Il secondo livello


Come abbiamo visto nei precedenti capitoli, l'indagine sul secondo livello prese in larga parte corpo dalle dichiarazioni di Gabriella Ghiribelli e di Giancarlo Lotti. Quest'ultimo aveva fatto a più riprese vaghi riferimenti a un non meglio identificato dottore che pagava i feticci al Pacciani e al Vanni, senza però fornire maggiori dettagli in merito.
A differenza del Lotti, la Ghiribelli aveva fornito resoconti (veri o falsi che fossero) decisamente più approfonditi, almeno inizialmente tesi a inquadrare la vicenda in un'ottica esoterica che privilegiava la pista di molteplici mandanti gaudenti.
Fra le numerose dichiarazioni, la Ghiribelli parlò di un medico svizzero che faceva strani esperimenti in una villa dalle parti di via Faltignano, dei famigerati festini cui partecipavano oltre a numerose ragazze di giovanissima età, un orafo, un medico di malattie tropicali, un carabiniere di San Casciano e numerosi altri personaggi di elevato livello sociale.
A un certo punto, anche le dichiarazioni della Ghiribeli cominciarono comunque a diventare poco credibili persino agli occhi dei più fervidi sostenitori della pista esoterica. A tal proposito, il 28 febbraio 2003, presso gli uffici della Squadra Mobile di Firenze fece verbalizzare quanto segue:
"Nel 1981 vi era un medico che cercava di fare esperimenti di mummificazione in una villa vicino a Faltignano. Questa villa so trovarsi nei pressi del luogo dove furono uccisi nel 1983 i due ragazzi tedeschi... di questo posto mi parlò anche Giancarlo Lotti in più occasioni e sempre negli anni '80 quando ci frequentavamo. Sempre il Lotti mi raccontò che questa villa aveva un laboratorio posto nel sottosuolo, dove il medico svizzero faceva gli esperimenti di mummificazione. Questo medico svizzero, a seguito di un viaggio in Egitto, era entrato in possesso di un vecchio papiro dove erano spiegati i procedimenti per la mummificazione dei corpi. Detto papiro mancava però di una parte che era quella relativa alla mummificazione delle parti molli e cioè tra le altre il pube ed il seno. Mi disse che era per quello che venivano mutilate le ragazze nei delitti del Mostro di Firenze. Mi spiegò anche che la figlia di questo medico nel 1981 era stata uccisa e la morte non era stata denunciata. Il procedimento di mummificazione gli necessitava proprio per mummificare il cadavere della figlia che custodiva nei sotterranei..."
Durante il processo al dottor Calamandrei del 2008, il Pubblico Ministero Alessandro Crini giustificherà tali farneticanti dichiarazioni come il frutto di quanto gli stessi mandanti avevano lasciato intendere a gente dal bassissimo livello culturale come appunto il Lotti e la Ghiribelli, forse per prenderli in giro o per fornir loro una qualsiasi motivazione ai delitti e alle escissioni.
Indipendentemente dal giudizio sulle dichiarazioni della Ghiribelli, durante le varie testimonianze la donna riconobbe in una foto il medico svizzero, identificato dagli inquirenti nel Rolf Reinecke, l'imprenditore tedesco che abitava a La Sfacciata e che aveva scoperto i cadaveri delle due vittime tedesche nel 1983. Da segnalare che al Reinecke non risultava morta alcuna figlia. L'uomo, a dire della Ghiribelli, si accompagnava spesso con l'orafo di cui sopra, con un medico di Perugia (identificato nel dottor Francesco Narducci) e con un medico di malattie tropicali (identificato con il dottor Achille Sertoli).
In seguito, la donna riferì di aver visto un abitante di villa La Sfacciata di nome Mario Robert Parker, soprannominato "Ulisse", dare molti soldi al Lotti.
Anche il testimone Ferdinando Pucci parlò di questi strani personaggi. Sottoposto a un riconoscimento fotografico, Pucci riconobbe il dottor Narducci (che definì finocchio), il Reinecke e il farmacista di San Casciano, dottor Francesco Calamandrei.
Molti di questi notabili furono riconosciuti fotograficamente anche da una prostituta che per un certo periodo aveva frequentato San Casciano, di nome Marzia Pellecchia.
Sull'attendibilità di tali riconoscimenti avremo modo di parlare dettagliatamente nel capitolo "Il Medico di Perugia"; qui è interessante far notare come la Pellecchia fu sentita per la prima volta nel febbraio del 2003 e in quell'occasione dichiarò di aver partecipato all'incirca nel 1982 (dunque ventun'anni prima del riconoscimento) a festini a base di sesso in una casa malmessa nelle campagne di San Casciano. Erano presenti oltre ai vari Vanni, Pacciani e Lotti, anche personaggi ben più importanti come un noto ortopedico fiorentino di nome Jacchia, il farmacista Calamandrei e il dottor Narducci, tutti riconosciuti tra le foto di un album che gli inquirenti le avevano mostrato. A introdurre la Pellecchia a questi festini sarebbe stata la prostituta Angiolina Giovagnoli, detta Lina, frequentata assiduamente dal Calamandrei.
Le dichiarazioni della Pellecchia furono smentite a stretto giro dalla stessa Giovagnoli, che non negò mai il suo intimo rapporto col Calamandrei ma negò di aver partecipato a tali festini a San Casciano. Messe a confronto fra loro dagli inquirenti, ognuna delle due prostitute rimase ferma sulle proprie posizioni. Secondo quanto emerge dai verbali, alla fine la Giovagnoli dichiarò di consideare la Pellecchia una persona attendibile, ma di non aver ricordi di tali episodi, dunque forse di averli rimossi.

