La credibilità del Lotti


Inevitabilmente, siam giunti al punto cruciale della vicenda Lotti, ciò di cui ancora oggi si dibatte in ogni salotto mostrologico che si rispetti, senza che se ne possa venire a capo: la veridicità e l'attendibilità delle sue dichiarazioni.
A distanza di vent'anni dalla sua morte e ancor di più dai processi che lo hanno visto protagonista assoluto, vediamo se è possibile analizzare nel dettaglio i punti salienti che portano le fazioni mostrologiche contrapposte a ritenere Giancarlo Lotti un teste/reo-confesso credibile o meno.

Iniziamo con un paio di punti che non sono univocamente intepretabili, ma che sono soggetti a spiegazioni diverse a seconda della corrente mostrologica di riferimento. Dunque, non possiamo aprioristicamente classificarli sotto la voce del Lotti attendibile o completamente mendace.

1. Il primo punto riguarda la famosa intercettazione telefonica del 24 marzo 1996 fra il Lotti e la Nicoletti. Come visto nel capitolo "I compagni di merende", durante la telefonata la Filippa chiese a Giancarlo se veramente fosse stato a Scopeti la sera del delitto e avesse assistito all'omicidio dei francesi. Lotti non rispose in maniera chiara, ma ripeté più volte: "Ormai l'ho detto. 'Un posso mica torna' indietro".
Questo breve dialogo non ha necessariamente valenza innocentista o colpevolista. Non implica, cioé, che il Lotti intendesse dire "ormai ho detto così agli inquirenti e - indipendentemente dalla veridicità - non posso più cambiare versione", come spesso sostenuto in diversi ambienti mostrologici di estrazione chiaramente non merendara.
Si tratta, infatti, di una frase che può avere anche un'altra chiave di lettura: "ormai ho confessato, hanno le prove, non si può tornare indietro".
C'è da dire che dall'intercettazione non emergono indizi che fanno propendere verso l'una o l'altra versione, risultando entrambe possibili.
Sempre nella stessa telefonata, Lotti ribadisce più volte di essere stato imbrogliato durante gli interrogatori. Ancora una volta, la chiave di lettura non è univoca. Difatti, Lotti potrebbe non aver utilizzato il termine "imbrogliato" per dire di essere stato ingannato dagli inquirenti e quindi spinto o invogliato a confessare cose non vere. Infatti, di volta in volta, potrebbe aver voluto dire di essere stato "inguaiato" dalle sue stesse dichiarazioni ("il peggio c'è stato il delitto dell'84, gl'è quello che m'ha imbrogliato a me") oppure di essersi ritrovato ad ammettere la sua responsabilità senza volerlo ("fanno certi colloqui che alla fine io non ce la faccio più. E t'imbrogliano, eh!").
Si lascia al lettore la propria libera interpretazione.

2. Il secondo punto riguarda l'intercetazione telefonica fra il Lotti e la Ghiribelli del 25 gennaio 1996. Abbiamo visto sempre nel capitolo "I compagni di merende" che il dialogo fra i due è stato il seguente:
Ghiribelli: "Non ci si può fermare neanche a pisciare... lo hai detto tu!"
Lotti: "Che c'entra!... e guardano dove ci si ferma! Me l'hanno detto loro... io non ho mica fatto nulla!... a me non me ne frega nulla! Non ritornino a fare quel lavoro perché non mi sta bene!"
Mentre la prima parte della risposta, il famoso "Che c'entra", sembrerebbe un'ammissione da parte del Lotti di essere stato realmente a Scopeti la presunta sera del delitto, il seguito della risposta desta qualche perplessità, sollevando numerosi dubbi e andando ad alimentare diversi contenziosi fra mostrologi e conseguenti accese diatribe.
In particolar modo sono le due frasi "me l'hanno detto loro" e "non ritornino a fare quel lavoro" a essere oggetto di contesa.
Abbiamo fondamentalmente due tipi di interpretazione:
2a. Interpretazione colpevolista/merendara: con il "me l'hanno detto loro", Lotti intendeva riferirsi a Pacciani e Vanni. Furono loro e dirgli di fermarsi alla piazzola degli Scopeti per far da palo mentre commettevano l'omicidio. Di conseguenza, con il "non ritornino a fare quel lavoro", avrebbe inteso dire che Pacciani e Vanni non sarebbero tornati a commettere alcun omicidio.
2b. Interpretazione innocentista/non merendara: in questo caso il soggetto della frase diventerebbe non più Pacciani e Vanni, ma non meglio specificati inquirenti che avrebbero avuto modo di riferire - o peggio suggerire - al Lotti che la sua automobile era stata vista a Scopeti e che dunque gli sarebbe convenuto ammetterlo. E in questo caso, il "non ritornino a fare quel lavoro" sarebe sempre riferito agli inquirenti, che avrebbero dovuto smetterla di portarlo a dire cose che non erano realmente accadute.
In realtà, nessuna delle due interpretazioni risulta essere pienamente soddisfacente e dal dialogo è difficile propendere per l'una o per l'altra, risultando entrambe, pur con qualche dubbio, possibili.
Ci sarebbe poi una terza interpretazione, quella del blogger e studioso Antonio Segnini, sulla cui interessante teoria ci soffermeremo nel dettaglio in un paragrafo successivo.
2c. Interpretazione lottiana: secondo Segnini, con quelle frase smozzicate, il Lotti stava preparando il terreno per l'imminente accusa nei confronti di Pacciani e Vanni. Risulta questa un'interpretazione abbastanza simile a quella merendara, con la differenza che in questo caso le accuse nei confronti dei suoi due presunti complici sarebbero state completamente infondate ed erano un modo per il Lotti di sgravarsi dalle maggiori responsabilità nei delitti.

Entriamo ora nel vivo del capitolo e passiamo ad analizzare i punti per cui Giancarlo Lotti sarebbe un testimone e reo-confesso credibile:

1. Nonostante gli errori e le contraddizioni in cui cade durante le varie testimonianze, Lotti dà l'impressione di essere comunque sempre presente, di non rifiutare lo scontro dialettico e pur nei limiti di un bassissimo livello culturale, di possedere una buona dose di furbizia. Gli errori e le contraddizioni possono essere visti come un modo per sminuire le proprie colpe. I "non ricordo" e le incertezze sono dettate da una capacità logico-deduttiva e dialettica in certi contesti per nulla spiccate e sono da considerarsi l'unico baluardo che lui ha apposto fra sé e le sue responsabilità. In compenso, il Lotti fornisce indicazioni di chi potrebbe essere stato presente agli omicidi. Le dinamiche da lui descritte, pur con i limiti di una dialettica estremamente povera e pur non risultando troppo congruenti, hanno talvolta una loro efficacia, ma soprattutto è altamente improbabile che il Lotti possa aver avuto la fantasia di inventarle di sana pianta o la memoria per ricordarle, nel caso fosse stato sapientemente imbeccato.

2. Le testimonianze del Pucci e della Ghiribelli tagliano qualsiasi testa al toro. Il primo indica il Lotti presente nella piazzola degli Scopeti nel momento in cui i francesi venivano uccisi; la Ghiribelli indica una vettura molto simile a quella del Lotti presente all'imbocco della piazzola la presunta sera del duplice omicidio. Abbiamo visto nel paragrafo "L'automobile a Scopeti" del precedente capitolo come tale vettura potrebbe effettivamente essere la Fiat 128 coupé del Lotti. Anche le numerosi intercettazioni sull'utenza telefonica della Ghiribelli confermano senza tema di smentita la presenza di questa automobile.
Inoltre, come ampiamente visto, il Lotti ammette, peraltro durante una conversazione privata in tempi non sospetti e cioè molto prima che il Pucci inziasse a parlare, la sua presenza sul luogo del delitto con la famosa frase: "Perché, non ci si può fermare nemmeno a pisciare?". Questa ammissione, pur non essendo prova diretta del suo coinvolgimento negli omicidi, pesa come un macigno nel computo finale della credibilità.
Arduo reputare che tutte queste testimonianze siano figlie di sfortunate coincidenze, così come pensare che sia stato tutto un complotto per incolpare i CdM.

