Il medico di Perugia


Uno dei nomi maggiormente ricorrenti in mostrologia quale possibile autore dei duplici delitti storicamente attribuiti al Mostro di Firenze è quello del dottor Francesco Narducci, giovane e stimato gastroenterologo appartenente a una delle famiglie più facoltose e importanti di Perugia.
Vicenda piuttosto complessa quella del Narducci, ricca di voci, infarcita di misteri; cercheremo di raccontarla al meglio in questo e nel prossimo capitolo, comunque consapevoli che non sarà impresa semplice.
Nato il 4 ottobre 1949, dopo la laurea in medicina, nel 1974 Narducci svolse il servizio militare a Firenze. Al termine, gli almanacchi accademici ci dicono che divenne il più giovane professore associato d'Italia.
Nel 1977 conobbe a una festa Francesca Spagnoli, di dodici anni più giovane, nipote di Luisa Spagnoli, imprenditrice nota soprattutto per la creazione dei "Baci Perugina" e della linea di abbigliamento che ancora oggi porta il suo nome.
La coppia si unì in matrimonio il 20 giugno del 1981, esattamente due settimane dopo il duplice delitto di Mosciano di Scandicci, il primo fra quelli a cadenza annuale commessi dal MdF.
Tre mesi dopo, il 16 settembre, il dottore partì per Philadelphia, Stati Uniti, per un convegno medico che si sarebbe protratto fino alla fine dell'anno. Narducci rientrò ufficialmente in Italia il 12 dicembre del 1981. In quel lasso di tempo si era compiuto il delitto di Calenzano che di fatto assolverebbe il medico dall'essere il serial killer delle coppiette.
Molti sono stati i sospetti avanzati nel corso degli anni circa la reale presenza del Narducci negli Stati Uniti nei giorni in cui il Mostro colpiva a Calenzano, tuttavia dalle indagini effettuate, di cui si occupò in prima persona anche l'Interpol, non sembra possibile che il dottore potesse essere (più o meno furtivamente) rientrato in Italia in quel periodo e poi altrettanto furtivamente ritornato a Philadelphia. In merito si è espresso (anche in tempi recenti) Giuliano Mignini, il magistrato di Perugia che nei primi anni del nuovo millennio ha riaperto le indagini sulla sospetta morte del medico perugino e sull'eventuale collegamento con i delitti del Mostro. Il dottor Mignini, uno dei più grandi accusatori del Narducci, ha avuto modo di confermare come dal controllo dei passaporti non sembrerebbe possibile che il famoso gastroenterelogo potesse essere stato in Italia in occasione del duplice delitto delle Bartoline. Tuttavia, questo particolare non taglierebbe la testa al toro, specie nell'ottica di omicidi su commissione ed eventualmente perpetrati da più persone.
Il coinvolgimento di Narducci nei delitti del mostro è difatti da sempre dibattuto e la sua indubbiamente strana morte, un mese dopo il duplice omicidio degli Scopeti, ha amplificato i sospetti.
Sembra che già nel 1986 il nome del giovane rampollo perugino figurasse alla riga 181 della famosa lista della SAM (Squadra Anti-Mostro), la lista che raccoglieva i nomi di tutti coloro che per un motivo o per un altro erano sospettati di essere i possibili autori degli omicidi. Come tale nome fosse rientrato nella lista, al momento non è dato sapersi: ci sono alcune ipotesi che non mancheremo di valutare.
Quel che tuttavia oggi possiamo dire - quasi senza timore di smentita - è che sopratutto dopo la riapertura dell'inchiesta agli inizi del nuovo millennio da parte della Procura di Perugia, si sono sedimentate nella vulgata mostrologica una serie di misteri, false informazioni, talvolta veri e propri equivoci, che hanno accostato la figura del medico perugino a quella del Mostro di Firenze molto più di quanto la realtà dei fatti - almeno quella a noi nota - avrebbe dovuto fare intendere. A dispetto delle innumerevoli voci, dei sospetti e delle più o meno velate accuse che si son susseguite, non è mai emersa alcuna reale prova a carico del dottore. E la sensazione che si riscontra, dopo aver approfondito in ogni aspetto la vicenda, è quella se non di un disegno, quanto meno di plurimi e talvolta forzati tentativi di coinvolgerlo nella tragica epopea dei delitti del Mostro.


Equivoci Mostrologici
Almeno due sono gli episodi relativi alla figura di Francesco Narducci che fino a poco tempo fa venivano dati per certi e che invece recentemente si è scoperto essere se non proprio bufale, sicuramente grotteschi equivoci:

1. Il primo episodio riguarda il presunto avvistamento dell'automobile del medico perugino nei pressi di un casello autostradale di Firenze la sera dell'8 settembre 1985, data in cui ufficialmente si fa risalire il duplice omicidio degli Scopeti.
Abbiamo infatti visto che è sempre stata piuttosto ricorrente la voce secondo cui la targa della Citroen Pallas del Narducci fosse stata registrata a un casello autostradale fiorentino la presunta notte dell'omicidio dei francesi. Abbiamo anche ribadito che non esistono al momento riscontri ufficiali che accertino questo episodio.
Ultimamente, tuttavia, aveva iniziato a girare per il web un documento datato 4 aprile 1986 che aveva illuso i mostrologi, in particolar modo quelli di fede narducciana. In tale documento, inviato dalla questura di Firenze a quella di Perugia e avente per oggetto il "Duplice omicidio Mauriot-Kraveichvili", venivano richiesti accertamenti su un individuo la cui automobile era stata appunto segnalata al casello di Firenze Nord alle 22.05 della presunta notte dell'omicidio (8/9/1985). Tale documento era stato sbianchettato a dovere da mano ignota per non mostrare i dati sensibili del soggetto su cui si chiedevano indagini, lasciando però maliziosamente visibili le parole "automobile", "medico" e "Perugia".
Banale a dirsi, chiunque l'avesse visto avrebbe sicuramente collegato in perfetta buona fede il soggetto in questione con il Narducci, trovando così finalmente conferma ufficiale alle voci che per anni si erano rincorse.
È emerso però che il documento privo di cancellazioni fa riferimento a un medico nato a Palmi (Reggio Calabria) e residente a Perugia, tale C. Zapponi, possessore di una FIAT PANDA ed effettivamente passato dal casello di Firenze Nord alle 22.05 del giorno 8 settembre 1985. Inutile sottolineare che tale individuo è in seguito risultato completamente estraneo alla vicenda del Mostro di Firenze.
Rimane dunque al momento ancora non documentata l'eventuale segnalazione dell'automobile del Narducci.

2. Più degno di approfondimento risulta essere il secondo episodio: per molti anni si è infatti creduto che un ispettore di polizia a capo della Squadra Mobile di Perugia, il dottor Luigi Napoleoni, avesse condotto fra il settembre e l'ottobre del 1985 una serie di serrate indagini su Francesco Narducci, sospettandolo di essere il Mostro di Firenze.
In seguito alla nuova inchiesta aperta dalla Procura di Perugia nel 2001, sono infatti emersi fra i vari fascicoli e registri della questura perugina alcuni documenti che hanno effettivamente portato a ritenere che il predetto ispettore Napoleoni stesse indagando sul celebre gastroenterologo come possibile autore o co-autore dei delitti attribuiti al Mostro.
Esplicativi in tal proposito, ad esempio, i seguenti due documenti rinvenuti nella sede della questura perugina:
● il primo è un foglio datato 30 settembre 1985 su cui l'ispettore Napoleoni aveva annotato testualmente:
"mostro di Firenze — ufficio postale — bar Jolly — via stretta — città — seduto fuori — colore di capelli castani — occhi — occhiali scuri — vestito maglietta bianca, blu jeans — un po' di barba — niente orologi — bracciale".
Sull'altro lato del foglio era scritto: "Timberland — solo al bar — soldi dove sono — in tasca della maglietta".
Di traverso era riportato "Jach'ò (discoteca "Jackie'O"? n.d.r.) — no macchina—sembra che... lettere sigillate pubblico presente — raccomandata — occhiali nel cassetto dell'ufficio postale — soldi in tasca... ore 14 lui no perché finiva il suo lavoro. uscito 21.00 oggi pizzeria in taxi (Fi)... telo marrone mancante (nasconde?) in una casa disabitata lontana dall'ufficio postale - taxi colore azzurro".
Questi appunti piuttosto criptici sono stati per anni oggetto delle più svariate interpretazioni da parte dei mostrologi, ma nessuno ha mai dubitato che facessero riferimento alle indagini che il Napoleoni stava conducendo sul Narducci.
● il secondo documento rinvenuto è una nota sul registro degli straordinari della questura di Perugia che riportava testualmente "08 ottobre 1985 Indagini di PG in Foligno per duplice omicidio Firenze".
Anche in questo caso, in tutti gli ambienti mostrologici (a onor del vero, senza distinzione alcuna) si è sempre dato per scontato che l'ispettore Napoleoni si fosse recato a Foligno per svolgere accertamenti presso lo studio del padre di Francesco, lo stimato ginecologo Ugo Narducci, che ivi esercitava parte della sua attività professionale. Anzi, uno dei temi più dibattuti riguardava proprio la datazione di tali accertamenti folignati, in quanto proprio in quei giorni si compiva il drammatico destino del giovane medico perugino.