Di seguito sono elencati tutti i "notabili" che sono entrati nell'inchiesta sui mandanti dei delitti del Mostro di Firenze. Si precisa che tali personaggi sono stati tutti assolti da qualsiasi accusa.


Mario Robert Parker
Nato nel New Jersey nel 1954 da un militare americano di colore (il caporale John Parker) e madre italiana (la livornese Nara Beltramini), il Parker passò la sua infanzia fra Stati Uniti, Germania e infine Italia, allorché il padre fu trasferito a Camp Darby, la base militare americana sita fra Pisa e Livorno.
All'età di quindici andò a vivere in una dependance della villa di proprietà della signora Elisabetta Beveridge al numero 6 di via Fortini a Firenze, divenendo uno di famiglia e venendo considerato dalla stessa signora alla stregua di un figlio adottivo.
Cominciò a lavorare come disegnatore presso una ditta di Tavarnelle che produceva abbigliamento. In seguito, divenne stilista per importanti aziende quali Prada e Gucci, a Milano e a Firenze.
Di lui, la figlia della signora Beveridge, Violante Pieri, dirà che era uomo di bellissimo aspetto, alto circa 190 centimetri, con una corporatura adeguata, che non passava certo inosservata.
Attorno al 1982, il Parker andò ad abitare a La Sfacciata, la villa in via di Giogoli prospiciente il luogo del duplice omicidio perpetrato dal Mostro nel 1983. All'epoca dei delitti seriali aveva fra i 25 e i 30 anni.
Il Parker fu interrogato in occasione dell'omicidio dei tedeschi nel 1983, perché una 126 bianca come la sua era stata vista parcheggiata a fianco al furgone dei due giovani assassinati. Uscì quasi subito dalle indagini in quanto lo stesso Parker dimostrò di essere venuto in possesso di quell'automobile solamente nell'ottobre del 1983 e quindi successivamente al delitto.
Nel gennaio del 1984, secondo le informazioni riportate dall'avvocato Gabriele Zanobini al Processo contro i presunti mandanti, lasciò villa "La Sfacciata" per trasferirsi altrove.
Si spostò a Milano per questioni lavorative e ivi visse fino al 1994, dove continuò ad occuparsi di moda per grandi aziende. Ritornò a vivere a Firenze quello stesso anno, a dire della signora Beveridge in un appartamento in via dei Serragli. Questo particolare ha suscitato l'interesse di parte della mostrologia narducciana, dato che in via dei Serragli si narra potesse esservi un appartamento del Narducci in cui venivano custoditi i feticci. Appartamento, invero, come vedremo mai trovato.
A tal proposito, ci sia consentito sottolineare che il tasferimento del Parker in via dei Serragli avvenne a circa dieci anni di distanza dai delitti del Mostro, dalle vicende de La Sfacciata e dalla morte del Narducci. E, a dirla tutta, sarebbe ben strano che uno dei presunti mandanti fosse tornato a vivere a Firenze, per giunta nella stessa via in cui erano custoditi i feticci, proprio nel momento in cui il principale esecutore materiale di quei delitti si trovava alla sbarra; il momento in cui, per la prima volta, qualcuno del gruppo si trovava non solo al centro delle indagini ma anche in procinto di essere condannato.
Tornando alla vita del Parker, costui, probabilmente omosessuale (anche se mai dichiaratosi apertamente), morì di Aids all'ospedale Santa Chiara di Pisa l'11 agosto del 1996, all'età di 42 anni.
Tornò al centro delle indagini nel 2003 dopo il colloquio privato in carcere fra Vanni e Nesi, registrato dalla Polizia Giudiziaria. In questo colloquio, come visto, Vanni fra un vaneggiamento e l'altro identificava l'autore dei duplici delitti in un "nero americano di nome Ulisse".
Successivamente, il 10 Luglio del 2003, fu sentita dalla Procura la solita Ghiribelli e alla domanda se Giancarlo Lotti avesse mai frequentato un uomo di colore americano, costei lasciò di stucco tutti, identificando tale uomo appunto nel Parker e rispondendo: "Certo, era Ulisse. Giancarlo lo chiamava Uli, non era di colore ma aveva un orecchino al lobo sinistro ed era considerato un po' strano."
Sebbene da queste parole emergesse che Mario Robert Parker non fosse nero, quando invece almeno mulatto lo era sicuramente, la coincidenza di un personaggio di nome Ulisse che per di più conosceva il Lotti, rafforzò nella Procura la convinzione di stare percorrendo la pista giusta nelle indagini sui cosiddetti notabili.
In realtà che il Parker fosse soprannominato Ulisse è una circostanza che dichiara esclusivamente la Ghiribelli. Già smentita dalla di lui madre, non si ebbe conferma di tale soprannome neanche dalla signora Beveridge e da sua figlia Violante, che pure conoscevano bene il Parker e lo avevano frequentato sino alla sua morte, essendo andate spesso a trovarlo anche dopo il trasferimento a Milano.
Inoltre, a parte che la Ghiribelli dovrebbe essere arrivata a San Casciano successivamente alla partenza del Parker e quindi difficilmente i due potrebbero aver avuto modo di incontrarsi, abbiamo già fatto notare nel capitolo Alfa, Gamma e Delta la contraddizione nelle parole della donna, la quale aveva dichiarato di aver visto il Parker dare molti soldi al Lotti e che questi soldi venivano usati per portare la nipote del Vanni al mare o per uscire con la Nicoletti. Sappiamo infatti che Lotti avrebbe conosciuto la Bartalesi oltre 10 anni dopo l'addio del Parker dalla zona di San Casciano.