3. Un certo sospetto desta la testimonianza resa dalla Nicoletti in data 27 novembre 1995, secondo cui il Lotti era molto interessato a ciò che lei avrebbe potuto dire agli inquirenti nel momento in cui sarebbe stata interrogata.
Disse a tal proposito la donna: "...gli parlai e gli dissi che ero stata sentita dalla polizia e lui volle sapere cosa gli avevo detto e quali domande mi erano state fatte. Anche ieri e ieri l'altro ho informato il Lotti che ero stata convocata oggi e lui mi ha pregato di telefonargli l'esito dell'interrogatorio".
Questa curiosità, oltre a insospettire gli inquirenti e in particolar modo il dottor Michele Giuttari, nuovo capo della Squadra Mobile di Firenze, potrebbe essere indice di un effettivo coinvolgimento del Lotti nella vicenda.

4. Durante l'interrogatorio dell'11 febbraio 1996 in Procura, prima che ammettesse di aver assistito al delitto degli Scopeti, venne chiesto al Lotti di fare l'elenco delle automobili da lui possedute. Nello stilare l'elenco, il Lotti dimenticò di citare la Fiat 128 coupé, proprio l'automobile che sarebbe stata vista a Scopeti dalla Ghiribelli la presunta sera del delitto.
Appare una strana dimenticanza, considerando che il Lotti era a conoscenza da tempo dei sospetti della Ghiribelli. Non citare la Fiat 128 sembrerebbe un ultimo e disperato tentativo di evitare di essere coinvolto nella vicenda, quasi un'ulteriore conferma della presenza della sua vettura a Scopeti la sera di domenica 8 settembre 1985. Durante lo stesso interrogatorio, di lì a poco, il Lotti comincerà a fare le prime importanti ammissioni.

5. Sempre nell'interrogatorio dell'11 febbraio 1996, il procuratore Vigna, ben consapevole delle dichiarazioni della Nicoletti del giorno precedente, la quale aveva sostenuto di essersi appartata alla Boschetta con il Lotti, chiese genericamente a Giancarlo se fosse mai stato a Vicchio. Il Lotti rispose negativamente, salvo poi ritrattare in seguito. Se il Lotti non avesse avuto nulla da nascondere, non ci sarebbe stato alcun motivo di negare di essere stato a Vicchio, oltretutto con una donna, quindi in una situazione che non avrebbe dovuto destare alcun sospetto.

6. Dagli interrogatori e dalle intercettazioni telefoniche fra Ghiribelli e Nicoletti emerge chiaramente che Lotti aveva frequentato anche la piazzola di Vicchio, luogo dell'omicidio dell'anno prima, parecchio distante da San Casciano. Comunque la si pensi, questa è sicuramente una circostanza inquietante a carico del Lotti.
Se infatti le dichiarazioni del Pucci sul fatto che lui e Lotti avessero frequentato la Boschetta per spiare la Panda dello Stefanacci potrebbero anche essere ritenute poco credibili vista l'inattendibilità del soggetto, diverso valore hanno le dichiarazioni della Nicoletti, la quale confermó che lei e Lotti si erano appartati alla Boschetta per consumare un rapporto sessuale in almeno un paio di occasioni fra il 1981 e il 1983. La presenza del Lotti a Vicchio dovrebbe far riflettere su come costui avesse bazzicato in tempi piuttosto sospetti almeno due dei luoghi in cui il Mostro commise i propri delitti, distanti oltretutto fra loro una cinquantina di chilometri. Una coincidenza che appare obiettivamente quantomeno sinistra.

7. Le dichiarazioni fornite da alcuni testimoni esterni alla cerchia dei Compagni di Merende, e dunque al di sopra di ogni sospetto, sembrano posizionare un'automobile molto simile a quella del Lotti in prossimità di due differenti luoghi degli omicidi e in tempi coerenti con gli stessi. Nello specifico abbiamo:
la testimonianza Chiarappa-De Faveri: i coniugi Vittorio Chiarappa e Marcella De Faveri, ospiti di Gianfranco Rufo nella villa posta proprio di fronte alla piazzola degli Scopeti, dichiararono che il pomeriggio di domenica 8 settembre 1985 (giorno in cui si pensava potesse essere stato commesso il duplice omicidio) un'automobile di colore rosso sbiadito, di forma squadrata, con il retro tronco, era parcheggiata all'imbocco della piazzola tanto da rendere poco agevole il loro ingresso nella villa. Secondo il Chiarappa, appoggiato alla vettura c'era un uomo di mezza età e grossa corporatura che guardava insistentemente in direzione del viottolo che conduceva al luogo del delitto.
Più precisa era stata la moglie che aveva parlato di due uomini nei pressi della vettura. La De Faveri afferma testualmente: "uno era un uomo di mezza età, di corporatura tipo squadrata, di media altezza, senza collo, con testa dal taglio rettangolare, che mi dava l'apparenza di essere un contadino. Costui stava appoggiato al cofano motore della macchina (cioè alla parte anteriore indirizzata verso San Casciano) guardando in avanti, lungo la strada. Mi dava l'impressione d'avere i capelli tagliati corti. Il secondo personaggio era appoggiato sul lato destro dell'auto e guardava il bosco. Questi dava l'impressione di essere un po' più alto del precedente e come figura sembrava meno grezzo dell'altro."
Inutile dire che la descrizione dell'auto ricorda proprio la Fiat 128 coupé di color rosso del Lotti, mentre la descrizione dei due uomini ricorda le figure del Lotti e del Pucci.
Questa testimonianza appare inoltre pienamente compatibile con quella della Ghiribelli che, poche ore dopo, avrebbe visto all'incirca nella stessa posizione un'automobile molto simile e che, come già riportato, potrebbe ragionevolmente essere la Fiat 128 coupé del Lotti.
la testimonianza Caini-Martelli: i coniugi Andrea Caini e Tiziana Martelli dichiararono che verso la mezzanotte di domenica 29 luglio 1984 (dunque un paio di ore dopo l'omicidio di Vicchio), mentre erano fermi con la loro automobile nei pressi di una fonte lungo la strada sterrata che dalla provinciale Sagginalese conduce a San Martino a Scopeto, dunque in un punto non distante dal luogo dell'omicidio, videro sopraggiungere a grande velocità due automobili praticamente incollate l'una all'altra che sollevavano un gran polverone.
Il giorno successivo, appreso del delitto, i due coniugi si erano recati alla Polizia ma le loro dichiarazioni non erano state verbalizzate. Dieci anni dopo, il 21 luglio 1994, in pieno Processo Pacciani, il Caini ritenne opportuno recarsi nuovamente in questura ove rilasciò le seguenti dichiarazioni: "Le due auto che marciavano a una velocità approssimativa di 60 km l'ora dimostravano due cose: la prima, che non doveva trattarsi di persone residenti in quei posti perché una macchina levava un polverone rispetto a quella seguente e, la seconda, che in ogni caso davano l'impressione di essere insieme e di conoscere bene la strada. La prima auto aveva i fari anteriori rettangolari, poteva essere una due volumi, oppure anche una tre volumi, comunque con il cofano della bauliera corto. La seconda auto poteva essere rossa, era attaccata alla prima e procedeva con le sole luci di posizione accese. Entrambe erano vetture di media cilindrata. Ambedue i conducenti avevano una sagoma robusta e non erano giovani... Costoro andavano in direzione opposta alla nostra; quindi da San Martino a Scopeto verso Dicomano."
Le dichiarazioni del Caini furono confermate da sua moglie Tiziana Martelli e dai genitori di lui, anche loro presenti all'avvistamento. Inutile dire che ancora una volta il modello di automobili descritte e le età degli occupanti delle stesse richiamavano alla memoria vetture e fisionomie del Pacciani e del Lotti. Inoltre il passaggio presso la fonte lungo la strada sterrata che dalla provinciale Sagginalese conduce a San Martino a Scopeto potrebbe in teoria essere coerente con la via di fuga descritta dal Lotti dal luogo del duplice omicidio Rontini-Stefanacci.

8. Il profilo psicologico redatto dai dottori Ugo Fornari, medico specialista in psichiatria e Professore Ordinario di Psicopatologia Forense presso l'Università di Torino, e Marco Lagazzi, medico specialista in psicologia e Professore di Psicologia Giudiziaria presso l'Università di Genova, non era affatto incompatibile con il ruolo cui stava assurgendo il Lotti con le sue dichiarazioni. Emergeva infatti il profilo di una persona lucida, vigile, cosciente, perfettamente orientata nel tempo e nello spazio, opportunista, per nulla empatica, basicamente scaltra, estremamente efficiente nell'utilizzo della sua pur limitata intelligenza. Il profilo dunque di una persona in linea teorica non in contrasto con quello di complice o addirittura di autore di tali efferati delitti.