Vedremo come sia per le indagini svolte a Firenze, sia per quelle svolte a Foligno, la realtà sembra essere piuttosto distante da tali interpretazioni.
È onesto comunque affermare che i suddetti equivoci sono probabilmente nati proprio a seguito delle dichiarazioni dello stesso Napoleoni che, interrogato il 25 gennaio del 2002, alla presenza del magistrato Giuliano Mignini, dichiarò:
"Ricordo anche che, dopo il ritrovamento del cadavere (del Narducci stesso), non ricordo con precisione quando, andai a Firenze nell'abitazione che poteva essere stata utilizzata dal dr. Francesco Narducci per ricercare parti di corpo femminili sotto alcool e sotto formalina; non ricordo l'ubicazione dell'appartamento, ricordo solo che si trattava di una costruzione non recente a più piani, non ricordo se relativa ad un condominio. Non ricordo neppure la zona dove si trovava l'abitazione; a me sembra, ma non ne sono sicuro, che siamo entrati dentro Firenze. Di quella casa ho un solo ricordo, di un corridoio, ma non ricordo chi mi ci mandò né con chi fossi, probabilmente con un collaboratore della squadra mobile. Le ricerche diedero esito negativo".
Come si evince, a distanza di 17 anni dai fatti, Napoleoni dimostrò di non ricordare quasi nulla della pur importante perquisizione che aveva condotto alla ricerca dei feticci del Mostro. Tuttavia, sebbene piuttosto confuse e farcite di "non ricordo", tali dichiarazioni non sembravano lasciare spazio a dubbi sul fatto che l'ispettore avesse a lungo cercato a Firenze e dintorni i feticci nascosti dal Narducci e dunque lo avesse inequivocabilmente associato ai delitti del Mostro.

Solo recentemente la verità, o parte di essa, è venuta a galla grazie alle ricerche di alcuni studiosi, in particolar modo del più volte citato blogger Francesco Cappelletti.
Studiando carte e verbali venuti ultimamente alla luce, è stato possibile ricostruire le indagini condotte dal Napoleoni sia a Firenze che a Foligno, arrivando alla sorprendente conclusione che le stesse non fossero indirizzate verso il Narducci.
Per fare charezza partiamo dal rinvenimento di un rapporto, datato 30 settembre 1985, in cui Napoleoni informava il proprio diretto superiore, dottor Alberto Speroni, delle proprie attività investigative.
Tali attività possono essere riassunte come segue: quattro giorni prima, per la precisione il 26 settembre, un amico di Perugia, tale Franco Picchi, aveva presentato al Napoleoni una ragazza ventenne di Prato, di nome Cristina P., affinché la stessa potesse esporgli confidenzialmente quanto le era capitato. La suddetta Cristina rivelò che nel gennaio o nel giugno del 1984 (la ragazza sarà piuttosto titubante sul mese esatto, NdA) aveva conosciuto nella discoteca Jackie O' di Firenze il signor Paolo Poli, pratese anch'egli, di altezza superiore ai 185 centimetri, corporatura robusta, di 40 anni circa, dai capelli brizzolati tirati indietro e il naso lungo e dritto. In seguito questo Paolo l'aveva convinta a seguirlo all'interno di un appartamento sito in Firenze e qui l'aveva minacciata di morte e violentata. In tale circostanza il Poli, forse per rendere più credibili le proprie minacce, le aveva rivelato di essere il Mostro di Firenze e di aver già ucciso in passato una studentessa, il cui cadavere era stato rinvenuto in un campo alla periferia del capoluogo toscano, vicino ad una pianta di ulivo. Piccola parentesi: se l'incontro fosse avvenuto in giugno, l'omicidio cui fa riferimento il Poli potrebbe essere quello di Gabriella Caltabellotta del febbraio 1984. Ça va sans dire, nel caso l'incontro fosse avvenuto in gennaio, il riferimento del Poli andrebbe cercato in un altro non meglio identificato omicidio.
A ogni modo, le successive indagini del Napoleoni portarono a rintracciare l'uomo, residente a Prato, e a riscontrare che questi, oltre a somigliare fisicamente alla descrizione fatta dalla ragazza, aveva alcuni precedenti penali, molti dei quali a sfondo sessuale.
Da un secondo rapporto, datato 8 ottobre 1985, risulta che il Napoleoni si era recato personalmente a Firenze e, con l'aiuto della ragazza, era riuscito a localizzare l'appartamento dove era avvenuto lo stupro, sito in via dei Serragli, 6.
In seguito a tali nuovi sviluppi, venne richiesto alla Cristina P. di rendere una testimonianza ufficiale relativa alla violenza subita dal Poli. Tale testimonianza fu rilascata in data 28 novembre 1985.
Alla suddetta indagine sono dovuti, quindi, la presenza del Napoleoni nel capoluogo toscano fra fine settembre e inizi ottobre del 1985 e gli appunti sopra riportati; presenza e appunti, dunque, che nulla avevano a che vedere con la figura del dottor Narducci.
Inoltre, da successive accertamenti, svolti a Firenze e a Perugia, non risulta siano mai emersi collegamenti di alcun tipo fra il Paolo Poli e Francesco Narducci. Anche se in un recente incontro pubblico, tenutosi a Perugia il 30 settembre 2022 e intitolato "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto", il dottor Mignini ha affermato l'esatto contrario e cioé che risulterebbero provati i collegamenti fra il Poli e il Narducci, senza però approfondire l'argomento.
Chi vi scrive, ovviamente, al momento non è in grado di dire su quali basi Mignini abbia sostenuto questo collegamento e si limita a riportare l'episodio.

Tornando all'autunno del 1985, ci furono ulteriori visite del Napoleoni nel capoluogo toscano, sempre per indagini legate alla vicenda del Mostro, in cui ancora una volta il Narducci sembra non rientrare.
In data 26 giugno 2002, lo stesso ispettore dichiarò, infatti, alla Procura di Perugia che nel settembre del 1985 c'era stato un sensitivo perugino che in una specie di trance notturna aveva avuto una premonizione sul delitto degli Scopeti ed era in grado di identificare sia il Mostro (a suo dire un prete o un religioso, magro, alto, di circa 45 anni, di nome Mario, sempre vestito di nero), sia il luogo dove costui nascondeva le parti di pube escisse alla vittime (probabilmente una chiesa o un luogo sacro sito in Firenze) .
Sulla base di queste strambe dichiarazioni, la Squadra Mobile di Perugia, nella persona dello stesso Napoleoni, si era mossa in direzione Firenze nel tentativo di individuare tale luogo. Inutile dire che queste indagini non portarono (ovviamente) a nulla.

Per quanto riguarda, invece, la presenza del Napoleoni a Foligno in data 8 settembre 1985, anche in questo caso sembrerebbe escluso qualsiasi riferimento al Narducci o al di lui padre.
Difatti, esiste un verbale secondo cui il Napoleoni riferiva alla Procura che si trattava di accertamenti svolti su disposizione dell'allora dirigente dell'ufficio, il dottor Speroni, presso una sensitiva folignate che, testuali parole: "...poteva essere in grado di fornire elementi utili alle indagini. A quanto ricordo le visite presso la suddetta sensitiva furono 3 o 4..."
Come dicevamo, dunque, anche in questo caso niente a che vedere con Narducci e famiglia.

Ci si potrebbe a questo punto interrogare sull'origine di tali grossolani equivoci che negli anni si sono imposti nella vulgata mostrologica. Abbiamo visto come probabilmente fu lo stesso ispettore, quando venne ascoltato per la prima volta nel gennaio del 2002 (all'epoca era già più che settantenne ed erano passati 17 anni dai fatti narrati) a fare confusione fra i vari eventi e dare origine agli errori.
Nelle dichiarazioni sopra riportate, effettivamente Napoleoni pare confondere i tre diversi filoni di indagine che all'epoca stava seguendo parallelamente, sovrapponendo l'inchiesta sul suddetto stupratore Paolo con quella relativa alla ricerca dei feticci a seguito dalle dichiarazioni del sensitivo e infine con le indagini condotte successivamente alla morte del Narducci, avvenuta più o meno contemporaneamente.
Sarà comunque lo stesso Napoleoni a riconoscere gli errori di memoria e porre la parola fine sull'argomento, dichiarando circa sei mesi dopo, nel giugno del 2002, a Mignini: "È possibile, dato gli anni trascorsi, che ho fatto confusione nella connessione tra la morte del medico e le trasferte a Firenze per altri tipi di indagine."
Non che questa dichiarazione sia stata sufficiente a troncare le spelucazioni di svariati mostrologi che faticano dopo tanti anni a contemplare un'estraneità del Narducci con le indagini condotte dalla questura perugina. È stata infatti avanzata l'ipotesi che nel giugno del 2002 Napoleoni fosse stato spinto (dal potente entourage che ruotava e ruota attorno alla famiglia Narducci) a negare le sue indagini sul medico; una possibilità che, sebbene aprioristicamente non escludibile, sinceramente appare molto poco credibile e che non rende giustizia alla memoria dell'ispettore di polizia.
Rimangono ancora talune incertezze sulla questione, che si spera possano essere dissipate col tempo. Rimane, ad esempio, da chiedersi perché il magistrato Mignini, certamente a conoscenza della verità, non abbia mai inteso far chiarezza su questo punto, nonostante abbia partecipato nel tempo con apprezzabile verve a diversi dibattiti di natura mostrologica. E soprattutto rimane da chiarire - come vedremo nel prossimo paragrafo - il mistero dell'automobile del Narducci segnalata a un casello autostradale nei pressi di Firenze la presunta notte del duplice omicidio agli Scopeti.