Rolf Reinecke
Imprenditore tedesco nato nel 1937, visse a Vaiano (Prato), dove nel 1958 fondò un'azienda tessile. Dopo essersi separato dalla moglie pratese Silvia Bartolini, si trasferì assieme alla nuova compagna (la signora svizzera Francoise Walther) in un appartamento di villa La Sfacciata, a Giogoli. L'inizio del suo contratto di affitto è datato 15 marzo 1978, dunque ben prima dell'inizio della serie annuale dei delitti del MdF.
Fu proprio il Reinecke a trovare i corpi dei due giovani ragazzi tedeschi uccisi nel duplice omicidio del 1983, avvenuto proprio a pochi metri di distanza dalla villa. Anche lui, così come il Parker, rimase invischiato nelle indagini immediatamente dopo delitto a causa di alcune armi trovate in casa sua e non dichiarate. Dai documenti agli atti si evince che il Reinecke venne infatti processato e condannato il 28 giugno 1985 per omessa denuncia di un fucile e perché non in possesso di licenza per la collezione di armi.
Secondo quanto dichiarato dall'avvocato Gabriele Zanobini al Processo contro i presunti mandanti, Reinecke lasciò villa "La Sfacciata" agli inizi del 1984, il che risulta coerente con la citazione in giudizio che il 7 marzo 1984 ebbe dal proprietario de La Sfacciata, il signor Martino Martelli, per il mancato pagamento dei canoni di locazione arretrati. Nel ricorso per sequestro conservativo, depositato dal Martelli il 5 dicembre 1984 si legge: "...il ricorrente è venuto a sapere che il Reinecke è proprietario solo di un'autovettura, intende entro pochi giorni lasciare l'Italia, sottraendosi così all'eventuale soccombenza della causa."
Il 19 ottobre 1987, il tribunale civile di Firenze condannò in contumacia il Reinecke al pagamento della somma di lire 40.000.000 più accessori.
Lasciata l'Italia, il Reinecke morì in Germania nel 1996 a causa di un ictus.
Il Reinecke viene identificato con il medico svizzero di cui parla la Ghiribelli, colui che faceva strani esperimenti sui cadaveri servendosi dei feticci strappati alle vittime durante i delitti del Mostro.
Secondo suo figlio Marco, la nuova compagna del padre (la suddetta Francoise Walther, con cui era andato ad abitare alla Sfacciata) si interessava molto a pratiche di magia e si autodefiniva una sensitiva.
Di Rolf Reinecke si dice (è necessario tener conto della locuzione "si dice" perché non ci sono riscontri certi in merito) che fosse molto alto (probabilmente superiore al 1.95), che avesse un carattere molto strano, che incutesse quasi timore nelle persone, che fosse nemico delle diversità (questo ce lo dice il dottor Crini durante il Processo Calamandrei) e soprattutto che somigliasse molto al primo identikit del MdF, quello eseguito subito dopo il duplice delitto di Calenzano, nell'ottobre del 1981.


