Il legionario


In ordine cronologico, l'ultimo indagato per gli omicidi del Mostro di Firenze è stato l'ormai famoso Giampiero Vigilanti, personaggio salito agli onori (o ai disonori) della cronaca in tempi piuttosto recenti.
Si tratta di uomo dalla vita avventurosa e parzialmente avvolta nel mistero, i cui contorni sfumati sono stati delineati da lui stesso nelle numerose interviste rilasciate a TV e giornali.
Proviamo in questa sede a fare un po' di chiarezza sul passato del cosiddetto "legionario", spulciando fra le varie dichiarazioni, talvolta sicuramente mendaci, altre volte stupefacenti, in generale piuttosto ambigue e di non immediata interpretazione, da lui rilasciate nel corso degli anni.
Vigilanti nacque nel Mugello, a Vicchio, il 22 novembre 1930. All'età di 16 anni, nel 1946, tentò di varcare il confine e andare a lavorare in Francia, ma venne rimpatriato alla frontiera di Ventimiglia in quanto minorenne e rispedito a casa.
Due anni dopo, nel 1948, ebbe un violento alterco con Pietro Pacciani, anch'egli di Vicchio e di cinque anni più anziano. Fu lo stesso Vigilanti a raccontare il 30 luglio 2017 al "Gazzettino del Chianti" il motivo del litigio:
"Era di Vicchio come me, ebbi una discussione con lui perché aveva preso il lavoro al mio babbo. All'epoca il Comune faceva fare dei lavori ai residenti per guadagnare qualcosa, rimettevano le strade, spaccavano le pietre. Pacciani dopo aver fatto il suo turno, volle fare anche quello che spettava al mio babbo mandandolo via, tanto che il babbo si arrabbiò molto. Io gli dissi lascia stare, ci penso io. Andai da Pacciani e gli tirai una bastonata in testa. Lui non mi denunciò".
Resta inteso che di questo scontro abbiamo solo la testimonianza del Vigilanti. Risulta difficile credere a una completa mancanza di reazione di un tipo prepotente e collerico come il Pacciani a una bastonata sul capo.
Le vite dei due contendenti presero comunque presto strade diverse. Nel 1951 Pacciani finì in carcere per l'omicidio della Tassinaia, mentre il Vigilanti ebbe guai con la giustizia decisamente più lievi.
Nel 1950 venne fermato dalla polizia di Firenze perché accusato di spiare alcuni uomini nei bagni pubblici alla Fortezza del Basso. Portato in caserma, Vigilanti ammise sia di aver compiuto quegli atti a scopo di libidine, sia le proprie tendenze omosessuali. Giova purtroppo ricordare che, sebbene in Italia l'omosessualità non costituisse più reato dal 1890, per decenni ha continuato a non essere vista di buon occhio dalle autorità, soggetta dunque alla cosiddetta "tolleranza repressiva".
Altri piccoli reati furono contestati al giovane Vigilanti in quel periodo, come la sottrazione di denaro alla famiglia e il maltrattamento dei genitori; più in generale era considerato dalle forze dell'ordine locali come soggetto da attenzionare, sia per il comportamento antisociale, sia per un'eventuale instabilità psichica.
Tre anni dopo, nel 1953, il Vigilanti riuscì finalmente a varcare il confine. Arrivò in Francia dove si arruolò nella Legione Straniera. Combatté in Indocina e in Africa nella guerra franco-algerina. Delle terribili esperienze vissute in guerra, Vigilanti parlerà diverse volte, talvolta anche contraddicendosi.
In un'intervista a "La Nazione" del 27 luglio 2017 dirà di avere ucciso fra le 300 e le 500 persone. Nella trasmissione "Il bivio", condotta da Enrico Ruggeri su Italia 1 nel 2007, racconterà di essere stato catturato nel 1954 ad Hai Phong, in Vietnam, di essere stato sepolto vivo e liberato dopo 5 terribili giorni dai compagni d'armi. In un'intervista al "Gazzettino del Chianti" i giorni di sepoltura prima della sospirata liberazione sarebbero diventati venti.

