Rabatta


Data: Sabato, 14 Settembre 1974;
Orario: Fra le 23.30 e mezzanotte. Secondo una certa vulgata mostrologica, esisterebbe la testimonianza di una coppia che, transitando su via Ponte d'Annibale verso le 23.45, avrebbe udito alcuni colpi di pistola;
Luogo: Borgo San Lorenzo, località Fontanine di Rabatta;
Vittime: Pasquale Gentilcore, 19 anni; Stefania Pettini, 18 anni;
Automobile: Fiat 127 blu targata FI 598299;
Fase Lunare: Due giorni prima del Novilunio (età lunare -2gg). Illuminazione al 5%. Il 14 settembre a Firenze la luna è tramontata alle ore 18:12 per poi sorgere il giorno successivo (15 settembre) alle ore 6:00.


Prima del delitto
La sera del 14 settembre 1974, verso le 21.15, il giovane Pasquale Gentilcore lasciò sua sorella Maria Cristina davanti all'ingresso della discoteca Teen Club di Borgo San Lorenzo. Le disse che sarebbe passato a riprenderla verso mezzanotte. Quindi raggiunse la fidanzata, Stefania Pettini, presso la di lei abitazione sita in Pesciola di Vicchio.
Erano all'incirca le 21.30 quando Stefania salì sull'automobile di Pasquale. I due percorsero un breve tratto di strada per andare ad appartarsi nei pressi del fiume Sieve in località Rabatta, frazione a metà strada fra Borgo San Lorenzo e Vicchio.
Durante questo tragitto i ragazzi non furono sicuramente seguiti: una giovane testimone dichiarò infatti di averli visti attraversare il passaggio a livello di Pesciola e che questo si era chiuso alle loro spalle senza che nessun'altra vettura fosse sopraggiunta dopo di loro.


Scena del crimine
Stefania e Pasquale furo aggrediti verosimilmente in maniera proditoria mentre amoreggiavano in macchina. L'orario cui storicamente si fa risalire il delitto è fra le 23.30 e la mezzanotte, allorché una coppia che transitava in automobile nelle vicinanze avrebbe udito alcuni colpi d'arma da fuoco. Tale testimonianza non sembra, tuttavia, avere riscontro documentale e potrebbe essere derubricata a diceria mostrologica.
L'assassino esplose complessivamente otto o nove (il punto è dibattuto) colpi di pistola sui due giovani, quindi impugnò il coltello.
Il ragazzo venne raggiunto da 5 colpi di arma da fuoco e da 5 colpi d'arma bianca inferti post-mortem. Fu ritrovato in auto, adagiato al posto di guida, con solo gli slip addosso e un orologio al polso sinistro che indicava le tre e un quarto. Le mani erano unite sotto la coscia sinistra, la testa appoggiata sul finestrino.
La ragazza venne raggiunta da 3 colpi d'arma da fuoco non mortali che la attinsero alle gambe e all'addome. Era ancora viva e presumibilmente cosciente quando l'assassino arrivó a incombere su di lei. Probabilmente per soffocare le sue urla, il killer le potrebbe aver tappato la bocca, lasciandole un'unghiata sul mento, prima di colpirla con tre coltellate al volto, al collo e al torace, queste ultime talmente violente da intaccare lo sterno, uccidendola.
È opinione abbastanza diffusa che a questo punto seguì una pausa di circa dieci minuti in cui l'assassino si preoccupò di controllare i dintorni. In questo lasso di tempo il sangue della Pettini imbrattò copiosamente il sedile.
Successivamente il MdF ritornò alla macchina, prese per le caviglie la povera Stefania, la trascinò sul retro della vettura e la colpì con numerose altre coltellate, la maggior parte delle quali abbastanza superficiali, alcune definite nulla più che semplici punture. Molte di queste andavano a circoscrivere in maniera leggera la zona pubica e la zona mammaria. In totale, le coltellate a danno della ragazza furono 96. Atto finale dell'omicida fu infilare un tralcio di vite nella vagina della ragazza; tale tralcio venne spinto senza esercitare particolare pressione o violenza, non avendo provocato vistose lesioni sulle pareti vaginali di Stefania. La povera ragazza venne ritrovata completamente nuda, sdraiata per terra, con la testa all'altezza del tubo di scappamento della macchina, le braccia e le gambe divaricate, in una posizione quasi sguaiata.
L'automobile venne rinvenuta con la portiera destra aperta; la portiera sinistra era invece chiusa con il finestrino completamente infranto. Il sedile anteriore destro aveva lo schienale abbassato. L'autoradio era accesa e il libretto di circolazione adagiato sul tappetino dell'auto. All'interno della vettura furono trovati il portafoglio di Pasquale con 33.800 lire, alcune fotografie sue e di Stefania, diversi fazzoletti di carta, anche all'interno di una scarpa del ragazzo. Le scarpe di Stefania Pettini vennero trovate vicino alla pedaliera. Lo specchietto retrovisore era divelto e fu trovato sul piano della vettura dalla parte del passeggero.
Non distante dall'auto, sotto ad un pioppo, furono trovati una camicia e tre paia di pantaloni. Sempre all'esterno, accanto allo sportello sinistro venne ritrovata la giacca del Gentilcore, mentre sulla destra a circa tre metri vi erano la camicetta e le mutandine lacere di Stefania e altri fazzoletti di carta. A circa 30 centimetri dalla mano destra della ragazza vi era un ulteriore "pezzetto di carta, tovagliolo insanguinato", forse utilizzato dal killer per pulirsi le mani dopo l'eccidio.
Non venne rinvenuta sul luogo del delitto la borsa di Stefania.


Dopo il delitto
I cadaveri furono scoperti la mattina dopo, domenica 15 settembre, da un contadino del luogo, tale Pietro Landi, il quale sconvolto dallo scempio sul corpo di Stefania, trovò rifugio e assistenza presso l'abitazione nelle immediate vicinanze di Aldo Fusi, anch'egli contadino.
Informato del brutale duplice omicidio, il figlio di Aldo, Francesco Fusi, si precipitò presso la caserma dei carabinieri di Borgo San Lorenzo, comandata all'epoca dal maresciallo Michele Falcone.
Le prime indagini si concentrarono principalmente su tre personaggi della zona.
Nello specifico:

1. Un "sedicente mago" di nome Bruno Mocali, all'epoca cinquantatreenne di Scarperia, che il giorno precedente al delitto (13 settembre) aveva ricevuto una visita da Pasquale Gentilcore. Il giovane infatti soffriva da circa tre anni di problemi epatici e proprio al Mocali si rivolgeva spesso, confidando evidentemente nelle sue doti di guaritore. I due avevano così stretto una sorta di amicizia.
Il Mocali, coniugato con figli e claudicante per un problema alla gamba sinistra a seguito di un incidente stradale, rientrò fra i sospettati in quanto, oltre ad essere stato amico della vittima maschile, era un sospetto guardone (su questo punto però non sono mai emersi riscontri documentali), conosceva bene il luogo del delitto e aveva discreta familiarità con le armi (sia da fuoco che bianche). L'uomo subì nell'immediatezza dei fatti una perquisizione che non diede alcun esito.

2. Un ventottenne di Borgo San Lorenzo, tale Giuseppe Francini che, secondo la vulgata mostrologica, si era auto-accusato del duplice omicidio, salvo poi rivelarsi un mitomane.
Volendo però fare chiarezza, è bene precisare che in realtà il suddetto Francini non si era auto-accusato del delitto, ma il giorno successivo si era presentato dai Carabinieri di Borgo San Lorenzo per dichiarare che dalla sua automobile FIAT 850 era sparito un cacciavite e temeva che tale improvvisata arma fosse stata utilizzata per commettere il duplice omicidio (inizialmente infatti gli inquirenti pensavano che la coppia fosse stata uccisa a colpi di cacciavite o di punteruolo).
Durante la tribolata deposizione, in cui il Francini "aveva manifestato segni di incompostezza mentale", il giovane rivelò fra le lacrime di avere sofferto in precedenza di disturbi psichici e di essere perseguitato da qualcuno, senza però fornire ulteriori dettagli in merito.
La testimonianza fu evidentemente giudicata sospetta. Venne messo sotto sequestro il passaporto del Francini e venne disposta la perquisizione della sua automobile e dell'abitazione presso cui viveva con la famiglia. La perquisizione fu eseguita alle 14.30 del giorno successivo, 16 settembre. Non fu trovato nulla di particolarmente significativo.
Piccola nota a margine, l'automobile del Francini non era intestata a lui, ma a una persona che risulta tuttora ignota, in quanto la targa risulta sbianchettata nel relativo verbale dei carabinieri.
In seguito, nel febbraio dell'anno successivo, per disposizione del Giudicie Istruttore, dottor Renato Santilli, furono condotte ulteriori indagini sul Francini, e sulla sua famiglia, in particolar modo sul fratello maggiore, Mauro. Tali indagini non portarono a nulla di rilevante, anche se emersero alcune circostanze che sono ancora oggi argomento di interesse per qualche mostrologo. Per maggiore dettagli vedasi il capitolo Mostrologia minore).

