Mostrologia a Baccaiano


Di seguito sono esposte alcune fra le teorie più significative che i vari mostrologi hanno partorito nel corso degli anni sulle due principali questioni, strettamente connesse fra loro e tuttora irrisolte, che ruotano attorno al delitto di Baccaiano.

1. Chi spostò la macchina del Mainardi da un lato all'altro della strada fino a farla finire nella cunetta?
2. Dove era seduto il Mainardi quando arrivarono le prime persone sul luogo del duplice delitto e in seguito quando arrivarono i soccorritori con l'ambulanza?

Precisiamo subito che - come si è già avuto modo di vedere - la dinamica del duplice omicidio di Baccaiano è probabilmente (assieme a quella del delitto di Scopeti nel 1985) la meno chiara, la più complessa e di conseguenza la più dibattuta fra i mostrologi. È opportuno sottolineare che non esiste una verità assoluta su come si siano realmente svolti i fatti, semplicemente perché alcune informazioni documentali che sono pervenute fino a noi sono fra loro contrastanti e apparentemente inconciliabili. Dunque anche in questo caso va fatto un ragionamento di tipo probabilistico assolutamente non oggettivo.
Risulta doveroso altresì precisare che arrivare a un'esatta definizione della dinamica di Baccaiano, allo stato attuale, non cambierebbe nulla nell'economia della tragica storia del Mostro, né permetterebbe nessun progresso nell'individuazione dell'autore dei delitti. Si dirà che potrebbe servire a dimostrare una volta per tutte la mendacità del Lotti, ma ci sia consentito affermare che non serve arrivare a risolvere questo inestricabile enigma, per dare tale mendacità - qualunque sia la corrente mostrologica cui si appartiene - per assodata.
Fatte le doverose premesse, per prima cosa ricostruiamo brevemente e in maniera rigorosamente cronologica i fatti che conosciamo:

TEMPO T0: Stabiliamo come punto iniziale della nostra ricostruzione (tempo T0) il momento in cui l'automobile del signor Carletti passa davanti alla piazzola in cui è ferma la vettura di Paolo con i vetri appannati e la luce interna accesa. Assumiamo con buona precisione che sono le 23.40. In quel momento Paolo dovrebbe essere al posto di guida, Antonella dietro e il delitto non dovrebbe essersi ancora consumato. Vedremo in seguito come alcuni studiosi (Filastò, De Gothia, Segnini) non concordano su questo.
T0 è comunque il nostro tempo di riferimento.

TEMPO T1: L'auto con il Carletti prosegue verso sud. Passa il bivio per Poppiano e subito dopo incrocia l'automobile 128 color bordeaux con a bordo i signori Calamandrei e Poggiarelli che procede in direzione nord. Le due vetture si incrociano a una distanza di 600/700 metri dalla piazzola. Quindi orientativamente, a seconda dell'andatura, è trascorso un minuto, al massimo un minuto e mezzo dal tempo T0.
Sul tempo T1 va però fatta una precisazione: in tempi recenti in diversi ambienti mostrologici è emersa la possibilità che l'incrocio fra le due vetture possa essere avvenuto non un centinaio di metri dopo il bivio (all'altezza del Frantoio), ma qualche chilometro più a sud, all'altezza della Cantina Sociale Colli Fiorentini. In tal caso la distanza che intercorre fra il luogo del delitto e il punto in le due vetture si sono incontrate è quantificabile in circa 4 chilometri. Di conseguenza il tempo trascorso da T0 non è più di un minuto o un minuto e mezzo, ma è quantificabile in circa 4/5 minuti.
Per completezza di informazione chiameremo T1* questo nuovo lasso temporale.

TEMPO T2: L'auto con il Calamandrei e il Poggiarelli percorre a sua volta 600 metri e arriva alla piazzola, dove però la situazione è drammaticamente cambiata. L'auto del Mainardi è sul lato opposto della strada, con i fari spenti, semi-infossata in una cunetta. Sono trascorsi due, massimo tre minuti dal tempo T0. In questi due o tre minuti (probabilmente meno considerando che la strada in quel punto è rettilinea e i due ragazzi non hanno notato nulla) si è consumato il delitto. Congeliamo questo momento al tempo che chiamiamo T2 in cui il delitto è sicuramente stato commesso ma non è detto che si sia esaurito. Forse è ancora in corso.
Ça va sans dire, nel caso in cui l'incrocio fra le due autovetture fosse avvenuto all'altezza della Cantina Sociale, il nuovo tempo T2* sarebbe quantificabile in circa 8/10 minuti, cambiando abbastanza le prospettive.