9. La testimonianza della signora Leda Fantappié, moglie di Silvano Matteuzzi, titolare della trattoria "Al Ponte Rotto", presso cui il Lotti spesso si recava, è indicativa di come quest'ultimo sapesse qualcosa sui delitti del Mostro.
Riporta la suddetta signora: "Devo anche dire che vi è stato un altro episodio che mi è parso strano e mi aveva lasciata perplessa, tuttavia in seguito non ci avevo pensato proprio perché Giancarlo mi sembrava veramente un giovanotto modesto e inoffensivo. L'episodio accadde nel nostro locale, se mal non ricordo, il lunedì successivo al duplice omicidio di Baccaiano e quindi, se non sbaglio, siamo nel 1982. Io ero al banco e vi erano quattro o cinque avventori che adesso non posso ricordare, intenti a parlare del delitto che era un po' l'argomento del giorno. Ricordo che uno di loro chiese al Lotti che era lì presente che cosa ne pensasse. Il Lotti si discostò, non volendo partecipare alla discussione e disse distintamente che non sapeva nulla, che lo lasciassero stare, se no chiacchierava troppo, lo disse più volte e in modo da far pensare che sapesse qualcosa, tant'è che mi arrabbiai, alzai la voce e gli dissi che se aveva delle cose che andasse dai Carabinieri però Lotti fece la spesa e se ne andò. Mi fece tanto arrabbiare, per un momento pensai io di andare dai Carabinieri."

Passiamo ora ad analizzare i punti per cui Giancarlo Lotti NON dovrebbe essere considerato credibile:

1. L'entomologia forense sembra smentire le sue dichiarazioni. L'attendibilità del Lotti viene, dunque, sempre più spesso messa in discussione non solo dagli addetti ai lavori, ma anche dalla scienza. La data in cui venne commesso il duplice omicidio degli Scopeti rappresenta infatti un duro colpo alla sua credibilità. Come detto, Lotti (e ovviamente anche il Pucci) ha sempre sostenuto che l'omicidio fosse stato commesso l'8 settembre 1985. Secondo la sua ricostruzione, aveva ricevuto l'incarico da Pacciani di farsi trovare alla piazzola attorno alle 23.00 per fare da palo nel momento in cui lo stesso Pacciani e Vanni avessero commesso l'omicidio. Lotti si presentò portandosi dietro l'amico Pucci. Dapprima Pacciani si arrabbiò per l'inaspettata presenza, infine decise comunque di procedere con il delitto.
Come più volte detto, sembra essere scientificamente più probabile, sulla base degli studi condotti sulla mosca carnaria, che la data dell'omicidio sia da retrodatare di almeno un giorno, forse due, andando dunque a inficiare pesantemente le dichiarazioni del Lotti.

2. Come visto nel paragrafo Le automobili del Lotti del precedente capitolo, l'automobile guidata dal Lotti nel settembre del 1985 potrebbe non essere quella vista dalla Ghiribelli, oltretutto in una data che - per quanto detto nel punto precedente - non è quella dell'omicidio
La questione della doppia automobile e della retrodatazione del delitto degli Scopeti sono, a parere degli innocentisti, i maggiori ostacoli alla credibilità del Lotti.

3. L'excursus storico con cui la Ghribelli giunse alla certezza che l'automobile vista a Scopeti fosse quella del Lotti appare confuso e poco credibile. Se n'è già discusso in abbondanza nel precedente capitolo: il collegamento errato fra auto diverse da cui sembra essere nato tutto, ma anche la questione delle portiere di diverso colore sono un'affilatissima arma nelle mani degli innocentisti. Se a ciò si aggiunge l'alcolismo cronico della Ghiribelli che, per sua stessa ammissione (e per dichiarazioni dell'ex compagno Galli), ha vissuto lunghi periodi di buio, ma anche una sorta di mitomania che sarebbe chiaramente emersa nel seguito delle indagini con le farneticanti dichiarazioni sugli esperimenti di mummificazione (si veda capitolo Alfa, Gamme e Delta), si giunge facilmente alla conclusione dell'assoluta inattendibilità della testimone.

4. Lotti non fornì mai durante i suoi numerosi interrogatori un qualsiasi elemento riscontrabile sulle scene dei crimini che non fosse già in precedenza di dominio pubblico. Inoltre commise numerosi errori durante le sue dichiarazioni al processo. In particolare sbagliò:
▪ la dinamica del delitto di Baccaiano, in quanto - come già analizzato nel relativo capitolo - risultava completamente non conciliabile con le tempistiche dichiarate dai testimoni e dai primi soccorritori;
▪ la dinamica del delitto di Giogoli, in quanto sbagliò il lato da cui erano stati sparati i primi colpi di pistola, sostenendo ripetutamente oltretutto che i giovani tedeschi fossero seduti davanti, quando invece erano stati colpiti nella parte posteriore del camper;
▪ le dichiarazioni sulle urla emesse da Pia Rontini mentre veniva tirata fuori dalla macchina e trascinata fino al luogo dell'escissione. Secondo il parere dei medici legali, la Rontini non era nelle condizioni di urlare, ma al massimo di emettere gemiti o flebili lamenti;
▪ la stessa dinamica del delitto di Vicchio, per come è stata narrata dal Lotti, risulta altamente improbabile: la sua automobile e quella del Pacciani che arrivano fin dentro la piazzola, bloccando di fatto la fuga della coppia, il Pacciani che scende dalla sua auto, si avvicina a quella dello Stefanacci, controlla che sia proprio la coppia giusta, quindi torna indietro, recupera la pistola, ritorna verso la Panda e comincia a far fuoco. In tutto ciò, la coppia era rimasta immobile al suo posto e Vanni aveva cominciato a infilare lo spolverino;
▪ la dinamica dell'omicidio di Jean-Michel Kraveichvili agli Scopeti, in quanto dichiarò che il ragazzo francese era stato preso alle spalle dal Pacciani mentre fuggiva e accoltellato con la mano sinistra (il ragazzo in realtà fu accoltellato con la destra);
▪ sempre a proposito del duplice delitto degli Scopeti, il Lotti, incalzato dalle domande dell'avvocato Filastò, dichiarò di non ricordare come fosse vestito il ragazzo francese quando fuggì dalla tenda; un'amnesia giudicata strana in quanto il ragazzo era completamente nudo e il Lotti se ne sarebbe dovuto ragionevolmente ricordare;

5. Lotti diede spiegazioni decisamente forzate e poco credibili sul perché fosse stato coinvolto negli omicidi. Motivò infatti il suo coinvolgimento affermando:
▪ di essere stato coinvolto nel delitto di Vicchio perché lui conosceva la piazzola e la strada per arrivarci (essendoci già stato in precedenza sia con la Nicoletti, sia con il Pucci). Ora tralasciando il fatto che Vicchio non era - a suo dire - il primo delitto cui partecipava, quindi non era sicuramente questo il motivo per cui inizialmente era stato coinvolto nei delitti, dalle dichiarazioni dello stesso Lotti risulta che fu lui a seguire con la sua automobile quella del Pacciani, durante tutto il tragitto per andare da San Casciano alla Boschetta. E anche al ritorno, fu il Pacciani a fare strada, in quanto conosceva i posti e Lotti si limitò a stargli dietro.
Per quanto riguarda il coinvolgimento nei delitti precedenti, dichiarò:
▪ di essere stato visto da Pacciani in automobile mentre era appartato con tale Fabrizio Butini. Come scrive nella stessa lettera di confessione, Pacciani lo avrebbe infatti minacciato di rivelare a tutti la sua omosessualità se non lo avesse seguito nell'omicidio di Giogoli. Il Butini, ascoltato come testimone al Processo, non solo ha negato di essersi mai intrattenuto in atteggiamenti intimi col Lotti, ma addirittura ha affermato di aver conosciuto il Lotti nel 1990, ben sette anni dopo il duplice omicidio di Giogoli. A sostegno, Butini afferma che nel periodo in cui si frequentavano Lotti aveva una 131 rossa. Lotti acquistò tale automobile nel 1988;
▪ di aver ricevuto avances di tipo sessuale dallo stesso Pacciani che aveva provato a sbottonargli i pantaloni; intimorito, il Lotti avrebbe lasciato fare. Dunque Pacciani stesso avrebbe nuovamente minacciato Lotti di rendere pubblico il fatto che si fosse lasciato palpeggiare da lui se non lo avesse aiutato negli omicidi come palo. Sinceramente quest'ultima motivazione esula da qualsiasi ragionamento logico.