3. In ultimo, sulla base di alcune segnalazioni, venne dapprima attenzionato, in seguito arrestato un quarantenne calabrese, Guido Giovannini, personaggio estremamente sospetto per via dei suoi violenti trascorsi da guardone ed esibizionista nella zona del delitto.
Classe 1934, Giovannini era un operaio specializzato dipendente della ditta Lisi di Borgo San Lorenzo. A far convergere i sospetti su di lui furono:
▪ la testimonianza di due sorelle, Marisa e Maria Villani, che dichiararono ai carabinieri di aver notato separatamente e in due diverse occasioni un giovane nella zona del delitto in atteggiamenti osceni. In questo caso non è tuttavia possibile stabilire con certezza se il soggetto da loro indicato fosse davvero il Giovannini;
▪ alle ore 00:30 del 17 settembre arrivò una telefonata al 113, smistata alla caserma dei carabinieri di Borgo San Lorenzo, di un uomo che, inizialmente in forma anonima, intese denunciare gli atteggiamenti estremamente intimidatori e molesti di un guardone nei confronti delle coppie che si appartavano nelle campagne attorno a Borgo San Lorenzo. La chiamata fu presa dall'appuntato Mario Di Pirro in servizio di turno presso il nucleo Investigativo. Il chiamante si qualificò con estrema titubanza nel corso della stessa telefonata come tal Gino Clusini di Scandicci. Grazie alle indicazioni da lui fornite, il suddetto guardone venne appunto identificato nel Giovannini.
Il Clusini venne poi convocato a Firenze presso la sede del Nucleo Ivestigativo per chiarire la sua posizione. Ivi dichiarò di avere una fidanzata mugellana e di essersi talvolta appartato nelle campagne di Borgo; ribadì le sue accuse, fornendo i nominativi di altre persone (tali Giampiero Giannini e Giuseppe Barbugli) che avevano avuto sfortunati incontri con il Giovannini e dunque avrebbero potuto corroborare la sua testimonianza. Ascoltati in merito, il Giannini e il Barbugli confermarono le dichiarazioni del Clusini;
▪ infine, una lettera anonima, imbucata a Firenze il 16 settembre e arrivata alla caserma dei carabinieri di Borgo San Lorenzo la mattina del 17 (alle ore 9.45), denunciava comportamenti osceni, molesti o addirittura violenti da parte di un guardone nei confronti di coppie appartate nelle campagne di Rabatta. In questa missiva, scritta a macchina su un foglio di carta di riso e firmata "B.B. Firenze", veniva segnalata l'automobile del responsabile di questi atteggiamenti intimidatori, una 127 bianca con targa corrispondente a quella dello stesso Giovannini.
Chi si fosse celato dietro la sigla "B.B. Firenze" non è dato sapersi. È stata ventilata l'ipotesi che potesse trattarsi del Mocali, il quale nel corso delle indagini pare avesse mostrato un certo interesse per la figura del Giovannini. In alcuni ambienti mostrologici è stato, altresì, ipotizzato che potesse essere il Clusini stesso, il quale avrebbe quasi contemporaneamente spedito la lettera e chiamato il 113, per poi presentarsi personalmente a rendere testimonianza. Ci sarebbe da chiedersi, in questo caso, perché il Clusini avrebbe dovuto firmarsi B.B. Firenze.
A tal proposito, in una puntata della trasmissione "La Notte del Mistero" dell'emittente Florence International Radio, la dottoressa Lisa Sequi ha fatto notare come la lettera anonima presentasse uno stile poliziottesco e un particolare errore di spaziatura nell'uso delle virgole. Tale errore è presente in maniera ricorrente anche in due verbali redatti nella caserma dei carabinieri di Borgo San Lorenzo, uno di questi relativo alla perquisizione del Giuseppe Francini. Inutile precisare che l'idea sottesa è che a vergare la lettera anonima e i suddetti verbali fosse stata la stessa mano.
Se a questo aggiungiamo la celerità con cui tale missiva era giunta a destinazione (imbucata il 16/9, consegnata alle 9.45 del 17/9), il sospetto che l'anonima segnalazione fosse nata proprio in seno alla caserma di Borgo come gancio per fare partire le indagini sul Giovannini potrebbe esser lecito.
Ma c'è di più. Difatti, i sospetti sono ulteriormente alimentati da altri due particolari quanto meno bizzarri.
Il primo riguarda un refuso commesso dal carabiniere che ha steso il verbale di perquisizione di casa Francini il 16 settembre; in esso la madre del Francini viene inizialmente identificata come tale Bani. Il nome Bani risulta quindi cancellato e viene riportato il nome corretto della suddetta signora, ovvero Raspanti Arduina. Ora, Bani è il nome della moglie del Giovannini, che in quel 16 settembre ancora doveva entrare nelle indagini (la telefonata del Clusini e la lettera anonima sarebbero arrivate solo diverse ore dopo). Risulta dunque un lapsus piuttosto strano quello del verbalizzante, come se in caserma già circolasse, ancor prima della telefonata e della lettera, il nome del Giovannini quale possibile autore del duplice omicidio.
Il secondo particolare riguarda una curiosa coincidenza: il vice-brigadiere Mario Sciarra, comandante della squadra di Polizia Giudiziaria nella caserma di Borgo, e il signor Gino Clusini erano nati a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro (anno 1944) nello stesso luogo, Caprese Michelangelo, un paesino di un migliaio di abitanti della provincia di Arezzo, celebre più che altro per aver dato i natali al Buonarroti. Anche se non vi è alcuna certezza in merito è più che lecito supporre che i due potessero conoscersi ancor prima che il Clusini decidesse di far partire la propria denuncia. Per un'ulteriore e curiosa coincidenza, anche il giovane Pasquale Gentilcore era nato a Caprese Michelangelo.
Ci sono dunque diversi aspetti che portano a sospettare che il Giovannini possa essere stato un colpevole "nato" in caserma e che le segnalazioni successive fossero servite solo a giustificare le indagini. Segnalazioni, è bene precisare, comunque attendibili, in quanto il Giovannini stesso ammetterà sia la sua attività di guardone, sia di aver avuto degli alterchi con il Clusini e il Barbugli.

A ogni modo, dietrologie a parte, quello stesso 17 settembre scattò un'immediata perquisizione a casa del Giovannini, il quale nel frattempo aveva lasciato Borgo San Lorenzo per questione lavorative. La perquisizione venne effettuata alla presenza di sua moglie, appunto la signora Anna Bani. Nell'occasione vennero sequestrati, fra le altre cose, una roncola macchiata presumibilmente di sangue e alcune carabine non dichiarate. Il giorno successivo, il Giovannini venne fermato in Abruzzo e tradotto in arresto a Firenze. Già durante il viaggio di rientro ebbe modo di dichiarare ai carabinieri che lo scortavano che vi erano alcuni brigadieri e marescialli delle caserme di Borgo e Barberino adusi a svolgere l'attività di guardoni. Ripeté queste accuse anche durante gli interrogatori successivi, senza però mai fare alcun nome. In seguito, gli esami accertarono che le macchie ematiche sulla roncola erano di tipo animale, inoltre un paio di testimonianze scagionarono del tutto il pur molesto guardone, ben presto giudicato estraneo ai fatti e, dopo dodici giorni di carcere, prosciolto da ogni accusa.