TEMPO T3: Calamandrei e Poggiarelli proseguono dritto. Arrivano a Baccaiano, distante un chilometro; senza fermarsi, tornano indietro fino nuovamente alla piazzola. Complessivamente l'automobile ha percorso due chilometri dal tempo T2, dunque è trascorso un lasso di tempo di circa cinque minuti o poco superiore a seconda dell'andatura. In questi cinque minuti l'automobile del Mainardi è rimasta ovviamente immobile sul luogo del delitto, ma soprattutto sola e incustodita. In questi cinque minuti può essersi conclusa l'azione omicidiaria del MdF, ove ovviamente non si fosse conclusa in precedenza. Congeliamo il momento in cui il Calamandrei e il Poggiarelli si fermano sul luogo del delitto (assieme a loro giungerà anche la vettura del Marini e della Bartalesi) al tempo T3, che potremmo orientativamente individuare attorno alle 23.50 nel caso in cui prendiamo in considerazione T1 (incrocio fra le vetture avvenuto a 600/700 dal luogo del delitto) oppure attorno alle 23:55 nel caso in cui prendiamo in considerazione T1* (incrocio fra le vetture avvenuto a circa 4 km dal luogo del delitto).

TEMPO T4: Non è dato sapere quanto tempo abbiano trascorso sul luogo del delitto i quattro ragazzi prima di precipitarsi a chiamare i soccorsi. Si presume molto poco, vista la concitazione del momento e immaginiamo anche una buona dose di paura. Alcuni mostrologi ritengono che in quei frangenti il killer fosse ancora in agguato protetto dal buio della campagna, oltre il ciglio della strada. Ovviamente non abbiamo alcun elemento per valutare questa ipotesi, tutto ciò che possiamo affermare è che sono trascorsi circa 10 minuti dal presunto inizio dell'azione omicidiaria e in quei dieci minuti il killer ha probabilmente già visto sfumare il proprio attacco. Possiamo inoltre ritenere verosimile che pochi istanti dopo essersi fermate, le due coppie si siano nuovamente allontanate dal luogo del delitto e per circa altri dieci minuti o più (fino al ritorno della coppia Marini-Bartalesi con il Di Lorenzo, che precede di pochissimo l'arrivo dell'ambulanza) la zona del delitto sia rimasta nuovamente e completamente incustodita. In questi ulteriori dieci minuti abbondanti può non esser successo nulla o esser avvenuto qualcosa di importante.

Soffermiamoci ora sulle dichiarazioni che precedono e seguono questi dieci minuti. I quattro ragazzi che si fermano per primi sul luogo del delitto dichiarano che Paolo Mainardi in quel momento è vivo e seduto al posto di guida. Come visto nel precedente capitolo, risulta difficile dubitare di tali affermazioni considerando che i ragazzi sono tutti concordi nell'affermarlo, ma soprattutto è arduo credere che abbiano scorto il respiro o i movimenti del Mainardi, senza però rendersi conto da dove provenissero.
D'altro canto, dieci minuti dopo, i soccorritori trovano - a loro dire - Paolo vivo e seduto sul sedile posteriore. Anche qui è improbabile pensare a un errore se consideriamo che sono costoro - per quanto giovani e inesperti - a compiere una serie di operazioni non proprio semplici per estrarlo dall'automobile.
Le possibilità che si presentano sono a questo punto le seguenti:
1. i quattro ragazzi giunti per primi hanno valutato male la posizione di Paolo che in realtà è sempre stato dietro;
2. i soccorritori, giovani, inesperti e presi dal panico, hanno distorto col tempo i ricordi sulla posizione di Paolo che in realtà è sempre stato davanti;
3. ha ragione il testimone Mario Di Lorenzo nell'affermare che Paolo aveva le gambe sul sedile anteriore e il busto completamente riverso su quello posteriore, con la testa poggiata sulla spalliera del sedile posteriore; questa posizione - diciamo a metà - può aver ingannato un po' tutti;
4. dopo che i quattro ragazzi sono andati a chiamare i soccorsi, in quei dieci, quindici minuti in cui la scena del crimine è rimasta incustodita, Paolo è passato (volontariamente o meno) dal sedile anteriore a quello posteriore; in altre parole può essere stato sposato dal MdF o può essersi spostato da solo.