Nel 1957 Vigilanti si congedò dalla Legione Straniera e si stabilì per un anno a Marsiglia, ma evidentemente i guai non erano finiti. Aprì un night club, ebbe contrasti con malavitosi arabi che lo ricattavano e, stando a quanto affermerà lui stesso, dovette risolvere la questione in maniera spiccia. Dirà infatti a tal proposito sempre a "La Nazione": "fummo costretti a farli fuori". Banale a dirsi, non risultano riscontri sulla veridicità di tale affermazione. Potrebbe sembrare inutile cercare riscontri perché nessuno si autoaccuserebbe di un omicidio, anche se commesso quasi settant'anni prima a danno di malavitosi, se non fosse vero. Eppure avremo modo di vedere come Vigilanti sembrerà aver l'abitudine di colorire alcune sue esperienze passate, tendendo a collocare la sua persona in luoghi (come quelli degli omicidi del MdF) dove non gli converrebbe troppo collocarsi oppure sbandierare conoscenze che forse avrebbe più convenienza a tacere.

A ogni modo, nel 1958 l'ormai ex legionario rientrò in Italia, dove ebbe alcuni problemi psichici, probabilmente a causa degli eventi traumatici vissuti in guerra. Il 30 gennaio 1961 tentò il suicidio, nel 1963 venne ricoverato e curato per una forte crisi depressiva.
Sposatosi con la moglie Elena il 21 gennaio 1962, nel 1963 la coppia si trasferì nel comune Vaiano, alle porte di Prato. Vi abitò fino al 30 giugno del 1966. Non è particolare di secondaria importanza, questo, perché il piccolo comune di Vaiano fu residenza di altri due personaggi coinvolti nelle vicende del Mostro di Firenze, il sardo Salvatore Vinci e l'imprenditore tedesco Rolf Reinecke (vedasi capitolo Il secondo livello).
Per quanto riguarda Salvatore Vinci, ufficialmente il manovale sardo prese residenza a Vaiano il 28 luglio 1966, dunque un mese dopo che Vigilanti era andato via, ma non si può escludere che vi abitasse già da prima. A togliere il legittimo dubbio sarà ancora una volta l'ex legionario che dichiarerà a "La Nazione": "...eravamo vicini di casa a Vaiano, ma non ci parlavo. Lo conoscevo di vista. Mi sembrava violento".
Ora, che un tipo come Vigilanti ritenesse violento il Salvatore Vinci potrebbe da un lato far riflettere, dall'altro far sorridere. Ancora una volta, tuttavia, come per Pacciani, nessuno potrà mai smentire questa sua presunta conoscenza.
Per quanto riguarda il Reinecke, nell'aprile del 1964, il Vigilanti venne assunto come operaio tessile presso una delle numerose aziende filaturiere della zona di Vaiano. A tal proposito, il 12 giugno 2014 dichiarerà in un verbale di essere stato dipendente proprio dell'azienda del Reinecke. Saranno gli stessi inquirenti a fare indagini in merito e a verificare la non veridicità di tale dichiarazione, avendo l'ex legionario lavorato presso un'azienda tessile che non aveva alcun contatto con l'imprenditore tedesco.
Il Reinecke diventa dunque il terzo personaggio, coinvolto nelle indagini del MdF, che il Vigilanti afferma di propria spontanea volontà (e stavolta documentatamente a sproposito) di aver conosciuto e con cui avrebbe avuto un qualche tipo di rapporto. Non sarà certamente l'ultimo.
Risulta, dunque, già da queste prime battute quanto meno curioso il fatto che il suddetto avesse la tendenza a rendere pubbliche le proprie conoscenze con personaggi coinvolti nella vicenda del Mostro, anche quando queste conoscenze in realtà non vi erano state, quasi volesse concentrare su di sé attenzioni di inquirenti e organi di informazione.