Avvistamenti e segnalazioni
Oltre a quelle appena riportate sul Giovannini, si ha riscontro anche delle seguenti segnalazioni:
► Una telefonata anonima, fatta alla Stazione dei Carabinieri di Borgo San Lorenzo poco prima delle 18.30 del 15 settembre 1974, permise alle forze dell'ordine di rinvenire la borsa in tela di Stefania. Questa era stata abbandonata a circa 300 metri di distanza dal luogo del delitto, in un campo di granoturco, a 5 metri dal ciglio della strada che da Rabatta conduceva a Sagginale.
L'oggetto, piuttosto voluminoso, sembrava essere stata lanciato dalla strada ed era appoggiato ad una pianta di grano turco che - evidentemente per questo - risultava piegata. La borsa conteneva al suo interno il portafogli di Stefania, un pullover bianco e una piccola agenda del 1974 riportante numeri di telefono e appunti scritti dalla ragazza. Fra gli appunti, di una certa importanza per le indagini sembrò essere la seguente frase, datata 28 giugno 1974:
"Facciamo le corna, ma per ora con Pasquale vado d'accordo anche se ha sempre in mente quello che gli ho fatto, cioè... Stefano che io non ricordo assolutamente anzi più ci penso e tutto mi sembra un brutto sogno e non so come abbia fatto a... a un... che non se lo merita..."
La borsa, così come gli oggetti contenuti al suo interno, erano completamente puliti, non presentando alcuna traccia ematica.
Nel paragrafo dedicato alle Teorie vedremo come la telefonata anonima e il susseguente ritrovamento della borsa inneschino qualche più o meno legittimo sospetto.
► Secondo la testimonianza di tale Walter Calzolai, che si trovava a transitare in automobile sulla Sagginalese verso le 00:30 del 15 settembre con alcuni amici (tali Daniele Assirelli, Alffredo Pierottoli e Alvaro Bruni), c'era un'automobile ferma, a fari spenti, con la luce interna accesa e la parte anteriore rivolta verso l'imbocco di una strada campestre distante circa 50 metri dal tratturo che conduceva al luogo del delitto. Tale vettura venne identificata come una Simca, una BMW o una Giulia di colore grigio. Nessuno dei presenti notò se ci fossero persone all'interno. Per il Calzolai l'automobile era ferma. Il Pierottoli, invece, ebbe la sensazione che stesse facendo retromarcia.
Considerando che l'azione omicidiaria era iniziata all'incirca un'ora prima e che sicuramente (causa 96 coltellate inferte alla Pettini) si era protratta per un discreto lasso di tempo, non è improbabile pensare che l'assassino in quel momento fosse non lontano dal luogo del delitto e che dunque la vettura vista dal Calzolai potesse effettivamente avere una relazione con il duplice omicidio.
► Un'altra testimonianza che potrebbe essere interessante è quella di una coppia di amici, Paolo Darici e Francesco Lippi, che mentre transitavano sulla Sagginalese la mattina successiva verso le ore 7.15 per andare a funghi, notarono ferme in località Fontanine di Rabatta dapprima un'automobile scura con una persona a bordo (verosimilmente l'automobile del Gentilcore) e successivamente una Giulia color "verdolino", targata Napoli, con tre persone all'interno e una all'esterno, la quale alla vista del motocarro (comunemente detto treruote) del Darici, si affrettò a voltare la testa, come per non essere visto. La persona all'esterno venne descritta come un giovane dai capelli ricci e biondi. Secondo la testimonianza del Darici e del Lippi, la distanza fra le due automobili in linea d'area era di circa 60 metri.
Da notare che all'ora in cui avvenne questo avvistamento, il signor Landi era già arrivato o forse era in procinto di arrivare sulla scena del delitto e scoprire i cadaveri.