Riportiamo ora i dati oggettivi che sono stati riscontrati sul luogo del delitto e già descritti nel precedente capitolo:
● il sedile del posto di guida copiosamente imbrattato di sangue;
● il freno a mano dell'automobile parzialmente tirato;
● la retromarcia inserita;
● il finestrino sinistro infranto;
● il bossolo rinvenuto sul tappetino posteriore destro della vettura;
● la frattura delle ossa nasali di Antonella;
● l'orologio di Antonella con il cinturino privo di una delle due maglie di giunzione rinvenuto sul sedile posteriore;
● la maglia mancante del cinturino rinvenuta in ospedale fra i capelli di Paolo;
● le chiavi dell'automobile rinvenute sull'erba a una certa distanza dalla vettura.
● Ci sarebbe inoltre da segnalare una presunta macchia di sangue sull'asfalto, più o meno al centro della carreggiata. Presunta perché - come detto - non vi è traccia di questo particolare nei rapporti ufficiali, ma esiste una documentazione fotografica a opera dai giornalisti accorsi in loco. Dunque tale macchia potrebbe essere sfuggita all'occhio degli inquirenti, ma potrebbe anche essere successiva all'assalto del killer, ad esempio nel caso in cui si fosse formata mentre il Mainardi veniva caricato in barella e portato verso l'ambulanza.
● Infine riportiamo la dichiarazione durante il Processo ai CdM del signor Giuliano Ulivelli, marito della sorella di Paolo Mainardi. Presentato come testimone dall'avvocato di Parte Civile, Aldo Colao, Ulivelli dichiarò di aver visionato l'automobile di Paolo diverso tempo dopo il delitto e questa presentava vistose colature di sangue nel pannello dello sportello anteriore sinistro (quello del conducente), lì dove scorre il finestrino. Riportiamo le parole esatte del testimone perché sono importanti: "Sicché, nel canale dove scorre il vetro, c'era tanto sangue, con una bella macchia abbastanza larga, gl'era colato fino in fondo e gl'era andato giù fino... All'intercapedine fra il pa... Siccome il pannello l'era stato levato, l'era lì appoggiato alla portiera, però l'era stato levato. Noi s'è visto bene che l'era dietro, però... perché e un c'era pannello. E allora questo sangue gl'era colato, questa striscia, fino in fondo, fino alla moquette, insomma, al pavimento della macchina. L'aveva fatto il bordino dove chiude lo sportello, era risceso fino un pochino in terra lì della... E tutta questa macchia di sangue c'ha dato molto da pensare. Noi s'è fatto delle considerazioni, non so se qui le posso dire."
Da questa testimonianza sembra dunque accertato che una vistosa quantità di sangue fosse colata dalle ferite di Paolo attraverso l'intercapedine del finestrino anteriore sinistro, scendendo fino al pavimento dell'automobile.

A questo punto possiamo utilizzare la sequenza cronologica, le divergenze nelle dichiarazioni dei testimoni, i dati riscontrati sulla scena del crimine e la dichiarazione dell'Ulivelli per valutare opportunamente le varie teorie mostrologiche che di seguito riportiamo.
Vogliano perdonarmi gli autori citati per l'inevitabile sintesi con cui tali teorie sono esposte; è stata comunque mia premura citare le fonti per chiunque voglia approfondirle adeguatamente: si tratta in tutti i casi di letture decisamente meritevoli.
Nota bene: Tutte queste teorie sono state elaborate tenendo conto che l'incrocio fra la Matra-Simca Rancho del Carletti e la 128 bordeaux di Poggiarelli e Calamandrei sia avvenuto all'altezza del Frantoio, circa cento metri dopo il bivio per Poppiano e dunque circa 600/700 metri dopo la piazzola del delitto. In pratica tenendo conto che il tempo trascorso fra il passaggio della Matra-Simca Rancho davanti alla piazzola e quello successivo della 128 sia stato T1 uguale a 2/3 minuti.