Il Narducci a Firenze
Dando comunque per scontato che il chiacchierato medico perugino potesse non c'entrare nulla con le indagini del Napoleoni, vediamo a questo punto come e perché possa essere rientrato nella vicenda del Mostro e soprattutto nella lista della SAM, tant'è che nel 1987 lo stesso Procuratore capo Pier Luigi Vigna decise di interessarsi alla figura del medico perugino.
Premettiamo che, come vedremo in un successivo paragrafo, esiste un rapporto scritto del colonnello Vittorio Rotellini destinato proprio a Vigna, che attesta che nessun automezzo o motomezzo appartenuto a Narducci era mai stato soggetto a controlli durante i servizi preventivi anti-mostro. Ma, qualora volessimo trascurare questo rapporto, possiamo limitarci a fare tre ipotesi:

1. Segnalazione dopo il delitto degli Scopeti:
Abbiamo più volte parlato della voce secondo cui la targa della sua Citroen Pallas fosse stata registrata a un casello autostradale nei pressi di Firenze la presunta notte dell'omicidio dei francesi. Qualora questo episodio fosse vero potrebbe spiegare l'ingresso del dottor Narducci nella famigerata lista SAM e nelle indagini sul MdF.
Soffermiamoci un attimo su questo fantomatico avvistamento.
Ciò che sappiamo con certezza, l'unica cosa che sappiamo, è l'esistenza di un faldone negli archivi della SAM a Firenze, su cui era riportata la dicitura: Carteggio vario - Anno 1985 - 85090809 PSB - Auto transitate gg 8-9/985 provincia di Firenze". In testa al faldone c'era un foglio sul cui retro era stato scritto a mano: dr. NARDUCCI FRANCESCO - medico - Perugia via Savonarola 31 - ed era proprietario di un appartamento a Firenze ove avrebbero trovato dei bisturi e feticci - si sarebbe suicidato buttandosi nel Trasimeno".
All'interno del faldone va segnalata la presenza di diversi fascicoli contenenti informazioni varie sui duplici omicidi, ma nulla riguardante il medico perugino.
Premesso che risulta tuttora ignota la sigla PSB posta sul faldone (c'è chi sostiene stia per "Punto Stazione Barberino" o addirittura "Pubblica Sicurezza Barberino", intendendo per Barberino il noto svincolo autostradale a nord di Firenze), le informazioni che si possono ricavare da questo faldone non sono molte, ma qualcosa possiamo desumerla:
1a. sicuramente ricaviamo che era stato predisposto effettivamente un controllo ai caselli autostradali di Firenze sulle automobili nei giorni corrispondenti all'incirca al delitto degli Scopeti;
1b. che chiunque avesse aggiunto quel foglio in testa al faldone vergato a mano, non era ben informato sui fatti, perché era erroneamente convinto del ritrovamento di bisturi e feticci in un appartamento del Narducci;
1c. che quel foglio era stato aggiunto dopo la morte del Narducci (ottobre 1985), ma probabilmente prima del marzo 1987 quando negli uffici della SAM fu aperto - come vedremo - un vero e proprio fascicolo sul Narducci (come ci suggerisce il giudice Micheli, è probabile infatti che se questo foglio fosse stato vergato dopo il marzo 1987 sarebbe stato aggiunto al fascicolo sul Narducci e non al faldone denominato "carteggio vario");
1d. che, a parte il suddetto foglio aggiunto a posteriori, all'interno del faldone non è stata rinvenuta una riga che parli del Narducci, né tantomeno che attesti il suo passaggio dal casello autostradale di Firenze nei giorni del settembre 1985 prossimi al duplice omicidio degli Scopeti.

Di più, al momento, non è possibile desumere. È possibile, tuttavia, porci qualche domanda.
Perché il nome del Narducci figura su un foglio posto in cima al faldone?
È possibile che - come sostiene nella sua sentenza il giudice Micheli - effettivamente l'automobile del Narducci fosse transitata da un casello autostradale di Firenze in concomitanza col l'ultime duplice omicidio del Mostro?
Ed eventualmente, se ciò fosse vero, perché né all'interno del faldone, né altrove, risulta un documento che attesti tale avvistamento?
Infine le due domande più importanti, in perfetta antitesi fra loro: un documento che attestasse tale avvistamento, potrebbe essere fatto sparire dal faldone? O al contrario, potrebbe il foglio posto in cima (che oltretutto contiene informazioni false, dunque assolutamente inattendibile) essere stato inserito maliziosamente da qualcuno?

2. Segnalazione dopo il delitto di Vicchio:
Un'ipotesi alternativa esulerebbe dal duplice omicidio degli Scopeti, ma vorrebbe che fosse stata una segnalazione riguardante il dottore o la sua automobile subito dopo il duplice omicidio di Vicchio a sancire il suo coinvolgimento nelle indagini, retrodatando dunque di almeno un anno il suo ingresso nel novero dei possibili sospettati.
Questa ipotesi sembrerebbe corroborata dal fatto che il nome del Narducci si dice comparisse in una lista di 256 persone segnalate dopo l'omicidio Stefanacci-Rontini. A tal proposito lo stesso Mignini scriveva fra i suoi appunti: "sembrerebbe pertanto che il Narducci fosse segnalato, come persona sospetta, sin dal delitto di Vicchio".
Eppure non esiste verbale o segnalazione dopo tale duplice omicidio che chiami in causa il Narducci, almeno nulla di cui l'attuale mostrologia sia a conoscenza. E del resto il rapporto Rotellini lo confermerebbe senza tema di smentita. Come già visto nel capitolo dedicato al delitto della Boschetta, esiste la testimonianza di tale Pesci che dichiarò di aver incrociato la sera del delitto a circa 300/400 metri dalla stradina che conduceva alla piazzola della Boschetta una Citroen Pallas con le luci abbaglianti accese e i fari alti, che procedeva a forte velocità. Ma abbiamo altresí visto come la Citroen segnalata avesse caratteristiche diverse da quella del Narducci.

3. Altro tipo di segnalazione:
Potrebbe altresì essere stata una qualsiasi segnalazione in un'altra delle notti degli omicidi o anche indipendente dagli omicidi e rimasta ignota a decretare il coinvolgimento di Narducci nelle indagini. Si dice ad esempio (ma si badi bene è solo una voce per nulla da supportata dai fatti) che a Perugia negli anni del Mostro, in molti sostenessero che Narducci avesse a che fare con gli omicidi. Un po' quello che succedeva a San Casciano con il dottor Zucconi. Qualora queste voci fossero esistite realmente e fossero state oltremodo insistenti, potrebbero essere giunte a Firenze e aver spinto la SAM a indagare più a fondo sul medico. Specie se, come vedremo nel prossimo paragrafo, esiste la possibilità che negli anni dei delitti il Narducci frequentasse con una certa costanza Firenze e in special modo la Val di Pesa, centro nevralgico dei delitti del Mostro, stando alla realtà giudiziaria.


I riconoscimenti fotografici
Indipendentemente da come tutto abbia avuto inizio e dall'effettivo legame fra il Narducci e le vicende del Mostro, sembra che nella prima metà degli anni '80 il medico perugino frequentasse la zona di San Casciano.
Esistono diverse testimonianze, rese a posteriori, che non solo collocano Narducci in Val di Pesa, ma lo rendono amico piuttosto intimo del dottor Francesco Calamandrei e di altri notabili della zona. Alcune dichiarazioni (sempre rese a posteriori) raccontano anzi di un Narducci che - come il Sertoli e lo Zucconi - utilizzava alcune stanze messe a disposizione della farmacia Calamandrei come ambulatorio privato.
A queste vanno aggiunte le testimonianza di alcuni frequentatori di via Faltignano che hanno coinvolto nelle indagini della Procura diversi notabili, sostenendo di averli visti a San Casciano nella cosiddetta "epoca Mostro" intrattenersi con i vari Pacciani, Vanni, Lotti e prostitute della zona, andando a creare un effetto domino di non marginale importanza.
Si tratta in realtà di testimonianze sulla cui effettiva attendibilità è lecito nutrire piú di un dubbio, ma che non possono non essere riportate o eventualmente tenute in considerazione.
Assume una certa rilevanza in questo contesto il famoso album della Procura di Firenze, riportante le fotografie di tutti i principali personaggi coinvolti nella vicenda del Mostro e con cui tutti i testimoni hanno dovuto confrontarsi.
In ordine di importanza e non mancando di valutare pregi e difetti di ciascuna dichiarazione, a riconoscere il dottor Narducci sono stati i seguenti testimoni:

