Vediamo ora di riassumere la grande mole di informazioni che abbiamo ricavato in questi ultimi capitoli e che hanno portato la Procura della Repubblica di Firenze, sulla base delle testimonianze raccolte in particolar modo dalla Ghiribelli, ma non solo, a tratteggiare un complesso disegno su ciò che potrebbe essere avvenuto fra la fine degli anni '70 e la prima metà degli anni '80 a San Casciano Val di Pesa, nei pressi della casa del mago Indovino.
Un disegno cui – è bene sottolinearlo – oggigiorno sempre meno persone, almeno fra i più attenti osserrvatori, son disposte a credere, principalmente perché molte, forse troppe incongruenze sono emerse dal racconto dei vari testimoni. Incongruenze che abbiamo di volta in volta evidenziato nel corso di queste pagine e che in un successivo capitolo riassumeremo complessivamente.
È altresì doveroso sottolineare che tali incongruenze o palesi falsità sono completamente indipendenti dall'eventuale colpevolezza di Pacciani, Vanni e Lotti. I primi due, soprattutto, è anzi possibile che non avessero mai frequentato la casa di Salvatore Indovino.
In ogni caso, secondo quando ipotizzato dalla Procura di Firenze, tutto dovrebbe aver avuto inizio nel 1978, quando cioè il Mostro, o almeno la sua pistola, aveva già colpito nel 1968 e nel 1974, con il trasferimento di Salvatore Indovino e di Filippa Nicoletti in quel di via Faltignano.
Tra la fine del novembre e gli inizi di dicembre del 1980, circa sei mesi prima dell’inizio dei delitti a cadenza annuale, si trasferirono nella casa accanto a quella del non ancora mago, Maria Antonietta Sperduto con i tre figli, fra cui Milva Malatesta. In teoria la Sperduto potrebbe essere stata colei che condusse in via Faltignano il Pacciani e il Vanni, suoi amanti, divenendo di fatto il trait d'union fra i due merendari e Salvatore Indovino.
È d'uopo ribadire che non esistono testimonianze che attestino la presenza di Pacciani in via Faltignano, a parte quelle decisamente confuse della Ghiribelli, che sul punto si è contraddetta più volte.
Sempre in teoria, ma anche su questo - come ampiamente visto - non c'è alcun tipo di riscontro, Milva potrebbe aver condotto in via Faltignano il suo molto presunto amante, Francesco Vinci, divenendo a sua volta il trait d'union fra Indovino, Pacciani e appunto i sardi, presuntivamente colpevoli del delitto del 1968 a Signa. Da notare però che Salvatore Indovino aveva vissuto per qualche tempo a Prato e aveva frequentato insieme alla Nicoletti e a suo fratello Sebastiano il bar dei sardi a Prato, quindi la conoscenza con Francesco Vinci potrebbe essere stata pregressa e indipendente dalla figura di Milva Malatesta. Da notare anche che per un brevissimo periodo (tre settimane circa) Indovino e Vinci erano stati entrambi detenuti nel carcere delle Murate a Firenze.
Abbiamo comunque una situazione in cui - secondo il disegno della Procura - dagli inizi del 1981 la casa di Indovino potrebbe essere divenuta la meta di Pacciani, Vanni, la Malatesta e lo stuolo di persone che ruotavano attorno a questi. Pochi mesi dopo, nel giugno 1981, a Mosciano di Scandicci, a 11 chilometri esatti da Faltignano, venne commesso il primo duplice delitto del mostro fra quelli a cadenza annuale.
Un mese e mezzo dopo, a fine luglio del 1981, Indovino finì in carcere per induzione alla prostituzione e in agosto la Nicoletti conobbe il Lotti (già amico del Vanni e del Pacciani), portandoselo a casa. Questo sembrerebbe il momento in cui il Lotti entrò in contatto con il mondo che girava attorno alla casa di Indovino. Mentre quest'ultimo era in carcere (uscì nel dicembre del 1981) fu commesso il duplice delitto di Calenzano.