Particolarità a Rabatta
● Inizialmente gli inquirenti pensarono a un delitto commesso esclusivamente con arma bianca. Solo in seguito, nei laboratori di medicina legale, sui cadaveri dei ragazzi furono scoperte le ferite prodotte dai colpi d'arma da fuoco. Allertati dai medici legali, gli inquirenti tornarono sul luogo del delitto (dove la macchina era stata nel frattempo rimossa) alla ricerca dei bossoli, trovandone in un numero minore rispetto agli otto colpi esplosi.
Risultò che a sparare era stata una Beretta Calibro 22 Long Rifle (LR) Serie 70. Nessuno all'epoca sapeva ancora che la stessa arma aveva già sparato sei anni prima a Signa per uccidere un'altra coppia.
● I proiettili usati per questo delitto furono Winchester a palla ramata con impresso sul fondello la lettera H, esattamente lo stesso tipo di proiettili con le stesse imperfezioni, provenienti dalla stessa partita del duplice omicidio di sei anni prima.
● Su disposizione del Sostituto Procuratore della Repubblica, dottor Vittorio La Cava, la perizia balistica per il delitto del 1974 fu eseguita dal colonnello Innocenzo Zuntini, lo stesso che aveva eseguito la perizia balistica per il delitto del 1968. Tuttavia Zuntini non collegò i due duplici omicidi che pure coinvolgevano entrambi una coppia. Questo a dimostrazione di come il delitto del 1968 venisse considerato completamente risolto o comunque sicuramente maturato in ambito familiare.
● Dato per certo che Stefania e Pasquale si appartarono poco dopo le 21.30 e che verosimilmente l'attacco del killer con l'arma da fuoco avvenne fra le 23.30 e mezzanotte, c'è un buco di oltre due ore durante il quale nessuno ha visto o saputo nulla dei due ragazzi. Questo ha portato alcuni mostrologi a ipotizzare che ci possa essere stata una lunga interazione precedente all'assalto fra assassino e vittime. Pur essendo questa ipotesi coerente con alcuni particolari della scena del crimine, la maggior parte della odierna mostrologia ritiene tuttavia che l'attacco abbia colto le vittime di sorpresa e che il lungo lasso di tempo precedente all'assalto sia stato trascorso dalla coppia in completa intimità, forse cercando una riappacificazione dopo un periodo turbolento che la coppia aveva vissuto.
● Come accennato nel punto precedente, Stefania e Pasquale venivano da un periodo piuttosto travagliato da un punto di vista sentimentale. Circa un anno prima, precisamente nell'ottobre del 1973 quando lavorava come segretaria presso una ditta di autotrasporti di Barberino del Mugello, Stefania aveva conosciuto un tale Stefano Galanti, ventitreenne studente di Barberino. I due ragazzi avevano avuto un breve flirt, durato circa una ventina di giorni. In quel lasso di tempo il Galanti aveva sovente accompagnato Stefania, al termine del proprio turno di lavoro, da Barberino a Pesciola.
Ascoltato dagli inquirenti dopo il delitto, il Galanti dichiarò di non aver mai avuto rapporti completi con Stefania che anzi gli aveva confidato di essere ancora vergine e difatti gli era sembrata "poco esperta" durante i loro momenti di intimità. Galanti dichiarò anche di non essere a conoscenza di altre relazioni che Stefania avrebbe intrattenuto in quel periodo, tranne quella ufficiale con il suo fidanzato, Pasquale. Inoltre affermò che non ebbe mai la sensazione di essere seguito quando era con Stefania, né quando si appartavano aveva mai notato la presenza di guardoni o avvertito situazioni di pericolo.
Gli inquirenti appurarono che il Galanti per la sera del delitto aveva un alibi. Inoltre scoprirono che altre due persone accompagnavano talvolta la Pettini da Barberino a Pesciola: uno di questi era un giovane di ottima famiglia di nome Francesco Boni, l'altro era tale Ovidio Cartucci, cinquantenne impiegato in una ditta di giocattoli, che Stefania aveva presentato al Galanti come un vecchio amico di famiglia.
Oltre al breve flirt col Galanti, nell'agosto del 1974, vale a dire circa un mese prima del delitto, la giovane Stefania era stata in vacanza a Rimini con le sue cugine, Tiziana Bonini e Carla Bartoletti, e qui aveva conosciuto un tale Andrea di Bergamo, per cui verosimilmente aveva preso una sbandata, sicuramente comune a quell'età. Stando al racconto della cugina Tiziana, in un'occasione, durante un ballo, Stefania aveva manifestato atteggiamenti che denotavano una certa intimità con questo ragazzo bergamasco. Ciò aveva causato la gelosia del Gentilcore che aveva raggiunto Stefania a Rimini e dato vita a una rumorosa scenata.
È dunque possibile che quando, qualche settimana dopo, la sera di sabato 14 settembre, i due ragazzi si appartarono in automobile a Rabatta, avessero parecchio di cui parlare e chiarirsi.
● I vestiti della coppia furono trovati all'esterno della macchina, a circa tre metri dallo sportello destro ai piedi di una vite. Tra questi vestiti c'era anche un paio di pantaloni che il Gentilcore aveva ritirato da una lavanderia di Firenze.
Non erano perfettamente piegati come spesso la vulgata mostrologica ha sostenuto, ma erano comunque puliti, privi cioè di qualsiasi macchia di sangue. Rimane ancora oggi difficile stabilire con certezza come fossero finiti quei vestiti in quel punto. Possiamo limitarci a fare tre ipotesi:
1. i ragazzi si erano spogliati e avevano poggiato di loro spontanea volontà con estrema cura i vestiti all'esterno della macchina prima di concedersi alle loro effusioni amorose. Pur non sapendo bene per quale fine, questa rimane l'ipotesi più probabile;
2. i ragazzi erano stati colti di sorpresa dall'assalitore ma non uccisi subito. Erano stati dunque obbligati a spogliarsi e, tenuti sotto tiro, avevano poggiato i vestiti all'esterno. Questa ipotesi potrebbe contrastare con la ricostruzione dell'assalto che vuole le due vittime colte di sorpresa, ma va sicuramente contemplata. L'avvocato Nino Filastò propende, ad esempio, per questa idea;
3. era stato lo stesso assassino, dopo aver compiuto l'eccidio, a prendere i vestiti dei ragazzi dall'abitacolo della vettura e posarli all'esterno. Questa ipotesi risulta - a parere di chi scrive - poco verosimile in quanto gli indumenti risultavano assolutamente intonsi, senza la più piccola macchia di sangue.
Se tuttavia pensiamo a più autori sul luogo del delitto, ecco che i vestiti potrebbero essere stati raccolti da qualcuno che non si era personalmente occupato dell'uccisione dei due ragazzi.
● Sappiamo con certezza che al termine dell'azione di sparo, la povera Stefania era ancora viva. Vi sono meno certezze sulle sue condizioni di salute, tuttavia, i colpi che l'attinsero oltre a non essere mortali non sembravano tali da produrre ferite di eccezionale gravità. È molto probabile dunque che la ragazza non solo fosse ancora cosciente nel momento in cui il killer cessò di sparare, ma anche in grado in un certo qual modo di difendersi. A questo proposito, fra le ferite rinvenute sul suo corpo c'era un graffio all'altezza del mento, appena sotto il labbro inferiore, che è stato univocamente interpretato come un'unghiata involontaria dell'assassino nel tentativo di tapparle la bocca. Questa ferita dimostrerebbe sia che al termine degli spari la Pettini era quanto meno in grado di urlare, sia che in questa occasione il killer non indossava guanti.
● Le piante dei piedi di Stefania sembrano, almeno a giudicare dalle foto, sporche di fango. Questo secondo alcuni mostrologi avvalora la teoria secondo cui la povera ragazza avrebbe provato persino a fuggire scalza dal suo assalitore, una volta terminata l'azione di sparo. Ma di questo particolare non si fece menzione nell'intero Processo Pacciani, né ha alcuna base di tipo documentale e può essere tranquillamente considerato alla stregua di mera suggestione.
● Come emerge dalla retrospettiva sul delitto di Rabatta, curata dal ricercatore e studioso Francis Trinipet, il giorno prima del delitto (13 settembre 1974), la Pettini aveva fatto alcune guide con l'istruttore Alfredo Lombardi. L'istruttore ebbe modo di dichiarare che quel pomeriggio aveva avuto la sensazione che la loro vettura fosse seguita, ma anche qui non ci sono ulteriori riscontri in merito.
● Nel mese di giugno del 1974, dunque circa tre mesi prima del delitto, la Pettini aveva dichiarato alle cugine (le già citate Tiziana Bonini e Carla Bartoletti) di aver incontrato una persona molto poco piacevole che l'aveva seguita dalla Stazione Centrale di Firenze fino al luogo in cui lei lavorava. Quest'uomo aveva circa 35 anni e un aspetto che le aveva incusso timore. Purtroppo, la testimonianza fornita dalle due ragazze agli inquirenti non fornì ulteriori spunti investigativi e non vi furono riscontri sul tema.
Riportiamo le dichiarazioni di entrambe le ragazze, perché le giudichiamo importanti.
Questa la testimonianza della Bartoletti: "...prima che io e Stefania e Tiziana andassimo al mare, a Rimini dove siamo state dall'8 al 17 agosto 1974, verso il mese di giugno, la Stefania, parlando con me, mi riferiva che in precedenza, a Firenze, era stata seguita da uno sconosciuto, dell'apparente età di anni 35, che le faceva paura, della stazione centrale fino a Novoli, dove lavorava".
Questa la testimonianza di Tiziana Bonini: "...non mi risulta di episodi particolari o di conoscenze fatte da Stefania a Firenze, ad eccezione di un caso che la stessa ebbe a riferirmi, relativamente ad un tale che l'avrebbe seguita dalla Stazione Ferroviaria di Firenze fino alla sua sede di lavoro. Stefania mi riferì di questo tale, che, a suo dire non aveva nei visto in precedenza, senza descriverlo. Questo fatto me lo riferì mesi fa, ma non sono in grado di riferire sulla data esatta".
Anche se la questione è tuttora dibattuta, è da notare che la Bartoletti cita espressamente il quartiere Novoli, dove aveva sede la "Magif" presso cui sempre Stefania aveva svolto il suo ultimo lavoro. Dunque, o c'è stata una libera interpretazione dei verbalizzanti che hanno inteso introdurre di propria sponte il riferimento a Novoli, oppure questo episodio sarebbe avvenuto dopo che la Pettini aveva cominciato a lavorare presso l'azienda "Magif" in via Stradivari, quartiere Novoli.
● A proposito dei lavori svolti, infatti, la Pettini aveva lavorato dal settembre 1973 al gennaio 1974 a Barberino di Mugello come segretaria presso l'azienda di autotrasporti "Cammelli", dove - come visto - aveva conosciuto il Galanti.
Dal gennaio 1974 a giugno/luglio 1974 aveva lavorato presso l'azienda "New-Flex" (leader nel settore delle tende in legno e alluminio) in zona Isolotto a Firenze. Il quartiere Isolotto è confinante con il comune di Scandicci, che curiosamente qualche anno dopo sarebbe divenuto tristemente famoso per i delitti commessi dal Mostro. Tuttavia, è probabile che Stefania lavorasse negli uffici amministrativi dell'azienda, dislocati in piazza dell'Indipendenza, in pieno centro storico a Firenze.
Infine, da giugno o luglio del 1974, la ragazza era stata assunta come fatturista dalla "Magif", ditta di confezioni d'abbigliamento, in Via Stradivari, quartiere Novoli, a Firenze.
● Nel giugno 1974, dunque circa tre mesi prima del duplice omicidio e in un periodo a cavallo del trasferimento di Stefania dall'azienda "New-Flex" alla "Magif", arrivò una telefonata ai carabinieri di Firenze per denunciare la presenza di un auto sospetta, appostata nei pressi del palazzo della "New-Flex", al cui interno era segnalato un uomo dall'aspetto poco piacevole e fortemente equivoco. Vennero svolte alcune indagini e si appurò che tale individuo, iniziali G.C., era di Pontassieve, viveva fra Pontassieve e Firenze, frequentava un edifico di Firenze che era frequentato anche da una futura vittima del Mostro, la Susanna Cambi, infine svolgeva un lavoro che era collegato all'ambiente tipografico. Possono sembrare informazioni prive di alcun valore, se non quella suggestiva relativa alla Cambi, tuttavia, nel 1982, dopo il duplice omicidio di Baccaiano a opera del MdF, venne redatta una nota investigativa dai carabinieri in cui si invitava a svolgere ulteriori indagini e rivalutare la posizione del suddetto individuo. Non è dato sapere quali esiti ebbero queste successive indagini, né se siano mai state effettivamente svolte.
IMPORTANTE: Come vedremo nel paragrafo dedicato alle Teorie e come ampiamente condiviso da buona parte della mostrologia odierna, in questo omicidio è ipotizzabile una conoscenza pregressa fra vittima femminile e carnefice, anche solo unilaterale. Questo potrebbe implicare che il killer avesse puntato e deciso di uccidere proprio quella coppia.
Dando momentaneamente per buona questa possibilità e dato per assodato che - come visto - l'automobile del Gentilcore non venne seguita, è lecito domandarsi come assassino e vittime si fossero ritrovati sul luogo del delitto. Possiamo valutare tre ipotesi:
1. sapendo dove Pasquale e Stefania erano soliti appartarsi, quel sabato sera l'assassino si era appostato con un certo anticipo in loco nella speranza di veder arrivare la giovane coppia;
2. l'assassino arrivò successivamente alla coppia sul luogo del delitto; forse vide uscire Stefania da casa e - mosso da un raptus di gelosia - era corso ad armarsi e in seguito era andato a cercare la coppia nella zona in cui più o meno sapeva si appartava; o forse il killer si aspettava di incontrare la giovane coppia al Teen Club, ma non vedendola arrivare, anche in questo caso andò a cercarla nella zona in cui sapeva si appartavano;
3. l'assassino si trovò a passare dal luogo dell'omicidio per puro caso, vide e riconobbe l'automobile del Gentilcore e, mosso da un impulso di gelosia nei confronti di Stefania, decise di attaccare.
Ognuna di queste ipotesi presenta una discreta varietà di sfaccettature. Se prendiamo per buona l'ipotesi 1, dobbiamo pensare che l'assassino rimase almeno un paio di ore a spiare la coppia prima di passare all'attacco oppure dobbiamo ipotizzare che si palesò molto prima dell'attacco e, armi in pugno, ebbe una qualche interazione con la coppia prima di passare all'azione omicidiaria vera e propria.
Se ipotizziamo invece che l'assassino arrivò alle Fontanine di Rabatta dopo la coppia, dobbiamo considerare che la conformazione del luogo rende piuttosto difficile avvicinarsi all'automobile senza essere visti. Dunque o la coppia era talmente impegnata nella propria intimità e fra effusioni d'amore e musica dal mangianastri, non si accorse di nulla fino agli spari o quasi, oppure si dovrebbe optare per un'ipotesi alla Filastò: un killer in divisa, dunque un'autorità, che si avvicina all'automobile come per controllare i documenti e poi improvvisamente fa partire l'azione di sparo.
A ogni modo, le ipotesi 1 e 2 prevedono che l'assassino arrivò alle Fontanine di Rabatta con il chiaro intento di uccidere la giovane coppia. L'ipotesi 3 prevede invece un incontro casuale e in questo caso nel killer scattò solo in quel momento l'impulso omicida. Dunque, o dovette andare a recuperare le proprie armi oppure erano oggetti che portava sempre con sé.
● A circa un paio di chilometri dal luogo del delitto, su viale fratelli Kennedy, sorgeva un noto e molto frequentato ristorante a conduzione familiare dal nome suggestivo, L'Ape Regina, che a tarda serata si trasformava in sala da ballo. All'epoca il titolare era tale Beppe Corti, detto il boscaiolo, in seguito la conduzione del locale sarebbe stata presa dai suoi due figli gemelli (Loriano e Doriano). La clientela era numerosa e piuttosto variegata e - pare - annoverasse anche diversi guardoni che poi, soprattutto nei weekend, si spostavano verso Rabatta per svolgere la loro incresciosa attività.
Per una curiosa coincidenza, il nome del locale non può non richiamare alla mente il soprannome con cui sarebbe in seguito divenuta tristemente famosa la vittima femminile del delitto di Signa nel 1968, Barbara Locci.
