Accadimenti finali


Dopo il duplice omicidio degli Scopeti, avvenne una serie di eventi che condussero magistratura e forze dell'ordine a cercare tracce dell'inafferrabile serial killer in luoghi non strettamente connessi a quelli degli omicidi.
Tuttora non è dato sapere se questi eventi abbiano avuto come artefice il MdF o semplici mitomani o in taluni casi siano state curiose coincidenze.
Li riportiamo in ordine strettamente cronologico.


La lettera alla Della Monica
Come già ampiamente visto nel capitolo dedicato al delitto degli Scopeti, il giorno dopo il rinvenimento dei cadaveri agli Scopeti, dunque il 10 settembre 1985, venne recapitata una busta contenente un lembo di pelle del seno di Nadine Mauriot al Sostituto Procuratore Silvia Della Monica che in passato si era occupata in prima persona delle indagini sul MdF. È questo l'unico contatto certo che il serial killer ha cercato e avuto con le forze dell'ordine. Non compaiono né sulla busta, né al proprio interno, tracce biologiche o impronte idonee all'identificazione dell'assassino.
La notizia della lettera venne tenuta sotto stretto riserbo dalle forze dell'ordine e resa pubblica solo il 27 settembre 1985, particolare questo di una certa importanza, come si avrà modo di vedere in seguito.


La cartuccia a Ponte a Niccheri
Alle sette del mattino del 10 settembre 1985, sotto le rampe del parcheggio dell'ospedale Santa Maria Annunziata di Ponte a Niccheri venne rinvenuta una cartuccia inespolosa Winchester calibro 22 con la lettera H impressa sul fondello, apparentemente identica a quelle utilizzate nei delitti del MdF. Il proiettile fu trovato dal signor Mario Becattini, dipendente dell'ospedale, che staccava dal proprio turno notturno. A dire del Becattini, la sera prima nello stesso punto la cartuccia non c'era; sempre a parere dell'uomo, tale proiettile sembrava essere stato lasciato in bella posta quasi a voler inviare un messaggio.
Inizilamente l'uomo, a suo dire per non essere coinvolto nella vicenda, pensò di tenere il proiettile per sé senza informare nessuno. Solo quattro giorni dopo il rinvenimento, precisamente in data 14 settembre, decise di consegnarlo alle autorità competenti.
Non c'era e non c'è tuttora alcuna evidenza che tale proiettile fosse stato lasciato (in maniera volontaria o meno) dal MdF, tuttavia le perizie effettuate indicarono non solo una piena compatibilità con i proiettili usati nei delitti delle coppie ma persino che il lotto di riferimento fosse lo stesso.
Dopo alcuni giorni di appostamenti e indagini sottotraccia, il 26 settembre 1985, vennero perquisiti i sei piani dell'ospedale. In un armadietto di uso comune venne ritrovata una lista - fino a quel momento tenuta segreta dagli inquirenti - di medici e professionisti sospettati di essere il MdF. Questo ovviamente ha portato gli inquirenti di allora e i mostrologi di oggi a pensare che ci fosse un collegamento fra il proiettile rinvenuto e la lista nascosta. Va precisato che ciò non implica necessariamente che ci fosse la mano del mostro dietro i due ritrovamenti. Un'ipotesi avanzata è che un medico o paramedico, venuto in qualche modo in possesso della lista e risentitosi per la sua presenza nella stessa, avesse voluto farsi beffe delle forze dell'ordine prima facendo rinvenire il proiettile e poi la lista stessa. Ci sarebbe tuttavia da chiedersi come qualcuno che non c'entrasse nulla con i delitti potesse essere venuto in possesso di un proiettile appartenente allo stesso lotto di quelli usati dal Mostro.
Per anni, invero, non c'è stata molta chiarezza sull'effettivo valore di questo rinvenimento. A sminuirne la portata ci pensò anche un collega del dipendente che aveva trovato la cartuccia, il quale si presentò alla caserma dei Carabinieri di Borgo Ognissanti per dichiarare che non vi era molto di vero in quel rinvenimento, in quanto già da tre mesi prima delle presunta scoperta, il Becattini portava con sé quel proiettile. I due uomini vennero messi a confronto, ognuno rimase ancorato sulle proprie posizione e la vicenda si concluse con un nulla di fatto.
Parecchi anni dopo questi eventi, il Procuratore capo di Firenze, dottor Pier Luigi Vigna, in una delle ultime interviste concesse sull'argomento, ebbe modo di affermare - probabilmente ricordando male - che non vi era grande compatibilità fra le cartucce del MdF e quella rinvenuta a Ponte a Niccheri. In realtà, le perizie condotte sul proiettile non sembrano lasciare spazio a dubbi.
Se diamo quindi per assodato che il proiettile rinvenuto fosse uno di quelli utilizzati dal MdF, se reputiamo (pur non avendo certezze in merito) in buona fede l'autore del rinvenimento e consideriamo le difficoltà oggettive nel pensare a qualcuno estraneo ai delitti in possesso di tale cartuccia, è maggiormente ipotizzabile che il reperto fosse stato lasciato o smarrito dal killer fra la sera del 9 settembre 1985 e la mattina del 10. Questa semplice constatazione apre ovviamente un novero di possibilità piuttosto ampio, che qui schematizziamo molto sommariamente:
1. il mostro era un medico, un paramedico o un inserviente, qualcuno insomma che per lavoro si recava in ospedale e inavvertitamente aveva smarrito un proiettile;
2. il mostro si era recato in ospedale per esigenze personali (un suo problema di salute o una visita a un parente) e inavvertitamente aveva smarrito un proiettile;
3. indipendentemente dai motivi che lo avevano condotto all'ospedale, il mostro aveva deciso per un qualsiasi motivo di lasciare di proposito il proiettile nel parcheggio.
Le ipotesi 1 e 2 presupporrebbero però che il mostro non solo portasse con sé un oggetto così compromettente a distanza di almeno 24 ore dall'ultimo duplice omicidio, ma addirittura fosse così sprovveduto da smarrirlo accidentalmente, il che contrasta un po' con l'idea di killer estramemente organizzato e cauto. Il punto 3 sembra dunque quello più probabile, anche se rimangono imperscrutabili i motivi di tale gesto.