Come abbiamo visto nel paragrafo a lui dedicato, a quest'epoca Indovino non esercitava ancora la professione di mago, in quanto proprio nel periodo di carcerazione ebbe modo di scoprire (o più probabilmente di inventarsi) le sue capacità divinatorie. Dunque, per quanto la sua casa - secondo la Procura - potesse essere diventata dalla fine del 1980 il punto d'incontro fra alcuni personaggi coinvolti nei delitti, sicuramente almeno fino al duplice omicidio delle Bartoline (ottobre 1981), difficilmente poteva essere il luogo in cui prendeva forma la matrice esoterica dei delitti commessi dal Mostro di Firenze.
A partire dal 1982 successero diversi eventi: in giugno fu commesso il duplice delitto di Baccaiano, privo di escissioni; subito dopo ci fu il collegamento con il delitto del 1968, forse frutto dell'intuizione degli inquirenti, forse dovuto a una segnalazione anonima; in agosto fu arrestato Francesco Vinci che rimase in carcere fino alla fine del 1984.
Frattanto, nel 1983, c'era stato il duplice delitto di Giogoli, quello in cui avevano perso la vita i due ragazzi tedeschi, anche questo privo di escissioni; delitto che a dire del Lotti era stato eseguito per scagionare Francesco Vinci.
Si può dedurre, a questo punto, che i primi due delitti commessi dal cosiddetto Mostro caratterizzati da una matrice esoterica, dopo la scoperta da parte dell'Indovino delle sue capacità divinatorie e dopo che lo stesso era diventato il Mago di San Casciano, si erano conclusi senza escissioni, dunque senza quei trofei che erano il vero motivo per cui gli stessi delitti venivano commessi. Sarà questo un punto dirimente per i processi e le sentenze che seguiranno.
A marzo del 1984 la Nicoletti aveva abbandonato via Faltignano per trasferirsi ad Arezzo con un nuovo amante. Verso l'estate, probabilmente luglio, si erano trasferiti a San Casciano Gabriella Ghiribelli (già amica di Salvatore Indovino) e Norberto Galli. Anche loro avevano, dunque, cominciato a frequentare la casa dell'Indovino. Su questo punto, a dispetto delle molteplici e spesso confuse dichiarazioni della Ghiribelli, non sembra esseci alcun dubbio, in quanto abbiamo, oltre alle prove documentali portate durante il processo Calamandrei dall'avvocato Gabriele Zanobini, anche le due testimonianze concordanti del Galli e della Nicoletti. Il Galli, difatti ha sempre dichiarato di aver frequentato l'Indovino solo negli ultimi tempi, cioè dal 1984 fino alla sua morte. La Nicoletti aveva affermato che la Ghiribelli aveva cominciato a frequentare la casa di Faltignano dopo che lei era andata via.
Non è dato sapere con certezza quando eventualmente cominciarono le sedute spiritiche denunciate dalla Ghiribelli e che non hanno trovato riscontro in nessun altro testimone. Anche su questo la Ghiribelli si è contraddetta più volte. Comunque, l'attività più intensa dovrebbe essersi tenuta soprattutto nei fine settimana del 1984 e del 1985, dunque esclusivamente per gli ultimi due delitti del Mostro.
Infatti, nel 1984 e nel 1985 ci furono i due duplici omicidi più sanguinosi, quello di Vicchio e quello degli Scopeti, quest'ultimo a qualche centinaio di metri dalla casa del mago Indovino. Entrambi i luoghi di questi omicidi, piuttosto distanti fra loro, erano stati frequentati da alcuni personaggi del giro di via Faltignano. Nello specifico, alla Boschetta di Vicchio si erano appartati il Lotti e la Nicoletti, mentre Scopeti era stato teatro di incontri fra Pacciani, Vanni e la Sperduto, inoltre era meta del voyeurismo di diversi componenti del gruppo. Ora se per Scopeti è abbastanza normale una frequentazione del luogo da parte dei suddetti soggetti, la loro presenza a Vicchio solleva qualche sincero dubbio principalmente sulla figura del Lotti, vista la distanza quantificabile in una sessantina scarsa di chilometri da San Casciano.