1. L'onnipresente Gabriella Ghiribelli, divenuta testimone chiave della Pubblica Accusa a cavallo fra il vecchio e il nuovo millennio, non ebbe indugi a riconoscere il Narducci in alcune foto e dichiarò di averlo visto a San Casciano frequentare gli stessi ambienti dove – a suo dire – si svolgevano festini a base di sesso, droga, riti magici ed esperimenti di mummificazione (vedasi capitolo Il secondo livello).
La Ghiribelli è piuttosto precisa nell'individuare il Narducci nell'album fotografico della Procura, pur a distanza di circa vent'anni dagli eventi, definendolo - si badi bene - il medico di Perugia che scomparve nel lago. Tale definizione implica che la Ghiribelli aveva seguito, probabilmente sui giornali, l'evoluzione della vicenda Narducci successivamente al periodo in cui il medico aveva frequentato San Casciano, tanto da essere a conoscenza della sua morte. C'è infatti da sottolineare come soprattutto in quel periodo, a causa del nuovo filone d'inchiesta che stava prendendo piede, sui vari rotocalchi di largo consumo (ma anche su quotidiani più autorevoli) erano state pubblicate le foto del medico perugino.
Viene dunque necessariamente meno la genuinità del riconoscimento.
È lo stesso giudice Paolo Micheli, estensore della sentenza del 20 aprile 2004, a far notare come: "A parte ogni rilievo sulla verosimiglianza dei vari elementi di fatto rappresentati dalla donna, in primis la presunta riconducibilità dei duplici delitti a esperimenti di mummificazione, con tanto di cadavere di una ragazza conservato in attesa di ridarle vita, sulla genuinità della ricognizione fotografica del Narducci è lecito nutrire parecchie riserve. Nel corpo del verbale, infatti, la Ghiribelli non parla genericamente di un medico umbro, ma esordisce subito con l’indicazione che si tratta del medico scomparso nel lago: ergo, vera o meno che fosse la circostanza di averlo veduto in passato, ella già ne aveva associato l'immagine a quella di un soggetto di cui le cronache avevano parlato."

2. Il giovane Luciano Malatesta, figlio dei più volte citati Renato Malatesta e Maria Antonietta Sperduto, per quanto risultino profondamente inattendibili le sue attuali dichiarazioni (vedasi la pagina dedicata agli Aggiornamenti), dichiarò all'epoca delle indagini sul secondo livello di aver visto il Narducci a San Casciano attorno al 1980 e sembrò riconoscerlo nelle foto mostrate dagli inquirenti.
Non è dato sapere quali fossero le convizioni e le condizioni del Malatesta all'epoca del riconoscimento, quel che possiamo dire senza tema di smentita è che oggi le sue dichiarazioni risultano completamente prive di ogni valore.

3. Il 3 giugno del 2002, il testimone alfa Fernando Pucci dichiarò all'ispettore Castelli e al dottor Giuttari di conoscere l'uomo ritratto nella foto che gli veniva mostrata (appunto il Narducci). Affermò nell'occasione: "La persona della foto numero 1 l'ho vista al bar. Era magro, era un tipo finocchino. L'ho visto che chiacchierava con Giancarlo ma Giancarlo non mi ha mai spiegato nulla. La persona della foto 3 è la stessa della precedente ma io ho un ricordo più preciso di quella guardando la numero 1."
Da segnalare che nello stesso album il Pucci non riconobbe le foto di Lotti (di cui era amico intimo), Vanni, Pacciani e Faggi. Le sue dichiarazioni inoltre non hanno mai trovato riscontro in quelle del Lotti che, sebbene abbia detto tante cose e coinvolto tante persone, mai ha accennato al dottor Francesco Narducci (con il quale, secondo il Pucci, si sarebbe invece fermato a parlare al bar). Infine, i titolari dei due principali bar di San Casciano, i signori Luciano Ulivelli (titolare del bar Centrale) e Mario Marchi (titolare del bar Sport), hanno entrambi dichiarato di non ricordare il Pucci come uno dei loro clienti.

4. Anche il testimone Lorenzo Nesi riconobbe il Narducci in foto: "La persona raffigurata nella foto 2 l'ho vista sicuramente a San Casciano. Ne sono proprio certo e credo che abitasse in una villa o comunque una casa colonica grossa, che si trovava sulla strada che da San Casciano va verso Cerbaia, e precisamente vicino alla chiesa di San Martino. Non era sicuramente una persona del posto e mi sembra di ricordare di averla vista insieme al farmacista di San Casciano, Francesco Calamandrei. Su quest'ultimo punto non sono proprio certo, ma ribadisco con la massima certezza che questa persona raffigurata nella foto 2 l'ho vista a San Casciano. Questo è proprio fuori discussione e non per un giorno, ma l'ho visto più volte."
Alla domanda degli inquirenti sull'epoca cui risalivano questi avvistamenti, il Nesi rispose: "Ad occhio e croce si tratta di anni ricompresi in un arco di tempo che va dal 1975 al 1982. Voglio comunque precisare che si tratta di persone che si facevano vedere di tanto in tanto a San Casciano, nel senso che non erano persone fisse, ma che sparivano anche per dieci quindici giorni o forse anche di più. Era un giro altolocato, capisce dottore? A volte erano in compagnia di qualche donna, ma non del posto e anche queste si presentavano piuttosto eccentriche."
Nesi riconobbe il presunto Narducci in tre foto su quattro ma non riconobbe Francesco Calamandrei in due foto, per quanto ne parlasse come di persona nota, a dimostrazione dell'aleatorietà di un certo tipo di riconoscimenti, tanto più a distanza di così tanti anni. Risulta, inoltre, molto probabile che la persona che il Nesi riconobbe come Narducci fosse in realtà un'altra, ben nota in alcuni ambienti mostrologici.

Accanto a queste quattro testimonianze di personaggi ben noti e tenuti in debita considerazione dalla Procura di Firenze, possiamo aggiungere numerose altre dichiarazioni, cosiddette minori, che elenchiamo velocemente:

5. Il signor Pietro Ciulli, ex cognato del dottor Calamandrei, vedendo la fotografia del Narducci, dichiarò che era persona nota, che l'aveva vista insieme al Calamandrei, ma non sapeva dire in quale occasione, forse al matrimonio della sorella Mariella con il farmacista.
Da notare che il matrimonio fra Francesco Calamandrei e Mariella Ciulli si era celebrato nel 1969 (oltre trent'anni prima del riconoscimento), quando Narducci era uno studente universitario di vent'anni.

6. La signora Tamara Martellini, ex moglie di Giovanni Ceccatelli, vecchio amico del farmacista Calamandrei, dichiarò di aver visto il Narducci fra il 1979 e il 1980 (dunque oltre vent'anni prima il riconoscimento), vestito in maglietta Lacoste e con stivali da cavallerizzo, una volta nella farmacia del Calamandrei, un'altra volta in piazza a San Casciano.
La signora Martellini riconobbe il Narducci in due foto e mancó di riconoscerlo in altre due. Mancó anche di riconoscere in due foto il dottor Calamandrei, il che appare strano considerando l'amicizia di lunga data con il farmacista. Anche questo particolare ci indica come i riconoscimenti fotografici vadano valutati con estrema circospezione.

7. Sulla stessa lunghezza d'onde sono le dichiarazioni dell'architetto Giovanni Ceccatelli, ex marito della signora Tamara e amico del Calamandrei.
Riconobbe il Narducci in una foto, dichiarando di averne un vago ricordo, forse di averlo visto una ventina di anni prima a Viareggio assieme al Calamandrei stesso. Non riconobbe il Narducci in altre tre foto.

8. La signora Elisabetta Marinacci riferì in una lunghissima testimonianza dell'aprile del 2005 di aver conosciuto il dottor Narducci nei primi mesi del 1981 presso la farmacia Calamandrei di San Casciano, ove il medico svolgeva servizio ambulatoriale. Ivi il dottore perugino si sarebbe offerto di curare il di lei padre, che soffriva di disturbi all'apparato gastrico. Cosa che in seguito avrebbe realmente fatto con successo.
Ora, fosse terminata qui la testimonianza della Marinacci sarebbe probabilmente apparsa credibile oltre che di una certa rilevanza probatoria. Il problema è che la donna andò piuttosto oltre, rilasciando dichiarazioni che il giudice Silvio De Luca, estensore della sentenza di assoluzione nei confronti del farmacista Calamandrei, non esisterà a definire farneticanti.
La Marinacci infatti parló ai magistrati della sua conoscenza con la controversa Gabriella Pasquali Carlizzi (conoscenza che già di per sé non è sinonimo di alta affidabilità) e sembró rielaborare nei suoi racconti parte delle torie della stessa Carlizzi (vedasi il capitolo Mostrologia Minore). Infiló pertanto nella storia il giornalista Mario Spezi, da sempre pallino della Carlizzi, e il musicista Franco Ferrara, secondo la Carlizzi il vero padre dello Spezi; raccontó di segnali massonici intercorsi fra suo padre, lo Spezi e il Narducci, come se già si conoscessero e facessero parte di una stessa setta; parló di ex Presidenti della Repubblica, Saragat e Gronchi, quali grandi amici di suo padre, il quale godeva anche di altre amicizie importanti nel mondo dello spettacolo, come quelle del noto compositore Gianni Ferrio e della cantante Mina.
A tal proposito, il Giudice per le Udienze Preliminari, dottor Paolo Micheli affermerà nella sua dentenza del 20 aprile 2010: "...nel caso si fosse reso necessario l'esame della teste in un eventuale giudizio sarebbe stato indispensabile verificare l'idoneità della Elisabetta Marinacci ad offrire una narrazione scevra da possibili contaminazioni di fantasia."