La segnalazione su Pacciani
L'11 settembre 1985, dunque esattamente due giorni dopo il ritrovamento dei cadaveri dei francesi a Scopeti, venne spedita ai carabinieri di San Casciano una segnalazione anonima che invitava gli inquirenti a indagare su tale Pietro Pacciani, contadino di Mercatale. La segnalazione (contenente un palese errore perché Pacciani non aveva ucciso la fidanzata, ma il di lei amante) arrivò a destinazione il 16 settembre 1985 e riportava testualmente:
"Vogliate al più presto interrogare il nostro concittadino Pacciani Pietro nato a Vicchio e residente nel nostro paese in Piazza del Popolo a Mercatale V.P. Questo individuo a detta di molta gente è stato in carcere per 15 anni per avere ammazzato la propria fidanzata; conosce 1000 mestieri, un uomo scaltro, furbo, «un contadino con le scarpe grosse e il cervello fine». Tiene sotto sequestro tutta la famiglia, la moglie grulla, le figliole non le fa mai uscire di casa, non hanno amicizie. Vogliate intervenire ed interrogare l'individuo e le figlie. È un tiratore scelto."
Era la prima volta che il nome di Pietro Pacciani veniva accostato alla vicenda del mostro. Tale segnalazione portò nel giro di qualche giorno a indagini a casa del contadino di Mercatale che nell'immediato si conclusero con un nulla di fatto. Per maggiori dettagli su questa missiva e relativo mittente, si veda il capitolo "Il contadino di Mercatale".


La guardia giurata
Come già riportato nel paragrafo dedicato al delitto delle Bartoline, sempre l'11 settembre 1985, una guardia giurata di nome Nicola Esposito si presentò presso gli uffici del Nucleo Investigativo di Prato, allora comandato dal giovane tenente Giovanni Fichera.
L'Esposito, alla presenza dello stesso Fichera e del maresciallo Antonio Amore, dichiarò che nel luglio del 1981 era stato avvicinato in un bar di Calenzano da un uomo che si era mostrato piuttosto interessato sia alla divisa che all'arma che l'Esposito stesso portava in dotazione. Quest'uomo gli aveva regalato tre cartucce inesplose, vecchie e ossidate, Winchester calibro 22 Long Rifle con la lettera H sul fondello, sostenendo di averne altri 500 o 600 in casa. L'uomo venne descritto alto circa 1.80, di corporatura robusta, spalle larghe, stempiato, con i capelli color biondo-rossiccio. Come visto, la descrizione che fa l'Esposito è simile a quella che altri testimoni hanno fornito di un possibile sospetto in occasione del delitto del 1984 di Vicchio. È altresì vero che non è mai stata riscontrata alcuna compatibilità fra le cartucce consegnate all'Esposito e i bossoli rinvenuti sulla scena dei crimini del MdF.


La perquisizione del Vigilanti
Dopo il delitto degli Scopeti, sempre il maresciallo Antonio Amore decise di svolgere accurate indagini su un abitante di Prato, residente nella zona "Il Cantiere", di nome Giampiero Vigilanti. A muovere i sospetti di Amore furono alcuni comportamenti piuttosto anomali del Vigilanti, come il fatto che fosse solito girare da solo di notte con i suoi cani per le campagne attorno a Prato o che avesse un carattere piuttosto ombroso e per certi versi inquietante. Indagando più a fondo, Amore scoprì che il Vigilanti aveva fatto parte della Legione Straniera, che aveva combattuto in Indocina, che era amante delle armi e aveva un passato costellato da piccoli reati, alcuni contro la morale, da problemi psicologici e da un tentativo di suicidio. Ma soprattutto Amore scoprì che Vigilanti possedeva una Lancia Flavia rossa, un tipo di automobile molto simile per modello e colore a quello visto dai fidanzati Tozzini e Parisi in occasione del delitto di Calenzano (vedasi paragafo l'identikit relativo all'omicidio delle Bartoline).
Fu così che alle 7.30 del mattino del 16 settembre 1985 il maresciallo Amore eseguì una perquisizione nell'abitazione del Vigilanti. Dopo un paio d'ore di ricerche vennero rinvenuti una pistola modello High Standard Calibro 22 e alcuni ritagli di giornale, uno in particolare relativo all'arresto del Mele e del Mucciarini nel gennaio del 1984. A questa perquisizione ne seguì un'altra, stavolta a casa della mamma del Vigilanti; qui vennero trovati altri ritagli di giornale, alcuni piuttosto interessanti, come quelli relativi ai delitti commessi dal MdF nel 1974 a Rabatta e nel 1984 a Vicchio, e un altro paio relativi agli omicidi di due prostitute di Firenze, la Bassi e la Cuscito (vedasi capitolo Le morti collaterali).
Amore stilò una nota informativa per i magistrati che si occupavano dei delitti del MdF, ma le sue indagini non diedero ulteriori frutti, almeno fino al 2017, trentadue anni dopo la prima perquisizione, quando Vigilanti finì nel registro degli indagati per i delitti del Mostro di Firenze.
Per maggiori dettagli sugli eventi che riguardano la vita del legionario e le indagini su di lui condotte, vedasi il relativo capitolo.