6. Lotti cadde in palese contraddizione quando parlò dell'utilizzo dei cosiddetti feticci.
Nell'interrogatorio dell'11 marzo 1996 aveva dichiarato testualmente: "Mario mi disse che le parti della donna che lui aveva asportato li aveva portati a casa Pietro per nasconderli nel garage mettendoli in un involto. Mario mi disse che Pacciani voleva farli mangiare alle figliole ma non so se effettivamente lo abbia fatto".
Nella lettera di confessione che scrisse nel novembre 1996 introdusse invece il discorso del dottore che riceveva i feticci in cambio di denaro e nell'interrogatorio successivo citò l'episodio in cui tale dottore, senza scendere dalla propria automobile, ebbe un breve colloquio col Vanni nella piazza di San Casciano. È un po' difficile pensare che sei mesi prima, a marzo, Lotti non ricordasse dell'esistenza di tale medico.
D'altra parte, la Procura ha sempre sostenuto che Lotti facesse piccole confessioni alla volta per compromettersi il meno possibile. In questo caso tale motivazione non regge, perché che i feticci fossero finiti nelle mani di un medico o nella cucina del Pacciani, per la posizione del Lotti non avrebbe fatto alcuna differenza.
Anche durante il Processo ai CdM, il Lotti diede la sensazione di non sapere bene cosa dire sul misterioso medico che aveva tirato in ballo, trincerandosi dietro numerosi "non ricordo" o rispondendo un po' a caso alle domande delle varie parti, tanto da irritare lo stesso PM, Paolo Canessa, quando gli fu chiesto di descrivere l'automobile con cui tale medico era arrivato in piazza a San Casciano.

7. Lotti raccontò una storia che non ha mai avuto alcun riscontro circa una fantomatica lettera inviata a una non meglio specificata Manuela il giorno dopo il delitto di Vicchio.
Lotti parlò, difatti, di una lettera accuratamente preparata da Pacciani al cui interno lo stesso Pietro aveva messo qualcosa presa da un barattolo (le parti anatomiche escisse alla Rontini? NdA) che era destinata a tale Manuela e che era stata imbucata nella cassetta postale prossima al bar della stazione dove aveva lavorato Pia a Vicchio.
Non si è mai saputo chi fosse la suddetta Manuela, l'unico soggetto con questo nome che rientra nella vicenda è Manuela Bazzi, collega di Pia, la quale però ha sempre negato di aver ricevuto alcunché.
Secondo la difesa del Vanni, Lotti aveva confuso l'episodio della lettera inviata l'anno successivo alla dottoressa Della Monica, collocandolo per errore a Vicchio nel 1984; avrebbe ovviamente confuso anche i destinatari. Pur non apparendo questa una spiegazione pienamente convicente, quel che è certo è che di questa lettera non vi è traccia, inoltre non appare chiaro perché sarebbe stata imbucata a Vicchio e dunque perché Lotti (in compagnia del Vanni) dopo essere stato in Mugello il giorno prima ed essere rientrato a San Casciano la notte stessa del delitto, sarebbe ritornato nuovamente a Vicchio il giorno successivo per imbucare una lettera che avrebbe potuto imbucare ovunque.

8. Lotti cambiò in totale tre avvocati durante la vicenda giudiziaria che lo vide coinvolto. Inizialmente era stato difeso dall'avvocato d'ufficio Neri Pinucci, in seguito dall'avvocato Alessandro Falciani. Entrambi rimisero il mandato in profondo contrasto con l'operato della Procura nei confronti del loro assistito, denunciando le modalità di interrogatorio cui lo stesso era sottoposto e probabilmente increduli di fronte al fatto che dovevano accettarne supinamente la confessione, anche quando questa sembrava stridere con la realtà dei fatti. A tal proposito, in tempi recenti, l'avvocato Neri Pinucci ha rilasciato alcune dichiarazioni sulla vicenda, sostenendo che il suo rapporto con Lotti era stato praticamente inesistente e che questi "sostanzialmente aveva un rapporto fiduciario molto più con le persone che gli stavano intorno, come operatori di giustizia, come polizia giudiziara, come personale della questura, che non con il suo difensore."
A difendere il Lotti arrivò infine il giovane avvocato Stefano Bertini, il quale accettò lo strano e ambiguo compito di difendere un imputato, sostenendo a spada tratta la sua partecipazione agli omicidi del MdF, anche quando questa - in taluni passaggi processuali - appariva del tutto improbabile.

9. Lo stato di profonda miseria in cui viveva Lotti a metà anni '90 potrebbe essere stato un motivo che lo avrebbe spinto alla menzogna. Secondo la difesa, confessando dei delitti mai commessi, il Lotti aveva trovato una specie di riscatto sociale: si sentiva per la prima volta non solo un personaggio importante e al centro dell'attenzione, ma anche servito e riverito. Aveva un alloggio tutto per lui, pranzi e cene gratis, era accompagnato in macchina alle udienze, protetto e coccolato. Inoltre, sempre secondo gli innocentisti, a Lotti potrebbe essere stato promesso di avere degli sconti di pena nel caso avesse contribuito a incastrare Pacciani e Vanni.

10. Le testimonianze fornite dai coniugi Chiarappa-De Faveri e Caini-Martelli non costituiscono nella maniera più assoluta una prova, in quanto non è possibile identificare univocamente la figura e l'automobile di Giancarlo Lotti con le fisionomie e le vetture descritte dalle due coppie.
Inoltre l'orario in cui sarebbe avvenuto l'avvistamento delle presunte automobili del Lotti e del Pacciani da parte dei coniugni Caini e Martelli sembrerebbe piuttosto incompatibile con quello del duplice omicidio di Vicchio: il delitto sarebbe infatti avvenuto attorno alle 21.40, l'avvistamento sarebbe avvenuto a pochi chilometri di distanza attorno a mezzanotte. Cosa dunque avrebbero fatto in un lasso di tempo di oltre due ore gli assassini prima di abbandonare la piazzola del delitto? Perché avrebbero dovuto trattenersi così a lungo in zona, anziché rientrare rapidamente a Sann Casciano?
Inoltre, giova ricordare a questo proposito che esiste un'altra testimonianza, quella della signora Maria Grazia Frigo, che non venne ritenuta attendibile neanche dalla Corte che condannò Lotti e Vanni nella sentenza di primo grado. Vedasi a tal proposito il capitolo La Boschetta e l'Appendice B, dedicata al Processo di primo grado ai CdM.
La Frigo sosteneva che la sera dell'omicidio di Vicchio, attorno alla mezzanotte, scendendo in compagnia del marito e della figlia lungo una strada sterrata che dalla fattoria "La Rena" confluiva sulla Sagginalese vicinissima al luogo del delitto, circa un chilometro prima dell'incrocio, la loro vettura rischiò di entrare in collisione con un'automobile bianca che saliva a folle velocità dalla Sagginalese. L'impatto fu evitato per un soffio e circa 200 o 300 metri dopo, incrociarono un'altra automobile, color rosso sbiadito, che saliva lungo la strada sterrata; quest'ultima procedeva però a un'andatura ridotta. Molti anni dopo la Frigo avrebbe riconosciuto nel Pacciani e nel Lotti i guidatori delle due automobili.
Tale testimonianza fu giudicata inattendibile perché nel corso degli anni la Frigo avrebbe cambiato più volte versione sul colore delle automobili incrociate, sostenendo che durante la prima testimonianza, resa telefonicamente, aveva commesso lei stessa un refuso, in seguito erano state le pressioni degli agenti che la interrogavano a indurla a dichiarare un colore diverso da quello che lei effettivamente ricordava. Inoltre, tale testimonianza diede l'idea, durante la deposizione a Processo, di essere eccessivamente artificiosa, probabilmente rielaborata molte volte nella propria mente, ricca d'enfasi e di teatralità, talvolta anche stucchevole. Insomma, non sembrava, almeno di primo acchito e senza nulla togliere alla buona fede della testimone, una deposizione che si potrebbe definire genuina.