9. Per quanto riguarda la possibilità che il Narducci avesse prestato servizio ambulatoriale presso i locali della farmacia del Calamandrei, furono ovviamente ascoltati dagli inquirenti anche coloro che avevano lavorato presso la farmacia e che, ove la collaborazione lavorativa fra i due dottori fosse stata vera, non potevano non aver conosciuto il Narducci.
A tal proposito, il signor Francesco Giuntini, impiegato presso la farmacia Calamandrei dal 1978 al 1983, proprio il periodo più interessante per i nostri fini, fu ascoltato nell'ottobre del 2003 negli uffici del GIDES. Posto davanti al celebre album fotografico della Procura, dichiarò:
"La persona raffigurata nella foto numero 1 mi ricorda qualcuno, forse un medico che ho visto in farmacia, la faccia mi dice qualcosa ma non saprei essere più preciso. La persona raffigurata nella foto numero 5 è una faccia che io ho conosciuto, potrebbe essere di una persona di San Casciano che ho visto all'interno della Farmacia ma non riesco a ricordare bene in che contesto. Tutte le altre foto appartengono a persone che io non ho mai visto."
La foto numero 1 ritraeva il Narducci, la foto numero 5 ritraeva l'ortopedico Jacchia. Si tratta dunque di un riconoscimento estremamente vago ed è quanto meno strano che una persona che ha lavorato per cinque anni presso la farmacia Calamandrei non sia stato in grado di riconoscere con discreta sicurezza il Narducci, se è vero che costui frequentasse con assiduità la farmacia o addirittura vi lavorasse salturiamente. Sembrerebbe più probabile che la familiarità che Giuntini dichiara di provare guardando la foto possa essere dovuta non a una conoscenza diretta ma al fatto che in quel periodo il volto del Narducci era - come detto - apparso più volte su vari giornali, riviste e televisioni.

10. A conferma, la signora Paola Bagni, commessa presso la farmacia dal 1972 al 1990, dichiarò di non aver mai sentito nominare questo tal Narducci, né fu in grado di riconoscerlo in foto.
Queste ultime due testimonianze potrebbero essere dirimenti in un senso, tuttavia ce ne sono altre da valutare.

11. La signora Marzia Pellecchia (cui abbiamo già accennato nel capitolo Il secondo livello) riconobbe Francesco Narducci in due foto, affermando "...potrebbe essere quello lì che ho visto a San Casciano, potrebbe, però non ne sono sicura!"
Ricordiamo che le dichiarazioni della Pellecchia non trovarono riscontro in quelle di altre donne che lei stessa aveva nominato come facenti parte del giro di prostituzione in una villa vicino San Casciano.

12. La signora Jacqueline Malvetu rilasciò fra l'aprile 2004 e il luglio del 2005 una serie di dichiarazioni che come definirà il giudice Silvio De Luca, estensore della sentenza di assoluzione nei confronti del farmacista Calamandrei, risultano essere "...farneticanti e fantasiose, (come) spesso presenti nell'ambito del presente procedimento penale".
La Malvetu dichiarò infatti di essersi accampata con la propria tenda nei pressi dell'abbazia di San Miniato verso la fine di agosto del 1985 e di aver ricevuto nottetempo la visita di non meglio precisati individui con cattive intenzioni; di essere dunque fuggita e di essere stata soccorsa da un'automobile in transito sulla strada con due uomini a bordo. Per farla breve questi due uomini (riconosciuti in seguito come il Calamandrei e il Narducci) l'avevano ospitata per la notte in una casa di campagna e il mattino successivo l'avevano riaccompagata a Firenze.
A queste seguiranno altre dichiarazioni sempre più inverosimili. Riportiamo alcuni stralci perché sarebbe lungo e noioso trascriverle per intero: "Scusatemi di non aver capito che quello che mi avete detto era per proteggermi per via delle intercettazioni telefoniche di qualche criminale che possa ascoltare il mio telefono. Io so che mi avete controllata a 360° e questo mi sta bene ma non ho fatto il calcolo che altre orecchie malvagie potessero spiarmi. Di nuovo chiedo scusa... Sono convinta al 100% di essere stata manipolata dai mostri di Firenze senza saperlo... So di non essere affatto matta ma sicura di avere detto la verità.".
Ancora: "Mi presento spontaneamente perché mi sono ricordata. Nel mese di giugno ho cercato la casa. Sono andata a Firenze, Perugia, Assisi e Pistoia. Ho paura e non dormo. Voglio contribuire ad aiutare l’indagine. Satanismo e nazismo. Conflitto tra ebrei e francescani. Rete gigantesca. Pucci e il nome dell'agenda... Ho provato a chiamare la Polizia a Firenze, ma nessuno ha risposto. Al n. 74 di Via Roma ho capito che c'erano altri Narducci. Ero impressionata. Ho riconosciuto anche l'ex Carcere. Sono passata in Procura ma era chiusa. Mi sono fatta vedere dalle telecamere della Procura... Ho riconosciuto anche altri posti a Pistoia, ma ora sono stanca e preferirei parlarne un'altra volta."

13. Chiudiamo questa lunga carrellata di testimonianze con quella dell'ex carabiniere Roberto Giovannoni, il quale si presentò spontaneamente nell'ottobre del 2005 alla Procura di Perugia per raccontare del suo incontro con Narducci, avvenuto - a suo dire - nell'agosto del 1977 a San Casciano. Il racconto del Giovannoni, estremamente ricco di particolari, colpì il magistrato Giuliano Mignini, che ne trasmise il verbale ai colleghi della Procura di Firenze, Canessa e Crimi. I magistrati fiorentini però non dovettero dare grande rilevanza a tale testimonianza, dato che non ne tennero conto.
In estrema sintesi, l'ex carabiniere narrò di aver visto una mattina di fine agosto del 1977 una splendida Alfa Romeo bianca, nuova fiammante, nella piazza centrale di San Casciano davanti alla farmacia del Calamandrei. Accanto alla vettura c'era Mario Vanni in tenuta da postino, che aveva appena consegnato la posta a una donna, e a cui evidentemente era stato dato l'ordine di fare la guardia all'automobile. Quella scena aveva solleticato l'istinto da segugio del carabiniere che si era insospettito ed era entrato in farmacia chiedendo di chi fosse l'Alfa. Aveva così scoperto che era del Narducci, il quale, dopo un momento di palese tensione, si era presentato, risultando molto amichevole e cordiale.
Durante la dua deposizione in Procura, Giovannoni riconobbe in fotografia i vari Narducci, Vanni, Pacciani, Calamandrei, e persino la Ghiribelli. Tutti comunque erano più volte apparsi in TV o su varie riviste ad ampia tiratura.
Fra le incongruenze del racconto del Giovannoni, riportiamo:
▪ Narducci non ha mai posseduto una Alfa Romeo; fra la fine degli anni '70 e gli inizi degli anni '80 possedeva una BMW;
▪ l'area di competenza del Vanni per la consegna della posta era quella dipendente dall'ufficio di Montefiridolfi; il centro di San Casciano non rientrava in tale giurisdizione;
▪ sono segnalate diverse altre discrepanze, come ad esempio il comportamento gioviale e ciarliero del Narducci, decisamente in contrasto con il carattere che tutti i suoi conoscenti gli attribuivano.


