La firma del Mostro


Dopo aver esaminato nel dettaglio i duplici omicidi storicamente attribuiti al cosiddetto Mostro di Firenze, proviamo in questo capitolo a mettere in evidenza gli aspetti in comune fra gli otto episodi, cercando di individuare - ove fosse possibile - tratti di ritualità e di maniacalità nei delitti, compresa la cosiddetta firma dell'assassino, stando bene attenti a non confonderla con il modus operandi dello stesso.
Va subito precisato che, a differenza di quanto si creda, la firma dell'assassino è un elemento non sempre presente o individuabile in un omicidio seriale. Molto ricorrente nei romanzi e nei film gialli in quanto di sicuro effetto scenico, è difficilmente riscontrabile nella realtà. I serial killer che nella storia hanno lasciato quella che può univocamente essere interpretata come la propria firma sono piuttosto rari.
Anche sulle scene dei crimini commessi dal Mostro di Firenze, pur essendo riscontrabili palesi tratti di manicalità e una certa ritualità fortemente connessa con il modus operandi, non vi è univoca certezza della presenza di una firma dell'autore dei delitti.
Per fare chiarezza e in estrema sintesi, la firma è un'azione rituale che l'assassino compie per raggiungere il proprio completo "appagamento". Si tratta di azioni o comportamenti che non sono prettamente necessari per l'attuazione del crimine, ma servono a soddisfare un bisogno psicologico del killer. Ne consegue che la firma è costante in ogni delitto perpetrato dallo stesso assassino e non varia negli anni. Secondo i più recenti studi, la firma è strettamente legata al movente più "profondo" del soggetto che commette gli omicidi.
Il modus operandi rappresenta, invece, quell'insieme di azioni e comportamenti che servono al killer per commettere il delitto.
Dunque si potrebbe dire che il modus operandi coincide con il "come" un crimine è stato commesso, mentre la firma con il "perché".
Risulta facilmente intuibile da quanto detto che nel momento in cui parliamo di maniacalità e di "firma dell'assassino" per la vicenda del MdF, contempliamo con estrema probabilità l'ipotesi di un unico autore per tutti gli episodi delittuosi (forse con l'eccezione del 1968), presumibilmente solitario e affetto da qualche patologia psichiatrica (che lo spingerebbe a commettere e firmare i propri delitti), non necessariamente evidente all'esterno.
Pur tuttavia, anche in caso si contemplasse la possibilità di più autori sulla scena del crimine (ipotesi merendara) e finanche di delitti su commissione (ipotesi mandanti), non è possibile aprioristicamente escludere l'eventualità di rinvenire sulle varie scene del crimine manifestazioni maniacali reiterate nel tempo. A patto che fra gli esecutori materiali ci sia un leader (quello che i merendari vedono nel Pacciani) che prenda univocamente qualsiasi decisione, che abbia completo controllo dei suoi complici (Vanni e Lotti) e che dunque agisca come fosse un killer solitario, salvo avere aiuto esclusivamente di tipo pratico dai gregari.
Ci sentiremmo invece di escludere categoricamente la possibilità di rinvenire medesime manifestazioni maniacali sulle varie scene del crimine nel caso di autori diversi per ogni delitto, i quali di volta in volta si sarebbero passati pistola e munizionamento (ipotesi Cannella).
Risulterebbe estremamente complesso, se non impossibile, spiegare in tal caso non solo una ritualità che si ripete nel tempo, ma anche tratti di maniacalità comune fra i vari delitti e soprattutto un'unica psicopatia che accomunerebbe diversi soggetti e che si manifesterebbe in episodi delittuosi diversi nello stesso identico modo.
Fatte queste doverose premesse, elenchiamo e commentiamo gli aspetti in comune fra i delitti:
1. Otto duplici omicidi, di cui almeno sette commessi sicuramente dalla stessa pistola e verosimilmente dalla stessa mano. Il primo delitto appare a tutti gli effetti maturato in ambito familiare, per vendetta, onore o gelosia e in questo senso si sono orientate le indagini. Gli altri sette appaiono evidentemente di natura maniacale.
2. La pistola usata in tutti gli episodi delittuosi - come vedremo nel prossimo capitolo - è verosimilmente una Beretta Calibro 22 Long Rifle prodotta all'incirca nel 1964.
3. Il munizionamento usato proviene in tutti i casi dallo stesso lotto, prodotto all'incirca nel 1966.
4. Nei primi due delitti il killer ha usato proiettili a palla ramata, negli ultimi sei a piombo nudo, con l'eccezione di un unico priettile a palla ramata utilizzato a Giogoli nel delitto del 1983.
5. In sei casi su otto sono stati rinvenuti sulla scena del delitto una quantità di bossoli inferiore rispetto ai colpi sparati. Per la precisione:
▪ a Signa nel 1968 sono stati repertati 6 bossoli su 8 colpi sparati.
▪ a Rabatta nel 1974 e a Scandicci nel 1981 sono stati repertati 5 bossoli su 8 colpi sparati;
▪ a Travalle nel 1981 sono stati repertati 7 bossoli su 9;
▪ a Baccaiano nel 1982 sono stati repertati 9 bossoli su 9;
▪ a Giogoli nel 1983 sono stati repertati 4 bossoli su 7;
▪ a Vicchio nel 1984 sono stati repertati 5 bossoli su 7;
▪ a Scopeti nel 1985 sono stati repertati 9 bossoli su 9.
Il massimo numero di colpi esplosi è stato 9 in tre occassioni: Calenzano, Baccaiano e Scopeti.