In me la notte non finisce mai
Il 20 settembre 1985, alla redazione del quotidiano fiorentino "La Nazione" giunse una lettera anonima con scritto:
"Sono molto vicino a voi. Non mi prenderete se io non vorrò
Il numero finale è ancora lontano. Sedici sono pochi.
Non odio nessuno, ma ho bisogno di farlo se voglio vivere.
Sangue e lacrime scorreranno fra poco.
Non si può andare avanti così.
Avete sbagliato tutto.
Peggio per voi.
Non commetterò più errori, la polizia si.
In me la notte non finisce mai.
Ho pianto per loro.
Vi aspetto."

Nulla è dato sapere sull'autenticità di questa missiva. L'unica cosa che possiamo dire è che l'avvocato Nino Filastò riteneva fosse stata scritta e spedita dal MdF stesso. Ad oggi, la maggior parte dei mostrologi tende a non credere alla sua autenticità.
Ultimamente (luglio 2020) questa lettera è tornata agli onori della cronaca quando il blogger Francesco Cappelletti, alias Flanz Vinci, autore di "Insufficienza Di Prove", il più importante sito dedicato al MdF, ha chiesto una consulenza calligrafica alla grafologa forense Sara Codella. In questa consulenza la dottoressa Codella ha comparato la suddetta presunta missiva del MdF con una fattura del 1983 della società P.I.C. (Pronto Intervento Casa, di proprietà di Salvatore Vinci), presumibilmente scritta da Salvatore Vinci, rinvenuta in casa della signora Luisa Meoni, una prostituta uccisa nel 1984 (vedasi capitolo Le morti collaterali).
Dalla comparazione è emersa una rilevante somiglianza fra le due calligrafie, tale da poter presumere che debbano essere verosimilmente attribuite - sempre secondo la grafologa Codella - alla stessa persona.
Complici alcune informazioni errate riportate dalla stampa che ha addirittura grossolanamente parlato di "perizia depositata in Procura", tale consulenza ha ovviamente smosso gli animi dell'attuale universo mostrologico, infervorando i Sardisti e provocando una serie di smentite delle controparti.
Il già più volte citato Paolo Cochi è stato uno dei primi a minare fortemente la credibilità di questa consulenza, sostenendo che la fattura analizzata non fosse stata scritta da Salvatore Vinci e portando a riprova la busta di una lettera scritta dal Vinci e destinata al colonnello Torrisi, recante una calligrafia completamente diversa.
A ogni modo e indipendentemente dalle dispute fra mostrologi, è opportuno sottolineare che:
▪ non c'è alcuna prova che la lettera "in me la notte non finisce mai" fosse stata effettivamente scritta dal Mdf, anzi almeno fino alla consulenza richiesta dal Cappelletti, la maggior parte dei mostrologi escludeva questa possibilità;
▪ non c'è alcune prova che la fattura ritrovata a casa della Meoni fosse stata scritta da Salvatore Vinci e non da un suo collaboratore;
▪ quandanche la lettera fosse stata scritta effettivamente dal MdF e la fattura dal Vinci, non vi è alcuna prova che le due calligrafie siano coincidenti, sebbene - stando a quanto riporta la Codella - esiste una buona compatibilità, comunque rilevabile pure a occhio nudo da parte di un profano. La consulenza della Codella, è bene ribadirlo, non ha al momento alcun valore probatorio;
▪ ciò che alcuni mostrologi hanno supposto è che la lettera "in me la notte non finisce mai" possa essere stata realmente scritta da Salvatore Vinci, non perché fosse il MdF, ma anzi per burla o ripicca nei confronti delle forze dell'ordine che proprio in quei giorni lo tenevano sotto stretto controllo.


La telefonata alla Della Monica
Il 23 settembre 1985, un tale identificatosi come Gianfranco Taddei effettuò una telefonata all'abitazione privata della dottoressa Silvia Della Monica, la cui utenza telefonica era intestata al marito. In questa telefonata l'interlocutore credeva (o voleva far credere) di stare cercando un luogo dove "andare a fare l'amore".
Fermo restando che potrebbe anche essersi trattato di un errore e che questo tale Taddei avesse realmente sbagliato numero nel tentativo di contattare una prostituta (ipotesi ad essere onesti molto poco probabile), non è comunque scontato che l'episodio potesse avere a che fare con la vicenda del Mostro. Da quasi due anni la Della Monica si stava infatti occupando di casi altrettanto importanti, stringendo una solida collaborazione con il poool antimafia di Palermo e col giudice Giovanni Falcone, immaginiamo creandosi nuovi e ancor più acerrimi nemici.
Resta curiosa questa telefonata, per di più giunta a una decina di giorni di distanza dall'invio, sempre alla dottoressa Della Monica, del lembo di seno della Mauriot. A oggi infatti sono molti i mostrologi che paventano un collegamento fra questi due eventi.

Piccola parentesi: nell'ambito della mostrologia Merendara è sorta la voce che in realtà l'anonimo si fosse presentato non come Gianfranco ma come Giancarlo Taddei. E che alla domanda realmente posta dalla Della Monica: "Scusi, chi gliel'ha dato questo numero?", costui avesse fatto il nome di un amico, un tale Mario. Sembra ovvio il riferimento ai compagni di merende, Lotti e Vanni.
Risulta tuttavia doveroso sottolineare che non esiste alcun riscontro documentale su questa narrazione alternativa della vicenda che può tranquillamente essere considerata una bufala.