11. Le dichiarazioni di Fernando Pucci, amico del Lotti e presunto testimone oculare del duplice delitto degli Scopeti, appaiono nel complesso ancora meno credibili di quelle del Lotti stesso. Sin dai primi interrogatori in Procura, il Pucci si rese protagonista di testimonianze inverosimili e in diversi casi di ricostruzioni completamente errate. Citiamo, fra le altre, la dichiarazione sui due assassini che sarebbero stati a bordo dell'automobile dei francesi (rilasciata il 2 gennaio 1996 e ribadita il 23 gennaio) o quella sul Vanni che sarebbe entrato nella tenda tramite un taglio di 40 centimetri praticato sul retro della stessa (9 febbraio).
Anche in sede processuale la testimonianza del Pucci risultó oltre che costellata di errori anche tremendamente confusa, tanto da essere definita da molti "innocentisti" un insulto all'intelligenza delle persone. In diverse occasioni il Pucci sostenne di non ricordare cosa aveva affermato durante gli interrogatori in Procura. Ció significa che, durante quegli interrogatori, il Pucci era stato in grado di ricordare eventi di 10/11 anni prima, ma durante i processi non era stato in grado di ricordare cosa aveva fatto mettere a verbale su quegli stessi eventi uno o due anni prima.
Come fece notare l'avvocato Mazzeo in fase di requisitoria al Processo di primo grado contro i CdM, durante la sua deposizione il Pucci aveva pronunciato oltre 130 volte la locuzione "non ricordo", dando la piena misura della sua completa inattendibilità. Per maggiori dettagli si veda il capitolo Alfa, gamma e delta.

12. A proposito dell'inverosimiglianza delle dichiarazioni del Pucci, sembra molto probabile che Lotti e Pucci ebbero modo di confrontarsi privatamente già parecchio prima di essere ascoltati in Procura, perché all'inizio entrambi dichiararono separatamente che la presunta sera dell'omicidio degli Scopeti si erano fermati nella piazzola per un bisogno fisologico (il Lotti lo disse alla Ghiribelli il 23 dicembre 1995, mentre il Pucci lo disse in Procura il 2 gennaio 1996). Ora questa affermazione sarebbe credibile se fosse vera, ma sappiamo che in realtà i due in seguito avrebbero smentito questa versione per fornire quella - secondo loro - reale: si erano fermati per assistere all'omicidio, come da accordi pregressi fra Lotti e Pacciani. Dunque il fatto che entrambi avessero fornito inizialmente la stessa falsa dichiarazione, indica un precedente accordo. E se si erano accordati, il grado di genuinità e attendibilità delle successive dichiarazioni con cui, messi anche a confronto, i due (ex) amici ricostuiscono il delitto commesso da Pacciani e Vanni tenderebbe a scemare oltremodo.

13. Appaiono decisamente poco credibili:
▪ l'appuntamento che Pacciani e Vanni avrebbero dato al Lotti in occasione del delitto degli Scopeti, vale a dire attorno alle 23 della domenica sera direttamente in loco. Come se la sera prima quando verosimilmente tale appuntamento venne preso, i tre uomini fossero stati certi di trovare a distanza di un giorno, in un'ora non particolarmente tarda, tanto più d'estate e con i due francesi in vacanza, non solo ancora la tenda, ma la coppia all'interno della stessa.
▪ il fatto che i due complici avessero già cominciato l'assalto alla tenda quando ancora il Lotti non era arrivato nella piazzola; come se il suo ruolo di palo non fosse affatto importante.

14. Piuttosto improbabile appare la scelta del Lotti di portarsi dietro il Pucci, scomodo testimone di un terribile duplice omicidio e dunque per estensione delle gesta del Mostro di Firenze. E ancora più improbabile appare la reazione che avrebbe avuto il Pacciani, il quale - secondo il Lotti - si sarebbe un po' arrabbiato per poi comunque riprendere l'assalto omicida.

15. Altrettanto improbabile appare anche la motivazione fornita dal Lotti per il delitto di Vicchio.
Lotti aveva, infatti, dichiarato che una sera di maggio attorno alle 21 aveva spiato con il Vanni la coppia Stefanacci-Rontini alla Boschetta. Quindi, i due compagni di merende avevano seguito l'automobile della coppia fino al bar "La Nuova Spiaggia" di Vicchio, dove la ragazza era scesa, verosimilmente per recarsi al lavoro. Il Vanni si era affrettato a seguire Pia all'interno del bar e ne era uscito molto contrariato dopo una decina di minuti. Durante il viaggio di ritorno a San Casciano, il Vanni, ancora piuttosto arrabbiato, aveva riferito al Lotti che la ragazza aveva rifiutato le sue "avances" e che per questo motivo sarebbe stata uccisa.
Ora, tralasciando il fatto che sembra piuttosto improbabile che l'allora quasi sessantenne Vanni tentasse pubblicamente un approccio sessuale con una ragazza appena diciottenne quale la Rontini e che si risentisse a tal punto per il rifiuto da decidere di farne la successiva vittima del Mostro, in ogni caso è documentato che Pia aveva vissuto in Danimarca dai primi di gennaio fino al 18 maggio 1984 e che aveva iniziato a lavorare al bar "La Nuova Spiaggia" solo dal 1 luglio dello stesso anno. Per buona parte di maggio, dunque, la Rontini non era stata in Italia e per l'altra parte non aveva lavorato al bar "La Nuova Spiaggia".
Infine, durante il Processo ai CdM, diversi testimoni dichiararono che mai il Vanni aveva avuto, almeno pubblicamente, atteggiamenti inopportuni nei confronti di donne o ragazze.

Complessivamente, bisogna dire che anche al termine di questo lungo elenco non è facile propendere per l'una o per l'altra fazione. Tuttavia, forse le motivazioni a sostegno della non credibilità del Lotti superano quelle della controparte. Del resto, che il Lotti abbia mentito su molte delle dichiarazioni rese in fase di indagini e di Processo, oggi non è in discussione fra la stragrande maggioranza dei mostrologi. In special modo il problema rappresentato dalla datazione del delitto degli Scopeti (e in misura minore quello sulle dinamiche da lui descritte nei delitti di Baccaiano e Giogoli) è difficilmente superabile anche dal più convinto sostenitore della teoria dei Compagni di Merende.
Quello che oggi infatti alimenta le discussioni fra i cosiddetti merendari (vedasi Universo Mostrologico) e resto del mondo, non è più tanto valutare se il Lotti abbia mentito o meno, ma capire fin dove la sua mendacità si sia spinta: se abbia riguardato solo alcuni aspetti della vicenda oppure sia stata decisamente più radicata, fino ad arrivare alla completa e totale invenzione delle dinamiche da lui descritte e del coinvolgimento nei delitti non solo suo, ma anche di Pacciani e soprattutto del Vanni.
Nota Bene: È doveroso quanto ovvio a questo proposito precisare che, anche sposando pienamente la teoria della completa inattendibilità del Pucci e del Lotti, tale inattendibilità assolverebbe di fatto il Vanni (su cui - come abbiamo visto - la condanna è dipesa unicamente da tali dichiarazioni), ma non proverebbe automaticamente l'estraneità di Pietro Pacciani alle vicende, la cui pur traballante condanna in primo grado esulava completamente dalle figure di Lotti, Pucci e affini.
Ricordiamo a questo proposito che Pietro Pacciani è morto da uomo libero e non colpevole, in attesa del secondo grado di giudizio dopo che la Cassazione aveva annullato l'assoluzione decisa dalla sentenza del dottor Ferri.