Gian Eugenio Jacchia
Primario di ortopedia e professore universitario a Firenze. Nel 1997 venne arrestato con l'accusa di aver molestato alcune studentesse. Patteggiò una pena di due anni.
Nel 2002, mentre la Procura indagava sul secondo livello, Giuttari fece perquisire le sue numerose abitazioni (a Firenze, a Fiesole, sull'Argentario e a Cortina) e fece sequestrare alcuni documenti. Il dottore risultava indagato per favoreggiamento nei confronti dei mandanti dei delitti del Mostro. Jacchia ha sempre negato qualsiasi addebito, arrivando a definire l'indagine una buffonata. Ha negato anche di aver mai conosciuto Narducci, nonostante diverse foto lo ritraessero in compagnia della madre del famoso gastroenterologo. Si dice (ma non esistono prove in merito) che con la famiglia Narducci, il professore era solito fare le vacanze estive.
Gian Eugenio Jacchia morì nel novembre del 2008.


Giuseppe Jommi
Avvocato di origine marchigiana, nato nel 1932, residente a Bagno a Ripoli. Amico di vecchia data del dottor Pier Luigi Vigna, con cui aveva condiviso studi e qualche incarico lavorativo.
Dapprima nel luglio, in seguito nel novembre del 1990, la sua amante di lunga data, la signora Emilia Maria Jorge Alves si presentò negli uffici della questura di Firenze per rilasciare una testimonianza alla SAM. In essa la donna riferì che in data 8 settembre 1985 (il giorno in cui, secondo la versione ufficiale, sarebbe avvenuto l'omicidio dei ragazzi francesi a Scopeti) aveva incontrato l'avvocato Jommi verso le 19.15 in Piazza Davanzati a Firenze. Costui, stranamente vestito in maniera sportiva, le aveva riferito che era stata uccisa una coppia e che lui era sprovvisto di alibi. Aveva inoltre dichiarato: "Sono un mostro".
Solo molto tempo dopo, precisamente leggendo un libro dello Spezi nel dicembre 1989, la Alves aveva appreso che i cadaveri dei ragazzi francesi erano stati scoperti il lunedì pomeriggio e dunque quando aveva incontrato lo Jommi ancora nessuno poteva sapere del duplice omicidio commesso. La donna aveva intesto precisare che l'avvocato non era il Mostro di Firenze, ma ne era amico. Nello specifico il Mostro era un medico umbro, affogato nel 1985 nel lago Trasimeno.
Sul momento le indagini successive alle dichiarazioni della Alves non portarono a nessuna conseguenza particolare. Lo Jommi risultò, stando a quanto scriveva il Perugini: "...immune da pregiudizi penali e psicopatologici; non ha mai posseduto armi da sparo; di buona condotta morale e civile". Inoltre fu appurato che la relazione fra lo Jommi e la Alves si era conclusa in malo modo qualche tempo prima e dunque quello della Alves era stato probabilmente visto come un tentativo di gettar fango sull'ex amante.
In seguito, nel 2003, con l'arrivo di Giuttari e l'apertura dell'inchiesta sui mandanti, lo Jommi fu convocato dagli inquirenti per rispondere delle accuse che gli erano state mosse tredici anni prima. Lo Jommi era sospettato di essere stato amico di Francesco Narducci, su cui frattanto si stavano concnetrando gli interessi della Procura perugina, e di aver fatto parte della setta di ricchi notabili che aveva commissionato gli omicidi attribuiti al mostro, almeno quelli a cadenza annuale degli anni '80.
L'avvocato smentì tutto, ivi compresa la sua conoscenza col Narducci, su cui, invero, non sono mai emerse evidenze documentali. Le successive indagini, difatti, non riuscirono a provare alcunché.
Jommi morì nel novembre del 2013, all'età di 81 anni.
Sono da sottolineare due peculiarità riguardanti la moglie e la già citata amante dell'avvocato.
1. La moglie, la signora Ada Pinori, era proprietaria dell'appartamento sito in Via Benedetto Marcello 45 a Firenze dove aveva alloggiato la famiglia di Susanna Cambi, vittima del MdF nell'ottobre del 1981. Una coincidenza che tanto ha fatto discutere fra i mostrologi, in special modo quelli di estrazione giuttariana, narducciana e/o complottista.
2. Come detto, l'amante dell'avvocato, la signora Emilia Maria Jorge Alves, fu colei che portò la Procura a indagare sull'avvocato stesso.
Tornando alle su deposizioni del 1990, la Alves aveva dichiarato che lo Jommi le sembrava una persona profondamente disturbata e che fra il 1971 e il 1972 aveva avuto un grave incidente stradale all'isola d'Elba, cui era seguito un delicato intervento chirurgico alla testa. Da quel momento la personalità e il carattere dell'avvocato erano cambiati.
In seguito tramite un'agenzia investigativa la donna aveva scoperto che l'avvocato aveva frequentato dalle parti di San Casciano un tale medico di Foligno, estremamente benestante. Questo medico (il Narducci, NdA) era proprietario di una Citroen Pallas color verde che ogni tanto prestava all'avvocato.
Nell'agosto del 2005 venne perquisita la casa dell'avvocato, senza che venisse trovato nulla di rilevante.
Come anticipato, le sueccessive indagini non hanno mai portato a nulla di concreto, nulla che provasse la sua amicizia con il Narducci, né tanto meno il suo coinvolgimento nei delitti del Mostro.