In questo quadro tratteggiato dalla Procura di Firenze, ci sono tuttavia alcune zone d'ombra che riguardano sia il delitto del 1974, sia la matrice esoterica dei delitti degli anni '80, sia le incerte e talvolta molto contraddittorie testimonianze.
Emerge, infatti, chiaramente come l'orientamento della Procura – in linea con la sentenza del Processo Pacciani – fosse a questo punto di addebitare il delitto del 1968 ai sardi, altrimenti non vi sarebbe stata la necessità di inserire nel contesto di via Faltignano (o comunque dei delitti) la figura di Francesco Vinci, né avrebbero avuto senso le dichiarazioni del Lotti secondo cui obiettivo del duplice omicidio di Giogoli era scarcerare il minore dei fratelli Vinci.
Ma se, secondo questo nuovo disegno, il delitto del 1968 era opera dei sardi, quello di Rabatta rimaneva completamente scoperto, non trovando una propria soluzione.
La famosta Beretta calibro 22 Long Rifle e le relative cartucce Winchester con la lettera H leggermente difettata impressa sul fondello in mano a chi erano in quel lontano settembre del 1974?
Provando a dare delle spiegazioni, il delitto di Borgo poteva essere stato commesso dal Vinci stesso, ancora detentore della pistola, oppure dal Pacciani che aveva conosciuto il Vinci precedentemente, magari nei boschi come in un'occasione aveva suggerito il dottor Vigna, ed era venuto in possesso della pistola. Ma si tratta di congetture che non vengono spiegate ufficialmente da nessun organo.
Il delitto di giugno del 1981, invece, dovrebbe essere sicuramente il primo della "congrega" che si era da poco riunita, quello da cui avrebbe preso piede l'escalation di violenza che sarebbe culminata a Scopeti.
Il Lotti dichiarò di non sapere nulla di tale duplice omicidio, ma secondo la Procura era ipotizzabile addebitarlo materialmente alla coppia Pacciani-Vanni, a questo punto venuta sicuramente in possesso della pistola del Vinci, tramite Milva Malatesta (nel remoto caso fosse stata per un breve periodo la sua compagna) o più probabilmente tramite Salvatore Indovino (frequentatore del bar dei sardi a Prato e possibile conoscente di Francesco Vinci).
Tuttavia, sebbene sia possibile che all'epoca del delitto di Mosciano, Pacciani e Vanni frequentassero già le due abitazioni di via Faltignano, a dispetto invero di tutte le dichiarazioni concordanti sul punto che hanno sempre escluso tale frequentazione (eccezion fatta per la solita Ghiribelli), abbiamo visto come nel giugno del 1981 Salvatore Indovino fosse ancora lontano dal divenire "il mago di San Casciano" e la sua dimora fosse probabilmente ancora lontana dal divenire quella meta imprescindibile per chiunque avesse avuto voglia di esoterismo, di sedute spiritiche, di messe nere, di orge con prostitute compiacenti e minorenni plagiate. Difficlmente dunque, la casa di via Faltignano era in quel momento il luogo d'incontro fra i notabili fiorentini (medici, orafi, imprenditori) di cui parla la Ghiribelli e la manovalanza spicciola dedita all'uso della violenza.
Lo stesso discorso vale per il delitto di Travalle di Calenzano, quando, oltretutto, Salvatore Indovino era in carcere.
Sarebbe lecito ipotizzare, secondo il disegno della Procura, che la dimora del mago Indovino potesse essere divenuta il crocevia dei delitti del Mostro a partire da Baccaiano nel giugno del 1982. Sarebbe però altrettanto lecito chiedersi eventualmente quale sarebbe stata la matrice dei delitti precedenti, perché tralasciando il 1968 e il 1974 che rimangono completamente fuori dal quadro, i due del 1981 trovano comunque una difficile collocazione nel contesto appena descritto.