Teoria Segnini
Come già accennato nel capitolo dedicato al delitto di Castelletti di Signa, un'interessante teoria che vuole essere alternativa sia a quella merendara, che crede alle confessioni del Lotti, sia alla rispettiva controparte, che invece crede nella sua totale mendacità (e dunque nella sua estraneità ai delitti), è quella che vede in Giancarlo Lotti non un complice del Pacciani, ma il serial killer unico delle coppiette.
Questa teoria è stata formulata dal noto blogger e studioso del caso Antonio Segnini e, nel corso del tempo, ha raccolto buoni consensi in una neanche troppo esigua frangia di mostrologi.
Secondo costoro, che nell'universo mostrologico abbiamo definito Lottiani, Giancarlo Lotti sarebbe il Mostro di Firenze e avrebbe agito in solitaria a partire dal delitto del 1974.
Questa idea poggia le sue basi sia sull'arringa del Procuratore Generale Daniele Propato al processo d'appello ai CdM, durante la quale il magistrato chiese l'assoluzione del Vanni e la condanna del Lotti per calunnia, sia sul profilo psicologico che i già citati professori Lagazzi e Fornari fecero del Lotti in occasione del processo ai CdM. Un profilo che ben si adattava a un ipotetico serial killer solitario.
Secondo tale teoria, Lotti conosceva Barbara Locci, vittima femminile del delitto del 1968, in quanto quest'ultima in precedenza aveva abitato a La Romola, frazione di San Casciano, relativamente vicina all'abitazione del Lotti stesso (al Bargino).
Nei giorni precedenti al duplice omicidio di Signa, Lotti era colui che in motorino aveva seguito e molestato la Locci. Proprio durante uno di questi pedinamenti aveva assistito all'omicidio operato dal clan dei sardi, si era dunque impossessato della pistola buttata via dal Mele o da qualcun altro dei sardi, quindi a distanza di sei anni era diventato il serial killer delle coppiette.
Ci sono da sottolineare due aspetti riguardo questa teoria: il primo è che l'idea del guardone che assiste al delitto e poi si impossessa della pistola era molto gettonata negli anni '80 e spiegava il famoso passaggio della pistola, tant'è che il più celebre film realizzato sul caso, "Il mostro di Firenze" di Cesare Ferrario, partiva proprio da questa idea.
Il secondo punto da sottolineare è che questa teoria spiega come sia avvenuto il passaggio della pistola, ma non quello dei proiettili. Abbiamo già visto che è un falso storico affermare che i proiettili del delitto del 1968 provenissero dalle stesse scatole dei proiettili utilizzati nei delitti successivi, tuttavia è indubbio che tutti questi proiettili appartenessero alla stessa partita risalente all'incirca al 1966. Diventa difficile così spiegare come il guardone che assiste all'omicidio Locci/Lo Bianco si impossessi della pistola buttata dai sardi e sei anni dopo commetta omicidi simili usando proiettili che provengono dallo stesso lotto di quelli usati nel primo delitto.
A onor del vero, va detto che Segnini spiega tale incongruenza in un modo forse un po' forzato e statisticamente non molto probabile, ma logico. Secondo la sua teoria, quando i sardi (chiunque essi fossero) decisero di uccidere la Locci, acquistarono una scatola di proiettili ramati nei giorni immediatamente precedenti al delitto. Commisero il duplice omicidio, buttarono via la pistola e fuggirono. Il guardone di turno (Lotti o chi per lui) si impossessò della pistola e il giorno successivo andò nella stessa armeria a comprare due scatole di proiettili (una ramata, l'altra a piombo nudo) di cui lui era completamente sprovvisto. In questo modo, è altamente probabile che le tre scatole acquistate nel giro di pochi giorni presso lo stesso rivenditore provenissero tutte dalla stessa partita.
È ovvio come questa spiegazione preveda che si incastrino una serie di eventi che rendono il quadro non molto probabile o comunque meno probabile di altre teorie (ad esempio quella del serial killer unico – interno o esterno ai sardi - per tutti i delitti). Ci sarebbe inoltre da chiedersi perché il Lotti che era partito in motorino da San Casciano per andare a Signa la sera del delitto, il giorno dopo sarebbe dovuto tornare a Signa per comprare i proiettili, quando avrebbe potuto benissimo comprarli a San Casciano.

Lasciando comunque da parte la questione proiettili, la teoria che vuole Lotti serial killer unico prevede l'evolversi dei delitti e dell'instabilità psichica dell'assassino con il trascorrere degli anni. La serie si sarebbe interrotta nel 1985 con l'esaurirsi dei proiettili acquistati nel 1968.
Una volta vuotate le due scatole e impossibilitato a comprarne altre, il Lotti avrebbe smesso di uccidere e ovviamente avrebbe taciuto a lungo le sue responsabilità. Almeno finché, a metà anni '90, venne incastrato dalle dichiarazioni della Ghiribelli e della Nicoletti. A quel punto, non potendo più uscirne pulito, Lotti ritenne opportuno fare qualche ammissione e incolpare coloro che erano già indagati, vale a dire Pacciani e Vanni, in modo da ridurre al minimo le proprie responsabilità, limitandole al ruolo di palo o di complice minore.
È innegabile come la teoria Segnini (a differenze di chi crede nella completa mendacità del Lotti) sciolga una serie di nodi altrimenti inestricabili. Risolve, infatti, il problema delle testimonianze della Nicoletti e Ghiribelli che indicano Giancarlo Lotti a Vicchio e a Scopeti, ma anche quelle al di sopra di ogni sospetto dei coniugi Chiarappa-De Faveri. È altresì innegabile che la teoria Segnini trova piena compatibilità in ciò che i già citati professori Lagazzi e Fornari hanno scritto sul profilo psicologico del Lotti.
Tuttavia è doveroso dire che, pur tralasciando l'annosa questione dei proiettili, tale teoria solleva altri dubbi. Trovano cioè parziale spiegazione le dichiarazioni riguardo l'effettivamente sospetta presenza del Lotti alla Boschetta o agli Scopeti, ma per contro risultano - a parere di chi scrive - inconciliabili i seguenti punti:

1. Le dichiarazioni del Pucci.
Il Pucci dichiara di aver assistito al duplice omicidio la domenica sera, 8 settembre 1985. È palese che per i Lottiani, come per la grande maggioranza dell'odierna mostrologia, il Pucci menta spudoratamente. Infatti, il delitto sarebbe stato commesso dal Lotti il giorno precedente (se non addirittura due giorni prima) rispetto a quando il Lotti stesso avrebbe portato l'amico Fernando nella piazzola degli Scopeti. Per i Lottiani, la spiegazione alle menzogne del Pucci risiede nell'accordo che questi aveva segretamente stipulato con il Lotti prima di essere convocato in Procura per far ricadere la colpa su Pacciani e Vanni.
Ora, dando per buono che il Lotti avesse istruito l'amico su cosa dire e dando anche per scontato che il Pucci non avesse sul momento compreso che il Lotti fosse il vero mostro, ci si dovrebbe chiedere perché il Pucci avrebbe accettato di mentire così spudoratamente su un argomento talmente importante, correndo il rischio di mettersi in seri guai con la Procura (finire in galera o peggio perdere la pensione di invadilità), per andare incontro alle richieste di un ex amico che non frequentava più da molti anni e verso cui aveva maturato col tempo pure un certo astio. Quale giovamento ne avrebbe tratto il Pucci a dispetto dei gravi rischi in cui avrebbe potuto incorrere?
Difatti, se partiamo dal presupposto che il Pucci abbia mentito, parrebbe più logico pensare che lo abbia fatto per tutt'altre motivazioni e tutt'altre pressioni che non le richieste dell'ex amico Lotti.

2. Ammettiamo che la Ghiribelli abbia davvero visto la sera di domenica 8 settembre 1985 la 128 rossa che il Lotti possedeva all'epoca. Amettiamo che anche i coniugi Chiarappa-De Faveri abbiano visto il pomeriggio di quella famosa domenica la stessa automobile e che le due persone notate nei pressi fossero proprio Lotti e Pucci.
All'epoca, però, sappiamo che Lotti aveva a disposizione anche la 124 celeste. Dunque, sarebbe lecito chiedersi perché quel serial killer unico, scaltro e spietato, non abbia smontato tali testimonianze, affermando che lui in quel lontano settembre non guidava più la 128. Il Lotti non solo non smentisce tali testimonianze, ma anzi non fa alcun riferimento alla nuova automobile che avrebbe potuto essere un'àncora di salvezza per lui.
In altre parole, anche se il Lotti fosse stato ancora in possesso dell'automobile precedente e avesse deciso di usarla sia per commettere l'omicidio sia per tornare nei giorni successivi a curiosare nella piazzola degli Scopeti, avrebbe comunque avuto gioco facile nello smentire a dieci anni di distanza le testimonianze di chi aveva visto la 128 rossa, documentando (come in seguito avrebbero fatto gli avvocati del Vanni) l'avvenuto passaggio dell'assicurazione e dichiarando semplicemente che lui la 128 rossa all'epoca del delitto non la usava più. Invece Lotti, aggredito verbalmente dalla Ghiribelli ("Non è che per caso fosse tua la macchina che ho visto quella sera allora?"), ammette di essere stato a Scopeti la presunta sera del delitto ("Perché, non ci si può fermare nemmeno a pisciare?"), oltretutto in un momento storico in cui qualsivoglia accusa nei suoi confronti era ancora piuttosto lontana dal poter essere formulata. In seguito accetta supinamente che la sua (ex) automobile sia stata vista sul luogo del delitto e sembra che il suo unico fine sia impersonare la parte del complice e limitare i danni.

3. Tralasciando la questione automobile, se Giancarlo Lotti è il serial killer unico, accorto, calcolatore, scaltro e spietato, come si colloca la presenza sua e del Pucci la domenica sulla scena del delitto? Perché un serial killer talmente furbo da prendere in giro gli inquirenti per anni, avrebbe dovuto sostare in compagnia del Pucci (come da testimonianza Chiarappa-DeFaveri) il pomeriggio della domenica 8 settembre, alla luce del sole e con il classico via vai del fine settimana, davanti alla piazzola degli Scopeti dove lui il giorno prima (o due giorni prima) aveva ucciso una coppia? Perché non contento, sarebbe dovuto ritornare sul luogo del delitto anche la domenica sera (come da testimonianza Ghiribelli), evidentemente ancora una volta a controllare i cadaveri da lui uccisi in precedenza, portandosi dietro l'amico? Sembra quasi che un serial killer per anni inafferrabile si fosse trasformato nell'ultimo omicidio in un minus habens.