Da questi primi cinque punti si può ragionevolmente desumere che per il killer l'arma da fuoco e il relativo munizionamento potessero avere un significato simbolico.
A tal proposito più volte è stato fatto notare dagli esperti del settore come la pistola usata dal Mostro non fosse la più idonea per compiere tali azioni criminali (trattasi infatti di arma adatta per il tiro a segno, non certo per commettere efferati omicidi), tanto più se consideriamo che durante la fase cruciale e più densa dei delitti, fosse già discretamente vecchia.
Eppure, questa era l'arma cui il killer ricorreva ogni qual volta doveva portare a compimento le sue azioni omicidiarie. Il criminologo De Fazio attribuì a tale arma un significato feticistico. E del resto, pistola e bossoli erano gli oggetti distintivi, immediati e maggiormente d'impatto, con cui veniva univocamente riconosciuto un nuovo delitto commesso dal MdF.
Lo studioso ed esperto balistico Enrico Manieri ritiene a tal proposito che i bossoli con la lettera H siano l'unica vera firma del Mostro di Firenze, riservando in questo caso al concetto di "firma" un significato diverso, per così dire più popolare, rispetto a quello accademico attribuito dalla scienza psichiatrica. A tal proposito, il Manieri ritiene che in occasione del delitto degli Scopeti, il killer avesse volontariamente posto in bella mostra un bossolo sul telo bianco all'ingresso della tenda della coppia francese come segno di riconoscimento, quasi a voler consegnare alla storia quello che già sapeva sarebbe stato il suo ultimo duplice omicidio.
Alcuni mostrologi ritengono addirittura che i delitti possano esser cessati perché il killer aveva esaurito i proiettili e mai avrebbe potuto commetterne altri con un munizionamento diverso da quello che aveva sempre utilizzato.