L'autostoppista mugellana
Alle due del pomeriggio del 26 settembre 1985, un'ora e mezza prima che la notizia della lettera spedita dal Mostro alla Della Monica venisse resa pubblica da un'agenzia dell'ANSA, una autostoppista mugellana di sedici anni, dal nome fittizio Anna, accettò un passaggio da uno sconosciuto che viaggiava a bordo di una Talbot chiara. L'uomo, di circa 45-50 anni, piuttosto robusto e vestito elegantemente, accompagnò la studentessa da Firenze fino a San Piero a Sieve e durante il viaggio le parlò della lettera di cui, fino a quel momento, solo in pochi fra le forze dell'ordine erano a conoscenza.
Resasi successivamente conto di aver ricevuto informazioni che non dovevano essere pubbliche, il 19 ottobre 1985, la ragazza rese testimonianza dell'episodio ai carabinieri di Borgo San Lorenzo. Una testimonianza cui gli inquirenti - almeno apparentemente - non attribuirono grande importanza. Il Sostituto Procuratore Francesco Fleury dichiarò in merito: "La notizia della lettera spedita dal maniaco ormai circolava da qualche giorno, inoltre la ragazza potrebbe anche sbagliare di un giorno. Per noi comunque non cambia nulla". Il 21 ottobre 1985 si presentò ai carabinieri di Borgo Ognisanti, accompagnato dall'avvocato Giuseppe Taddeucci Sassolini, l'uomo che aveva dato il passaggio ad Anna per chiarire la sua posizione. Costui confermò il racconto della ragazza, ma non il particolare della lettera, su cui affermò di non sapere nulla.
In tempi molto recenti (luglio 2019), nell'ottica di un mostro da ricercare nel Mugello e considerando che la descrizione dell'uomo al volante della Talbot poteva risultare simile alle varie descrizioni fatte a Vicchio del misterioso "Rosso del Mugello", il documentarista Paolo Cochi si è reso promotore di un appello rivolto all'ormai cinquantenne "Anna" dalle pagine del giornale online "Ok Mugello", chiedendole di palesarsi e di fornire maggiori informazioni su quello strano incontro. La signora ha risposto positivamente all'appello rilasciando una breve intervista al documentarista.
In seguito, nel marzo del 2020, questa tale Anna è intervenuta in una diretta Facebook dello stesso Paolo Cochi e ha risposto pubblicamente alle domande a lei poste.
Tale vicenda ha successivamente avuto uno strascico polemico quando, nel luglio 2020, in una trasmissione telefonica dell'emittente "Florence International Radio", uno degli invitati, il dottor Emanuele Santandrea, ha dichiarato di avere lui stesso intervistato la suddetta "Anna" un mese prima di Cochi e che a lui erano state rilasciate dichiarazioni differenti. Nella stessa occasione il Santandrea ha aggiunto che di questa vicenda dovrebbe occuparsi la Procura di Firenze perché sarebbe - a suo dire - un caso di "depistaggio" o comunque un voler confondere le acque, fornendo al pubblico false informazioni.
La signora "Anna" ha replicato dichiarando in una nuova intervista rilasciata a Paolo Cochi di non aver mai parlato e di non aver mai sentito nominare il suddetto Santandrea.
Indipendentemente dalla querelle venutasi a creare, a parere prettamente personale di chi scrive, forse è stata data eccessiva enfasi a un episodio che potrebbe non averne. Ragionando in maniera puramente intuitiva che - beninteso - non ha alcuna pretesa di verità, se la notizia della lettera alla Della Monica era stata battuta dall'Ansa alle 15.30 del 26 settembre 1985, è molto probabile che la notizia circolasse negli ambienti giornalistici e affini già da qualche ora. È dunque possibile che alle 14 la notizia fosse in qualche modo trapelata o comunque non fosse di stretta pertinenza degli inquirenti. Come dichiarò la stessa Procura per bocca del dottor Fleury, a cui in questa occasione ci sentiremmo di dar ragione, è anzi possibile che la notizia circolasse, sia pur in maniera ufficiosa, già da qualche giorno. Quello che è successo all'autostoppista Anna, insomma, potrebbe non presentare alcun particolare mistero.


Le cartucce a Poggio a Caiano
Il 27 settembre 1985, dunque il giorno successivo alla divulgazione tramite mezzo stampa della lettera inviata alla dottoressa Della Monica, ma anche il giorno successivo alla perquisizione dell'ospedale di Ponte a Niccheri, vennero rinvenute 32 cartucce inesplose calibro 22, marca Winchester, con la lettera H impressa sul fondello, in una strada di campagna a Poggio a Caiano (via del Granaio). Sicuramente, considerando il numero elevato, in questo caso non si può parlare di smarrimento casuale, ma di atto intenzionale commesso da qualcuno.
Tuttavia, gli studi condotti su tali cartucce portarono gli inquirenti a escludere potessero appartenere allo stesso lotto delle cartucce usate dal Mostro di Firenze nei suoi delitti.


Le lettere alla Procura
Il primo ottobre 1985 vennero recapitate a due dei magistrati che si occupavano delle indagini, Procuratore Aggiunto Francesco Fleury e Sostituto Procuratore Paolo Canessa, due missive anonime.
Entrambe le buste contenevano una fotocopia di un articolo de "La Nazione" del 29 settembre 1985 riportante il titolo "Altro Errore Del Mostro". Allegato all'articolo c'era un foglio bianco ripiegato, cui era stato fissato con una cucitrice il dito di un guanto di gomma da chirurgo giallo, contenente una cartuccia Winchester calibro 22 con la lettera H sul fondello. A lato dell'articolo era scritto a macchina "Uno a testa vi basta?"
Le due buste erano senza affrancatura ma presentavano regolare timbro postale, dunque - per quanto larga parte della odierna mostrologia sostenga che fossero state consegnate a mano in Procura - erano in realtà state entrambe imbucate e spedite, seguendo cioé il normale iter postale.