Appare comunque certo che la zona del delitto fosse frequentata da guardoni e ciò lo si deduce oltre che dalle varie testimonianze già riportate in merito, anche dalla presenza di diverse postazioni nascoste fra la vegetazione che ben si confacevano alle esigenze di chi avesse voluto osservare non visto le automobile appartate. Nella stessa prossimità del luogo dell'omicidio vi era, secondo varie testimonianze, una postazione utilizzata da eventuali guardoni. Ciò ha portato alcuni mostrologi a ipotizzare che l'assassino avesse qui potuto nascondersi prima di compiere l'assalto.
● A proposito di guardoni, qualche tempo dopo il delitto, non si sa bene quando ma sicuramente prima del febbraio 1975, era giunta a casa Gentilcore una lettera anonima in cui lo scrivente stilava una lista di guardoni che erano soliti frequentare la zona di Rabatta.
Questa lettera presenta un paio di interessanti particolarità: la prima è che l'indirizzo riportato sulla busta conteneva un errore, essendo indicata come destinatario la famiglia Bonalcore anziché Gentilcore. La seconda è che di questa missiva si è persa ogni traccia, non essendo presente nell'incartamento relativo al delitto. Pur essendo stata presumibilmente smarrita, la sua esistenza risulta certa in quanto citata in almeno un documento ufficiale.
● L'abilità come sparatore del killer in questo delitto, almeno secondo la tesi ufficiale, non risulta così efficace. Ufficialmente si ritiene infatti che la Pettini sia stata finita a coltellate perché l'omicida aveva esaurito i proiettili senza essere riuscito ad ucciderla.
Il celebre criminologo Francesco De Fazio parlò, durante un'udienza del Processo Pacciani, di un assassino che non aveva ancora piena consapevolezza del potere d'arresto della propria pistola; evidenziò inoltre un miglioramento come sparatore negli omicidi che commise successivamente. Questa affermazione ovviamente contrasta con l'idea che vuole l'autore dei delitti appartenente alle forze dell'ordine o un ex componente di un qualche apparato militare.
● In relazione al punto precedente, è corretto riportare la risposta del generale Ignazio Spampinato, esperto balistico, alla domanda dell'avvocato di parte civile Aldo Colao, durante il Processo Pacciani sull'abilità dimostrata nei delitti dall'assassino con l'arma da fuoco. Secondo il militare risultava difficile valutare l'abilità dello sparatore in quanto i colpi venivano solitamente esplosi da distanza piuttosto ravvicinata su vittime completamente inermi, colte di sorpresa, con una pistola di modesto calibro, facile, maneggevole ed estremamente efficace da una distanza limitata.
● Ancora oggi, risulta molto dibattuta la dinamica del delitto, in special modo da quale lato dell'automobile il killer ebbe modo di sparare i primi colpi. Il colonnello Innocenzo Zuntini, nella sua perizia, ipotizzò che l'attacco fosse avvenuto dal lato passeggero, quindi dalla destra dell'automobile e a favore di questa ipotesi deporrebbe - a suo dire - la frantumazione del finestrino sinistro verso l'esterno della macchina, quindi con colpi provenienti da destra. Inoltre, Zuntini ipotizzò che il killer avesse esploso complessivamente 11 colpi.
Nel corso degli anni, dal professor De Fazio in poi, questa dinamica è stata completamente rivista. Oggi si tende a dar maggior credito a un totale di 9 colpi esplosi e a un attacco molto probabilmente avvenuto da sinistra, come testimonierebbero i bossoli ritrovati all'altezza della ruota posteriore del lato conducente dell'automobile.
Giova, in ogni caso, ricordare che quando i bossoli vennero repertati, la vettura era già stata portata via e che verosimilmente molte persone avevano calpestato e inquinato la scena del delitto.
● A proposito della dinamica del delitto, il criminologo Enea Oltremari che recentemente si sta interessando alla vicenda, ha fatto notare quella che può essere un'importante differenza fra i primi due omicidi storicamente attribuiti alla cosiddetta serie del Mostro di Firenze, quello del 1968 a Signa e quello del 1974 a Borgo San Lorenzo. Nel 1968, contro una coppia matura e decisamente più scafata (Locci e Lo Bianco erano entrambi sulla trentina ed avevano frequentazioni con persone che bene o male gravitavano attorno ad ambienti più o meno delinquenziali), il killer si mostrò freddo e deciso, arrivando ad aprire lo sportello e a far fuoco contro la coppia in maniera diretta, senza frapporre fra sé e le vittime nessun tipo di muro. Nel 1974, invece, contro una coppia giovanissima (Pettini e Gentilcore erano entrambi poco più che maggiorenni) e decisamente meno avvezza a frequentare situazioni e personaggi loschi, il killer si mostrò o si sarebbe mostrato più impacciato: sparò attraverso il finestrino, frapponendo distanza fra lui e le vittime; non riuscì ad uccidere la ragazza con l'arma da fuoco e fu dunque costretto a ricorrere al coltello per uccidere la Pettini (unico caso, a parte il delitto di Scopeti in cui il mostro uccide una sua vittima col coltello). Questo, sempre secondo l'idea di Oltremari, porta a pensare a due assassini diversi, dunque di conseguenza a due delitti con motivazione diverse (il primo maturato in ambiente familiare, dal secondo in poi di tipologia maniacale).
IMPORTANTE: Un punto su cui porre attenzione riguarda il numero di colpi esplosi dal MdF in questa occasione, che sappiamo essere otto o nove. Si suole infatti spesso sostenere che il mostro terminò i colpi senza esser riuscito ad uccidere la Pettini. Il senno di poi ci dice che in tre delitti successivi il mostro sparerà nove colpi di arma da fuoco contro le vittime, dunque è certo che la pistola del MdF potesse contenere (almeno) nove colpi: presumibilmente otto nel caricatore e uno in canna.
Se il killer avesse sparati nove colpi, non si pone alcun problema, in quanto durante l'assalto aveva terminato i proiettili ed è quindi stato "obbligato" a uccidere la povera Pettini con l'arma bianca. Se invece avesse sparato otto colpi, abbiamo tre possibilità da valutare:
1. il MdF, giovane e inesperto, non aveva ancora scoperto la possibilità di inserire un ulteriore colpo in canna, quindi in questo delitto la pistola aveva esclusivamente otto proiettili a disposizione, terminati i quali senza riuscire ad uccidere la Pettini, aveva effettivamente esaurito i colpi;
2. come sostiene il criminologo Valerio Scrivo, a Rabatta il killer non aveva finito i colpi, ma volontariamente aveva estratto viva la Pettini dall'auto per ucciderla con il coltello;
3. pur claudicante e ferita da tre colpi d'arma da fuoco, la Pettini aveva provato la fuga; il killer aveva reputato una scelta migliore inseguirla e finirla col coltello, piuttosto che provare a fermarla sparandole dietro l'ultimo colpo di pistola.
Resta inteso che queste rimangono pure e semplici supposizioni, anche perché non sappiamo se - come parte dell'odierna mostrologia ritiene - il killer portasse con sé durante i suoi assalti alle coppie un altro caricatore, da utilizzare per ogni evenienza.
● Le sevizie sul corpo di Stefania furono così feroci da provocare lo svenimento di un carabiniere della scorta mentre venivano proiettate in aula le foto del cadavere durante la deposizione del medico legale, il dottor Mauro Maurri, in un'udienza del processo Pacciani (26 Aprile 1994).
● Fra le coltellate inferte al povero Pasquale Gentilcore, ce n'è una che viene giudicata mostrologicamente interessante, in quanto inferta al fegato del ragazzo. Questo ha solleticato la fantasia di alcuni mostrologi che ricollegano la suddetta coltellata con i problemi epatici di cui soffriva Pasquale e che lo avevano portato a conoscere e stringere una certa amicizia con il già citato Bruno Mocali. Ci sarebbe, dunque, secondo costoro, un non meglio specificato collegamento fra la coltellata e il Mocali stesso.
● Come visto, l'assassino infilò un tralcio di vite nella vagina della povera Stefania senza esercitare alcuna pressione. Molti hanno visto nell'utilizzo della pianta di vite per seviziare e umiliare la ragazza un gesto di chiara matrice esoterica. In realtà è possibile che il feroce omicida si sia servito di un tralcio di vite perché a ridosso dell'automobile dei ragazzi c'era proprio una vigna e quindi abbia facilmente attinto all'oggetto a lui più vicino per compiere la macabra penetrazione.
IMPORTANTE: Come visto, la borsa di Stefania venne portata via dall'assassino e lasciata a circa 300 metri dal luogo del delitto in un campo di grano turco a 5 metri dal ciglio della strada che da Rabatta conduceva a Sagginale. A segnalare il luogo dove sarebbe stato possibile ritrovare la borsa era stata una telefonata anonima giunta ai carabinieri di Borgo San Lorenzo il giorno dopo verso le 18.30. All'interno della borsa vennero rinvenuti alcuni effetti personali della Pettini, fra cui un pullover bianco e un'agenda. Da notare che sia borsa che maglione erano perfettamente puliti, non presentando alcuna macchia di sangue.
Durante un'udienza del Processo Pacciani, la mamma di Stefania, la signora Bruna Bonini, dichiarò che la borsa della figlia le fu restituita dai carabinieri solo un paio d'anni dopo il delitto ed era completamente vuota.
Durante questa deposizione emerse anche il problema del reggiseno di Stefania, di cui non vi è traccia nel verbale di sequestro dei carabinieri di Borgo. La signora Bonini dichiarò, difatti, che all'epoca del delitto lei stessa aveva notato l'assenza fra gli effetti personali della figlia di un reggiseno di colore rosso. Aveva quindi fatto presente questa mancanza ai carabinieri. Qualche giorno dopo le era stato comunicato dagli stessi carabinieri il ritrovamento dell'indumento. Non si sa tuttavia bene dove fosse stato rinvenuto.
Il criminologo Valerio Scrivo riporta nel suo libro "Il Mostro di Firenze esiste ancora" che l'indumento era stato recuperato a una cinquantina di metri di distanza dal luogo in cui era stata rinvenuta la borsa. Da dove, però, lo Scrivo abbia desunto questa informazione non è dato saperlo. Certo, nulla impedisce che il reggiseno possa essere stato portato via dal killer che poi se ne sarebbe disfatto contemporaneamente alla borsa. Ipotesi contemplata anche dal già citato criminologo Francesco De Fazio, che nella sua perizia accenna "in linea di mera ipotesi" alla possibilità che l'indumento possa essere "stato asportato e trattenuto dall'omicida".
Secondo il noto blogger Antonio Segnini è anche possibile che il reggiseno possa essere stato trovato sul luogo del delitto e che per semplice dimenticanza non fosse stato riportato nel verbale di sequestro. In seguito alla segnalazione della signora Bonini, i carabinieri di Borgo avrebbero accennato - a mo' di giustificazione - a un ritrovamento successivo.
Non avendo ulteriori informazioni in merito, risulta difficile propendere per l'una o per l'altra ipotesi (si ringrazia a tal proposito l'utente Grantottero per la segnalazione nei commenti in calce a questo capitolo, NdA).
● Secondo quanto riporta il già citato avvocato Nino Filastò, sul cruscotto dell'automobile della coppia venne ritrovato il libretto di circolazione della vettura (in realtà sarebbe stato ritrovato sul tappetino anteriore dell'auto). Questo ha portato molti a ritenere che l'omicidio di Rabatta ben si adatterebbe alla teoria dell'assassino in divisa proposta dallo stesso Filastò. Come vedremo, un particolare analogo verrà riscontrato anche nei due delitti successivi.
● Negli ambienti mostrologici circola la voce che il pomeriggio stesso del duplice omicidio, la Pettini avesse dichiarato a un'amica (forse una delle due cugine, forse la Daniela Lisi) di essere stata sgradevolmente importunata da un uomo. L'arrivo della mamma di Stefania aveva interrotto il discorso fra le due ragazze. Tuttavia, nei verbali non vi è traccia di questo particolare e anche nel processo Pacciani non vi fu alcun riferimento a questo episodio. Può essere - almeno fino a prova contraria - dunque derubricato a semplice diceria mostrologica.
● In giorni molto prossimi al delitto, nel Mugello si aggirava curiosamente (o forse no) Francesco Vinci, già indagato per il delitto di Signa e futuro indagato per i delitti del MdF. È bene subito precisare che, a differenza di quanto si sente dire in quasi tutti gli ambienti mostrologici, il Vinci non era a Borgo San Lorenzo in quei giorni, ma a Barberino del Mugello, una ventina di chilometri a nord-ovest. È invece vero che il Vinci fosse inferocito con l'amante perché mentre lui era in carcere, questa era fuggita da casa del Vinci stesso ed era ritornata a Barberino nell'abitazione della propria mamma. Qui Francesco Vinci era andato appunto a cercarla e, non trovandola, aveva dato vita e una clamorosa sfuriata (per maggiori dettagli, vedasi il capitolo dedicato a Francesco Vinci).
● È sempre stata ricorrente la vulgata mostrologica secondo cui nello stesso periodo in cui si compiva il delitto Gentilcore-Pettini, il dottor Francesco Narducci, altro futuro sospettato per i delitti del Mostro, si trovasse a Firenze per svolgere il servizio militare. Secondo tale vulgata, la caserma presso cui il dottore aveva prestato servizio era dalle parti di via Stradivari, la via in cui da poco lavorava la Pettini. Inoltre, a completare il quadro dei sospetti, sempre secondo la predetta vulgata, subito dopo il settembre 1974, Narducci si era fatto riformare ed era tornato nella sua Perugia.
In realtà, stando al cosiddetto dossier Pasquini risulta appurato che il dottor Narducci non hai mai svolto il servizio militare a Firenze, né in nessun'altra città, in quanto "risulta essere stato riformato in sede di pre-chiamata alle armi all'ospedale militare di Roma il 15/11/1974 in base all'Art. 90E.L., foglio ministeriale 2141, e in data 21/03/1975 dal distretto militare di Perugia".
Per maggiori dettagli sulla figura di Francesco Narducci e sul predetto dossier Pasquini si veda il capitolo Il medico di Perugia.
● La sera del delitto, a casa degli zii di Stefania (i genitori di Carla Bartoletti), casa praticamente confinante con quella della famiglia Pettini, c'erano alcuni parenti provenienti da Campi Bisenzio. Nello specifico era presente il signor Gino Chini (nato a Vicchio nel 1926 e residente appunto a Campi Bisenzio) e la moglie.
● Nel maggio del 1951, Vincenzo Gentilcore, padre della vittima maschile, era stato condannato a otto anni di reclusione per omicidio preterintenzionale: aveva infatti ucciso con una sassata una ragazza dopo un litigio scaturito dallo sconfinamento di animali durante il pascolo. Tale omicidio era avvenuto nel beneventano, dove la famiglia Gentilcore aveva vissuto prima di trasferirsi in Mugello. Per qualche tempo venne valutata l'ipotesi di un collegamento fra i due delitti e dunque di un'eventuale vendetta trasversale.
● Il primo giugno 1976 comparve sul luogo del delitto una misteriosa scultura in memoria di Stefania e Pasquale che portò gli inquirenti a fare le più disparate congetture. Appurato che nessuno della famiglia Pettini o Gentilcore e nessuno degli amici della coppia avesse eseguito o fatto eseguire tale installazione, gli inquirenti ipotizzarono una sorta di rivendicazione del duplice omicidio da parte dell'autore stesso o di un eventuale mandante, prendendo dunque in considerazione che il duplice omicidio potesse essere stato commesso per vendetta.
Alla fine, si scoprì che l'autore della scultura era tale Arduino Parigi, cinquantacinquenne artista mugellano, il cui fine era solo quello di ricordare le giovani vittime.
● Si è sparsa la voce che alcuni anni dopo il delitto, mano ignota avesse manomesso la tomba della Pettini nel cimitero di Borgo San Lorenzo. In realtà non si hanno riscontri documentali in merito.