6. Sei delitti sono avvenuti a danno di coppie appartate in auto nella campagna fiorentina, uno a danno di una coppia di uomini accampata per la notte in un furgone adibito a camper, l'ultimo a danno di una coppia in tenda. Gli unici due delitti che non riguardano coppie in auto, sono avvenuti a danno di coppie straniere.
7. Sei delitti sono avvenuti d'estate, uno a inizi giugno con clima comunque estivo, uno a ottobre.
8. Sei delitti sono avvenuti di weekend (intendendo per weekend un lasso di tempo che va dal venerdì sera alla domenica sera). In particolare tre sono avvenuti di sabato, uno di domenica, uno di venerdì, uno (l'ultimo) in una data non certa ma sicuramente ascrivibile a un periodo che va dal venerdì sera alla domenica.
Per quanto riguarda i due tagliati fuori dal fine settimana, uno è avvenuto di giovedì (ma il giorno dopo era sciopero generale) e uno (il primo) di mercoledì.
9. Cinque delitti sono avvenuti dopo le 22.30, di questi quattro attorno o dopo le 23.30. Uno (Vicchio, 1984) alle 21:40 circa. Due delitti (quelli ai danni delle coppie straniere) non hanno un orario definito. A Giogoli il delitto è stato commesso fra le 21:00 e le 24:00. Su Scopeti c'è incertezza assoluta, ma qualunque sia stato il giorno è probabile sia avvenuto in orario serale/notturno.
10. Tutti i delitti sono avvenuti in regime di assoluta oscurità: sei in prossimità della luna nuova, due con una mezza luna calante, che in un caso (ottobre 1981) era comunque coperta dalle nubi.
11. Tutti i luoghi dove si sono verificati gli omicidi distavano pochi minuti di automobile dalle abitazioni delle rispettive vittime, escludendo ovviamente i due delitti delle coppie straniere.
12. Nelle immediate vicinanze dei luoghi in cui si sono verificati sei delitti, scorreva un fiume o un corso d'acqua: il Vingone nel 1968, la Sieve nel 1974, il torrente Marina nell'Ottobre 1981, il torrente Virginio nel 1982, ancora il Vingone nel 1983 (in questo caso leggermente più distante), ancora la Sieve nel 1984.
Rimangono tagliati fuori dalla presenza di corsi d'acqua Mosciano di Scandicci e Scopeti.

Possiamo dedurre dai succitati punti che la tipologia di mezzo utilizzato dalle vittime per appartarsi nella campagna fiorentina, la stagione, la fase lunare, i giorni della settimana e l'orario in cui si sono verificati i delitti, sono sicuramente peculiarità proprie degli omicidi del Mostro di Firenze, ma non sono delle condizioni indispensabili.
Ove ne ha avuto l'opportunità il killer ha colpito coppie in camper (1983) o in tenda (1985), in stagione non estiva (entrambi i delitti del 1981), in giorni non del fine settimana (1968, ottobre 1981), in orari diversi da quelli abituali (1984) e durante fasi lunari piuttosto lontane dal novilunio (ottobre 1981 e 1985).
Sarebbe lecito supporre dunque che il ripetersi di determinate situazioni siano state più dettate da ragioni di opportunità logistica che non da un vero e proprio rituale. Per esempio è fin troppo banale arrivare alla conclusione che d'estate (o comunque con clima estivo) e nei weekend (o comunque in giorni precedenti a quelli festivi) era più facile trovare coppie appartate in automobile fino a tardi. Ed è anche banale pensare che un'ora tarda avrebbe portato verosimilmente ad avere meno gente in giro durante la fase delittuosa. Inoltre una situazione di novilunio o più in generale di assoluta oscurità avrebbe facilitato notevolmente l'opera delittuosa dell'assassino.
Per quanto riguarda i corsi d'acqua, anche questa non è una costante per tutti i delitti. Non si può escludere che la presenza di fiumi, torrenti o anche abbevaratoi (come nel caso di Scopeti) nei dintorni del luogo dell'omicidio potesse agevolare l'assassino in sommarie operazioni di pulizia dopo le escissioni. Tuttavia non si trattava sicuramente di una condizione necessaria per la realizzazione dell'assalto.