La Lancia Flavia
Tornando all'excursus storico della sua vita, il 30 giugno 1966 Vigilanti e la moglie lasciarono Vaiano e si trasferirono a Prato, in zona denominata "Il Cantiere", dove avrebbero vissuto fino al 2019.
Nel 1971 l'ex legionario acquistò una Lancia Flavia color rosso, dal cofano e dal bagagliaio verniciati di nero. Manterrà tale vettura per 15 anni, fino al 1986.
Sarà questa - come vedremo - l'automobile che rivestirà una particolare importanza nelle indagini e richiamerà su di lui le attenzioni dei carabinieri di Prato.
Dal 1972 al 1979 il Vigilanti lavorò per l'OFISA, un'agenzia di onoranze funebri toscana.
Nell'ottobre del 1981 venne commesso il duplice delitto di Calenzano nella vicina Travalle, a meno di 10 km dall'abitazione dell'ex legionario.
Fu in questa occasione che i testimoni Tozzini e Parisi (vedasi capitolo Le Bartoline) riferirono che fra le 23.40 e la mezzanotte della sera dell'omicidio, avevano incrociato sullo stretto "ponte della Marina" un'automobile di colore rosso che proveniva dal luogo del delitto e procedeva a velocità sostenuta. Durante la sua testimonianza, il Tozzini aveva dichiarato che probabilmente tale automobile era una Alfa GT, ma avrebbe potuto essere anche una Lancia HF (sia Fulvia che Flavia), la cui parte anteriore era molto simile alla GT.
Oltre al particolare dell'automobile rossa, in tempi recenti si è diffusa la voce secondo cui l'impronta di stivale numero 44 rinvenuta sulla scena del delitto delle Bartoline sarebbe stata lasciata da uno scarpone di tipo militare in vendita in Francia. La notizia, riportata da diversi organi d'informazione e da alcune trasmissioni televisive prettamente a diffusione locale, ha ovviamente ancor più acceso i riflettori della moderna mostrologia sull'ex legionario, facendo sì che la frangia mostrologica cosiddetta vigilantiana trovasse sempre più numerosi adepti.
Tuttavia, come già riportato nel capitolo dedicato al delitto, tale notizia sarebbe già stata smentita.


Le prime indagini
Un paio d'anni dopo il delitto a Travalle, nel novembre del 1983, venne accolta la richiesta di riabilitazione del Vigilanti e gli venne rilasciata una licenza per porto d'armi.
Meno di un anno dopo, nell'ottobre del 1984, l'ex legionario acquistò la sua prima pistola, una particolarissima High Standard modello 104 Olympic calibro 22 usata.
Furono proprio la sua passione per le armi, il passato da legionario, i trascorsi in clinica per disturbi psichici, i piccoli reati contro la morale di cui si era macchiato in gioventù, l'automobile simile a quella vista a Travalle e alcune strane abitudini come girare con i suoi cani per le campagne attorno a Prato in orario notturno, a far convergere - in piena epoca mostro - l'interesse dei carabinieri di Prato verso il Vigilanti.
Come visto nel capitolo Accadimenti Finali, il 16 settembre 1985 (cinque giorni dopo il delitto degli Scopeti) il maresciallo dei carabinieri di Prato Antonio Amore eseguì una perquisizione a casa del Vigilanti.
Di interessante per le indagini vennero rinvenuti la predetta pistola modello High Standard calibro 22 (non quella del Mostro che verosimilmente era una Beretta) e alcuni articoli di giornale. In special modo erano di particolare interesse quelli relativi all'arresto del Mele e del Mucciarini nel gennaio del 1984 e al delitto degli Scopeti nel settembre del 1985. Altri articoli di giornale riguardavano la strage di matrice neofascista del 23 dicembre 1984 presso la Grande Galleria dell'Appennino ai danni del treno rapido 904 Napoli-Milano, la strage dell'Heysel in occasione della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool e l'elezone di Francesco Cossiga a Presidente della Repubblica Italiana.
A questa prima perquisizione ne seguì una seconda a casa della mamma del Vigilanti a Vicchio in località Padule, via Caselle 36. Qui vennero trovati diversi altri articoli di giornale, in particolar modo alcuni relativi ai delitti commessi dal Mostro di Firenze nel 1974 a Rabatta e nel 1984 a Vicchio, e due relativi agli omicidi di due prostitute fiorentine, la Bassi e la Cuscito (vedasi capitolo Le morti collaterali).
Il Vigilanti dirà a proposito di questi rinvenimenti: "Io normalmente i giornali dopo averli letti li butto via. Mia moglie invece quando vi sono notizie particolari è solita conservarli. In particolare ha conservato i giornali che hanno parlato del duplice delitto, verificatosi nel 1984 a Vicchio, in quanto essendo originario della zona, conoscevo, di vista, la famiglia Stefanacci. Preciso che nei giorni successivi a quel duplice omicidio, andai a vedere il luogo del delitto al ritorno dalla visita fatta al mio ex medico di famiglia dottor Caccamo Francesco, in località le Balze di Dicomano, appunto limitrofe alla zona di quel delitto".
Articoli di giornale a parte, curiosa è la vicenda legata alla pistola, la High Standard calibro 22 avente matricola numero 1855392. Questa venne inizialmente sequestrata e poi restituita al legittimo proprietario dopo pochi giorni. A quanto si sa non venne mai periziata, in quanto si riteneva che non avesse nulla a che fare con l'arma del Mostro. Tale pistola era di provenienza statunitense. Era giunta legalmente in Italia, a Milano, nel febbraio del 1968; fra il 1968 e il 1973 non è dato sapere a chi fosse appartenuta. Nel 1973 venne acquistata dall'appena citato dottor Francesco Caccamo, colui che molti anni dopo sarà medico di famiglia dello stesso Vigilanti. La pistola ebbe altri due proprietari prima che il Vigilanti la comprasse nell'ottobre del 1984 da tale Paolo Franchi presso il poligono di tiro da lui abitualmente frequentato.