Mostrologia a Rabatta
Il delitto di Rabatta ha sempre interessato in maniera particolare l'odierna mostrologia, in quanto spesso viene giudicato il delitto chiave della serie, quello da cui sarebbe originata la follia omicida del killer, e che potrebbe fornire i maggiori spunti di indagine.
Fra gli aspetti giudicati maggiormente interessanti sono le 96 coltellate inflitte alla povera Stefania Pettini e il "furto" e successivo ritrovamento della borsa.

1. Le 96 coltellate
Vi sono due diverse interpretazioni in merito:
► Una prima ipotesi, caldeggiata da diversi mostrologi, ritiene che almeno in questo delitto il MdF conoscesse la vittima femminile: le 96 coltellate indicano infatti un accanimento brutale verso la donna, quasi a denotare odio e rancore maturati nel tempo o comunque tipici di una conoscenza pregressa.
Come affermava il compianto dottor Stefano Galastri, ben noto negli ambienti mostrologici come De Gothia, non è detto che la conoscenza fra l'assassino e la Pettini dovesse essere obbligatoriamente profonda o addirittura reciproca. Poteva benissimo trattarsi di conoscenza unilaterale. Per la serie, il MdF si era invaghito di Stefania e aveva preso a seguirla ovunque senza che lei neanche sapesse chi fosse.
Decisamente più radicale è la teoria del criminologo Valerio Scrivo, che ha fatto del delitto di Rabatta il proprio cavallo di battaglia, ritenendo infatti questo l'omicidio chiave della serie. Secondo lo Scrivo, il MdF non solo conosceva ma anzi era amico, forse vicino di casa, sicuramente assiduo frequentatore della famiglia Pettini e probabilmente segretamente innamorato di Stefania. La uccise mentre era appartata con il ragazzo, mosso da un impeto di rabbia e gelosia. Sempre attendendoci a tale teoria, l'autore dell'omicidio avrebbe evitato di proposito di uccidere la ragazza con la pistola in modo da poterla finire con l'arma bianca (questo tornerebbe con l'ipotesi che il MdF avesse ancora un colpo nel caricatore).
Al termine del delitto il killer avrebbe poi effettuato un depistaggio andando a posizionare borsa (e secondo lo stesso Scrivo anche il reggiseno) lontano dal luogo del delitto al fine di far credere agli inquirenti di essere fuggito in una particolare direzione e di essersi disfatto degli oggetti durante la fuga. In realtà poi il killer sarebbe tornato sui suoi passi per fuggire dalla parte opposta. In questo modo si spiegherebbe la telefonata anonima con cui veniva segnalata la borsa, evidentemente effettuata dall'assassino. Infatti, secondo Scrivo, era importante che la borsa venisse rinvenuta al più presto e che gli inquirenti credessero sin da subito che l'autore del duplice omicidio fosse fuggito nella direzione opposta a quella da lui realmente intrapresa.
La "teoria Scrivo" presenta comunque diverse lacune, fra cui una particolarmente tranciante: come aveva fatto notare il maresciallo Falcone durante il Processo Pacciani, il luogo in cui venne ritrovata la borsa dava poche indicazioni sulla via di fuga dell'assassino, perché passando da lì (a piedi o in automobile) si sarebbe potuto andare ovunque.