Quattro giorno dopo, il 5 ottobre 1985, una terza missiva anonima venne recapitata al Procuratore della Repubblica, Pier Luigi Vigna, dal contenuto pressoché identico alle due precedenti. Anche la busta destinata a Vigna presentava il timbro postale, dunque era stata regolarmente imbucata e spedita, ma era anche questa priva di affrancatura.
Su tali missive molti mostrologi, anche fra i piú autorevoli e celebrati, hanno speso fiumi di parole e spesso fantasticato nel tentativo di fornire una spiegazione a quella che in realtà è una delle tante bufale mostrologiche, vale a dire che l'anonimo mittente avesse consegnato a mano in Procura le prime due lettere e spedito la terza.
Le tre buste con i loro rispettivi contenuti vennero analizzate. Per quanto riguarda i proiettili, al momento non vi è alcuna evidenza che provenissero effettivamente da una delle famose tre scatole del MdF; sappiamo tuttavia che la stampigliatura sul fondello dei bossoli mostrava caratteristiche di buona compatibilità con quella dei bossoli ritrovati sui luoghi del delitto. Considerando le difficoltà naturali che si hanno nel comparare bossoli esplosi (dunque soggetti all'azione del percussione e del calore con relativa deformazione) con bossoli non esplosi, risultó impossibile trarre conclusioni più stringenti.
Le buste vennero giudicate simili ma non di identica origine merceologica rispetto a quella inviata alla dottoressa Della Monica. Si appurò che erano state tutte e tre chiuse con saliva appartenente a un individuo con gruppo sanguigno di tipo A, RH postivo. Tale gruppo sanguigno non è risultato compatibile con alcuno degli indiziati e/o indagati per i delitti del Mostro, eccezion fatta per il dottor Francesco Narducci. Risulta questa tuttavia una conclusione che non permette grosse deduzioni, essendo il gruppo A largamente diffuso in Italia (circa il 35% della popolazione).
Sebbene non vi siano certezze sul mittente di queste missive, a buona parte della odierna mostrologia è sempre parso abbastanza evidente che la Procura di Firenze avesse dato una certa importanza a queste tre lettere.
Parecchi anni dopo, lo stesso Pier Luigi Vigna dichiarò in un'intervista al documentarista Paolo Cochi che, a differenza dei proiettili rivenuti all'ospedale di Ponte a Niccheri, questi mostravano un'ottima compatibilità con quelli usati dal Mostro e dunque erano stati tenuti in debita considerazione dalla Procura. Abbiamo però già visto nel relativo paragrafo come Vigna in occasione di tale intervista non avesse propriamente ricordi nitidi sul rinvenimento a Ponte a Niccheri.
In ogni caso, a dimostrazione dell'interesse degli inquirenti verso queste lettere, nel febbraio del 2003, durante le indagini sui mandanti, i magistrati Paolo Canessa della Procura di Firenze e Giuliano Mignini della Procura di Perugia inviarono le buste al professor Carlo Previderé dell'università di Pavia per estrarre il DNA dai campioni di saliva. Per cause ancora ignote le relative analisi non furono mai eseguite; un articolo di "La Repubblica" del novembre 2007, a firma della giornalista Franca Selvatici, riportava semplicemente che il professor Previderé non era riuscito a estrarre il DNA dai campioni di saliva.
Nel 2007 il dottor Mignini chiese di far esaminare le buste al colonnello Luciano Garofano, comandante del RIS. Le tre buste risultarono però al momento irreperibili e con esse anche la relazione del professor Previderé.
In tempi più recenti, sfruttando le nuove tecnologie, è stato possibile estrarre dai campioni un DNA parziale con 10 alleli, sufficienti per eventuali comparazioni con possibili sospettati. Comparazioni che a quanto ci risulta non sono mai state eseguite.
A oggi (ultimo scorcio del 2021) sembrano non essere stati fatti ulteriori passi avanti. In realtà, non è stato neanche possibile appurare se le buste in oggetto avessero realmente a che fare con la vicenda o fossero state il frutto dell'azione di un mitomane o di un becero scherzo giocato a danno dei magistrati che si occupavano del caso. Eventuali comparazioni potrebbero quindi non portare a nulla o persino a riscontri errati.
È opportuno, infatti, tener conto che nell'unica lettera certa inviata dal MdF, costui si era premunito di non lasciare alcuna traccia biologica, provvedendo a chiudere la busta con della colla. Inoltre, tale missiva era stata regolarmente affrancata (utilizzando sempre della colla) prima di essere spedita tramite posta ordinaria. Appare dunque anomalo che nel caso delle lettere ai magistrati, il Mostro avesse utilizzato la propria saliva, lasciando alle sue spalle una importante traccia biologica.
Si attendono, in ogni caso, eventuali sviluppi sulla vicenda.


Cartucce nel Mugello
Il giorno 5 ottobre 1985 (c'è chi dice l'11 ottobre) venne rinveuta in una cassetta postale di San Piero a Sieve (una delle due da cui il MdF avrebbe potuto imbucare la lettera alla Della Monica contenente un lembo di seno della Mauriot) una cartuccia inesplosa calibro 22 marca Fiocchi, dunque differente da quelle Winchester utlizzate nei delitti del Mostro di Firenze.
Invero, il blog Mostro di Firenze riporta - non sappiamo su quali basi - che anche questa cartuccia fosse di marca Winchester.
La mattina del giorno seguente, 6 ottobre 1985, venne rinvenuta in via Dante Alighieri numero 3 a Scarperia (nord del Mugello) una cartuccia inesplosa Winchester calibro 22 con la lettera H impressa sul fondello, questa sì della stessa marca e tipologia di quelle utilizzate nei delitti. La cartuccia venne rinvenuta al centro della carreggiata da una signora che stava andando in chiesa per la funzione domenicale. La signora notò l'ormai celebre lettera H e decise di consegnarla subito alla vicina caserma dei carabinieri. Questa cartuccia destò un certo allarme negli ambienti investigativi perché era stata rinvenuta in località estremamente vicina alla residenza estiva della dottoressa Silvia della Monica, la quale, meno di un mese prima, aveva ricevuto la lettera con il lembo di seno della Mauriot.
Per quanto ci è dato sapere, successive indagini non portarono ovviamente a nulla di nuovo.