Terminate, frattanto, le sue indagini, il 18 novembre 1985 il maresciallo Amore stilò una nota informativa per i magistrati che si occupavano dei delitti del MdF, in cui intese sottolineare i seguenti punti:
1. Vigilanti era alto circa 190 centimetri ed era di robusta costituzione, così come si ipotizzava potesse essere il killer delle coppiette;
2. aveva estrema familiarità con armi ed era iscritto presso la sezione di tiro a segno nazionale di Prato;
3. era conosciuto presso gli organi di polizia locale per oltraggio a pubblico ufficiale, furto, tentata estorsione, violazioni varie;
4. aveva fatto parte della legione straniera dal 1953 al 1957 e aveva partecipato ad azioni di guerra;
5. aveva tentato il suicidio nel 1961 ed era stato curato per crisi depressiva nel 1963.
Inoltre nella nota veniva fatto riferimento ad altri episodi della vita del Vigilanti e ai sospetti che gravavano sulla sua persona. In particolar modo:
6. avrebbe obbligato la moglie a prostituirsi;
7. era sicuramente in possesso di altre armi mai denunciate;
8. era solito di sera allontanarsi da casa e rientrare a notte fonda;
9. era sua abitudine spostarsi in auto per la provincia, portando con sé due cani.

Tuttavia, quella era l'epoca in cui le indagini si stavano concentrando in maniera quasi univoca su Salvatore Vinci, fortemente sospettato di essere il Mostro. Le segnalazioni sul Vigilanti non portarono dunque nell'immediato ad alcun provvedimento, ma il suo nome non venne mai completamente messo da parte, se è vero che circa nove anni dopo, precisamente il 22 novembre 1994, l'ex legionario subì una nuova perquisizione.
Erano trascorse tre settimane dalla sentenza Ognibene che condannava in primo grado Pietro Pacciani all'ergastolo per essere stato l'autore di 7 degli 8 duplici omicidi storicamente attribuiti al MdF, quando il nucleo investigativo di Prato tornò a bussare alla porta dell'ex legionario.
In questa seconda perquisizione vennero rinvenute e sequestrate 176 cartucce Winchester Calibro 22 con la lettera H stampigliata sul fondello. Cartucce che per tipologia e marca risultavano del tutto simili a quelle utilizzate nei delitti del MdF; ma è bene precisare che non risultano essere state eseguite analisi più approfondite per accertare l'effettiva compatibilità fra le cartucce sequestrate e quelle effettivamente utilizzate nei delitti.
Il Vigilanti si difese sostenendo di averle acquistate al poligono presso cui si esercitava. Tuttavia, tali cartucce, che non erano state rinvenute nella perquisizione del 1985, erano fuori produzione dal 1981. Si può dunque ragionevolmente pensare che nella precedente occasione erano state debitamente occultate.
Nonostante i dubbi che le perquisizioni non solo non riuscirono a dissolvere ma anzi accentuarono, nessun atto concreto fu più eseguito dagli inquirenti nei confronti dell'ex legionario. La Procura di Firenze prese la strada dei Compagni di Merende e il nome di Gampiero Vigilanti cadde per diverso tempo nel dimenticatoio mostrologico.