13. In cinque delitti il killer ha adoperato l'arma bianca per infierire sui cadaveri. In quattro casi ha eseguito un'escissione pubica sulla vittima femminile, negli ultimi due oltre all'escissione pubica ha eseguito un'escissione del seno sinistro.
L'utilizzo di arma bianca manca nel primo delitto (Signa, 1968), nel quinto (Baccaiano, 1982) e nel sesto (Giogoli, 1983). In tutti e tre i casi ci sarebbero motivazioni più che valide per il mancato utilizzo: nel primo caso la presenza del bambino, nel secondo la fuga del Mainardi, nel terzo l'assenza della vittima femminile.
14. Di delitto in delitto c'è stata una sorta di escalation di violenza da parte del killer.
▪ nel primo adopera solo la pistola.
▪ nel secondo adopera la pistola; infierisce con poche coltellate sull'uomo; infierisce con molte coltellate sulla donna, cui infila un tralcio di vite nella vagina.
▪ nel terzo delitto c'è arma da fuoco; coltellate a danno dell'uomo; escissione pubica a danno della vittima femminile.
▪ nel quarto c'è arma da fuoco; coltellate a danno dell'uomo; coltellate ed escissione pubica a danno della donna.
▪ nel quinto delitto c'è arma da fuoco, ma le condizioni hanno probabilmente impedito l'utilizzo dell'arma bianca.
▪ nel sesto c'è arma da fuoco, ma le condizioni hanno probabilmente impedito l'utilizzo dell'arma bianca.
▪ nel settimo c'è arma da fuoco; molte coltellate a danno dell'uomo; coltellate, escissione pubica ed escissione mammaria a danno della donna.
▪ nell'ottavo delitto c'è arma da fuoco; molte coltellate a danno dell'uomo; escissione pubica ed escissione mammaria a danno della donna.

L'escalation di violenza come conseguenza dell'evoluzione della patologia dell'assassino è stata teorizzata sia dal dottor De Fazio che dal dottor Maurri e quasi universalmente accettata dalla odierna mostrologia.
Risulta piuttosto diffusa in ogni caso l'idea che l'escissione in sé pur presentandosi come una fortissima manifestazione di tipo patologica-maniacale, non può essere considerata la firma dell'assassino, in quanto in almeno un'occasione non è stata perpretata pur avendone l'assassino la possibilità (1974). Ne consegue che l'escissione non è il fine ultimo dell'assalto, ma è un'azione subentrata successivamente, forse per un bisogno feticistico o per una sorta di macabra spettacolarizzazione delle proprie gesta.
Essendo, tuttavia, il tema fortmente dibattuto e di non univoca interpretazione, non mancano opinioni diverse in merito.

15. Quattro delle sette vittime femminili avevano dichiarato nei giorni immediatamente precedenti al delitto di essere state importunate da qualcuno. Uniche eccezioni, la De Nuccio e ovviamente la Mauriot.
16. Pur collocandosi i delitti in un'epoca in cui il periodo di ferma militare era obbligatorio, nessuna delle vittime maschili aveva espletato il servizio militare.
17. Tre delle prime cinque vittime femminili lavoravano nel campo tessile (la Pettini era segretaria presso una ditta di confezioni, la Cambi aveva lavorato nel negozio d'abbigliamento della mamma e la Migliorini era cucitrice presso una dtta di confezioni di abiti). Inoltre, la De Nuccio lavorava nel campo della pelletteria, affine al precedente. Solo la Locci esulava da attività lavorative di questa tipologia. Per quanto riguarda gli ultimi tre delitti, la Rontini lavorava in un bar, la Mauriot nel commercio delle scarpe.
Come già detto, il campo tessile era comunque fra le attività lavorative più diffuse nella Toscana degli anni 70/80.
18. Tre delle prime cinque vittime femminili avevano una superficiale somiglianza fra loro: magre, capelli neri, carnagione lattea. In seguito la Migliorini e la Rontini sarebbero state piuttosto diverse fisicamente, mentre la Mauriot, anche per questioni angrafiche, esulava abbastanza dalla tipologia di vittima del serial killer.
19. Nei primi quattro delitti c'è stata manomissione dei cadaveri da parte del killer; manomissione che manca nel quinto (Baccaiano, 1982) e nel sesto (Giogoli, 1983) perché le condizioni potrebbero averlo impedito. Ampia manomissione su entrambi i cadaveri nel settimo e per ovvie ragioni nell'ottavo delitto.
20. Nei primi tre delitti, l'autore ha frugato nelle borse delle vittime femminili. Nel quarto (Travalle) ci sono discrete probabilità che l'abbia fatto. Nel quinto e nel sesto le condizioni potrebbero averlo impedito. Nel settimo e nell'ottavo non ci sono indizi rilevanti in merito.