A tutto ciò vanno poi aggiunte - come preannunciato e come vedremo meglio nei prossimi capitoli - le incongruenze, le contraddizioni, in alcuni casi le falsità, in altri le dichiarazioni completamente farneticanti rese da taluni testimoni, in particolare dalla solita Ghiribelli.
Ciò, tuttavia, non impedì agli inquirenti, in special modo al dottor Michele Giuttari, dapprima a capo della Squadra Mobile di Firenze, in seguito a capo del neonato GIDES (Gruppo Investigativo Delitti Seriali), di focalizzarsi sempre più sul movente esoterico dei delitti del Mostro e sul famigerato secondo livello, i cosiddetti ricchi, i notabili che commissionavano gli omicidi per ottenere i fantomatici feticci da utilizzare durante i loro macabri riti esoterici, che sulla base di alcuna testimonianze, sembravano consumarsi in importanti ville della campagna fiorentina.
Il capo della Mobile era ormai certo che Pacciani, a capo dei cosiddetti "compagni di merende", da un lato era fortemente interessato alla magia e per questo partecipava alle sedute spiritiche e ai festini orgiastici nella stamberga dell'Indovino e sempre per questo erano stati sequestrati nella sua abitazione un tabellone per sedute spiritiche, un libro sui demoni e non meglio precisate ricette magiche, dall'altro era contemporaneamente ben pagato dai mandanti per commettere gli omicidi storicamente attribuiti al Mostro. Quelli stessi mandanti che poi ne avevano decretato la morte, uccidendolo quando il contadino di Mercatale era ormai diventato un possibile scomodo testimone (vedasi capitolo Il Processo Pacciani).
Nei mesi e negli anni successivi, Giuttari dedicherà grande impegno e notevoli sforzi alla ricerca delle fantomatiche ville in cui si riuniva il secondo livello.
Fu un'importante struttura alle porte di Mercatale la prima a finire, per una serie di circostanze fortuite, nel mirino degli inquirenti nel maggio del 1997. E la famiglia che ne era proprietaria si ritrovò ben presto a vivere una vera e propria odissea, giudiziaria e mediatica, che si sarebbe risolta solo molti anni dopo.
Un disegno cui – è bene sottolinearlo – oggigiorno sempre meno persone, almeno fra i più attenti osserrvatori, son disposte a credere, principalmente perché molte, forse troppe incongruenze sono emerse dal racconto dei vari testimoni. Incongruenze che abbiamo di volta in volta evidenziato nel corso di queste pagine e che in un successivo capitolo riassumeremo complessivamente.
È altresì doveroso sottolineare che tali incongruenze o palesi falsità sono completamente indipendenti dall'eventuale colpevolezza di Pacciani, Vanni e Lotti. I primi due, soprattutto, è anzi possibile che non avessero mai frequentato la casa di Salvatore Indovino.
In ogni caso, secondo quando ipotizzato dalla Procura di Firenze, tutto dovrebbe aver avuto inizio nel 1978, quando cioè il Mostro, o almeno la sua pistola, aveva già colpito nel 1968 e nel 1974, con il trasferimento di Salvatore Indovino e di Filippa Nicoletti in quel di via Faltignano.
Tra la fine del novembre e gli inizi di dicembre del 1980, circa sei mesi prima dell’inizio dei delitti a cadenza annuale, si trasferirono nella casa accanto a quella del non ancora mago, Maria Antonietta Sperduto con i tre figli, fra cui Milva Malatesta. In teoria la Sperduto potrebbe essere stata colei che condusse in via Faltignano il Pacciani e il Vanni, suoi amanti, divenendo di fatto il trait d'union fra i due merendari e Salvatore Indovino.
È d'uopo ribadire che non esistono testimonianze che attestino la presenza di Pacciani in via Faltignano, a parte quelle decisamente confuse della Ghiribelli, che sul punto si è contraddetta più volte.