Ipotesi della Procura
Questa è la versione ufficiale fornita da medici legali e inquirenti subito dopo l'omicidio e portata avanti dalla Procura di Firenze durante i processi a Pacciani e ai CdM.
In sintesi: fermi alla piazzola, Paolo e Antonella si stavano ricomponendo all'interno dell'auto (lui seduto davanti, lei dietro, per questioni di spazio) quando notarono qualcosa di strano all'esterno (forse videro proprio il MdF che si avvicinava) e tentarono la fuga. Mainardi mise in moto l'auto e innestò la retromarcia partendo a gran velocità proprio mentre il killer cominciava a fare fuoco. La velocità dell'azione, gli spari del mostro, le ferite riportate, il sedile ancora reclinato, il freno a mano tirato, furono tutte cause che portarono il Mainardi a perdere il controllo della vettura, cosicché la stessa finì con le ruote posteriori nella cunetta. A quel punto il killer completò l'opera sparando i colpi di grazia ai due poveri giovani, spegnendo i fari dell'automobile a colpi di pistola, infilando una mano nell'abitacolo attraverso il finestrino infranto, esplodendo un ultimo colpo verso la Migliorini ed estraendo la chiave dal cruscotto per poi scagliarle lontano in un gesto di rabbia per il colpo parzialmente fallito: l'automobile così esposta e il passaggio di altre vetture gli proibivano infatti di compiere le escissioni.
Quando l'auto con il Poggiarelli e Calamandrei passò per la prima volta, l'azione omicidiaria era già completamente conclusa. Quando, pochi minuti dopo, i due ragazzi si fermarono per primi sul luogo del delitto, il MdF era verosimilmente già in fuga, consapevole che questa volta la caccia all'uomo sarebbe partita molto presto.
Questa ipotesi (come tutte quelle che prevedono il Mainardi alla guida) spiegherebbe la retromarcia inserita, il freno a mano tirato, il sedile del posto di guida imbrattato di sangue, il sangue colato in grandi quantità nell'intercapedine del finestrino anteriore sinistro, infine il rinvenimento delle maglie dell'orologio. Il professor Francesco De Fazio scriveva a tal proposito: "...l'orologio della Miglìorini è stato trovato sul sedile posteriore dell'auto, col cinturino libero ad una estremità, in quanto mancante della barretta che la tiene fissa al corpo dell'orologio; tale barretta è stata rinvenuta, arcuata e deformata, tra i capelli del Mainardi, da uno dei medici dell'ospedale in cui fu ricoverato. Appare quindi verosimile che il polso sinistro della Migliorini si trovasse, nel momento in cui fu infranto il vetro dello sportello sinistro a contatto con i capelli del Mainardi, e come appoggiato sul suo capo, in modo da essere investito da parte delle schegge di vetro, una delle quali verosimilmente ha deformato e liberato la barretta che poi è stata trovata tra i capelli dell'uomo. Tale circostanza diviene possibile ove si ipotizzi non già la vicinanza della coppia per effusioni (non si capisce infatti in quale posizione reciproca potessero trovarsi le due vittime secondo tale ipotesi), ma una situazione diversa, forse di all'erta, in cui l'uomo si trovava seduto al posto di guida e la donna, forse per l'istintiva ricerca di un contatto rassicurante, si protendeva dal sedile posteriore cingendo con la mano sinistra il capo del compagno."
Per contro, questa ipotesi non spiega perché i primi ragazzi giunti sul luogo del delitto videro il Mainardi seduto avanti, mentre i soccorritori sostennero fosse seduto dietro. Dobbiamo dunque propendere, prendendo per buona questa prima ipotesi, in un errore di valutazione, in cui tutti furono ingannati dal fatto che il Mainardi, accasciatosi dopo gli spari sul sedile reclinato, avesse bacino e gambe sul sedile anteriore, mentre il corpo e la testa riversi sul sedile posteriore.


Ipotesi Filastò
Contraria alla versione ufficiale c'è l'ipotesi portata avanti dall'avvocato Filastò durante il Processo ai CdM e descritta dettagliatamente nel suo celebre libro "Storia delle merende infami".
Filastò ritiene che Paolo e Antonella avessero appena terminato il rapporto sessuale, consumatosi sul sedile posteriore dell'automobile, quando improvvisa e ferale era cominciata l'azione d'assalto del MdF. Tutto si era svolto in pochissimi secondi nella piazzola. Eliminati i due giovani fidanzati, il killer aveva aperto lo sportello della vettura per mettersi alla guida e portare la coppia in un posto più nascosto al fine di commettere l'escissione. Durante la retromarcia per uscire dalla piazzola, un movimento alle sue spalle della moribonda Migliorini lo aveva però fatto sobbalzare e il MdF era stato costretto a rimettere mano alla pistola e sparare un ultimo colpo verso la ragazza (il bossolo trovato sul tappetino posteriore). Era stata la concitazione del momento a fargli perdere il controllo della vettura che era finita rovinosamente nella cunetta. Non riuscendo più ad uscirne, l'assassino era sceso rapidamente dall'automobile portandosi dietro le chiavi, aveva sparato ai fari per spegnere le luci, aveva lanciato le chiavi lontano in un gesto di rabbia ed era fuggito via.