Sebbene si sia indagato a fondo, è risultato pressoché impossibile trovare tratti univocamente comuni fra le vittime del Mostro, sia fra quelle femminili che fra quelle maschili. È possibile affermare che si trattava in generale di coppie abbastanza rodate e particolarmente unite (con la ovvia eccezione del 1968), di estrazione proletaria o piccolo borghese.
L'azione di frugare fra le borse delle vittime femminili sembra essersi smarrita col tempo nelle azioni del Mostro, forse perché da un certo punto in poi è stata vista come un'inutile perdita di tempo, specialmente quando le operazioni di escissione sono aumentate e hanno iniziato a richiedere più tempo.

21. In sette delitti su otto, c'è stata una qualche interazione (spesso telefonica) da parte di un anonimo nei confronti delle forze dell'ordine o di qualche parente delle vittime o di qualcuno che più o meno volontariamente si fosse trovato implicato nell'omicidio. Un'interazione che aveva in ogni caso a che fare con il delitto:
▪ nel 1974, la telefonata anonima ai carabinieri di Borgo San Lorenzo per segnalare il luogo dove sarebbe stato possibile ritrovare la borsa della Pettini;
▪ nel giugno del 1981, le telefonate anonime a casa della moglie e del fratello di Enzo Spalletti, arrestato dopo il delitto;
▪ nell'ottobre 1981, la telefonata a casa della zia di Susanna Cambi da parte di uno sconosciuto che evidentemente sapeva che Susanna alloggiava temporaneamente lì; forse anche quella del misterioso geometra a casa Baldi;
▪ nel 1982, la telefonata al Pronto Soccorso di Empoli per sapere delle condizioni di salute del Mainardi; inoltre la telefonata ricevuta dallo zio di Paolo e infine le telefonate all'autista di ambulanze, Lorenzo Allegranti;
▪ nel 1983, la specie di altarino costruito con le riviste porno a poca distanza dal furgone dei ragazzi tedeschi;
▪ nel 1984, la telefonata anonima che segnalava un incidente in località Sagginale non distante dal luogo del delitto;
▪ nel 1985, anche se interazione di tipo diversa, l'invio della lettera anonima alla dottoressa Silvia Della Monica.
Rimane escluso da qualsiasi forma di interazione unicamente il delitto di Signa (1968).
Poiché, a parte il caso del 1985, non vi è certezza che tali episodi siano addebitali all'autore degli omicidi, molto spesso si sostiene che il Mostro di Firenze non sia stato un serial killer comunicatore (alla Zodiac o alla BTK). Tuttavia, nel caso in cui alcune delle interazioni di cui sopra (o di quelle successive al settembre del 1985) portino la sua firma, il MdF diventerebbe quanto meno un discreto comunicatore, certamente atipico, ma sicuramente non scevro da impulsi comunicativi.

E veniamo all'ultimo punto, quello che in alcuni ambienti mostrologici è stato visto come la vera firma dell'assassino:
22. In cinque delitti su otto, il killer ha eseguito una netta separazione dell'uomo dalla donna. Ogni qual volta ne ha avuto la possibilità, ha infatti sempre portato il cadavere della donna lontano da quello dell'uomo.
La separazione non si è verificata nel 1968, quando entrambi i cadaveri sono rimasti in automobile, ma questo delitto potrebbe non avere matrice maniacale. Non si è verificata inoltre nel 1982 e nel 1983, quando però le condizioni al contorno potrebbero averla impedita.
Negli altri cinque casi, la sperazione è stata invece piuttosto netta. Tranne in due occasioni (secondo delitto 1981 e 1985) il cadavere dell'uomo è sempre stato lasciato nell'automobile, mentre il cadavere della donna è sempre stato portato piuttosto distante dall'auto.
Nell'ottobre del 1981 (Calenzano) la netta separazione è avvenuta ugualmente, nonostante i due cadaveri fossero entrambi stati estratti dalla vettura. Nel 1985 (Scopeti), il ragazzo ha tentato la fuga ed il suo cadavere è stato ritrovato piuttosto lontano dal cadavere femminile, rimasto chiuso in tenda.
La separazione dei cadaveri è stata interpretata dal giornalista Mario Spezi come la vera firma dell'assassino, nonché il movente più recondito degli omicidi stessi (vedasi a tal proposito il capitolo Ipotesi Sardiste).