Achille Sertoli
Il Sertoli è il famoso dottore delle malattie tropicali di cui parla la Ghiribelli. In realtà è un dermatologo ed ex professore associato del dipartimento di dermatologia all'università di Firenze.
Nel giugno del 2003 finì nel registro degli indagati per i fatti inerenti alle vicende del Mostro di Firenze. Amico per sua stessa ammissione di Francesco Calamandrei, presso la cui farmacia (inizialmente gestita dal padre di Francesco) prestava servizio ambulatoriale.
Interrogato ripetutamente nel 2003 da Giuttari, Sertoli dichiarò di essere specializzato in dermatologia e allergologia, ma di non aver mai trattato malattie tropicali e di non aver mai frequentato prostitute, tanto più in compagnia del Calamandrei. Affermò di conoscere Calamandrei fin dai tempi universitari allorché avevano diviso la stessa abitazione a Firenze. A quei tempi, lui veniva da famiglia poco agiata e faceva vita piuttosto ritirata, mentre il Calamandrei che veniva da una famiglia benestante (il padre era stato a sua volta farmacista), faceva molta vita notturna e sin da allora frequentava molte donne. In seguito, i due amici avevano talvolta fatto dei viaggi in compagnia di ragazze, uno a Venezia, l'altro sul Trasimeno.
Sempre secondo le dichiarazioni del Sertoli, una sera di fine anni '60, in quel di San Casciano, il Calamandrei convinse lui e altri medici della zona a fare una visita a scopo canzonatorio a un sedicente mago di nome Indovino. Arrivati all'abitazione del mago, costui invitò tutti a entrare in casa e – sempre secondo il Sertoli – era evidente che fra Indovino e Calamandrei ci fosse una certa confidenza.
Ora in queste dichiarazioni c'è un evidente problema: Indovino andò ad abitare a San Casciano alla fine degli anni '70, quindi o il Sertoli mentì o confuse le date di un buon decennio (del resto queste dichiarazioni erano arrivate a distanza di moltissimi anni dagli eventuali fatti).
Intercettato in quello stesso periodo dalla Procura, in una telefonata privata a suo cugino, Sertoli confidò: "Calamandrei potrebbe anche essere un mandante; la mano sul fuoco al contrario non la metterei!"
Risentito dalla Procura in merito a queste confidenze, il Sertoli ovviamente precisò che erano sue mere supposizioni senza alcuna base di verità e alcun riscontro concreto.


Gaetano Zucconi
Fratello del ben più (mostrologicamente) interessante Giulio, Gaetano fu diplomatico e ambasciatore proveniente da ricca e potente famiglia. Fu sospettato di avere protetto, grazie alle sue conoscenze, nel corso degli anni suo fratello dalle indagini sul Mostro di Firenze. Nel 2002 rilasciò una lunga intervista a Repubblica per difendersi dalle infamanti accuse mai provate e per recriminare su quanto la gogna mediatica sia stata un male talvolta peggiore della galera per lui e soprattutto per il compianto fratello.
Nei giorni successivi all'intervista, la Procura di Firenze si premunì di far sapere che Gaetano Zucconi non era mai stato iscritto nel registro degli indagati.