Ipotesi De Gothia
Un'ipotesi simile a quella di Filastò la fornì De Gothia in un celebre scritto denominato "La Notte Dei Salami".
Secondo il rinomato e compianto autore del saggio, il Mainardi non avrebbe avuto il tempo materiale di mettere in moto l'automobile e partire nel momento in cui aveva visto l'assassino spuntare improvvisamente dalla vegetazione che circondava l'automobile. Dunque, avendo il killer avuto tutto il tempo di fare fuoco verso la coppia, l'azione delittuosa era iniziata e terminata nella piazzola iniziale. A supporto di questa ipotesi De Gothia portò delle copiose ed evidenti colature di sangue sul longherone sinistro della vettura che – a suo dire – potevano essere fuoriuscite solo a sportello aperto (quelle che passeranno alla storia mostrologica come appunto "colature De Gothia"). Poiché queste macchie erano perfettamente verticali, dovevano obbligatoriamente essere colate quando la macchina era in piano nella piazzola iniziale e non quando era già nella cunetta con il muso rivolto verso l'alto e in posizione obliqua. Questo signifca che, dopo aver ucciso immediatamente la giovane coppia, il MdF aveva aperto lo sportello anteriore sinistro per mettersi alla guida quando l'automobile sostava ancora nella piazzola. Anche secondo questa ipotesi era stato ovviamente lo stesso assassimo a finire con l'automobile nel fossato dall'altro lato della strada.
Sia la teoria di Filastò che quella di De Gothia presuppongono dunque che al passaggio dell'automobile del Carletti (Tempo T0), il delitto si fosse già consumato.
Successivamente, al primo passaggio dell'auto di Poggiarelli e Calamandrei, la macchina con il MdF alla guida era appena finita nella cunetta, tant'è vero che si presuppone che il mostro, seduto al volante, dovette nascondersi per non essere scorto. Quando, cinque minuti dopo, i due ragazzi si fermarono sul luogo del delitto, il killer era invece già fuggito lontano.
Entrambe le teorie, pur apprezzabili, presentano alcune lacune che vedremo in seguito, in special modo non spiegano il sedile di guida copiosamente imbrattato di sangue, le dichiarazioni dell'Ulivelli o i fari dell'automobile già spenti al primo passaggio di Poggiarelli e Calamandrei. Inoltre, come l'ipotesi ufficiale, non spiegano perché i primi ragazzi videro il Mainardi seduto avanti, mentre i soccorritori sostennero che fosse seduto dietro. Anche in questo caso dunque bisogna ipotizzare un errore di prospettiva.


Ipotesi Spezi
Fra l'ipotesi ufficiale e quella di Filastò, ce n'è una intermedia che descrisse il giornalista Mario Spezi nel suo libro "Dolci colline di sangue".
La teoria di Spezi è inizialmente simile a quella ufficiale, con il Mainardi che tenta la fuga ma finisce nella cunetta. A quel punto però il killer, dopo aver centrato i fanali con due precisi colpi di pistola, sarebbe entrato nella vettura spostando il corpo del Mainardi (forse facendolo scivolare nell'intercapedine fra i due sedili, non viene specificato nulla a riguardo) e si sarebbe seduto al posto di guida per portare la coppia in un posto isolato ed effettuare le escissioni. Non riuscendo però a togliere l'automobile dalla cunetta, il MdF avrebbe lasciato di corsa la vettura portandosi dietro le chiavi che in seguito avrebbe lanciato lontano.
La dinamica descritta da Spezi, inserita in una narrazione romanzata come "Dolci colline di sangue", non è troppo dettagliata. Spezi non colloca temporalmente l'ingresso del mostro nell'automobile del Mainardi rispetto al passaggio delle vetture sulla strada, né si pone il problema delle differenti dichiarazioni dei testimoni.