Ovviamente, ci pensò lo stesso ex legionario a riportare gli organi d'informazione sulle sue tracce. Ormai quasi settantenne, nel settembre del 1998, sostenne di aver ricevuto un'eredità milionaria da un parente emigrato in America.
Il 9 maggio del 2007, come accennato in precedenza, partecipò alla trasmissione condotta da Enrico Ruggeri su Italia 1, "Il bivio", in cui raccontò le sue esperienze in guerra, il coinvolgimento nella vicenda del Mostro di Firenze e infine parlò del lascito di 18 milioni di dollari ricevuto in eredità dal suddetto parente emigrato negli Stati Uniti.
È bene precisare che di questa presunta eredità milionaria a oggi non si sa più nulla. Vigilanti da allora non ha minimamente cambiato il suo stile di vita, non risultano soldi pervenuti su alcuno dei suoi conti noti, né l'avvocato cui aveva dichiarato di aver dato mandato per gestire l'eredità, tale Antonio Caputolo, risulta esistente. Inoltre, leggendo le varie interviste rilasciate nel corso degli anni dal Vigilanti emergono diverse contraddizioni: il parente risulta essere di volta in volta un cugino, uno zio o un figlio del fratello del nonno, residente ora nel New Jersey ora nel Connecticut, proprietario ora di una catena di fast food, ora di un'azienda che si occupa di forniture militari.
Si lascia al legittimo giudizio del lettore, l'attendibilità dunque di tali affermazioni.