Il Ginecologo Giulio Cesare Zucconi
Nato nel febbraio del 1933, primario e stimato professore di ginecologia presso la clinica universitaria di Careggi, il dottor Giulio Cesare Zucconi svolgeva anche attività privata presso un ambulatorio di Impruneta e - si dice - un paio di volte al mese presso un locale messo a disposizione dalla farmacia Calamandrei a San Casciano.
I genitori di Giulio avevano vissuto a Mercatale, in via Sonnino 56/58, in un'abitazione che era confinante con il giardino della casa che parecchi anni dopo acquisterà Pietro Pacciani.
Lo stesso Giulio aveva vissuto in via Sonnino fino al dicembre del 1958 quando, ormai venticinquenne, si trasferì in una villa alle porte di Impruneta. Nel giugno del 1964 si sposò con la collega, dottoressa Ines Maria Pietrasanta.
Descritto fisicamente come molto alto, robusto, di stazza a tratti imponente, negli anni dei delitti Zucconi era stato oggetto di numerose chiacchiere malevoli che lo vedevano coinvolto negli omicidi del "Mostro". In generale ha incarnato più di chiunque altro nell'immaginario collettivo dapprima le sembianze del ginecologo maniaco, afflitto da gravi turbe sessuali, autore o co-autore dei delitti, in seguito quelle del maniaco per interposta persona, colui che commissionava gli omicidi e solo saltuariamente vi partecipava. Poteva inoltre godere, secondo la vulgata popolare, dell'appoggio e della protezione della propria potente e ricca famiglia.
Forse in seguito alle voci, forse indipendentemente da queste, subito dopo il duplice omicidio dei francesi l'abitazione dello Zucconi presso Mercatale fu soggetta ad alcuni controlli da parte delle forze dell'ordine.
Giulio Zucconi morì nel dicembre 1989, all'età di 52 anni, per insufficienza cardio-circolatoria, un infarto - a parere dei familiari - provocato dalle infamanti e mai documentate accuse di cui sopra, dalle voci del popolo che lo vedevano fortemente coinvolto nei delitti e che non si sono affatto spente con la sua morte.
Anche successivamente, infatti, a causa delle indagini di un investigatore privato francese e del dossier di Francesco Bruno, fu prima sospettato di essere il mandante dei delitti del mostro, poi di far parte della cosiddetta setta che pagava gli omicidi.
Nel libro di Giuseppe Alessandri, "La Leggenda Del Vampa", viene ad esempio indirettamente indicato più volte come il medico che commissionava gli omicidi al Pacciani.
Durante il Processo ai CdM, viene più volte chiamato in causa, in special modo dall'avvocato Aldo Colao, che lo identificava nel dottore amico del Pacciani che pagava i feticci, a cui aveva fatto riferimento il reo-confesso Giancarlo Lotti.
Inoltre, nel libro scritto a quattro mani dal super-poliziotto Michele Giuttari e dal giallista Carlo Lucarelli, "Compagni Di Sangue" (dicembre 1998), viene seguita la pista del mandante colto, ricco e potente che assolda Pacciani per commettere i delitti. Anche in questo caso non viene fatto alcun nome esplicito, ma risulta chiaro che secondo gli autori tutto ebbe inizio dall'incontro fra il ginecologo che aveva preso in cura la moglie del Pacciani, Angiolina Manni, e il Pacciani stesso, dando vita a un terribile mostro a due teste.
Da uno stralcio del suddetto libro si può leggere: "...condividevano gli stessi interessi sessuali, le stesse perversioni, lo stesso sadismo e la stessa attrazione per il sangue e per la morte. Due lupi che si incontrano. Il dottor Jekyll che incontra il suo mister Hyde. Mister Hyde subisce il fascino dell'uomo colto e raffinato, il dottor Jekyll quello dell'essere primordiale che vorrebbe diventare. Hyde, avido e avaro, legatissimo ai soldi, vede nel dottore l'uomo che può soddisfare i suoi bisogni materiali. Jekyll, debole e distante, vede in lui la stessa cosa. Soddisfare il bisogno di una brutalità che esca allo scoperto proprio nel momento in cui sta per avere origine la vita. Colpire e straziare le coppie nel momento dell'amore, mutilare la donna proprio in quei simboli di vita, di felicità e di piacere che a lui, al dottor Jekyll, sono negati."
Piaceri negati perché, come risulta fra gli atti della Squadra Mobile di Firenze, Giulio Zucconi era stato esonerato dal servizio di leva a causa di imperfezioni o infermità che erano causa di non idoneità al servizio militare, nel caso specifico per gravi malformazioni al pene e/o perdita totale o parziale dello stesso.
Certo, suscita effetto scoprire che colui che negli anni dei delitti era indicato - per non si sa quale motivo - dalle voci del popolo come possibile MdF, era in realtà affetto da una seria menomazione fisica all'apparato genitale.
A ogni modo, quando la Procura di Firenze cominciò a indagare su un ipotetico secondo livello, diversi testimoni, sentiti fra la fine del 1997 e gli inizi del 1998 da Giuttari, ebbero modo di confermare le voci che circolavano e di dichiarare che in occasione del delitto degli Scopeti, l'abitazione dello Zucconi era stata perquisita dai carabinieri, mentre qualche tempo dopo era stata addirittura piantonata per circa otto, dieci giorni.
Tale Simone Guidotti dichiarò a Giuttari:
"Preliminarmente voglio farvi presente che da tanti anni mi reco a Mercatale, paese d'origine di mio padre, e nelle varie occasioni ho raccolto da più parti discorsi che facevano riferimento esplicitamente al dottor Zucconi. Voglio altresì far presente che i discorsi sullo Zucconi di cui adesso vi parlerò circolavano per tutta la gente del paese sin dagli inizi degli anni '80 e, dopo il delitto dei due francesi, i discorsi da un piano di semplice sospetto passarono a qualcosa di più grave e circostanziato. Mi spiego adesso meglio. La gente del paese nel commentare gli omicidi che venivano attribuiti al Mostro di Firenze, in un primo tempo indicava lo Zucconi quale persona sospettabile che potesse avere a che fare con quegli omicidi. Dopo il delitto del 1985, ossia quello ai danni dei due francesi, lo Zucconi venne notato in paese con una grossa ecchimosi in volto, da lui giustificata come una caduta da cavallo del quale sport era appassionato. Il fatto che il francese ucciso fosse stato cintura nera di arti marziali fece immediatamente collegare una colluttazione tra i "mostri" di cui probabilmente lo Zucconi avrebbe fatto il capo banda e l'ecchimosi presentata dallo Zucconi nei giorni immediatamente successivi al duplice delitto. Il particolare fu da tutti interpretato come la prova regina del definitivo ed integrale coinvolgimento dello Zucconi nella vicenda del Mostro di Firenze".
Premesso che non risulta da nessuna parte che il povero Jean-Michel Kraveichvili fosse cintura nera di alcuna arte marziale, vi sono altre testimonianze, sempre risalenti allo stesso periodo e rese a Giuttari, che indicavano un rapporto almeno di conoscenza fra lo Zucconi e Pacciani. Tale conoscenza di per sé non è affatto un indizio, ma suscita anche in questo caso un certo effetto appurare che colui che negli anni dei delitti era non solo indicato dalle voci del popolo come possibile MdF, ma anche attenzionato dalle forze dell'ordine, conoscesse colui che tempo dopo e da tutt'altri canali entrerà come protagonista principale nella saga del Mostro di Firenze.