Ipotesi Segnini
Degna di nota è l'ipotesi formulata da Antonio Segnini, ottimo autore del blog "Quattro cose sul mostro".
Secondo Segnini, l'agguato ebbe inizio nella piazzola, mentre la Migliorini si rivestiva sul sedile posteriore e il Mainardi era al posto di guida. I colpi di pistola sparati dal MdF uccisero la Migliorini e misero temporaneamente fuori combattimento il Mainardi, che perse o finse di perdere conoscenza. Il mostro fu poi costretto a nascondersi fra la vegetazione a causa del passaggio dell'automobile del Carletti; una manciata di secondi che permise al Mainardi di riprendere conoscenza, mettere in moto l'automobile e provare a uscire dalla piazzola. A quel punto il MdF ritornò senza remore all'attacco aprendo il fuoco verso il ragazzo alla guida. L'automobile finì nella cunetta, il killer sparò ai fari, poi fu costretto nuovamente a nascondersi a causa del passaggio di Poggiarelli e Calamandrei. Scomparsa l'automobile dei due giovani, il MdF estrasse le chiavi dal quadro per aprire il bagagliaio da cui, arrivandole alle spalle, avrebbe potuto compiere l'escissione del seno della povera Antonella. Cosa che ovviamente non riuscí a fare a causa del passaggio di automobili. Rimase così a ciondolare attorno alla vettura incidentata per cinque, sei minuti, nascondendosi al passaggio delle macchine e sbucando fuori quando la strada era libera, fino all'arrivo dei primi quattro giovani che si fermarono.
Sempre secondo la ricostruzione di Segnini, il mostro avrebbe ascoltato le parole concitate dei ragazzi attorno all'automobile e avrebbe così appreso che Mainardi era ancora vivo. Attese dunque che questi si allontanassero, quindi uscì nuovamente allo scoperto e diede il colpo di grazia al Mainardi, che nel frattempo, pur fra mille difficoltà, si era trascinato sul sedile posteriore per stare vicino alla povera e amata Antonella (bossolo trovato sul tappetino posteriore all'interno della macchina).
Questa ipotesi spiega pienamente l'atavico dilemma delle differenti dichiarazioni fornite sulla posizione del Mainardi, ma presuppone che il ragazzo fosse in grado di compiere gesti volontari al termine dell'azione omicidiaria, particolare che - come vedremo - non è affatto certo. Inoltre, l'ipotesi Segnini prevede che il MdF fosse ancora sul luogo del delitto ben oltre dieci minuti dopo l'inizio della sparatoria. Il che grossolanamente significa che dieci minuti dopo aver attaccato la coppia, il MdF non solo non era ancora riuscito a uccidere un ragazzo bloccato in un'auto ferma in una cunetta, ma neanche si era accorto che fosse ancora vivo, pur ciondolando nei pressi dell'automobile e soprattutto pur consapevole che il delitto sarebbe stato scoperto da un momento all'altro.


Ipotesi Accent
Secondo il forumista denominato Accent, che ha realizzato una ricostruzione del delitto accattivante e decisamente alternativa rintracciabile sul web col nome "Il mostro e la legge di Murphy", le cose andarono in maniera completamente diversa.
Come Filastò, anche Accent parte dal presupposto che i due ragazzi erano entrambi sul sedile posteriore ad amoreggiare quando cominciò l'azione delittuosa del MdF. Mainardi fu il primo a essere colpito, così a spostare l'auto in retromarcia sarebbe stato il motorino di avviamento azionato da Antonella in uno slancio dal sedile posteriore verso il volante. Il killer avrebbe dunque inseguito l'auto che singhiozzava a marcia indietro fino a fermarsi al centro della carreggiata. Qui avrebbe aperto la portiera e ingaggiato una vera e propria colluttazione con Antonella (da cui la frattura al naso della ragazza). In questo momento si sarebbero formate le "colature De Gothia" sul longherone dell'automobile e la macchia di sangue sull'asfalto. Vinta la resistenza di Antonella, il killer sarebbe entrato nell'abitacolo e avrebbe finito la povera ragazza con un proiettile, quindi si sarebbe messo alla guida dell'automobile. Tuttavia, l'eccitazione per il duplice omicidio, la concitazione del momento, la poca conoscenza della macchina, avrebbero fatto finire la vettura nella cunetta.


