L'anonimo fiorentino


Agli inizi di Novembre del 1991, nel pieno delle indagini che la SAM e la Procura di Firenze stavano conducendo sul contadino di Mercatale Pietro Pacciani, giunse al Procuratore della Repubblica di Firenze, Piero Luigi Vigna, una lettera scritta interamente a macchina, di un soggetto anonimo che dichiarava di conoscere parecchie cose sul Mostro di Firenze. Costui si diceva certo dell'innocenza dell'indagato Pacciani e invitava Vigna a dargli ascolto in quanto si definiva "un pensatore dotato di una certa intuizione, in svariate situazioni dimostrata".
Questa sarebbe stata una lettera anonima come migliaia di altre giunte in Procura sul caso del Mostro, se non fosse che una decina di giorni dopo l'anonimo si sarebbe rifatto vivo, questa volta con una missiva indirizzata al Ministro di Grazia e Giustizia, al Vice Presidente del CSM e al Procuratore Generale della Corte di Appello di Firenze. In questa nuova lettera, scritta sempre a macchina e dal contenuto delirante, l'anonimo accusava apertamente il magistrato mugellano di cui sopra, Pier Luigi Vigna, di essere il Mostro di Firenze. Ma il particolare più importante, forse, è che scrisse la parola "dubbio" con una sola "B", esattamente come aveva fatto il Mostro in occasione della missiva inviata alla Della Monica nella parola "Repubblica".
La terza lettera firmata da colui che ormai stava diventando noto come l'Anonimo Fiorentino è datata 18 Novembre 1991 e venne inviata in duplice copia al direttore del quotidiano "La Nazione" e all'avvocato di Pacciani, Pietro Fioravanti.
In questo scritto, quasi profetico, l'anonimo avvertiva che "qualcuno" avrebbe potuto sotterrare nell'orto di Pacciani la pistola del MdF, dopo averla trattata opportunamente con acido muriatico per invecchiarla e farla apparire usurata, con lo scopo di incastrare definitivamente il contadino di Mercatale.
Ricordiamo che la maxi-perquisizione a casa del Pacciani in cui venne rinvenuta la cartuccia, sarebbe stata eseguita alla fine di aprile del 1992 e dunque oltre cinque mesi dopo l'invio di tale missiva.
A queste tre lettere ne seguiranno numerose altre, tutte dallo stesso mittente, tutte con unico scopo: proclamare l'innocenza di Pacciani e sfidare e insolentire la Procura di Firenze. In totale le lettere saranno poco meno di trenta e i destinatari molteplici.
Le maggior parte arriveranno in Procura e in quelle occasioni saranno infamanti, calunniose, intimidatorie.
L'anonimo fiorentino odiava visceralmente Vigna nei cui confronti sembrava avere un "conto aperto", ma non risparmiava neanche il suo secondo, quel Paolo Canessa che presto diverrà il celebre Pubblico Ministero nel Processo contro Pietro Pacciani. E fu proprio nei giorni e nei mesi del Processo che l'attività dell'anonimo divenne quasi frenetica.
"Vigna e Canessa vi avevo già avvisati, fatevi aumentare la scorta perché sarà una carneficina" scriveva l'anonimo in pieno delirio. Ma anche: "Per me uccidervi e facilissimo" oppure "Vigna libera Pacciani. Lo sai che è innocente! Esci allo scoperto e confessa. Non fare il vigliacco!" o ancora "Se Pacciani sarà condannato potete già prepararvi la fossa" per finire con "Io vivo al vostro fianco... sono armato regolarmente dallo Stato. Per questo in procura vi ho sempre tra i piedi".
La magistratura indagò a lungo senza successo, ma l'anonimo fiorentino non sembrava avere intenzione di fermarsi. Al contrario continuava imperterrito con le sue accuse, gli insulti, le sfide, ma anche congetture, ipotesi, teorie e messaggi in codice. Scrisse al Ministro di Grazia e Giustizia Martelli, al capo della polizia Parisi, a Perugini, ai dirigenti della SAM, ai giornali, al Presidente della Corte d'Assise Ognibene, ai difensori del Pacciani, al Pacciani stesso. In talune missive lasciava intendere di essere un poliziotto di stanza in Mugello, in altre di conoscere particolari sui delitti che solo chi era presente potrebbe sapere. In un'occasione affermò infatti: "il mostro ormai non ucciderà più. La lezione l'ha avuta dal giovane francese agli Scopeti che con la sua reazione non gli permetterà più di nuocere", sostenendo che sotto le unghie di Jean-Michel erano rimasti brandelli di pelle del Mostro (in realtà, l'autopsia al ragazzo francese non aveva rilevato nulla del genere, NdA).
Nell'ottobre del 1994, pochi giorni prima della sentenza Pacciani, venne ritrovata una raccolta di lettere dell'anonimo fiorentino in una cabina telefonica di San Piero a Sieve, nel Mugello, non lontano da dove il MdF aveva imbucato la lettera per la Della Monica nel settembre di nove anni prima. Si pensò che fosse stato lo stesso anonimo a lasciarle con il fine di renderle pubbliche. Si trattava delle lettere inviate alla Procura nel 1991 e 1992. Alcune erano state copiate con una macchina da scrivere diversa da quella usata nella versione originale.
Il 2 Novembre 1994, il giorno successivo alla sentenza che condannò Pacciani, l'anonimo fiorentino scrisse le ultime due lettere sicuramente addebitabili a lui di cui si abbia notizia. Erano riconoscibili dallo stile e dalla firma. Una la scrisse a Renzo Rontini, il padre della povera Pia, insultandolo: "Volevi giustizia e l'hai ottenuta, ma hai mandato all'ergastolo un innocente", l'altra a Vigna, al solito oltraggiosa. Entrambe erano state imbucate a Borgo San Lorenzo, nel Mugello.
Tuttora l'identità dell'anonimo fiorentino è ignota nonostante siano state fatte diverse congetture e si sia tenuto anche un processo poi conclusosi con l'assoluzione del maggior sospettato, il criminologo e investigatore Carmelo Lavorino, direttore della rivista "Detective&Crime", nonché consulente della Difesa nel Processo d'Appello a Pietro Pacciani, a lungo ritenuto dalla SAM, e in special modo dall'ispettore Riccardo Lamperi, l'autore delle missive.
A indirizzare i sospetti sul Lavorino erano stati alcuni esposti che il suddetto criminologo aveva inviato alla Procura di Firenze nel 1993 e che, nello stile e nell'utilizzo di alcuni termini e modi di dire (per esempio l'utilizzo reiterato della locuzione "il gran burattinaio"), ricordavano le missive dell'anonimo.
Fra gli addetti ai lavori, c'è chi ha letto nelle frasi battute a macchina dall'anonimo, la tecnica tipica usata dai servizi deviati.
Durante gli anni dei Processi, era opinione comune che le missive si inserissero in un contesto di denigrazione della magistratura fiorentina piuttosto in voga in quel periodo.
C'è tuttavia una buona fetta di moderna mostrologia che ritiene che dietro l'anonimo fiorentino si nascondesse il Mostro in prima persona o qualcuno a lui molto vicino.
La missiva che profetizzava un importante rinvenimento nel giardino del Pacciani, del resto, potrebbe essere buon indizio.


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