Sempre in teoria, ma anche su questo - come ampiamente visto - non c'è alcun tipo di riscontro, Milva potrebbe aver condotto in via Faltignano il suo molto presunto amante, Francesco Vinci, divenendo a sua volta il trait d'union fra Indovino, Pacciani e appunto i sardi, presuntivamente colpevoli del delitto del 1968 a Signa. Da notare però che Salvatore Indovino aveva vissuto per qualche tempo a Prato e aveva frequentato insieme alla Nicoletti e a suo fratello Sebastiano il bar dei sardi a Prato, quindi la conoscenza con Francesco Vinci potrebbe essere stata pregressa e indipendente dalla figura di Milva Malatesta. Da notare anche che per un brevissimo periodo (tre settimane circa) Indovino e Vinci erano stati entrambi detenuti nel carcere delle Murate a Firenze.
Abbiamo comunque una situazione in cui - secondo il disegno della Procura - dagli inizi del 1981 la casa di Indovino potrebbe essere divenuta la meta di Pacciani, Vanni, la Malatesta e lo stuolo di persone che ruotavano attorno a questi. Pochi mesi dopo, nel giugno 1981, a Mosciano di Scandicci, a 11 chilometri esatti da Faltignano, venne commesso il primo duplice delitto del mostro fra quelli a cadenza annuale.
Un mese e mezzo dopo, a fine luglio del 1981, Indovino finì in carcere per induzione alla prostituzione e in agosto la Nicoletti conobbe il Lotti (già amico del Vanni e del Pacciani), portandoselo a casa. Questo sembrerebbe il momento in cui il Lotti entrò in contatto con il mondo che girava attorno alla casa di Indovino. Mentre quest'ultimo era in carcere (uscì nel dicembre del 1981) fu commesso il duplice delitto di Calenzano.
Come abbiamo visto nel paragrafo a lui dedicato, a quest'epoca Indovino non esercitava ancora la professione di mago, in quanto proprio nel periodo di carcerazione ebbe modo di scoprire (o più probabilmente di inventarsi) le sue capacità divinatorie. Dunque, per quanto la sua casa - secondo la Procura - potesse essere diventata dalla fine del 1980 il punto d'incontro fra alcuni personaggi coinvolti nei delitti, sicuramente almeno fino al duplice omicidio delle Bartoline (ottobre 1981), difficilmente poteva essere il luogo in cui prendeva forma la matrice esoterica dei delitti commessi dal Mostro di Firenze.
A partire dal 1982 successero diversi eventi: in giugno fu commesso il duplice delitto di Baccaiano, privo di escissioni; subito dopo ci fu il collegamento con il delitto del 1968, forse frutto dell'intuizione degli inquirenti, forse dovuto a una segnalazione anonima; in agosto fu arrestato Francesco Vinci che rimase in carcere fino alla fine del 1984.
Frattanto, nel 1983, c'era stato il duplice delitto di Giogoli, quello in cui avevano perso la vita i due ragazzi tedeschi, anche questo privo di escissioni; delitto che a dire del Lotti era stato eseguito per scagionare Francesco Vinci.
Si può dedurre, a questo punto, che i primi due delitti commessi dal cosiddetto Mostro caratterizzati da una matrice esoterica, dopo la scoperta da parte dell'Indovino delle sue capacità divinatorie e dopo che lo stesso era diventato il Mago di San Casciano, si erano conclusi senza escissioni, dunque senza quei trofei che erano il vero motivo per cui gli stessi delitti venivano commessi. Sarà questo un punto dirimente per i processi e le sentenze che seguiranno.