La morte nel Trasimeno
Il giorno 8 ottobre 1985 scomparve a Perugia il dottor Francesco Narducci, colui che diversi anni dopo sarebbe divenuto uno dei maggiori sospettati nella vicenda del MdF. Il suo cadavere venne ripescato il 13 ottobre, dunque cinque giorni dopo la scomparsa, nelle acque del lago Trasimeno, tra l'isola Polvese e il paese di Sant'Arcangelo. Molti dubbi e molte incertezze circolano tuttavia ancora oggi sia sul ritrovamento, sia sulla misteriosa morte del dottore (vedasi a questo proposito i capitoli Il medico di Perugia e Una morte misteriosa).


L'identikit agli Scopeti
Nel novembre del 1985, giunsero presso le redazioni dei quotidiani "La Nazione", "La Città" e "Il Paese Sera", tre lettere anonime in cui il mittente dichiarava di aver incontrato nella piazzola degli Scopeti il pomeriggio di domenica 8 settembre 1985 (giorno in cui all'epoca si credeva fosse stato commesso l'omicidio) un tipo sospetto che guardava con insistenza verso la tenda dei francesi. L'anonimo mittente, che si definiva disegnatore esperto e ritrattista, accludeva nella lettera un preciso identikit del soggetto.
Il quotidiano "La Nazione" pubblicò l'identikit, asserendo che anche le forze dell'ordine ne erano venuti in possesso, lo avevano distribuito presso tutte le caserme dei carabinieri e divulgato fra le macchine di pattuglia, a dimostrazione dell'importanza che vi davano.
La Procura di Firenze si affrettò però a smentire tali affermazioni. Il Procuratore Raffaello Cantagalli dichiarò che la fonte di tale missiva anonima era priva di qualsiasi fondamento, probabilmente opera di un mitomane.
Data l'estrema somiglianza dell'identikit con un guardone di San Casciano noto col soprannome di "Seghe Seghe" (in questa sede se ne omette volontariamente il nome), solito frequentatore della piazzola degli Scopeti, i carabinieri di San Casciano provvidero comunque a rintracciarlo e interrogarlo. Il guardone confermò la sua presenza nella piazzola il sabato mattina precedente all'omicidio, ma non la domenica pomeriggio.
Parecchi anni dopo, tale guardone avrebbe testimoniato al Processo Pacciani sulla sua conoscenza con l'imputato e per una mera casualità sarebbe stato intervistato in un bar di Mercatale da una troupe televisiva della RAI giunta in zona per realizzare un servizio sul Pacciani.


Il profilo dei periti di Modena
Come visto nel capitolo dedicato al delitto di Vicchio, nel settembre e nell'ottobre 1984 la Procura di Firenze aveva chiesto al professor De Fazio dell'università di Modena di redigere un profilo approfondito (fisico e psicologico) dell'autore dei duplici delitti attribuiti al cosiddetto Mostro di Firenze. L'equipe del professore presentò una prima perizia alla fine del 1984; successivamente, dopo il delitto degli Scopeti, e precisamente nel Maggio del 1986, la stessa equipe presentò una seconda perizia aggiornata.
Il profilo che emerge dagli studi condotti dagli esperti di Modena è quello di un "Lust Murder" (letteralmente assassino per lussuria), che dunque agisce "sotto la spinta di un impulso sessuale abnorme" e inappagato. Un assassino solitario, di sesso maschile, molto probabilmente destrimane, estremamente abile nell'uso delle armi da taglio ma anche con "una conoscenza quantomeno dilettantistica nell'uso di arma da fuoco".
Si tratterebbe di soggetto metodico, sistematico, cauto, astuto e sufficientemente organizzato da non lasciare evidenti tracce alle sue spalle, "probabilmente capace di buona integrazione nel contesto ambientale dì appartenenza".
L'assassino agirebbe scegliendo i luoghi e le situazioni ma non le vittime, che in genere sono sconosciute, con l'unica possibile eccezione del delitto di Rabatta, in cui - secondo il rapporto De Fazio - almeno la vittima femminile gli doveva essere ben nota.
Infine si tratterebbe di soggetto probabilmente, ma non necessariamente scapolo, in ogni caso "non perfettamente integrato sul piano affettivo ed emotivo con una figura femminile".
Un uomo "con sicure connotazioni psicopatologiche della personalità" ma non necessariamente affetto da "una forma di patologia mentale grave già diagnosticata", le cui modalità d'azione "depongono comunque più per una ipo-sessualità che non per una ipersessualità, se non addirittura per una tipologia d'autore che raramente è in grado di avere normali rapporti sessuali".
Inutile dire che parte del profilo tracciato dalla perizia De Fazio sembrerà in contrasto con la figura di Pietro Pacciani e ancor di più con quella dei Compagni Di Merende. Diverrà dunque questo un tema largamente dibattuto all'interno di entrambi i processi.