La donna misteriosa
Ad alimentare ulteriormente quelle che, comunque ai fini pratici, sono rimaste semplicemente delle voci, nel 1998 la già citata dottoressa Maria Ines Pietrasanta, moglie dello Zucconi e ormai vedova da tempo, fu indagata per rapina, furto e sequestro di persona.
Venne infatti accusata di essere colei che due anni prima, nel gennaio del 1996, agghindata con una probabile parrucca e una pelliccia di visone, aveva avvicinato Angiolina Manni, moglie del Pacciani, fingendosi un'amica della figlia Rossana, l'aveva condotta a fare compere, quindi l'aveva riaccompagnata a casa. Qui la donna aveva narcotizzato la povera Angiolina e successivamente frugato per tutta casa.
Soffermiamoci su questo controverso episodio.
Risulta effettivamente agli atti che la mattina del 22 gennaio 1996 una misteriosa donna dall'apparente età di 70 anni venne vista a Mercatale da diversi tesimoni chiedere informazioni per arrivare a casa del Pacciani in via Sonnino, lì dove abitava, sola, Angiolina Manni, moglie di Pietro.
La misteriosa donna, che sempre secondo i testimoni aveva vistosi capelli biondi ossigenati (secondo alcuni in realtà indossava una parrucca), una lunga pelliccia e un accento veneto/lombardo, si fermò ad acquistare alcuni generi alimentari prima di fermarsi a casa Pacciani. Fu rivista per Mercatale in compagnia di Angiolina nel tardo pomeriggio. Testimonianze riportano che, munita di regolare ricetta acquisita appositamente presso un ambulatorio medico nelle vicinanze, acquistò in farmacia una confezione di Tavor. Verosimilmente trascorse la notte in casa con la Angiolina. Infine fu notata la mattina successiva mentre lasciava Mercatale su un autobus di linea.
Più tardi, Angiolina venne vista aggirarsi per il paese in stato confusionale. La povera donna, barcollante, cadde e sbatté la testa. Ricoverata in ospedale, le venne diagnosticato un leggero stato confusionale e un trauma da caduta che richiese dieci giorni di prognosi. Dalle analisi le venne riscontrata la presenza di Tavor nel sangue in una concentrazione decisamente superiore alla dose terapeutica. In quell'occasione la Manni riferì anche di essere stata derubata di duecentomila lire dalla donna che quella notte aveva ospitato.
Anche in virtù dell'importanza del nome coinvolto, della vicenda si interessarono i carabinieri di Mercatale, i quali trovarono effettivamente tracce della presenza della misteriosa signora in casa Pacciani. Non bisognava certo avere un fiuto da esperti investigatori per arrivare alla conclusione che la donna, dopo essere entrata nelle grazie della Angiolina, l'avesse narcotizzata per poter frugare comodamente in casa, evidentemente alla ricerca di qualcosa.
Gli accertamenti successivi portarono a scoprire che tale enigmatica signora era probabilmente arrivata a Firenze con un treno proveniente da Venezia, il che era compatibile con l'accento veneto/lombardo, ma nulla di più fu possibile appurare in merito.