► Una seconda possibile interpretazione delle 96 coltellate è che queste fossero indipendenti da un'eventuale conoscenza fra vittima e carnefice, ma fossero semplicemente state il preludio alle escissioni degli anni successivi in un crescendo di follia e di violenza maturate di delitto in delitto (teoria avvallata dai medici legali, professori De Fazio e Maurri). In pratica il MdF avrebbe iniziato nel 1974 circoscrivendo tramite punture di coltello alcune parti anatomiche della donna (dalle foto si evincono cinque coltellate che circoscrivono il pube di Stefania, altre punture circondano il seno destro, mentre il seno sinistro è attraversato dai colpi mortali), in seguito sarebbe passato all'escissione del pube (entrambi i delitti del 1981), infine all'escissione sia del pube che della mammella sinistra (delitti del 1984 e 1985).

Si noti comunque che De Fazio, pur avallando l'idea di un crescendo di violenza del killer, nella sua perizia del 1984 egli stesso parlerà di possibile conoscenza fra vittima femminile e carnefice in occasione di questo delitto.
A oggi, la conoscenza reciproca o unilaterale fra il MdF e la Pettini rimane un'interpretazione non universalmente accettata ma che sicuramente incontra i favori di buona parte dell'universo mostrologico.


2. Furto, abbandono e ritrovamento della borsa
Sono molteplici le teorie che riguardano sia le motivazioni che avrebbero spinto l'assassino a portarsi dietro la borsa della vittima femminile per poi lasciarla a circa 300 metri di distanza dal luogo del delitto, sia le modalità con cui l'oggetto sarebbe stato abbandonato, sia le ragioni della segnalazione ai carabinieri.

Per quanto riguarda il furto:
► il killer potrebbe aver avuto desiderio di portar con sé qualche effetto personale della ragazza, salvo poi ripensarci, per un qualsiasi motivo, strada facendo o addirittura il giorno successivo;
► oppure, come già visto a proposito della cosiddetta "Teoria Scrivo", il killer avrebbe sottratto dal luogo del delitto la borsa per mettere in atto una specie di non meglio specificato depistaggio.

Per quanto riguarda le modalità di abbandono, la borsa fu ritrovata in una scarpata sulla destra (considerando il senso di marcia di una vettura) oltre il bordo della strada. Sembra difficile credere che sia stata scagliata da un'automobile in corsa, in quanto non sarebbe stato agevole per l'assassino alla guida lanciarla oltre il finestrino destro della vettura. A meno, ovviamente di non pensare a due o più complici che fuggono dal luogo del delitto in automobile.
Se escludiamo comunque la possibilità di piú autori, possono essere contemplate altre possibilità:
► l'assassino, per forza di cose un locale, potrebbe essere fuggito a piedi e aver abbandonato la borsetta durante il tragitto;
► l'assassino potrebbe essere fuggito su un ciclomotore e da tale mezzo non aver avuto alcuna difficoltà a lanciare la borsa oltre il bordo della strada. Secondo alcune correnti mostrologiche questa tesi ben si adatterebbe alla posizione della borsa fra i rovi, con una piantina di granturco schiacciata dal peso della stessa.
Si noti, a questo proposito, come parlando del duplice omicidio di Signa si era accennato al fatto che la Locci nei giorni precedenti all'omicidio fosse stata importunata da qualcuno in motorino.
Ricordiamo, infine, che sia Francesco Vinci, sia Giancarlo Lotti, entrambi futuri indagati per i delitti del MdF e secondo alcune correnti mostrologiche (quella Sardista e quella Lottiana) i reali autori di questi delitti, all'epoca si muovevano proprio su un ciclomotore.
► Esiste anche la concreta possibilità che la borsa possa essere stata abbandonata non la sera stessa del delitto, ma il giorno successivo, poco prima cioè che la telefonata anonima ne segnalasse la presenza ai carabinieri.
Il fatto, ad esempio, che la borsa fosse completamente priva di tracce ematiche, a dispetto di un killer che doveva essere ben sporco di sangue, ha portato alcuni mostrologi a ritenere che in realtà l'assassino l'avesse portata con sé fin nella propria abitazione e qui l'avesse pulita da qualsiasi traccia con il chiaro fine di conservarla a mo' di souvenir. Solo il giorno successivo, forse temendo per un qualsiasi motivo una perquisizione, avrebbe deciso di disfarsene in prossimità del luogo del delitto, avvisando quindi le forze dell'ordine per permetterne il ritrovamento.
Tuttavia, a parere di chi scrive, quest'ultima possibilità regge poco. L'idea di un killer che pulisce così bene la borsa di Stefania fino a rimuovere qualsiasi traccia ematica, ivi compresi aloni, risulta molto poco credibile. Appare più credibile la possibilità che la borsa non fosse macchiata di sangue perché prelevata e portata da via da qualcuno che non era stato direttamente l'autore dell'efferato duplice omicidio.

E veniamo all'ultimo punto piuttosto dibattuto, perché permetterne il ritrovamento.
Partiamo dal presupposto che difficilmente qualcuno che non avesse sottratto la borsa dal luogo dell'omicidio avrebbe potuto notarla e segnalarla anonimamente ai carabinieri, dunque partiamo dal presupposto che l'anonimo telefonante fosse anche colui che l'aveva nascosta (lanciata?) fra le piante di grano turco. In altre parole, l'anonimo era il killer o qualcuno molto vicino allo stesso.
Stabilito questo, la segnalazione anonima non può prescindere dalle seguenti spiegazioni:
► come sostiene il criminologo Scrivo, abbandonando la borsa, l'assassino aveva messo in atto un depistaggio. Era, dunque, importante che la stessa venisse ritrovata affinché il suddetto depistaggio andasse in porto e le forze dell'ordine credessero in una determinata via di fuga dell'assassino, non indagando altrove. Abbiamo, tuttavia, già visto il grosso limite di questa ipotesi;
► l'assassino o qualcuno a lui vicino aveva portato con sé l'oggetto. In seguito, aveva temuto o era venuto a conoscenza di una perquisizione da parte delle forze dell'ordine. Di qui l'esigenza di disfarsi del compromettente oggetto e segnalare ai carabinieri il luogo dove sarebbe stato possibile ritrovarlo, nella speranza che la perquisizione non avesse avuto più ragion d'essere;
► non vi è alcun tipo di motivazione logica nella segnalazione anonima, ma questa è frutto solo del bisogno da parte del killer di interagire con le forze dell'ordine.

Fra le tre ipotesi, la seconda sembrerebbe quella più interessante, anche perché è quella che ha un preciso aggancio con gli eventi narrati. Si ricordi, infatti, che la telefonata e il successivo rinvenimento della borsa sono da collocarsi nel lasso di tempo che intercorre fra la deposizione del Francini e la successiva perquisizione nella sua abitazione.
Per maggiori dettagli si veda il paragrafo dedicato al già citato Giuseppe Francini nel capitolo Mostrologia minore.


73 commenti:

  1. Gentile Sorrenti, innanzitutto complimenti per il suo ottimo blog.

    Vorrei pero' notare che, a mio avvviso, l'ipotesi che i vestiti dei ragazzi siano stati portati fuori dall' abitacolo e adagiati sul terreno dall'assassino e' del tutto verosimile. Innanzitutto, probabilmente questa non fu l'unica volta che il MdF ebbe a manipolare i vestiti delle sue vittime. A Scopeti, i pantaloni del ragazzo francese verngono ritrovati puliti vicino al suo cadavere. Ci sono buone probabilita' che sia stato l'assassino a spostarli. A Calenzano, il maglione del ragazzo viene ritrovato pulito, a mo' di cuneo, sotto i suoi glutei, quando invece la camicia che indossa e' del tutto insanguinata. Quel maglione fu molto probabilmente spostato dall'assassino.