Mostrologia sul Narducci
A parte le suddette dichiarazioni di persone distinte fra loro che, per quanto inattendibili, affermano di aver visto il Narducci a San Casciano, ci sono altri particolari che avvicinano, almeno nell'immaginario nazional-mostrologico, il medico perugino alla complessa vicenda del Mostro di Firenze. In alcuni casi si tratta sicuramente anche qui di suggestioni maturate nel corso del tempo, in altri vien spontaneo soffermarsi a riflettere su un eventuale rapporto del giovane gastroenterologo con la vicenda.
Vediamoli nello specifico, tentando di seguire un pur difficile ordine cronologico:
● Nel 1974, Narducci prestava servizio militare presso la Scuola Sanitaria Interforze di Firenze. Pasquale Gentilcore (vittima del delitto di Rabatta, settembre 1974) lavorava nella stessa zona. Anche la sua fidanzata, Stefania Pettini, lavorava nella medesima zona (via San Gallo). Qualche giorno dopo l'omicidio di Borgo San Lorenzo, il Narducci si fece riformare e rientrò a Perugia.
● La famiglia di Susanna Cambi (vittima del delitto delle Bartoline, ottobre 1981) viveva in una casa di proprietà della moglie dell'avvocato Jommi. Costui, come già visto, stando alle dichiarazioni dell'amante di Jommi stesso, era amico del Narducci e spesso ne condivideva l'automobile (una Citroen Pallas color verde). Le indagini, tuttavia, non sono state in grado di appurare se questa amicizia fosse reale o meno.
● Abbiamo già avuto modo di accennare alle voci secondo cui a Perugia negli anni dei delitti seriali, in molti sospettassero che Narducci avesse a che fare con gli omicidi. Abbiamo già anche visto che già dal biennio 1985/1986 il suo nome figurava in una lista di sospettati della SAM.
● Nell'ottobre del 1985, un mese dopo il duplice omicidio degli Scopeti, il dottor Narducci trovò una misteriosa morte nelle acque del lago Trasimeno, che tanto avrebbe contribuito in futuro ad alimentare le voci di un suo coinvolgimento nei delitti del Mostro.
● Due anni dopo, nel 1987, alcuni agenti della SAM si recarono sia a Sant'Angelo sul Trasimeno (dove era stato rinvenuto il cadavere del medico), sia a Perugia, per svolgere indagini sulla figura del Narducci e sulla sua misteriosa morte. I giornali parlarono logicamente di un ipotetico collegamento fra tale morte e i delitti del MdF. Fu in questa occasione che negli uffici della SAM venne aperto il fascicolo - cui facevamo riferimento prima - a nome del Narducci, datato 21 marzo 1987. Sul cartellino di tale fascicolo era scritto, stando a quanto riporta il giudice Micheli: "Deceduto misteriosamente presso il Lago Trasimeno - accertamenti svolti dai CC di Firenze perché sospettato quale Mostro - il decesso risale all'ottobre 1985?".
Le indagini non diedero tuttavia alcun esito e il 4 luglio 1988 il colonnello Vittorio Rotellini riferì in un rapporto scritto a Pier Luigi Vigna che la morte del Narducci era dovuta probabilmente a suicidio, che al momento del delitto di Calenzano il medico si trovava negli Stati Uniti e che nessun automezzo o motomezzo a lui appartenuto era mai stato soggetto a controlli durante i servizi preventivi anti mostro. Il rapporto terminava con: "...dalle risultanze di cui sopra si può escludere che il Narducci Francesco possa essere responsabile dei duplici omicidi avvenuti in provincia di Firenze".
In seguito la famiglia del Narducci fece pubblicare un breve trafiletto sui giornali in cui diffidava chiunque dal fare ulteriori illazioni sulla vicenda.
Cadde quindi una coltre di silenzio sul nome del Narducci, almeno fino al 2001 quando il famoso gastroenterologo ritornò per quello che si può definire un puro caso (vedasi in proposito il prossimo capitolo) al centro delle indagini sul MdF e il magistrato perugino Mignini cominciò a indagare sulla sua morte.
● Dopo la riapertura del caso, un pescatore umbro, tale Enzo Ticchioni, riferì piuttosto confusamente in Procura di alcune confidenze che gli erano state fatte da un suo presunto amico sovrintendente di polizia (amico di cui però non ricordava il nome), durante le ricerche del corpo di Francesco Narducci nel lago Trasimeno.
Il sovrintendente in quetione dovrebbe essere Emanuele Petri, ucciso nel marzo 2003 sul treno Roma-Firenze dalle Brigate Rosse, il quale avrebbe riferito al Ticchioni di un inseguimento infruttuoso fatto al dottor Narducci sul raccordo autostradale Bettolle-Perugia, qualche giorno prima della sua scomparsa. L'inseguimento si era rivelato infruttuoso perché il medico era stato perso di vista dalla pattuglia all'altezza di Terontola, poco prima che arrivasse a un posto di blocco. Non è chiaro in realtà quando fosse avvenuto questo episodio raccontato dal Petri al Ticchioni, se la notte del duplice omicidio dei francesi, come riportano alcune fonti, o successivamente. Anche questa testimonianza è avvolta da un velo di mistero che ne rende i contorni sfumati e incerti, persino poco credibili. In merito non c'è nulla di ufficiale, se non una serie di voci che sul più bello vengono puntualmente smentite. In seguito, infatti, durante il processo di Perugia, in fase di incidente probatorio, Ticchioni, già malato gravemente di tumore, riferirà di non ricordare assolutamente nulla di codeste dichiarazioni.
● Il suocero del Narducci, Gianni Spagnoli (che aveva un'impresa dolciaria a Sambuca Val di Pesa, dunque alle porte di San Casciano) in un'intercettazione telefonica con sua figlia Luisa, risalente al 23 gennaio 2004, parlò di una casa colonica (secondo alcune interpretazioni piuttosto dubbie sita a San Pancrazio) di proprietà del Narducci. Nel prosieguo della telefonata lo Spagnoli riferì alla figlia della notizia data dal quotidiano "Il Corriere della Sera" circa il rinvenimento di feticci in tale abitazione in uso al Narducci. Sempre secondo quanto lo Spagnoli riferì di aver letto, la proprietaria della casa, non avendo più ricevuto il canone di locazione da Francesco, aveva chiamato suo padre, l'altrettanto famoso professor Ugo Narducci, il quale vi si era precipitato con alcuni agenti di Polizia, trovando in un frigorifero le parti asportate alle vittime.
Banale a dirsi, non vi è traccia di alcuna casa colonica di proprietà o in uso al Narducci a San Pancrazio, tanto meno vi è traccia di feticci conservati nella stessa. Qualunque articolo avesse letto lo Spagnoli, riportava sicuramente notizie non vere.
Lo stesso super-poliziotto e capo del Gides, Michele Giuttari, anche lui fermamente convinto del coinvolgimento del Narducci come mandante nei delitti del Mostro, affermerà infatti: "L'esistenza di questo appartamento in uso a Narducci e della presenza al suo interno di resti umani appartenenti alle vittime del Mostro era frutto di voci. L'appartamento non fu mai individuato. Lo stesso ispettore Napoleoni, che ora è morto, ci riferì a riguardo notizie confuse".
In realtà, come visto, per sua stessa ammissione, inizialmente Napoleoni sovrappose nei suoi ricordi filoni d'inchiesta diversi.
Risulta a questo punto doveroso precisare che gli articoli che si possono trovare ancora oggi in giro per il web in cui si racconta di una fantomatica casa colonica in locazione al Narducci contenente i feticci, sono da considerarsi assolutamente non veritieri.
● A dispetto di ciò, il 22 gennaio 2004, Napoleoni fu intercettato telefonicamente mentre parlava con sua figlia Monica (anche lei nel corpo di polizia) e, relativamente al farmacista di San Casciano, Francesco Calamandrei, affermò: "Fa parte di una setta esoterica, lui è uno di quelli che mandava... E poi sembra che 'sto Narducci fosse colui il quale, questo lo dico io, teneva i macabri resti delle donne uccise eccetera... Poi a un certo momento sicuramente questo forse voleva uscire dal giro e l'hanno amma... insomma, il mandante anche dell'omicidio di Narducci... quando esce fuori Trio..."
Si badi bene che queste sono semplici congetture personali del Napoleoni, non frutto di indagini ma di opinioni maturate a quasi vent'anni dai fatti, dopo la riapertura delle indagini da parte del dottor Mignini.
● Esiste una intercettazione telefonica risalente al 1 Marzo 2006 fra Francesca e Marco Calamandrei, i due figli del farmacista di San Casciano, nella quale Marco afferma: "Loro vogliono sapere... da come capii io... non me lo ricordo chi... che praticamente devono sapere cioè che vogliono trovare l'appiglio da Perugia a Firenze e se qualcuno confermasse che il babbo conosceva... questo Narducci... questo coso... il babbo è fregato!"
Francesca risponde: "...questo era a san Casciano fino all'85... quanti anni avevi te nell'85?... ce ne avevi 11, 13... quindi o sei un mentecatto o non ti ricordi... capito?... o io e te siamo dei mentecatti capito?"
Da tale intercettazione si può ricavare che Marco sembra non avere familiarità con il Narducci, ne parla infatti come di una persona che non conosce bene o che non conosce affatto. Afferma però di aver sentito, non ricorda da chi, che se gli inquirenti avessero trovato qualcuno in grado di testimoniare la conoscenza fra Narducci e suo padre, quest'ultimo sarebbe stato fregato. Si badi bene, Marco non dichiara che il padre ha conosciuto il dottor Narducci, ma che una testimonianza in tal senso potrebbe essere pericolosa.
Nella risposta, Francesca dimostra anche lei di avere molto poca familiarità col Narducci (lo chiama "questo"), quindi sembra sostenere che siccome il medico perugino ha frequentato San Casciano fino al 1985 (non si capisce però se ciò è quello che ritiene lei o è quello che ritengono gli inquirenti), e siccome loro - pur all'epoca essendo abbastanza grandi - non l'hanno mai visto, questo implicherebbe che o non ricordano o sono dei mentecatti.
● Durante il Processo Calamandrei (2008) emerse per bocca del Pubblico Ministero Alessandro Crini che subito dopo la morte del Narducci, i suoi familiari, e in particolar modo la sorella, avevano organizzato alcune sedute spiritiche, presediute da medium di loro fiducia, con il fine di affrancare l'anima del loro congiunto dalle vicende del Mostro.
Trattasi ovviamente di narrazione che non ha alcuna base probatoria, ma indicativa di come, a un certo punto, forse la stessa famiglia del medico covasse qualche un sospetto sui rapporti che legavano Francesco a Firenze.
● Punto puramente suggestivo: tutte le persone di Firenze e San Casciano con cui Narducci si dice fosse entrato in contatto negli anni '80, si sono affrettate a negare di averlo mai conosciuto. Ha negato l'avvocato Jommi, ha negato il dottor Jacchia, ha negato soprattutto il farmacista Calamandrei. Prove certe a sostegno di queste conoscenze non sono mai state trovate, ma diverse testimonianze in merito (più o meno labili) ci sono state. Possiamo avanzare delle ipotesi per spiegare questa apparente contraddizione:
▪ l'ipotesi più semplice, questi personaggi realmente non si conoscevano e le testimonianze che indicavano il contrario sono state frutto del caso, di cattivi ricordi o peggio di un disegno;
▪ forse c'era stata fra taluni di questi personaggi una conoscenza (superficiale o profonda che fosse) con il Narducci; questa veniva aprioristicamente negata per la semplice paura di essere coinvolti in qualcosa di scabroso, probabilmente per via delle voci che giravano sul Narducci e ancor più dopo che era emersa la misteriosa e controversa vicenda del doppio cadavere (anche qui vedasi il prossimo capitolo);
▪ indipendentemente dalla voci, forse Narducci aveva davvero qualcosa da nascondere, qualcosa che era risaputo negli ambienti che frequentava, quindi bisognava mantenere assolutamente le distanze dalla sua figura;
▪ forse non solo il Narducci, forse alcuni o molti di questi personaggi avevano qualcosa da nascondere e dovevano assolutamente mantenere le distanze l'uno dall'altro.
● Infine, larga parte avrebbe avuto nell'avvicinare nell'immaginario collettivo la figura del Narducci a qualcosa di estremamente grave come la vicenda del Mostro di Firenza, la già citata, misteriosa e controversa questione del cosiddetto doppio cadavere.
Soleva dire a tal proposito il noto e mai troppo compianto De Gothia, narducciano convinto, che il doppio cadavere era come "un elefante" posto davanti agli occhi di chi era alla ricerca della verità: qualcosa di così grande che non si poteva fingere di non vedere e da cui non si poteva prescindere.