Tuttavia, è doveroso precisare che la separazione dei cadaveri può essere vista non come "un azione o un comportamento non prettamente necessario per l'attuazione del crimine" e dunque come una firma, ma anzi come un atto assolutamente indispensabile per permettere al killer di conquistare una posizione idonea alle escissioni, rispetto al poco spazio e alla scarsa visibilità che poteva offrire l'interno di un'automobile.
Nel caso di Mosciano, per esempio, il luogo scelto per le escissioni permetteva di controllare non visto i dintorni, solitamente bazzicati da guardoni. Nel caso di Calenzano o della Boschetta permetteva di sottrarsi alla vista di eventuali inaspettati visitatori giunti per caso sul luogo del delitto. Nel caso degli Scopeti, la separazione dei cadaveri era stata offerta spontaneamente dalla fuga di Jean-Michel; non era stato necessario spostare la donna, perché la tenda offriva oltre che ampio spazio anche larga protezione da parte di sguardi indiscreti.
La separazione, quindi, non sarebbe piú vista come una firma, ma come un atto reiterato nel tempo, dettato da mere esigenze di convenienza.

A parere di chi scrive, oltre a una certa ritualità nel modus operandi e nelle scelte dei luoghi e dei tempi dei delitti, che individuano indubitabilmente la stessa mano in almeno sette degli otto episodi delittuosi, gli unici aspetti che realmente accomunano tutti i delitti sono l'arma da fuoco e relativo munizionamento, l'ambientazione geografica (la campagna della provincia fiorentina) e la tipologie di vittime (tutte coppie o presunte tali appartate in solitudine per scambiarsi effusioni amorose).
Quest'ultimo aspetto non è affatto da sottovalutare quando si parla di manifestazioni maniacali o di firma dell'assassino. All'autore dei delitti, infatti, non interessava la donna in quanto tale. Non assaliva facili prede come prostitute isolate da caricare sulla propria automobile, cui praticare escissioni.
Al Mostro di Firenze interessavano donne all'interno di un contesto di coppia, e non un contento qualsiasi, ma uno particolarmente intimo. Il Mostro interveniva per interrompere un rapporto sessuale, molto spesso per impedirlo sul nascere.
Non si può non tenere conto di questo aspetto, quando ad esempio si parla di mandanti, di omicidi su commissione, di soldi in cambio di feticci, quasi a voler far rientrare questi omicidi nel gran calderone di quelli commessi a scopo di lucro o con finalità diverse da quelle dettate da una profonda instabilità psichica dell'autore dei delitti.
Se il fine era, infatti, ricavare denaro dai cosiddetti "feticci escissi", ci si potrebbe chiedere perché il killer prezzolato non colpisse donne sole in contesti isolati (come quasi nello stesso periodo stavano facendo sia il mostro di Udine che quello di Modena), senza dover correre il rischio di un agguato a danno di una coppia, in luoghi aperti e frequentati da guardoni?
Certo, è onesto quanto doveroso ammettere l'anomalia in questo quadro del delitto di Giogoli, come ben evidenziato dalla sentenza Rotella. Senza tuttavia scomodare le motivazioni (sarde) sottese da Rotella per spiegare questo duplice omicidio, nulla esclude che a distanza di quindici mesi dall'ultimo episodio delittuoso e con l'estate ormai prossima al termine, abbia in questo caso prevalso più l'istinto omicida che non la "corretta situazione" su cui placare il proprio bisogno di sangue.




6 commenti:

  1. Trovo molto interessante l'analisi del Prof. Saladini, intervistato da Paolo Cochi, sul killer "missionario" (che riprende e approfondisce quella del Prof. Bruno) che si può vedere su You Tube qui:
    https://www.youtube.com/watch?v=rg1bJGV0MSo

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  2. E qui, invece, l'interessante analisi, molto dettagliata, sulla figura psicologica del MdF da parte del Prof. Bruno:
    https://www.youtube.com/watch?v=2OKPFFw0GFU
    e qui, altra interessante versione, sempre del Prof. Bruno intervistato dall'avv. Filastò :
    https://www.youtube.com/watch?v=Ym7WXFIvzn0

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  3. Innanzitutto i miei grossi complimenti per il veramente ottimo blog.
    Ciò, tuttavia (e ovviamente) non può significare che qua e là (su qualche particolare o su qualche singolo argomento) non si trovi qualcosa su cui eccepire o su cui esternare qualche dubbio.