4. Infine, sarebbe opportuno chiedersi cosa ci facesse il Lotti a Rabatta, a 50/60 km da casa, nel settembre del 1974. All'epoca era sprovvisto non solo di automobile, ma anche di patente, dunque non sappiamo come avrebbe potuto raggiungere il luogo del delitto. Forse su un ciclomotore o persino in corriera? E una volta giunto in loco e commesso l'omicidio, come sarebbe tornato a San Casciano in piena notte, probabilmente sporco di sangue? Sicuramente non con qualche mezzo pubblico, ma in quelle condizioni anche fermarsi a fare un pieno di benzina al proprio ciclomotore sarebbe stato decisamente problematico.
Certo, nulla toglie - come talvolta ha ipotizzato il Segnini - che a quell'epoca il Lotti (sulla cui vita fino alla metà degli anni '70 non si sa tantissimo) avesse potuto lavorare e vivere proprio nel Mugello, ma è un'ipotesi che al momento non ha alcuna base documentale. Anzi, per quanto ci è dato sapere sulla base delle testimonianze che sono state raccolte, a parte brevi spostamenti come i viaggi in Germania dall'amico Heinz, Lotti non si sarebbe mai spostato da San Casciano.
Sempre come ipotizza il Segnini, è possibile anche che all'epoca il Lotti avesse in dotazione un ciclomotore dalle buone prestazioni, in grado di coprire quei 60 km di distanza in un lasso di tempo piuttosto ridotto (forse un'ora o poco più) e che coprisse ampiamente la distanza da San Casciano al Mugello e ritorno con un unico pieno di benzina (cosa invero comunque possibile, visti i consumi dei cosiddetti "50"), ma anche in questo caso ci basiamo su semplici congetture senza alcun dato documentale in mano.

Ora, i suddetti quattro punti non vogliono svilire aprioristicamente la tesi del Lotti serial killer unico che - a parere di chi scrive - ha un certo fascino ed è sicuramente più sensata di tante teorie che pure fanno proseliti nei vari salotti mostrologici, ma vogliono semplicemente mettere in evidenza come tale tesi non è scevra da problematiche, alla pari delle idee esposte sia dai Merendari che dalla rispettiva controparte.
Facendo ora un sunto, abbiamo una situazione mostrologica di questo tipo:

1. Cosa pensano i Merendari
Non vi è uniformità di vedute all'interno di questo vasto gruppo mostrologico.
Orientativamente i merendari ritengono che le testimonianze di Lotti, Pucci e Ghiribelli sono, pur con tutti i limiti dei relativi personaggi, attendibili. Per quanto riguarda la questione relativa alla data dell'omicidio di Scopeti, spesso si limitano ad affermare che non è influente nell'economia della vicenda, che basterebbe traslare di 24 ore le dichiarazioni rese da tutti i testimoni per risultare comunque pienamente credibili.
Hanno gioco più facile sulla questione automobile, in quanto ritengono che il Lotti nel settembre del 1985 avesse la disponibilità di entrambe le vetture e che ovviamente quella vista a Scopeti fosse proprio la 128 rossa di sua proprietà. Non fosse così, non avrebbe avuto senso per il Lotti conservare il tagliandino sul parabrezza della 128 rossa.
Infine, in antitesi ai Lottiani, ritengono che il Lotti fosse fondamentalmente un sempliciotto, una persona per nulla scaltra, in evidente difficoltà quando doveva cimentarsi in attività dialettiche o di ragionamento, in definitiva un mero esecutore di ordini e dunque una pedina nella perverse mani del Pacciani. Non era quindi intellettivamente in grado di ribattere alle accuse e alle veritiere testimonianze che provenivano da più parti e lo inchiodavano alle proprie responsabilità. Vistosi perso, a quel punto si sarebbe limitato a contenere i danni, confermando tutto e cercando di addebitarsi un ruolo piú defilato possibile nei delitti.

2. Cosa pensano i Non-Merendari
Per contro, chi invece non crede alla veridicità delle testimonianze di Pucci, Lotti e Ghiribelli, ha gioco più facile su tutta la linea.
Secondo costoro, l'automobile vista dalla Ghiribelli la domenica sera non era del Lotti. Oltretutto, la completa inattendibilità della Ghiribelli - sempre secondo i non-merendari - sarebbe ampiamente provata dalle dichiarazioni successive della donna, che diverranno col tempo nulla meno che farneticanti (vedasi capitolo Alfa, Gamma e Delta).
Ma quandanche l'automobile vista a Scopeti fosse stata del Lotti, il delitto era già stato consumato almeno 24 ore prima. Dunque il Lotti e il Pucci, da guardoni quali erano, erano stati lì semplicemente per spiare cosa stesse avvenendo o cosa fosse successo nella tenda.
Per quanto riguarda il Pucci, l'uomo ha mentito per una qualsiasi ragione, forse per convenienza, forse perché imbeccato, forse perché non sapeva minimamente quello che diceva, forse perché gli era stato promesso qualcosa se avesse contribuito a incastrare Pacciani e Vanni.
Il Lotti invece può aver mentito per svariati motivi, perché era un mitomane, per folle ripicca, per mera convenienza, perché pensava di avere in cambio dei privilegi, perché credeva che da collaboratore di giustizia non sarebbe finito neanche in carcere, perché finalmente poteva dare un senso (anche economico) alla propria esistenza. Dunque non aveva alcun interesse a smentire le dichiarazioni del Pucci e della Ghiribelli, ma anzi aveva deciso di ergersi a protagonista e avvallarle.
Oltretutto, di mitomani che - per un motivo o per l'altro - si autoaccusano di delitti mai commessi, da Spilotros in poi, è piena la letteratura criminale.

3. Cosa pensano i Lottiani
L'astuto serial killer solitario, Giancarlo Lotti, aveva ucciso i francesi il venerdì 6 o il sabato 7 settembre. All'epoca possedeva entrambe le automobili (aveva conservato il vecchio tagliandino proprio per questo scopo) e usava indifferentemente l'una o l'altra vettura.
La domenica 8 era tornato sul luogo del delitto con la 128 rossa per controllare che tutto fosse ancora al proprio posto. Si era portato dietro il Pucci per un qualche incomprensibile motivo. I coniugi Chiarappa-De Faveri e la Ghiribelli avevano effettivamente visto l'automobile del Lotti rispettivamente quel pomeriggio e quella sera.
Dieci anni dopo, resosi conto che alcune testimonianze cominciavano inesorabilmente a incastrarlo e che gli inquirenti stavano lentamente risalendo alla verità, Lotti avrebbe contattato l'ex amico Pucci per istruirlo su cosa dire nei successivi interrogatori e riversare dunque tutta la colpa sul già indagato Pacciani e sul maggiore attenzionato, Vanni.

Ad oggi sembrerebbe che i Non Merendari siano quantitativamente il gruppo mostrologico più numeroso e che - forti dei riscontri entomologici e delle indubbiamente traballanti confessioni - abbiano un maggior numero di frecce al proprio arco.


Giancarlo Lotti in Mostrologia
Abbiamo avuto modo di vedere nel capitolo precedente come non si possa del tutto escludere che la Fiat 128 rossa del Lotti fosse a Scopeti la sera di domenica 8 settembre 1985.
Ora, tralasciando questo punto già analizzato, comunque la si pensi e a qualsiasi corrente mostrologica si faccia riferimento, bisogna fare anche i conti con gli avvistamenti sempre della presunta automobile del Lotti sia nei pressi della Boschetta, anche se in orario non troppo compatibile con quello del delitto, sia agli Scopeti il pomeriggio di domenica 8 settembre 1985.
Le relative testimonianze non sono sicuramente dirimenti (a Vicchio per la questione orario, a Scopeti per la questione giorno e automobile), ma vanno comunque contemplate perché analizzate complessivamente potrebbero risultare piuttosto sospette.
Proviamo dunque a formulare alcune ipotesi, valutandole sempre su base probabilistica:

Ipotesi Numero 1: L'automobile vista a Vicchio nel 1984 e a Scopeti nel 1985 non era quella del Lotti. Questa ipotesi potrebbe portarci a pensare sia che l'automobile fosse la stessa in entrambi gli avvistamenti e dunque il proprietario avesse con discreta probabilità a che fare con i delitti, sia che le due automobili fossero simili ma distinte e dunque in tal caso almeno uno dei due avvistamenti sarebbe frutto di una pura e semplice coincidenza.
Su questa prima ipotesi, risulta inutile soffermarci ulteriormente.