A marzo del 1984 la Nicoletti aveva abbandonato via Faltignano per trasferirsi ad Arezzo con un nuovo amante. Verso l'estate, probabilmente luglio, si erano trasferiti a San Casciano Gabriella Ghiribelli (già amica di Salvatore Indovino) e Norberto Galli. Anche loro avevano, dunque, cominciato a frequentare la casa dell'Indovino. Su questo punto, a dispetto delle molteplici e spesso confuse dichiarazioni della Ghiribelli, non sembra esseci alcun dubbio, in quanto abbiamo, oltre alle prove documentali portate durante il processo Calamandrei dall'avvocato Gabriele Zanobini, anche le due testimonianze concordanti del Galli e della Nicoletti. Il Galli, difatti ha sempre dichiarato di aver frequentato l'Indovino solo negli ultimi tempi, cioè dal 1984 fino alla sua morte. La Nicoletti aveva affermato che la Ghiribelli aveva cominciato a frequentare la casa di Faltignano dopo che lei era andata via.
Non è dato sapere con certezza quando eventualmente cominciarono le sedute spiritiche denunciate dalla Ghiribelli e che non hanno trovato riscontro in nessun altro testimone. Anche su questo la Ghiribelli si è contraddetta più volte. Comunque, l'attività più intensa dovrebbe essersi tenuta soprattutto nei fine settimana del 1984 e del 1985, dunque esclusivamente per gli ultimi due delitti del Mostro.
Infatti, nel 1984 e nel 1985 ci furono i due duplici omicidi più sanguinosi, quello di Vicchio e quello degli Scopeti, quest'ultimo a qualche centinaio di metri dalla casa del mago Indovino. Entrambi i luoghi di questi omicidi, piuttosto distanti fra loro, erano stati frequentati da alcuni personaggi del giro di via Faltignano. Nello specifico, alla Boschetta di Vicchio si erano appartati il Lotti e la Nicoletti, mentre Scopeti era stato teatro di incontri fra Pacciani, Vanni e la Sperduto, inoltre era meta del voyeurismo di diversi componenti del gruppo. Ora se per Scopeti è abbastanza normale una frequentazione del luogo da parte dei suddetti soggetti, la loro presenza a Vicchio solleva qualche sincero dubbio principalmente sulla figura del Lotti, vista la distanza quantificabile in una sessantina scarsa di chilometri da San Casciano.
In questo quadro tratteggiato dalla Procura di Firenze, ci sono tuttavia alcune zone d'ombra che riguardano sia il delitto del 1974, sia la matrice esoterica dei delitti degli anni '80, sia le incerte e talvolta molto contraddittorie testimonianze.
Emerge, infatti, chiaramente come l'orientamento della Procura – in linea con la sentenza del Processo Pacciani – fosse a questo punto di addebitare il delitto del 1968 ai sardi, altrimenti non vi sarebbe stata la necessità di inserire nel contesto di via Faltignano (o comunque dei delitti) la figura di Francesco Vinci, né avrebbero avuto senso le dichiarazioni del Lotti secondo cui obiettivo del duplice omicidio di Giogoli era scarcerare il minore dei fratelli Vinci.
Ma se, secondo questo nuovo disegno, il delitto del 1968 era opera dei sardi, quello di Rabatta rimaneva completamente scoperto, non trovando una propria soluzione.
La famosta Beretta calibro 22 Long Rifle e le relative cartucce Winchester con la lettera H leggermente difettata impressa sul fondello in mano a chi erano in quel lontano settembre del 1974?
Provando a dare delle spiegazioni, il delitto di Borgo poteva essere stato commesso dal Vinci stesso, ancora detentore della pistola, oppure dal Pacciani che aveva conosciuto il Vinci precedentemente, magari nei boschi come in un'occasione aveva suggerito il dottor Vigna, ed era venuto in possesso della pistola. Ma si tratta di congetture che non vengono spiegate ufficialmente da nessun organo.
Il delitto di giugno del 1981, invece, dovrebbe essere sicuramente il primo della "congrega" che si era da poco riunita, quello da cui avrebbe preso piede l'escalation di violenza che sarebbe culminata a Scopeti.
Il Lotti dichiarò di non sapere nulla di tale duplice omicidio, ma secondo la Procura era ipotizzabile addebitarlo materialmente alla coppia Pacciani-Vanni, a questo punto venuta sicuramente in possesso della pistola del Vinci, tramite Milva Malatesta (nel remoto caso fosse stata per un breve periodo la sua compagna) o più probabilmente tramite Salvatore Indovino (frequentatore del bar dei sardi a Prato e possibile conoscente di Francesco Vinci).