16 commenti:

  1. Per quanto riguarda Calenzano.E' scritto che le lezioni a Philadelphia escluderebbero Narducci ipoteticamente dal delitto di Calenzano.Alcune precisazioni accademiche,Ann Ouyang unica testimone,nel 1988 dopo 7 anni dalle lezioni,ricorda di aver visto Narducci a tutte le lezioni e quindi tutti i lunedi e i mercoledi.Ann era una amica del Narducci fu anche ospitata nel 1983 a Perugia nella casa del dottore.Le lezioni non avevano registro presenze,inoltre appare almeno strano ricordare dopo 7 anni tutte le lezioni in quei mesi di fine 1981.Per quanto riguarda la logistica sempre ipoteticamente anche questo non sarebbe bastato come alibi sicuro al dottore.Il delitto avvenne il 22 ottobre 1981 alle ore 24 circa,di giovedi.Volendo e sempre ipoteticamente il dottore poteva dopo la lezione di mercoledi 21 prendere un volo il pomeriggio da Philadelphia verso Roma o Milano per rientrare in Italia,all'epoca la tratta era di 10 o 12 ore,in teoria aveva altre 17 ore disponibili per altri spostamenti o per riposo.Quindi gli investigatori dell'epoca,nel 1988,non sono stati molto professionali,a dir poco approssimativi,comunque un errore grossolano per escludere qualcuno dalle indagini.

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    1. Ciao e grazie per il commento, che mi dà una piacevole sensazione di déjà vu. Una medesima discussione la ebbi, molti anni or sono, con De Gothia. Anche lui sosteneva che le tempistiche per un A/R dagli Stati Uniti ci potevano essere, pur dovendo ammettere che in quella seconda metà di ottobre 1981, l'Italia era dilaniata da numerosi scioperi, anche e soprattutto nel settore trasporti. Scioperi che, all'epoca, facevano ben pochi prigionieri, spesso non garantendo alcun tipo di servizio basilare.
      A ogni modo, io ho semplicemente riportato le parole di Mignini in una recentissima intervista web, in cui affermava (quasi con una punta di rammarico, ma in maniera piuttosto tranciante) che dai controlli effettuati (comprensi quelli sui passaporti) non sembrano esserci molti margini perché Narducci potesse essere in Italia il 22 ottobre 1981.
      Grazie ancora e complimenti per il vostro lavoro.
      Lu.

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    2. Integro con alcune informazioni raccolte qua e là, senza la presunzione che queste possano dedurre certezze. Tra madre e sorella della Cambi, a proposito dello stalking subito dalla Susanna nel periodo (giorni o che, non so), anche in loro presenza, notarono auto rossa coi fari tonda, targata Perugia. Ecco, parrebbe che in quel periodo FN avesse un auto del genere, una ritmo rossa. Altro: Mignini negli ultimi tempi deve aver riflettuto molto su quella telefonata serale ricevuta dalla (?) zia della ragazza, presso cui era ospitata la madre della Susanna. La voce al telefono chiedeva appunto della madre (come facesse ad avere il numero e a sapere fosse lì, non si sa), ed in particolare denunciava un disturbo piuttosto particolare. Mignini conosceva di persona FN dai tempi della scuola, e sapeva avesse un difetto analogo. Questa coincidenza lo ha fatto pensare ..

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    3. Chiedo scusa per l'intromissione: quale sarebbe questo "disturbo piuttosto particolare"? Non avevo mai letto nulla a riguardo.

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  2. In via serragli comunque risultava abitare anche robert parker, Ulisse quello della villa la sfacciata a giogoli.

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    1. Ciao, grazie per il commento.
      Come riportato nel paragrafo dedicato al Parker, costui abitò in via dei Serragli fra il 1994 e il 1996, a oltre dieci anni di distanza dai delitti del mostro, dalle vicende de La Sfacciata e dalla morte del Narducci.

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  3. Salve e grazie del contributo. Perché Perugia avrebbe mai dovuto indagare su Paolo P. di Firenze?

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    1. Salve e grazie a te. La tua domanda se ne porta dietro altre, che difficilmente potrebbero avere risposta in questa sede.
      La versione ufficiale è che la ragazza oggetto di violenza da parte del Poli (Cristina P.) ne avrebbe parlato con suo compagno dell'epoca (Franco P.), il quale era amico del Napoleoni e dunque avrebbe denunziato la vicenda a lui. Poi, perché l'ispettore perugino avesse cominciato a indagare personalmente invece che trasmettere gli attimi a Firenze, non è dato sapersi.

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  4. E' singolare come ancora ci sia un impegno così grande a depistare sulla vicenda Narducci. Ovviamente se ci si avvale del "mirabile" lavoro del blogger...grazie al c.

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    1. Ciao Anonimo, a parte l'utilizzo del termine "depistaggio" che nel contesto di queste pagine fa sorridere, comunque probabilmente hai sbagliato blog, dato che in questa sede non si propende né per una tesi, né per l'altra, ma si riportano fatti, studi e ricerche che vengono condotti sull'argomento, dando spazio un po' a tutte le teorie, anche a quelle più improbabili.

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  5. È uno dei casi di cronaca nera italiana più inquietanti ed allo stesso tempo affascinanti, per via degli attori coinvolti. I quali sono per lo più tutti morti