Ipotesi Numero 2: L'automobile vista a Vicchio nel 1984 e a Scopeti in due occasioni nel 1985 era quella del Lotti. Questa ipotesi ci porta sicuramente ad affermare che nel settembre 1985 Lotti guidava ancora la 128 rossa. Inoltre, l'aver visto in due delitti differenti la sua vettura nei pressi delle due scene del crimine (oltretutto piuttosto distanti fra loro), ci indurrebbe a pensare che effettivamente Lotti potesse aver avuto a che fare con i delitti, o come complice del Pacciani e del Vanni (ipotesi merendara), o come serial killer solitario (ipotesi lottiana). Difficilmente, da un punto di vista probabilistico, se davvero le vetture viste a Vicchio e Scopeti fossero state del Lotti, potremmo pensare a una pura e semplice coincidenza.
Prendendo per valida questa ipotesi, è molto probabile che la pista merendara possa essere quella corretta. Questo perché la testimonianza Caini-Martelli parla di una coppia di automobili che procedevano praticamente incollate l'una all'altra. Se una delle due automobili era del Lotti, il quale fuggiva dal luogo del delitto, molto probabilmente anche l'altra era coinvolta nell'eccidio e dunque risulta molto probabile fosse l'automobile del Pacciani.
Per quanto riguarda l'anno successivo a Scopeti, volendo essere coerenti con i recenti studi entomologici che danno con estrema probabilità la retrodatazione del duplice omicidio, gli avvistamenti dell'auto del Lotti la domenica pomeriggio da parte dei coniugi Chiarappa-De Faveri e la domenica sera da parte della Ghiribelli ci indurrebbero a pensare che Lotti (autore o co-autore del delitto) fosse andato lì per controllare la situazione nella piazzola e un'eventuale prematura scoperta dei cadaveri. Anche in questo caso, prediligeremmo la pista "merendara", perché tale comportamento (tanto più se pensiamo che si era portato dietro il Pucci) sembra più quello di uno sprovveduto che di un serial killer feroce e astuto, quale quello dipinto dalla corrente "lottiana".

Ipotesi numero 3: L'automobile vista a Vicchio dai coniugi Caini e Martelli era quella del Lotti. L'automobile vista a Scopeti dai coniugi Chiarappa-De Faveri e dalla Ghiribelli non era quella del Lotti. Prendendo per buona questa ipotesi, se su Scopeti nulla possiamo dire, trovare il Lotti nei pressi della Boschetta proprio il giorno del duplice omicidio Rontini-Stefanacci, oltretutto in compagnia di un'altra automobile il cui proprietario poteva essere ricondotto al Pacciani, indurrebbe a pensare che l'ipotesi "merendara" possa essere quella corretta.

Ipotesi numero 4: Al contrario della precedente, l'automobile vista a Vicchio dai coniugi Caini e Martelli non era quella del Lotti. L'automobile vista a Scopeti dai coniugi Chiarappa-De Faveri e dalla Ghiribelli era invece quella del Lotti. Per quanto riguarda Vicchio, questa ipotesi non ci permette alcun passo in avanti: la coppia di automobili segnalata poteva o non poteva avere a che fare con l'omicidio in egual misura. Considerando l'orario dell'avvistamento, circa due ore dopo il delitto, più probabilmente non aveva a che fare con il delitto.
Al contrario per quanto riguarda Scopeti, questa ipotesi ci porta innanzitutto ad affermare che nel settembre 1985 Lotti guidava ancora la 128 rossa. In secondo luogo che aveva uno dei seguenti due motivi per essere attratto dalla tenda dei francesi:
▪ il semplice voyeurismo verso una coppia in tenda in un luogo frequentato da amanti in cerca di intimità e da guardoni; ricordiamo infatti che il Lotti (per ammissione sua e del Pucci) era un guardone; ricordiamo inoltre che frequentava la piazzola degli Scopeti. Quindi potrebbe essere possibile che assieme all'amico Pucci fosse attratto da quella coppia in tenda, nella speranza di poter assistere a qualche effusione amorosa, tanto da tornare a spiarli a più riprese;
▪ la consapevolezza che lì dentro c'erano due cadaveri e quindi la morbosa curiosità di sapere come sarebbe evoluta la situazione. E tale consapevolezza poteva essere maturata sia perché Lotti era stato l'artefice o uno degli artefici del delitto, sia perché potrebbe aver casualmente scoperto in precedenza i cadaveri (o averne sentito parlare) ed essere tornato a più riprese per mostrarli al Pucci.


9 commenti:

  1. A proposito di Giancarlo Lotti.....ecco, appunto, qui tutto ultra chiarissimo:
    https://www.youtube.com/watch?v=xlMaY-GRwg4

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  2. Oltre alle motivazioni del Lotti per mentire qui proposte, quella che mi ero data era che lui stesso ritenesse che Pacciani fosse il mostro e volesse aiutare a incastrarlo, non perché Pacciani fosse realmente il mostro, ma perché Lotti poteva essersi lasciato condizionare dal processo contro di lui. Penso al particolare dei feticci che Lotti pensava avesse dato da mangiare alle figlie.
    Quanto a essere stato convinto da altri a testimoniare per incastrarlo, oltre agli inquirenti, potrebbero, in via del tutto ipotetica, averlo fatto le figlie del Pacciani, desiderose di farlo rimettere in prigione. Cosa con cui avrei concordato, essendo per me lo stupro delle figlie degno dell'ergastolo.

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  3. Allucinante solo pensarlo! pensare che uno come lotti vanni e pacciani possano aver compiuto simili omicidi , ma per caritaì'! le risate che si sara' fatto il vero omicida.

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  4. Ti faccio i miei complimenti per il tuo blog che offre una sintesi mirabile degli accadimenti, senza rinunciare a equilibrate considerazioni del caso. Ti chiedo, a proposito dell'auto di Lotti, che come tu osservi, vuoi o non vuoi, sembra una costante degli avvistamenti: cosa ne pensi e come mai non hai riportato la testimonianza di Giovanni Nenci, rilasciata già il 13 settembre 1983 ai CC della Stazione del Galluzzo? Il Nenci aveva individuato con chiarezza una 128 rossa targata Firenze vicino al furgone dei tedeschi intorno alle 7.30 del mattino del 9 settembre. Ritieni sia una testimonianza da scartare o l'hai esclusa perché non utilizzata nella sentenza? Chiedo, perché mi è sempre sembrata una testimonianza ben più significativa di quella Caini-Martelli. Grazie dello spazio.

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    1. Ciao, grazie per il commento.
      Trovi il particolare e le mie considerazioni sulla testimonianza del Nenci nel capitolo dedicato al delitto di Giogoli (Avvistamenti e segnalazioni). Non l'ho riportata in questo capitolo perché secondo me non è dirimente in un senso o nell'altro, però effettivamente posso aggiungerlo sia alla voce "lotti credibile" che in quella "lotti non credibile". Grazie per il suggerimento.
      A presto.

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    2. Grazie per la risposta. Ho letto il capitolo dedicato a Giogoli, molto ben scritto, come tutto il resto. Lì si parla del Nenci che avvisterebbe l'auto alle 20.30, a me risulta il mattino del 9 settembre alle 7.30, però potrei sbagliarmi. Ancora complimenti

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    3. No in realtà era un po' contorto come l'ho scritto io nel capitolo di Giogoli. Dai verbali risulta che ci sono stati due avvistamenti, uno la sera di giovedì 8 alle 20.30, uno la mattina di venerdì 9 alle 7.30.
      Ho corretto scrivendolo in un italiano più comprensibile.
      Grazie ancora per la segnalazione.
      L.

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  5. Siamo alla follia totale degli inquirenti!!!! uno come lotti lo beccherebbero anche se ammazza una lucertola , ma andiamo!! un povero handicappato ubriacone che scampa alla giustizia per 30 anni ah ha h aha h aah ,ma poi secondo la logica nel 68 l'omicidio chi lo ha commesso? lotti vanni e pacciani??? ah ah ah ah h aah poveri dementi!

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  6. si deve essere proprio cosi' il mostro va ad uccidere con una macchina rossa e la parcheggia a vista

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