Ufficialmente indagato
Trascorsero altri sei anni e il 28 novembre 2013 Vigilanti denunciò due furti presso la sua abitazione. Nella denuncia dichiarava che gli erano stati trafugati la pistola High Standard calibro 22 (quella individuata durante la perquisizione del settembre 1985), una pistola turca calibro 7.65 e una rivoltella Smith & Wesson calibro 357 magnum, che aveva acquistato in un'armeria di Prato pochi giorni prima del furto.
Ancora quattro anni di parziale anonimato e poi nell'estate del 2017 arrivò la svolta.
Il 26 Luglio l'Ansa lanciò la seguente agenzia: "Il pm che ha sempre indagato sui delitti del mostro, Paolo Canessa, ora procuratore capo a Pistoia, avrebbe indagato un ex legionario, Giampiero Vigilanti, 86 anni, residente a Prato. L'inchiesta sarebbe condotta in collaborazione con il procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco".
Due giorni dopo, il 28 luglio "La Nazione" pubblicò un articolo in cui veniva riferito che nel registro degli indagati era stato scritto anche il nome del dottor Francesco Caccamo, 87 anni, medico curante del Vigilanti.
A tirare in ballo il dottor Caccamo, nato in Tunisia da genitori italiani nel 1931 e residente a Dicomano, in Mugello, ma che in passato aveva lavorato in ambulatorio a Prato, era stato lo stesso Vigilanti in uno dei numerosi interrogatori che aveva sostenuto in Procura prima della sua iscrizione nel registro degli indagati.
Degno di nota quanto aveva dichiarato in merito il 30 luglio del 2015 in Procura a Firenze:
"Io ho avuto sempre una impressione fissa e riguarda un medico, di nome Caccamo Francesco, che abitava molto vicino e cioè a non più di 100 metri o poco più dalla località La Boschetta dove nel 1984 fu commesso l'omicidio di Pia Rontini e Claudio Stefanacci. È un'idea fissa che ho sempre avuto. Era un dottore che avevo conosciuto a Prato quando faceva il medico e aveva una bella clientela e vari studi in Prato. A un certo punto della sua vita chiuse improvvisamente questi studi e si era improvvisamente trasferito a Dicomano, località Balze, appunto vicinissimo al luogo dell'omicidio. Era un tipo molto strano, sostanzialmente un tunisino con cultura prettamente araba così come sua moglie. Parlavano entrambi molto bene il francese e io ho frequentato per un certo periodo la sua casa. Ora non so che fine abbia fatto. Uno dei motivi per cui l'ho sempre sospettato è soprattutto il comportamento della moglie che mi sembrava avesse uno strano atteggiamento nei confronti del marito e che fosse capace di fargli commettere quei delitti per soddisfare proprie perversioni. Questa donna quando mi vedeva si nascondeva e aveva uno strano atteggiamento. Lei mi chiede di spiegare meglio i motivi di questi miei sospetti. Io non posso che ridirle che dopo averlo conosciuto ho sempre avuto forti dubbi come autore degli omicidi o quantomeno dell'omicidio del 1984 a Vicchio. Lei mi chiede se so che, come risulta dalla nota del ROS del 27.07.2015 pag 20, la pistola calibro 22 High Standard che io ho acquistato nel 1983 al tiro a segno di Prato era stata acquistata proprio dal Caccamo in epoca antecedente cioè nel 1973. Apprendo solo ora tale circostanza e la cosa mi meraviglia. Capisco quali sono le sue perplessità ma io non so darle spiegazioni. Io tale circostanza non la conoscevo e i miei sospetti su Caccamo derivano dalle circostanze che le ho riferito solo ora... Circa i dubbi che ho sempre avuto sul Caccamo voglio precisare che secondo me i delitti addebitabili al Mostro di Firenze possono essere stati commessi alternativamente da più persone fra loro unite per motivi diversi. Non ho però elementi certi da aggiungere... Per quel che ricordo quando il Caccamo aveva lo studio a Prato aveva anche pazienti che venivano dalla Sardegna. Lei mi chiede se ho conosciuto anche Vinci Francesco e Vinci Salvatore. So benissimo di chi si tratta. Li conoscevo. Erano anche clienti del Caccamo e li ho visti più volte nei suoi due ambulatori a Prato..."
Dalle suddette dichiarazioni emergono alcuni interessanti spunti di riflessione:
▪ come abbiamo visto nel capitolo dedicato al delitto della Boschetta, Caccamo abitava molto vicino in linea d'aria al luogo del delitto; Vigilanti dice circa 100 metri, in alcuni ambienti mostrologici si parla di circa 800 metri, in realtà dovrebbe trattarsi di una distanza di 200 o 300 metri. Quel che appare certo è che da casa del Caccamo fosse visibile la piazzola del delitto;
▪ piuttosto curiosa (per alcuni mostrologi, sinistra) la coincidenza che vede la pistola del Vigilanti essere stata molti anni prima di proprietà del Caccamo. Dopo un paio di lustri e vari giri, l'arma sarebbe poi finita nella mani dell'ignaro ex legionario;
▪ curioso anche il particolare relativo ai due fratelli Vinci, entrambi clienti del dottor Caccamo a Prato e frequentatori dei suoi ambulatori. Su quest'ultimo punto, tuttavia, non sembrano esserci riscontri documentali, dunque ci permettiamo di ricordare di prendere sempre con una certa cautela talune dichiarazioni del Vigilanti.
Successivamente diversi giornali hanno riportato ulteriori dichiarazioni dello stesso ex legionario, di cui però chi vi scrive non ne conosce l'origine, che appaiono piuttosto farneticanti e riguardano un'ipotetica e mai riscontrata gravidanza della Rontini come movente del duplice omicidio di Vicchio, commissionato dallo stesso Caccamo.
Roba che appunto non ha mai trovato il minimo riscontro. Ma piú in generale sul dottor Caccamo non è mai emerso nulla di lontanamente concreto riguardo le sue implicazioni nella vicenda del Mostro di Firenze, almeno che sia a nostra conoscenza.