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  6. Gent.mo, prima di tutto mi complimento per l’attento lavoro di ricerca e la completezza delle fonti e delle notizie riportate. Detto questo, io non sono certo uno studioso del caso, ne’ tantomeno un investigatore. A seguito di alcune letture (come tanti altri, per interesse personale), mi è sorto un dubbio che volentieri condivido con chi è più ferrato di me. Consideriamo, astrattamente, consolidate due ipotesi: 1) la morte di Narducci è un omicidio; 2) la dinamica complessiva del cosiddetto Mostro di Firenze si basa su un ipotetico sodalizio criminale fra due livelli: dei committenti/perversi/ricchi/gaudenti, e degli esecutori/prezzolati/Compagni di Merende. Poniamo il caso che proprio il Narducci agisca da “cerniera”, da “anello di congiunzione” fra i due livelli. Nel momento in cui il meccanismo non funziona più, che le indagini si avvicinano pericolosamente alla verità, che alcuni soggetti coinvolti danno segni di cedimento o (ancor peggio) di pentimento…..a quel punto il circolo dei “ricchi gaudenti” si adopera per silenziare i personaggi coinvolti che potrebbero collaborare con la giustizia e fare i nomi. Tutto ipotetico, nessun riscontro giudiziario (per quanto ne so), ma teoricamente un’ipotesi logica. E la misteriosa morte di Narducci, non è certo l’unica collegata a personaggi che in un qualche modo sono stati coinvolti con la vicenda del Mostro…..mi viene da pensare, ad esempio, a Francesco Vinci piuttosto che Milva Malatesta (oltre a qualche sospetto sul decesso di Pietro Pacciani). Ok, ed ora, conclusa la fin troppo lunga premessa, pongo la mia domanda: a fronte della ricostruzione del tutto ipotetica appena fatta, è lecito pensare che alcune morti violente di personaggi a vario titolo coinvolti nella vicenda del Mostro abbiano una connessione fra loro? E, soprattutto, se dovesse trattarsi di omicidi su commissione, per eliminare pericolosi testimoni, chi è l’esecutore? Perché, pare ovvio, un’ipotetica combriccola di 50/60/70enni gaudenti alto borghesi, che già avrebbe commissionato i noti duplici omicidi (con tutti i rischi annessi nel coinvolgimento di altre persone), evidentemente non ha le competenze ne’ le capacità fisiche per strangolare un 36enne in forma fisica….e tanto meno per ammazzare ed incaprettare un pluripregiudicato come Vinci. Ergo, entra in scena una figura necessaria, ossia un Sicario. Pagato per eliminare persone pericolose nel momento in cui le indagini si stanno avvinando troppo alla verità dei fatti. E’ mai stata indagata un ipotesi di questo tipo? Concludo dicendo che di sicari a pagamento se ne possono trovare a volontà (immagino), con tutti i rischi annessi nel fuoriuscire da una determinata “cerchia”. Di sicuro, mi sento di dire (sempre in linea del tutto ipotetica), che una figura con le caratteristiche per agire da sicario a pagamento con il compito di fare piazza pulita da pericolosi testimoni, nella lunga vicenda del Mostre è presente…..ossia Vigilanti. Cordialmente

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    1. Buongiorno, la ringrazio per il commento e per i complimenti.
      La sua teoria non è così peregrina, al contrario è piuttosto gettonata. Trattasi infatti di un'idea che va per la maggiore fra chi crede in un secondo livello, nei mandanti, nei compagni di merende come killer prezzolati, nel Narducci ucciso per volere dei suoi stessi complici che temevano potesse cedere e/o tradire. L'unica differenza è che nella teoria "ufficiale" la cerniera fra i due livelli - per ovvietà di cose - non è il Narducci, ma il Calamandrei (residente a San Casciano, conoscente del Vanni, forse del Pacciani, ecc.).
      Non è così singolare neanche l'idea del Vigilanti sicario, anche questa proposta e vagliata a più riprese.

      Sa qual è il problema? Che, a dispetto di anni e anni e anni di indagini capillari a tutti i livelli, non è emersa una singola prova che questo quadro possa avere un fondamento di verità.
      Indizi certo, coincidenze pure, suggestioni a iosa. Ma prove nessuna. Il dottor Calamandrei è stato assolto non per insufficienza di prove, non per non aver commesso il fatto, ma perché il fatto non sussite.
      Dunque, è mai possibile che su una vicenda così grande, che ha visto coinvolti decine di persone a tutti i livelli (fra cui anche vecchi e inaffidabili ubriaconi), decine di omicidi, che ha interessato una marea di persone, su cui hanno indagato decine e decine fra i migliori investigatori d'Italia e del mondo, non è mai stata trovata uno straccio di prova?
      Potrebbe essere mai possibile che questi fantomatici personaggi, cinquantenni/sessantenni alto borghesi, gaudenti e imbolsiti abbiano costruito sette, fatto sacrifici umani, ordinato omicidi a tutti i livelli (quelli del mostro più tutti gli altri), previsto tradimenti, anticipato le mosse degli inquirenti, pagato sicari e non abbiano mai lasciato una traccia che fosse una, se non voci di paese?
      E tutto ciò di fronte a valenti magristrati e valenti poliziotti che hanno scartabellato ogni singola riga di ogni singolo documento, che hanno interrogato centinaia di persona, che hanno mosso mari e monti, per arrivare a una verità.

      Per rispondere alla sua legittima e ovvia domanda... sì, tutti questi aspetti sono stati a fondo indagati da ogni punto di vista (gli omicidi del mostro, gli omicidi collaterali, eventuali collegamenti, il vigilanti, il secondo livello, la setta esoterica, i mandanti gaudenti, ecc.) e non è mai emersa alcuna prova.
      Bravi e fortunati a livello cinematografico i mandanti, poco bravi e sfortunati gli inquirenti oppure si è cercato qualcosa che non è esistita?
      Ognuno si faccia la propria idea.

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    2. Salve, grazie per la risposta. Eh sì, quanto lei dice effettivamente non fa una piega. Tanti misteri irrisolti, tante suggestioni, ipotesi, sospetti…..ma alla fine nessuna prova certa. Oggettivamente, pur vivendo nel paese dei depistaggi e degli insabbiamenti, risulta difficile credere che questi ipotetici personaggi “gaudenti” (manco fossero la Spectre) siano riusciti a muovere le fila di tutto senza lasciare alcuna traccia. Io penso, ma qua’ passiamo a mie personalissime riflessioni, che inizialmente gli inquirenti, ed a seguire giornalisti/storici/studiosi, fino alla gente comune come me, abbiano trovato interesse sull’ipotetica teoria del “secondo livello” (in cui sarebbe stato coinvolto il Narducci) per almeno tre motivi: 1) effettivamente per le cosiddette morti “collaterali”, alla fine non sono stati individuati dei colpevoli. E mi riferisco proprio a F. Vinci, M. Malatesta ed agli enigmi sulla morte del Narducci. Se questi omicidi fossero stati risolti, trovando colpevoli e moventi che nulla avevano a che vedere con il Mostro, buona parte delle ipotesi sul secondo livello sarebbero state automaticamente ridimensionate; 2) una delle peculiarità del caso del Mostro (una fra le tante), è che effettivamente ci sono dei condannati, ed addirittura un reo confesso….però, la sensazione diffusa, è che si tratti ancora di un caso irrisolto. Io non sono fra quelli che ritengono le dichiarazioni del Lotti frutto di fantasia…..tutt’altro, al massimo penso ci siano delle omissioni, ma propendo a pensare che effettivamente abbia raccontato cose che ha visto e fatti a cui ha partecipato. Ma cio’ non toglie che ci sia una sensazione di incompiutezza…..come se si fosse arrivati ad una piccola parte della verità, ma manchi ancora qualcosa……in definitiva, manca la vera MOTIVAZIONE. Cosa se ne sarebbero mai dovuti fare poi il Pacciani ed il Vanni di questi feticci?? Una perversione di gruppo?? Strano…..Riti magici fra ubriaconi di campagna?? Bho…….poi, la mente umana è strana ed imprevedibile, quindi certo non sta a me trarre conclusioni, peraltro senza averne le competenze. Però, effettivamente, non è chiaro il motivo per cui i Compagni di Merende abbiano/avrebbero compiuto questa carneficina, o quantomeno non risulta chiaro per la gente comune; 3) infine, recentemente, sono rimasto molto colpito nell’apprendere una notizia (ed approfitto per chiedere a lei approfondimenti). Io non ho letto atti ufficiali, quindi mi limito a letture di libri, confidando nella buona fede dello scrittore e nella dovuta verifica delle fonti. Mi pare di capire che negli ultimi anni di vita del Pacciani siano emerse evidenze di una sua disponibilità economica quantomeno sospetta e poco spiegabile, incompatibile con le attività da lui svolte per tutta la vita. Ecco, questo è un elemento che mi ha fatto molto riflettere……chissà se con le attuali tecniche di indagine si sarebbe riusciti a risalire all’origine di questi soldi. Magari anche per fugare una volta per tutte ogni dubbio su eventuali mandati che commissionavano e pagavano profumatamente feticci. Il Vampa si è rivelato essere un criminale dalle molte sfaccettature……forse si era fatto un tesoretto frutto di estorsioni, sfruttamento, racket di piazzette di guardoni……peccato però che anche in questo caso non si sia arrivati ad una spiegazione certa, e di conseguenza si alimentino sospetti su eventuali ricchi committenti. Infine, ringraziandola per l’attenzione, concludo riprendendo quanto detto da lei in conclusione del suo ultimo messaggio…..ognuno si faccia la propria idea…..eh sì, perché ormai temo anche io, con tutti gli anni che sono passati, che più di questo non si potrà proprio fare. Saluti, Andrea C.

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    3. Sul patrimonio del Pacciani, se vuole la rimando al relativo capitolo che può trovare in queste pagine. Penso sia piuttosto esaustivo, non che possa toglierle tutti i suoi (legittimi) dubbi, tuttavia almeno potrà convenire che Pacciani è sempre stato più o meno in grado di attingere a fonti di reddito non certificate anche ben prima che cominciassero delitti ed escissioni.
      La ringrazio per i commenti e a presto.
      L.

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    4. Grazie a lei. Approfondisco il capitolo sul Pacciani e pure quello sul duplice omicidio di Rabatta, che trovo di particolare interesse. Ci rivediamo in quelle pagine, cordialità

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