Ipotesi Scrivo
L'ultima possibile ricostruzione del delitto che vediamo è quella del criminologo Valerio Scrivo riportata nel suo libro "Il mostro di Firenze esiste ancora". Ancora una volta in estrema sintesi, lo Scrivo presuppone che a guidare la macchina e a finire nella cunetta fosse stato il Mainardi. In seguito il MdF sarebbe rimasto sulla scena del crimine per diversi minuti fino all'arrivo dei primi quattro ragazzi che si fermarono. Solo dopo che questi si furono allontanati, l'assassino uscì dal suo riparo e, pistola in pugno, ordinò al Mainardi, ancora in buona salute, di spostarsi sul sedile posteriore, salvo poi freddarlo con tre colpi di pistola proprio mentre il ragazzo compiva questa azione. Il mostro si mise quindi al volante per portare l'automobile in una posizione meno visibile, ma non riuscendo a spostarla, abbandonò velocemente la vettura portandosi dietro le chiavi che lasciò cadere durante la fuga.


Conclusioni
Inutile dire che qualsiasi ipotesi si voglia prediligere, questa presenta immancabilmente una qualche lacuna o controindicazione. Non esiste una dinamica scevra da complicazioni per il delitto di Baccaiano.
Tuttavia, complessivamente ci sentiremmo di attribuire una maggiore valenza probabilistica all'ipotesi della Procura o al più alla cosiddetta ipotesi Segnini, pur con tutti i limiti già esposti. Ne elenchiamo brevemente i motivi:

► La posizione dei bossoli sull'asfalto dà l'idea di una dinamica "a inseguire", cioè la coppia nella vettura prova la fuga e il MdF la insegue. Questa osservazione premia tutte le ipotesi che prevedono il Mainardi alla guida. Oltretutto la quantità copiosa di sangue sul sedile di guida e le dichiarazioni dell'Ulivelli sembrano non lasciare spazio a dubbi da questo punto di vista. E francamente non sembra verosimile la spiegazione data dall'avvocato Filastò: il sangue era stato sparso sul sedile dai soccorritori durante l'estrazione del corpo di Paolo dall'automobile. E quand'anche si volesse prendere per buona questa soluzione, comunque non spiegherebbe il sangue colato nell'intercapedine del finestrino anteriore sinistro come da testimonianza dell'Ulivelli.

► Nello spazio antistante il punto dove inizialmente era parcheggiata l'automobile della coppia, appena al di là della strada, c'era un esteso campo di erba medica, protetto dalla vegetazione. Questo campo poteva discretamente prestarsi a una operazione di escissione, dunque il MdF non aveva la necessità di mettersi al volante e portare la coppia lontano, ove il suo agguato fosse riuscito sin da subito (in quel momento, ricordiamo che l'automobile del Mainardi era ferma nella piazzola e non avrebbe avuto motivo di destare la curiosità o l'interesse dei passanti). Ancora una volta questa osservazione induce a pensare che le ipotesi Filastò e De Gothia sembrerebbero da scartare.
Né d'altra parte, il fatto che quella sera la via Virginio Nuova fosse più trafficata del solito e quindi compiere le escissioni appena al di là della strada potesse essere un'idea troppo audace sembra una rimostranza sensata, in quanto tutto l'agguato, per come era stato concepito, mostra un'audacia e una spregiudicatezza fuori dal comune.

► L'automobile del Mainardi fu ritrovata con il freno a mano tirato e la retromarcia innescata. Difficilmente se a finire nella cunetta fosse stato il mostro (ipotesi Filastò, DeGothia, Accent), non avrebbe provato in tutti i modi a uscirne prima di lasciare la vettura così esposta e fuggire. Dunque si sarebbe dovuta ritrovare l'automobile senza freno a mano tolto e con la prima inserita.
Analogamente se il mostro si fosse messo al volante dopo che il Mainardi era finito nella cunetta, per provare a portare l'automobile e i due cadaveri in un posto appartato (ipotesi Spezi, Scrivo), non avremmo probabilmente trovato né il freno a mano tirato, né la retromarcia innescata. Inoltre, la teoria dello Scrivo è assolutamente da scartare a priori, in quanto i primi ragazzi giunti in loco riferirono di un Mainardi che respirava affannosamente, quasi moribondo. Risulta difficile credere che quando questi andarono via, il MdF avesse potuto costringere, pistola in pugno, lo stesso a Mainardi a passare in autonomia sul sedile posteriore.