Tuttavia, sebbene sia possibile che all'epoca del delitto di Mosciano, Pacciani e Vanni frequentassero già le due abitazioni di via Faltignano, a dispetto invero di tutte le dichiarazioni concordanti sul punto che hanno sempre escluso tale frequentazione (eccezion fatta per la solita Ghiribelli), abbiamo visto come nel giugno del 1981 Salvatore Indovino fosse ancora lontano dal divenire "il mago di San Casciano" e la sua dimora fosse probabilmente ancora lontana dal divenire quella meta imprescindibile per chiunque avesse avuto voglia di esoterismo, di sedute spiritiche, di messe nere, di orge con prostitute compiacenti e minorenni plagiate. Difficlmente dunque, la casa di via Faltignano era in quel momento il luogo d'incontro fra i notabili fiorentini (medici, orafi, imprenditori) di cui parla la Ghiribelli e la manovalanza spicciola dedita all'uso della violenza.
Lo stesso discorso vale per il delitto di Travalle di Calenzano, quando, oltretutto, Salvatore Indovino era in carcere.
Sarebbe lecito ipotizzare, secondo il disegno della Procura, che la dimora del mago Indovino potesse essere divenuta il crocevia dei delitti del Mostro a partire da Baccaiano nel giugno del 1982. Sarebbe però altrettanto lecito chiedersi eventualmente quale sarebbe stata la matrice dei delitti precedenti, perché tralasciando il 1968 e il 1974 che rimangono completamente fuori dal quadro, i due del 1981 trovano comunque una difficile collocazione nel contesto appena descritto.
A tutto ciò vanno poi aggiunte - come preannunciato e come vedremo meglio nei prossimi capitoli - le incongruenze, le contraddizioni, in alcuni casi le falsità, in altri le dichiarazioni completamente farneticanti rese da taluni testimoni, in particolare dalla solita Ghiribelli.
Ciò, tuttavia, non impedì agli inquirenti, in special modo al dottor Michele Giuttari, dapprima a capo della Squadra Mobile di Firenze, in seguito a capo del neonato GIDES (Gruppo Investigativo Delitti Seriali), di focalizzarsi sempre più sul movente esoterico dei delitti del Mostro e sul famigerato secondo livello, i cosiddetti ricchi, i notabili che commissionavano gli omicidi per ottenere i fantomatici feticci da utilizzare durante i loro macabri riti esoterici, che sulla base di alcuna testimonianze, sembravano consumarsi in importanti ville della campagna fiorentina.
Il capo della Mobile era ormai certo che Pacciani, a capo dei cosiddetti "compagni di merende", da un lato era fortemente interessato alla magia e per questo partecipava alle sedute spiritiche e ai festini orgiastici nella stamberga dell'Indovino e sempre per questo erano stati sequestrati nella sua abitazione un tabellone per sedute spiritiche, un libro sui demoni e non meglio precisate ricette magiche, dall'altro era contemporaneamente ben pagato dai mandanti per commettere gli omicidi storicamente attribuiti al Mostro. Quelli stessi mandanti che poi ne avevano decretato la morte, uccidendolo quando il contadino di Mercatale era ormai diventato un possibile scomodo testimone (vedasi capitolo Il Processo Pacciani).
Nei mesi e negli anni successivi, Giuttari dedicherà grande impegno e notevoli sforzi alla ricerca delle fantomatiche ville in cui si riuniva il secondo livello.
Fu un'importante struttura alle porte di Mercatale la prima a finire, per una serie di circostanze fortuite, nel mirino degli inquirenti nel maggio del 1997. E la famiglia che ne era proprietaria si ritrovò ben presto a vivere una vera e propria odissea, giudiziaria e mediatica, che si sarebbe risolta solo molti anni dopo.
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