Frattanto, catapultato nuovamente a pieno titolo al centro delle indagini, da questo punto in poi il Vigilanti cominciò a rilasciare una serie di interviste e dichiarazioni, quasi godendo della recuperata celebrità e in un certo qual modo divertendosi - almeno a parere di chi scrive - a spargere tracce o indizi di ogni tipo, incurante della loro veridicità.
Emblematico, da questo punto di vista, l'episodio di Vicchio: è risaputo che nei giorni immediatamente precedenti al delitto fu avvistata una Alfa Romeo rossa dalle parti della Boschetta. Un'automobile che - come sarebbe emerso dalle indagini - apparteneva a un pescatore del tutto estraneo al delitto. Eppure, il Vigilanti non esitò ad attribuirsi anche la paternità di tale vettura, dichiarando al "Gazzettino del Chianti", ancora una volta in maniera del tutto gratuita: "Ho posseduto una Lancia Flavia rossa. Se fa riferimento alla macchina rossa vista a Vicchio prima del delitto di Pia Rontini e Claudio Stefanacci può essere anche la mia: lì a pochi passi dalla piazzola abitava mia madre e a trovarla ci andavo in macchina".
Sempre a questo proposito, in un'intervista del 28 aprile 2018 al giornalista Stefano Brogioni, per la prima volta affermò di aver posseduto una Beretta calibro 22, la pistola storicamente attribuita ai delitti del Mostro di Firenze. Da notare che tale pistola non era mai emersa né nelle precedenti dichiarazioni del Vigilanti, né nelle precedenti perquisizioni.
Ma ancor più emblematica risulta essere durante la stessa intervista la dichiarazione secondo cui avrebbe conosciuto persino il dottor Narducci, il gastroenterologo perugino di cui abbiamo avuto modo di parlare nel capitolo Il medico di Perugia.
Inoltre, come riportato dal ricercatore Emanuele Santandrea in una trasmissione sull'emittente radiofonica Florence International Radio dedicata proprio all'ex legionario, su youtube girava persino un'intervista (quasi subito rimossa) in cui il Vigilanti, tranquillamente seduto davanti a un bar e sorseggiando un bicchiere di spuma, dichiarava a un incognito intervistatore di essere stato in automobile con il Narducci dalle parti di Travalle proprio la notte dell'omicidio. Premesso che non esiste alcun riscontro a questa dichiarazione, a parte ovviamente le parole del Vigilanti stesso, giova ricordare - ove ce ne fosse bisogno - che in occasione dell'omicidio delle Bartoline il Narducci era verosimilmente negli Stati Uniti.

Il resto della vicenda appartiene ai giorni nostri. Nel gennaio 2019 il GIP dispone il divieto per il Vigilanti di avvicinarsi alla moglie, causa continui e reiterati maltrattamenti che la donna avrebbe subito.
Il 3 luglio 2019 il PM Luca Turco chiede l'archiviazione per le posizione di Vigilanti e Caccamo.
In settembre, l'avvocato dei parenti delle vittime francesi, Vieri Adriani, deposita un'opposizione all'archiviazione, ma il 9 novembre 2020 il giudice Anna Fantechi archivia definitivamente le posizioni dei due indagati.
A oggi, primo scorcio del 2021, non risultano ulteriori indagati sull'annosa e drammatica vicenda del Mostro di Firenze.


4 commenti:

  1. Interessante il punto di vista dell'Autore, molto ben ricostruita la vicenda dal punto di vista temporale, ottimo lo stile, sebbene qualche data sia errata e non si parli di particolari importanti, per i quali vedi https://www.avvocatoadriani.it/wp/wp-content/uploads/2021/12/storia.pdf

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  2. Che sia stato pagato apposta per depistare? Non pare un mitomane, è troppo freddo. Spero che NON muoia, si sa mai che riemerga qualcosa...ci spero poco, vista il recente tentativo andato a vuoto di far riaprire le indagini

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  3. e vigilanti non è più tra noi. e con lui se ne vanno chissà quanti segreti!

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