La svolta per le indagini arrivó un paio d'anni dopo i fatti, quando venne intercettata la conversazione fra due donne in cui emerse il nome del defunto dottor Zucconi come possibile mandante dei delitti e quello della di lui moglie come la donna che si era introdotta in casa Pacciani.
Per gli inquirenti alla ricerca di un possibile secondo livello quella telefonata si rivelava di sicuro interesse. Banale a dirsi, giunsero alla logica conclusione che il fine della donna era eliminare eventuali prove che potessero ancora nascondersi in casa del Pacciani e che coinvolgessero il marito defunto.
Le intercettazioni da cui partì l'indagine sulla Pietrasanta si rivelarono però prive di qualsiasi consistenza. Si trattava, infatti, di pure ipotesi in cui si erano lanciate le due interlocutrici al telefono, non credendo certamente di essere ascoltate da terzi, tantomeno da organi inquirenti. Erano quelli i giorni successivi alle prime dichiarazioni del Lotti su un presunto medico che pagava il Pacciani per commettere i delitti e le due donne al telefono, anche loro a conoscenza delle voci di paese sul dottor Zucconi, si erano lasciate andare a mere speculazioni, senza alcuna base probatoria, né indiziaria; un semplice "pour parler" fra amiche.
Per amor di cronaca, le autrici di tale telefonata erano le sorelle di due vittime del Mostro, che evidentemente accomunate dalla stessa tragica sorte, avevano stretto amicizia e commentavano telefonicamente le notizie che la stampa pubblicava sulla vicenda.
Emersero, comunque, alcuni particolari che potevano in un certo qual modo far pensare al coinvolgimento della Pietrasanta:
▪ in primis, l'accento che alcuni testimoni definirono veneto/lombardo, visto che la moglie del defunto professor Zucconi era milanese e a Milano aveva vissuto fino al suo matrimonio nel 1963;
▪ il riconoscimento fotografico della Pietrasanta da parte della farmacista di Mercatale presso cui la misteriosa donna aveva acquistato il Tavor; la farmacista trovò una certa somiglianza, soprattutto nello sguardo, fra le due figure femminili; tuttavia, dai verbali emerge una buona dose di incertezza in tale riconoscimento;
▪ alcuni oggetti trovati presso l'abitazione della Pietrasanta in seguito a una perquisizione delle forze dell'ordine, fra cui una confezione di Tavor parzialmente usata, una parrucca rossa, una pelliccia di visone. Oggetti che, ovviamente, di per sé non costituivano alcuna prova, tanto più che la misteriosa donna vista a Mercatale aveva una vistosa capigliatura bionda;
▪ infine, il riconoscimento fotografico da parte della Manni del dottor Zucconi come il ginecologo che molti anni prima le aveva praticato un aborto; un riconoscimento non certissimo, in quanto la Manni dichiarò dapprima che l'intervento era avvenuto all'ospedale Careggi di Firenze (dove effettivamente lavorava lo Zucconi), in seguito che invece era avvenuto all'ospedale Ponte a Niccheri, dove però lo Zucconi non aveva mai lavorato.

Indizi estremamente labili, dunque, come si puó ben vedere. A maggior ragione se consideriamo gli elementi che sembrano escludere qualsiasi coinvolgimento della Pietrasanta:
▪ il fatto che la donna avesse chiesto in giro dove fosse l'abitazione del Pacciani in via Sonnino, quando avrebbe dovuto tentare di passare più inosservata possibile per Mercatale e soprattutto avrebbe dovuto sapere dove fosse via Sonnino, visto che per molti anni in quella via aveva abitato la famiglia di suo marito;
▪ la necessità di andare in uno studio medico per farsi prescrivere il Tavor quando la Pietrasanta era a sua volta un medico che si sarebbe potuta prescrivere da sé tale farmaco, evitando oltretutto di farsi vedere ulteriormente in giro, in un paese dove comunque il suo volto poteva anche essere noto;
▪ il fatto che la Pietrasanta non fu riconosciuta da nessuno: ella infatti abitava da oltre trent'anni nella vicinissima Impruneta e saltuariamente capitava a Mercatale, paese dove a lungo aveva vissuto suo marito;
▪ una perizia calligrafica dimostró che la scritta rinvenuta sul retro di un biglietto ferroviario trovato a casa della Manni e appartenuto alla miateriosa visitatrice non era della Pietrasanta;
▪ infine, la mancanza di un movente da parte della Pietrasanta, considerando che entrambe le case di Pacciani (quella in piazza del Popolo e quella in via Sonnino) erano state per anni perquisite in ogni angolo dalle forze dell'ordine; ammesso ne avesse avuto la necessità, che speranze aveva di trovare ancora qualcosa, la moglie del professor Zucconi?

Stante questa stiuazione, il 4 luglio del 2006, la giudice Anna Favi assolse la dottoressa Maria Ines Pietrasanta da ogni accusa per non aver commesso il fatto, chiudendo di fatto il lungo capitolo relativo alla famiglia Zucconi. L'accusa non intese presentare ricorso.
E, suggestioni a parte, a oggi quelle sul ginecologo di Impruneta rimangono semplicemente dicerie di paese, senza alcun tipo di riscontro.


1 commento:

  1. la fantasia fa solo danni alle indagini,per fare quelle chiamate escissioni serve un gineCologo chirurgo e un bisturi' ?SECONDO VOI? un semplice coltellino tagliente con almeno 10 cm di lama affilata e stop

    RispondiElimina