Occhio Ragazzi
Nella primavera del 1986, quando la psicosi del Mostro aveva probabilmente raggiunto il proprio acme, venne realizzata una fitta campagna d'informazione su tutto il territorio fiorentino per prevenire nuovi agguati. Furono stampati manifesti e volantini con la famosa scritta "Occhio Ragazzi", che vennero diffusi nei circoli universitari, nelle scuole, nei bar, nelle discoteche e in qualsiasi punto di aggregazione giovanile.
Tali volantini vennero anche affissi ai caselli autostradali, alle fermate degli autobus, sugli alberi, sui muri delle case di campagna, distribuiti presso gli ostelli e i centri del turismo e riportavano in cinque lingue l'avvertimento: "Pericolo di aggressioni. È consigliato di non appartarsi e non sostare in luoghi isolati durante la notte fuori dai centri urbani". Inoltre, stradine, sentieri, piazzole di campagna vennero tappezzati di cartelli che per motivi di sicurezza vietavano alle auto, alle roulotte e alle tende la sosta dalle 19 alle 7.
Nel maggio dell'anno dopo, in seguito a nuovi eventi che verranno analizzati nel prossimo punto, al fitto volantinaggio si aggiungerà una campagna pubblicitaria che verrà trasmessa sulle televisioni nazionali, divulgata dalle radio e riprodotta nelle discoteche: sulle note della celebre canzone di Renzo Arbore del 1985, "Ma la notte no", verrà infatti diffuso un video che, con maggior incisività, inviterà i giovani a non appartarsi nelle campagne fiorentine in orari notturni. A questo videoclip ne verrà affiancato un altro, decisamente più inquietante, in cui al posto del refrain di Arbore, a far da colonna sonora sarà un battito cardiaco.
Nel maggio del 1988, per il terzo e ultimo anno consecutivo, il Comune di Firenze lancerà per l'ultima volta la campagna "Anti-Mostro", divulgando circa 175 mila volantini per la città e le campagne circostanti il capoluogo toscano.


La videocassetta alla Procura
Il giorno 20 marzo 1987 arrivò una telefonata anonima a casa Rontini cui rispose la mamma di Pia, la signora Winnie Kristensen. L'interlocutore anonimo con voce priva di particolari inflessioni dialettali riferì che fra il 22 e il 25 marzo sarebbe successo qualcosa di nuovo sul fronte delle indagini al MdF. Winnie informò subito la Procura.
Alcuni giorno dopo (probabilmente il 7 aprile, a quanto riporta Mario Spezi) arrivò in Procura una busta indirizzata alla dottoressa Silvia Della Monica, al cui interno c'era una videocassetta e una lettera scritta a macchina. La videocassetta conteneva spezzoni di trasmissioni e servizi televisivi dedicati al Mostro di Firenze con sottofondo la canzone di Lucio Battisti, intitolata "Anna". Sul foglio erano state battute a macchina una trentina di righe tuttora coperte da segreto istruttorio.
I giornali dell'epoca scrissero che l'autore della missiva anonima aveva riportato su quel foglio tutti gli errori e le insattezze contenuti negli spezzoni della videocassetta. A quanto pare, sempre sulla base di fonti giornalistiche, una correzione ai suddetti errori, riguardante il duplice omicidio di Scopeti, allarmò fortemente gli inquirenti, perché evidentemente si trattava di un particolare che solo il Mostro e pochi fidati uomini di Vigna potevano conoscere.
Nonostante lo stesso Vigna sminuì pubblicamente la preoccupazione per la vicenda, dichiarando "Ma cosa vuole che ci sia scritto, è una cosa farneticante, è opera di uno dei soliti mitomani...", nel giro di qualche giorno venne riattivata la SAM, venne riattivata la suddetta campagna pubblicitaria "Occhio ragazzi", venne prodotto il succitato spot televisivo di sensibilizzazione per i giovani, vennero chiamati a raccolta tutti i sindaci della provincia per affrontare la nuova emergenza, infine venne spedita la videocassetta alla scientifica di Roma per le analisi (a quanto si sa infruttuose) del caso.
Un articolo de "La Repubblica" datato 22 aprile 1987 riporta infatti: "...Contemporaneamente sarà ripresa l'operazione Occhio ragazzi. Probabilmente modificheremo leggermente l'occhio che dà l'input alla campagna... quello dello scorso anno era un invito. Ora per i ragazzi invece è obbligatorio stare attenti. Saranno di nuovo attaccate locandine e manifesti... Sì, il pericolo non è passato, il maniaco è in libertà. Lo ha ripetuto ieri mattina anche il prefetto di Firenze Giovanni Mannoni che al termine di una riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza ha lanciato un appello ai giovani: durante la notte non sostate in località isolate. L'incubo del mostro è tornato prepotentemente ad affacciarsi su Firenze perché tre settimane fa il sostituto procuratore Silvia Della Monica ha ricevuto un minaccioso avvertimento: una lettera ed una videocassetta contenente brani di trasmissioni televisive dedicate alle sanguinarie imprese del maniaco. La Procura giura che è opera di un mitomane qualunque ma il magistrato è lo stesso che all'indomani dell'ultimo duplice omicidio aveva ricevuto una parte del seno che il folle assassino aveva asportato alla turista francese Nadine Mauriot. I timori e le paure sono evidenti..."
Un aspetto è opportuno sottolineare di questa vicenda: lettera e videocassetta sono sempre stati sottoposti a estremo riserbo da parte della Procura di Firenze, anche a distanza di anni. A differenza di quanto talvolta si sente dire in giro, nessuno fra mostrologi e/o organi d'informazione ha avuto modo di visionarla. Nessuno sa dunque quale particolare sarebbe stato corretto dall'anonimo mittente. Ovviamente nel corso degli anni sono state avanzate diverse ipotesi. Ne riportiamo un paio, degne di nota:
▪ Il blogger Martin Rush suggerisce testualmente nei suoi scritti: "A voler essere maliziosi verrebbe da pensare a una parola che inizia per S e finisce per copeti". Per facilitare la comprensione, probabilmente il predetto Rush sta suggerendo che l'anonimo mittente potrebbe aver corretto la reale data in cui fu commesso il duplice omicidio degli Scopeti, fornendo una retrodatazione che nel 1987 non era stata ancora presa ufficialmente in considerazione, ma che gli inquirenti - considerando lo stato in cui vennero rinvenuti i cadaveri - non poterono non aver almeno valutato.
▪ Una seconda ipotesi è stata molto recentemente formulata dal già citato esperto balistico Enrico Manieri, meglio noto in mostrologia come Henry62.
In un video del 13/02/2021 sul suo canale youtube, Henry fa riferimento all'analisi investigativa criminale redatta nel giugno del 1989 dalla FBI su richiesta della Procura di Firenze. In un passaggio di tale documento, a proposito della lettera inviata dal killer alla Della Monica, è scritto che conteneva "genitali" della vittima femminile. Come già ampiamente visto, in realtà tale lettera - per quanto ci è dato sapere - conteneva invece un lembo di seno della povera Nadine Mauriot.
Dato per scontato che la Procura di Firenze che ha inviato tutte le informazioni ai loro colleghi d'oltreoceano per redarre questa analisi, difficilmente potrebbe essersi sbagliata su un punto così importante, le ipotesi che restano da valutare per spiegare questa discrepanza sono essenzialmente due: un refuso da parte degli esperti FBI oppure un'informazione avuta correttamente dalla Procura, riportata correttamente nel suddetto documento, ma diversa da quella che per quasi trent'anni è stata fornita all'opinione pubblica italiana.
Dunque secondo l'ipotesi di Henry62, la lettera inviata alla Della Monica nel settembre del 1985 poteva realmente contenere oltre al lembo di seno anche parte del pube escisso alla Mauriot, ma questa informazione sarebbe rimasta per anni di esclusiva conoscenza della Procura di Firenze e di un piccolo gruppo di esperti criminologi con cui è stata condivisa.
Il noto studioso ipotizza quindi che nella videocassetta del 1987 il serial killer possa aver corretto proprio questo particolare comunemente riportato dagli organi di informazione, scatenando ovviamente il panico in Procura.
È questa un'ipotesi altamente suggestiva, che implicherebbe però una sorta di patto fra gli inquirenti su un particolare non di secondaria importanza. Un patto che sarebbe durato per decenni, resistendo non solo alle numerose interviste rilasciate nel corso degli anni dagli stessi inquirenti (si pensi ad esempio all'intervista di Paolo Cochi alla dottoressa Della Monica, in cui viene appunto affrontato il tema della lettera), ma soprattutto resistendo a due Processi per un totale di sei gradi di giudizio, in cui svariati testimoni sono stati chiamati sotto giuramento a deporre riguardo le perizie svolte sulla lettera e sul suo contenuto.
Insomma abbracciare la pur suggestiva teoria di Henry62, implicherebbe che nel corso dei Processi un buon numero di persone (compresi magistrati, molti dei quali persino in conflitto fra loro) abbia mantenuto il segreto, dichiarando pubblicamente il falso sull'argomento o quanto meno omettendo particolari importanti della vicenda.
Si tratta di uno scenario che, francamente, ci sembra impossibile.

