stagione.

IPOTESI N° 3: Il MdF aveva puntato proprio quella coppia, ma non poteva attendere l'estate successiva per colpire in quanto a breve i giovani si sarebbero sposati e sarebbero andati a vivere insieme, non avendo così più necessità di appartarsi in macchina.

IPOTESI N° 4: In accordo con la teoria espressa nel precedente capitolo da De Gothia, il MdF colpisce subito dopo la visione del film Maniac, in proiezione dal 15 al 22 ottobre 1981 in un cinema di Firenze. Dunque, prima il trailer martellante che aveva stuzzicato la psiche labile del mostro in occasione del delitto di giugno, poi la visione vera e propria del film, la cui ultima giornata di proiezione era la stessa del duplice delitto di Ottobre, spinsero il MdF a colpire.

IPOTESI N° 5: La meno gettonata e forse per questo meno probabile ma comunque degna di essere citata; un'ipotesi che vede in stretta relazione i due delitti del 1981. Il primo, quello di Scandicci (6 giugno), è stato il delitto più precoce considerando l'anno solare fra quelli del MdF. Forse è stato precoce proprio perché il killer aveva già deciso di colpire due volte quell'anno, tentando di distanziare gli episodi più possibile da un punto di vista temporale, senza però allontanarsi troppo dalla stagione estiva.

Volendo dissertare sulle ipotesi appena esposte, l'ipotesi 1 è poco credibile, considerando che dall'anno successivo i delitti tornarono a cadenzarsi annualmente, anzi addirittura sia nel 1982 che nel 1983 il MdF pur non riuscendo a effettuare le escissioni non tornò a colpire una seconda volta nello stesso anno.
L'ipotesi 2 è più sensata, ma c'è da chiedersi se davvero al MdF interessasse il destino di una persona come Spalletti. Forse il mostro temeva che Spalletti a lungo andare potesse davvero dire qualcosa, specie considerando che, a quanto si dice, stava per essere trasferito nel carcere di Arezzo; o forse non voleva che qualcuno fosse accusato dei delitti al suo posto; o ancora magari c'era stata davvero una sorta di complicità fra MdF e Spalletti.
L'ipotesi 3 è credibile, sia se consideriamo che la Cambi prima del delitto parlò di qualcuno che la importunava, sia se pensiamo alla misteriosa telefonata a casa della zia. Entrambe le situazioni fanno pensare a una ragazza effettivamente controllata. Poi che a importunarla e a fare quella telefonata fosse stato veramente il MdF, ovviamente non possiamo saperlo. Così come, ammesso fosse stato lui, non possiamo sapere se il delitto di Calenzano sia stato commesso proprio in accordo con l'ipotesi 3.
Poco possiamo dire sull'ipotesi 4, sicuramente suggestiva, ma priva di fatti concreti su cui poterla realmente basare. Tuttavia, ha una certa coerenza pensare nel complesso all'ipotesi "Maniac" riferita ai due delitti del 1981.
L'ipotesi 5, infine, non offre alcun appiglio di riflessione, va presa per quella che è, mera speculazione senza alcuna possibilità di riscontro o approfondimento.


7 commenti:

  1. Il sanpietrino che forse era usato come fermaporta mi è molto familiare quando lo vede o ne sento parlare,io ho portato solo indizi che secondo molti sono solo suggestioni,ma nessuno mi ha provato che mio padre non aveva la htjunior rossa,quindi insieme all identikit ritengo di poter avere i miei dubbi e sospetti,poi il sanpietrino lo deve aver lanciato dietro la macchina per sorprendere la coppia,inoltre mio padre aveva un volpino e ho letto che insieme all impronta c'era anche una di un cane non da caccia !

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  2. e come no'''''h ah aha lo mostro di firenze che va ad ammazzare con un auto rossa ha ah ah ah ah

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  3. Il mostro non era un serial killer, era un gruppo di persone malate, insospettabili dediti a riti esoterici/magia nera di natura sadico sessuale...che poi sia stata una setta non e' importante...un gruppo ben orgsnizzato che individuava le vittime, le quali non erano scelte a caso: numeri di targa di coppie trovati a casa di almeno due imputati. Tagli/escissioni non sempre professionali, infatti fate da almeno due distinte persone, che hanno agito nei diversi delitti. Piu' sparatori, almeno due diverse persone hanno agito con la famosa pistola. Guardoni che aiutavano per seguire le vittime...e poi coloro persone importanti che partecipavano ai festini/riti esoterici sadico sessuali.....il piu' grande errore fatto da inquirenti e giornalisti e' aver cercato un killer serial killer solitario....il padre di Pia Rontini aveva individuato il vero bandolo della matassa complessa....tutto si sarebbe smascherato facendo indagini serie e accurate su Calamandrei e le su conoscenze e frequentazioni...alcune importanti e di insospettabili.....continuate a non capire nulla...

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    1. ha ha ha haaa ecco unaltro che ha capito tutto della vicenda e della vita ha ha hahahaha
      tante boiate tutte insieme, dai tempi del processo vanni+3 non si sentivano haha ha hah haaaha

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  4. L'assassino e' una sola persona nemmeno tanto intelligente ,lavoro mediocre delusione d'amore e incapace di relazionarsi con gli altri , triste malinconico, vive da solo o con anziani genitori. Si e' salvato perche' a quei tempi non esistevano cellulari e telecamere.

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  5. Pacciani lotti vanni i mostriciattoli di firenze?? a h hah aah ha a a ahhahahahaahallucinante

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  6. Tutti gli omicidi evidente chiarissimo che servono ad appagare una sola persona ,ma come si fa' ma come si fa' dico io a credere che tre o quattro persone riescano a mantenere un segreto simile per anni perdipiu' ubriaconi da osteria

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