► La posizione del Mainardi che sembra emergere dalla testimonianza del signor Di Lorenzo, cioè con le gambe sul sedile anteriore, il corpo nell'intercapedine fra i due sedili e la testa adagiata sul sedile posteriore, dà l'idea che il ragazzo potesse essere seduto inizialmente al posto di guida e in seguito fosse stato fatto rotolare verso destra da qualcuno (il MdF) che aveva aperto la portiera di sinistra per mettersi al posto di guida. Solo che in questo caso le gambe del Mainardi sarebbero rimaste sul sedile anteriore. Ci si potrebbe dunque chiedere come avrebbe fatto il MdF a guidare la macchina avendo ancora la parte inferiore del corpo del Mainardi sul sedile di guida e le gambe protese verso i pedali.

Possiamo desumere da questa breve analisi che due sono le ipotesi mostrologiche che ci sentiremmo di appoggiare, per quanto nessuna delle due spieghi pienamente la frattura al naso della Migliorini e soprattutto le cosiddette colature De Gothia.
Entrambe comunque ci portano a ipotizzare che alla guida dell'automobile finita nella cunetta ci fosse il Mainardi e che il MdF nell'auto non vi sia mai entrato, se non con il braccio attraverso il finestrino sinistro infranto per sparare un colpo di pistola ed estrarre le chiavi.
In una delle due ipotesi (quella ufficiale) si prende tacitamente per buona la testimonianza del signor Di Lorenzo: il Mainardi era seduto davanti, ma il sedile aveva la spalliera reclinata e dunque la parte superiore del corpo e la testa del ragazzo si erano adagiati completamente sul sedile posteriore, in una posizione per così dire ambigua.
Nell'altra ipotesi (quella Segnini) viene risolto l'annoso problema delle diverse testimonianze sulla posizione del Mainardi, ma ne vengono introdotti altri due. Viene infatti presupposto che l'assassino si sia aggirato inutilmente attorno alla vettura incidentata per diversi minuti, senza oltretutto accorgersi che il Mainardi era ancora vivo. Ma soprattutto viene presupposto che il Mainardi fosse ancora in grado di compiere movimenti coscienti dopo l'assalto del MdF. Questo contrasta in parte con le perizie mediche e le deposizioni dei medici legali rese a processo, ma anche con le dichiarazioni dei ragazzi che per primi giunsero sul luogo, i quali parlarono di un Mainardi che respirava flebilmente in stato di incoscienza.
Per tutta questa serie di considerazioni, per quanto anch'essa non priva di qualche lacuna, l'ipotesi ufficiale sembra probabilisticamente quella più veritiera.


7 commenti:

  1. Il mostro non scende da nessuna auto per andare ad uccidere ,mio modesto parere fugge il piu' delle volte a piedi per la campagna e di certo se va in macchina non lascera' mai la sua auto a poche decine di metri dai luoghi degli omicidi .

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  2. per quale motivo vinci avrebbe dovuto mentire nel 68 riguardo a dove getto' la pistola???? l 'assassino e' tra coloro che cercarono l'arma .Ma il duplice omicidio del sessantotto non c'entra assolutamente nulla coi successivi delitti a partire dal 74 ,il mostro ha solo usato l'arma trovata nel canale .

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  3. avvalorando l'ipotesi che la pistola sia stata trovata da qualcuno che l'ha poi usata per tutti gli altri omicidi....i proiettili,che mi pare di aver capito appartenere ad un lotto particolare,come li avrebbe avuti? Probabilmente si tratta di qualcuno che perlomeno ha assistito all'omicidio del 68

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    1. non e' difficile sostituire percussore canna estrattore , difficile invece identificare i bossoli e ancor di piu' le ogive che hanno traforato ossa ,in poche parole i nostri esperti non ci hanno capito niente!

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  4. aggiungerei la ricostruzione di tale jacopo cioni pubblicata sul sito monster of florence. Devo dire che per me quella rimane in assoluto la piu siggestiva

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  5. di una cosa sono convinto il mostro non usa auto per andare a commettere questi delitti

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  6. Un pazzo solitario stop , mai nemmeno lontanamente indagato.

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