    Qui, per esempio, non mi quadra la frase "quattro delle sei vittime femminili... molestie...". Perché SEI vittime femminili? Mi risultano essere state, in realtà (includendo anche il 1968) SETTE.
    E quali sarebbero state le quattro che nei giorni precedenti avrebbero riferito di molestie subite? Ok per Stefania Pettini, Susanna Cambi (nel suo caso, in verità, solo un esile accenno a un'auto che seguiva la sua commentato con un "Oh, no, riescono, quello!", che non necessariamente deve connotare vere e proprie molestie, ma prendiamolo pure per buono...) e Pia Rontini. Ma la quarta?

    Inoltre, perché tre delle prime cinque vittime avrebbero lavorato nel settore del tessile (a cui aggiungere la De Nuccio nella pelletteria)? Vabbene per la Pettini (anche se negli uffici a fare le fatture) e per Antonella Migliorini (come pure per l'aggiunta della De Nuccio nella pelletteria), ma la terza? Considerando che la Locci non lavorava, rimane solo la Cambi, ma lei lavorava come segretaria in una televisione privata, e prima aveva tentato con la madre di mandare avanti un negozio d'abbigliamento. Sarebbe mica questo il (tenuissimo) legame col tessile? Inoltre (come del resto correttamente fatto notare nel blog), al tempo ancor più che oggi, nella provincia fiorentina (della quale ancora faceva parte pure Prato, non ancora scorporato a costituire provincia a sé, l'attività tessile e/o di pelletteria era così tanto diffusa da risultare statisticamente sin troppo facile "pescare", in un ristretto campione di popolazione, qualcuno che ci avesse a che fare: un po' come sin troppo facile trovare nell'area torinese degli anni '60, '70 e '80 diverse persone che lavorasse nell'industria automobilistica o nell'indotto della stessa...

    Inoltre, perché quattro delle prime cinque vittime femminili brune, esili e dall'incarnato latteo? Passi per Carmela De Nuccio o Susanna Cambi (e l'ovvia esclusione della diversissima Antonella Migliorini), ma Barbara Locci corrispondeva a questo tipo fisico? Non sembra.. Stefania Pettini era certamente esile, ma era bruna? Dalle foto non sembrerebbe...

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    1. Ciao, grazie per i complimenti. Provo a rispondere sommariamente alle tue segnalazioni.
      1. La quarta donna ad aver riferito di non sentirsi sicura nei giorni precedenti al delitto è Barbara Locci, di cui si parla ampiamente nel relativo capitolo.
      2. Per quanto riguarda il campo tessile, le tre delle prime cinque vittime femminil ad averci avuto a che fare sono la Pettini (fatturista per la Magif), la Cambi (che in precedenza aveva lavorato nel negozio d'abbigliamento della madre) e la Migliorini (sarta presso una ditta di confezioni). Poi c'è la De Nuccio che lavorava nel campo della pelletteria.
      Pienamente d'accordo con le tue affermazioni sull'importanza del tessile in quelle zone e su come coinvolgesse lavorativamente parlando una grossa fetta di popolazione, ma ciò non toglie che dopo il delitto di Baccaiano gli inquirenti hanno - documenti alla mano - iniziato a esplorare questo mondo perché qui avrebbe potuto risiedere un fattore comune fra le vittime. Indagini poi accantonate da Giogoli in poi.
      3. Si parla di superificiale somiglianza fra loro: sia la Pettini che la de Nuccio che la Cambi erano ragazze dal fisico esile, con colorito latteo e capelli scuri.

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  4. Dove appare scritto "riescono, quello" è stato solo un dispetto del correttore automatico dello smartphone: io intendevo scrivere / avevo scritto "RIECCOLO...."

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  5. Allora o i mostri pacciani vanni e compagnucci lo facevano per soldi e che bisogno avevano di firmare i delitti con la 22? e che bisogno avevano i mostri di dare 96 piccole pugnalate? ci si decida ,

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