Telefono giallo
In data 6 Ottobre 1987 andò in onda su Rai3 la seconda puntata della fortunata trasmissione televisiva "Telefono Giallo", condotta dai giornalisti Corrado Augias e, limitatamente a quella prima stagione, Donatella Raffai. La puntata fu interamente dedicata al caso del Mostro di Firenze.
Risultano interessanti i temi trattati a distanza di due anni dall'ultimo duplice omicidio noto; furono molte le telefonate giunte in trasmissione e molti i protagonisti della vicenda invitati in studio, da Pier Luigi Vigna a Sandro Federico, da Nino Filastò a Mario Spezi.
Ferma era la convinzione di tutti i presenti che il Mostro fosse davanti alla TV a seguire il dibattito.
Da sottolineare in questa sede lo sbrigativo riferimento alla videocassetta spedita alla Procura pochi mesi prima, cui Vigna dà l'idea di non prestare troppa attenzione e non attribure eccessiva credibilità.
Interessanti anche gli interventi del professore Giorgio Abraham, psichiatra e sessuologo di chiara fama internazionale, che ha tratteggiato un ipotetco profilo del killer e ne ha più volte tentato di stuzzicare la vanità, affinché si palesasse e rendesse il mondo finalmente consapevole della sua identità e delle sue gesta.
Inutile dire che il tentativo si rivelerà vano.


Il profilo redatto dall'FBI
Nel 1989 la Procura di Firenze inviò l'intero incartamento dedicato alla vicenda del Mostro di Firenze negli Stati Uniti affinché venisse redatto dagli esperti dell'FBI un profilo criminologico dell'efferato autore dei delitti che aveva insanguinato la campagna fiorentina dal 1968 al 1985.
Il 30 giugno 1989, il Forensic Behavioral Science Investigative Support Unit fornì la perizia richiesta. Il profilo che emerse non si discostava troppo dalle conclusioni cui erano giunti i periti dell'università di Modena ed in particolar modo parlavano in maniera netta di un unico autore dei delitti.
La perizia completa (tradotta in italiano) è rintracciabile presso vari siti che si occupano della vicenda del MdF, ad esempio presso il blog Insufficienza di Prove.
Tuttora, tale perizia rappresenta una dei maggiori ostacoli per chi crede nella colpevolezza dei Compagni di Merende o più in generale per chi reputa che dietro i delitti del Mostro ci fosse un perverso disegno (qualunque ne fosse la matrice) ordito da più persone.


Con la perizia redatta dall'FBI calò definitivamente il sipario sulle azioni più o meno strettamente connesse alle vicende del MOSTRO DI FIRENZE e di lì avrebbe avuto inizio una lunghissima e tribolata vicenda giudiziaria che a distanza di 33 anni non si è ancora conclusa.




2 commenti:

  1. Per quanto riguarda la perizia del dottrore Carlo Previderé è possibile trovarla online all'interno del blog www.mostrodifirenze.com, a riguardo cosa ne pensa?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao, tutto ciò del Previderé che si trova in rete riguarda la perizia richiesta nel giugno 2003 dal dottor Mignini per estrapolare il DNA del dottor Narducci.
      Trattasi di argomento diverso rispetto alla perizia di cui parlo in questo capitolo, perizia richiesta (febbraio 2003) per estrarre i DNA dalle buste inviate in Procura nell'ottobre 1985.

      Elimina