    Inoltre, esistono altri serial killer che hanno manipolato i vestiti delle loro vittime. Ad esempio, Richard Cottingham (aka "the torso killer"), in una circostanza uccise una ragazza in una camera di motel, la smembro', e dopo ripose i sui vestiti puliti, perfettamente impilati, nella vasca del bagno.

    A me sembra evidente che la manipolazione dei vestiti facesse parte delle fantasie dell'assassino. Quale fosse il significato di tutto cio' non e' dato saperlo. Il senso comune in questo non ci aiuta. Ma questo non e' un buon motivo per ritenere l'ipotesi inverosimile.

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    1. Ciao, innanzitutto ti ringrazio per il commento e per i complimenti.
      Per rispondere alla tua ottima osservazione, vorrei farti notare che non ho reputato inverosimile da un punto di vista concettuale la teoria dell'assassino che sposta i vestiti, ma semplicemente da un punto di vista pratico, in quanto quei vestiti erano assolutamente puliti. Considerando la dinamica dell'attacco, il probabile stretto contatto fisico con la povera Stefania e la necessità di finirla con il coltello, è molto probabile che il killer fosse già vistosamente lordo di sangue ancor prima di cimentarsi con le 96 coltellate. In questo contesto, ipotizzare che abbia recuperato quei vestiti dall'angusto abitacolo della 127 dove era appena avvenuto un massacro e li abbia delicatamente posati all'esterno senza che questi presentassero il minimo sbaffo di sangue di sangue, a me sembra non molto verosimile. Poi, per carità, tutto può essere.
      Ancora una cosa, niente da dire sul maglione del Baldi, che rappresenta difatti un'anomalia, ma sui pantaloni di Jean-Michel non vi è molta chiarezza: se ti riferisci a quelli di taglia 44 su cui è stato isolato del DNA ignoto, almeno stando agli atti*, sarebbero stati rinvenuti nella tenda e non accanto al cadavere.
      * "Un profilo maschile, battezzato “uomo sconosciuto 1“, differente da quello della vittima Jean Michel Kraveichvili è stato isolato su una paio di pantaloni taglia 44 presenti nella tenda».

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  2. Ciao Luigi, grazie per il chiarimento e le ulteriori osservazioni.

    Sono ovviamente d'accordo con te sul fatto che, essendo stato presumibilmente insanguinato, e' difficile ipotizzare che l'assassino abbia toccato i vestiti dei ragazzi, che risultatoro puliti. Ma a mio avviso, questa e' un'altra delle tante circostanze che caratterizzano la vicenda del MdF, dove ci si trova costretti a scegliere quella che sembra essere la piu' verosimile tra una serie di ipotesi inverosimili, se cosi' mi posso esprimere.

    Ora, sempre che non si creda alla presenza di piu' persone sulla scena del delitto, l'alternativa all'idea che i vestitit furono spostati dall'assassino e' quella secondo cui i vestiti vennero spostati dai ragazzi stessi. Ma davvero vogliamo pensare che i ragazzi, prima di lasciarsi andare alle loro effusioni amorose, si fossero preoccupati di prendere buona parte dei loro vestiti per adagiarli fuori dall'abitacolo? Sarebbe una cosa piu' unica che rara. Oltretutto, perche' il giubbotto di Pasquale sarebbe stato trovato anch'esso fuori dall'abitacolo, per terra, ma dal lato opposto dell'auto? Tutto cio' non ha veramente senso.

    A questo punto ha piu' senso immaginare che l'assassino avesse modo di pulirsi o lavarsi alla fine delle sue orrende operazioni, per poi manipolare la scena in base a peculiarissime parafilie che solo lui, forse, potrebbe spiegare. E del resto, ribadisco, il maglione trovato pulito sotto al corpo del ragazzo a Calenzano fu molto probabilmente manipolato dall'assassino, che anche in quell'occasione si era sicuramente lordato di sangue.

    Riguardo ai pantaloni di Scopeti (si, mi riferisco a quelli nella cui tasca venne identificato del DNA ignoto), e vero che i verbali li collocano dentro la tenda. Ma una serie di fotografie della scena del crimine riportate alla luce da Paolo Cochi dimostrano in modo incontrovertibile che, in realta', i pantaloni (anch'essi puliti, se ricordo bene) furono ritrovati vicino al corpo del ragazzo (https://www.youtube.com/watch?v=fh9fNlc2gDk). A meno di non credere che il povero Jean-Michel, mentre l'assassino uccideva la sua compagna, si fosse preoccupato di cercare i pantaloni, afferrarli, e scappare con questi in mano, la cosa piu' plausibile e' il loro spostamento dal parte dell'assassino, a crimine compiuto.

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    1. Non ha senso? L'assassino cerca i documenti vuole sapere via e nomi delle sue vittime che di sicuro non conosce

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  3. il mostro fruga nelle borse e nelle tasche per un semlicissimo motivo, vuole sapere chi sono le vittime come si chiamano dove abitano per assaporare per primo la scena quando avvertiranno le famiglie.

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    1. lui vuole essere il primo a sapere il nome di chi e' morto per mano sua.

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  4. Luigi buongiorno.
    Non mi soffermo sui complimenti per la qualità della tua iniziativa giacchè la vedo ampiamente (e giustamente) riconosciuta da tutti. Se mai vorrei sottolineare l'equilibrio e la moderazione delle tue opinioni, qualità poco frequentate in rete.
    Ti chiedo un sintetico punto di vista sulla circostanza (a mio avviso non abbastanza dibattuta nella dottrina mostrologica) dell'intervallo temporale fra questo omicidio e i successivi.
    Non avendo competenza specifica nel campo dei serial killer non posso spingermi a definirla anomala, ma mi ha sempre colpito il lasso di 7 anni fra questo omicidio e quello di Mosciano contrapposto all'estrema concentrazione dei successivi (dall'81 al 85).
    Grazie.
    Giuseppe

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    1. Buongiorno Giuseppe, mi scuso con il ritardo con cui rispondo, ma solo ultimamente sto riprendendo le fila di questi scritti.
      Grazie per i complimenti.
      Riguardo la tua domanda, non sono un criminologo, ma un semplice storico/narratore di questi tragici fatti. Posso perciò ripsonderti in maniera molto generica.
      La letteratura sui serial killer ci dice che periodi più o meno lunghi cosiddetti di cooling-off esistono, soprattutto all'inizio della serie omicidiaria; intervalli di quiete apparente fra un omicidio e l'altro che si diradano con tempo, fino poi a una fitta esplosione di violenza.
      In questo senso non è propriamente un'anomalia la parabola temporale del MdF.
      Certo che poi spiegazioni alternative a questo andamento temporale potrebbero essere molteplici e disparate, anche a seconda se si includa il 68 o meno.

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  5. Buongiorno Luigi, complimenti per l'interessante blog.
    Per quanto riguarda la borsa e il reggiseno rinvenuti a distanza dal luogo del delitto, un' ipotesi non considerata ma a mio parere attendibile è quella che siano stati spostati da qualcun altro, ad esempio qualcuno arrivato sul luogo del delitto prima degli altri e che ha trafugato gli oggetti per poi abbandonarli, ad esempio dopo aver prelevato dalla borsa denaro o altro.

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    1. Ciao, sì è un'ipotesi plausibile. Unica controindicazione: se i vestiti fossero rimasti in auto durante l'eccidio, una pur minima traccia di sangue avrebbero dovuto averla... invece erano perfettamente puliti e piegati con cura.

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  6. E se i vestiti li avessero messi i due ragazzi o uno di loro perché richiesto da un mago ? Ricordate che è emerso nei processi che i ragazzi venivano individuati perché si rivolgevano a maghi , magari solo 1 di loro , ( nel processo è emerso il mago Indovino ) per fare legami d’amore e veniva chiesto di dire dove , quando con orario , targa di macchina si fossero appartati . Veniva chiesto identità o foto …. Se fosse stato chiesto di mettere i vestiti vicino alla vite come rituale ( la Pettini è stata poi seviziata con un tralcio come rituale ) . E in effetti il Gentilcore era amico di un mago , quindi frequentava l’ambiente . Una domanda : qualcuno sa come è morto il mago di Scarperia ? Per curiosità .

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    1. Ma su tutto il discorso dei ragazzi che si rivolgevano a maghi per farsi preparare filtri d'amore, non c'è una singola sparuta prova che sia vero! Nulla di nulla nella maniera più assoluta!
      L'unica cosa che si sa è che Pasquale si rivolgeva al Mocali per tutt'altri problemi (epatici).

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  7. Ho chiesto solo come è morto il Bruno Mocali a meno che non sua vivo e abbia più di 100 anni . Non ho scritto che sia coinvolto , ho scritto altro . Cioè che i maghi sono implicati è lo stesso Giuttari che lo riferisce in processo : c’è una testimonianza importante : una ragazza fu avvicinata in Chianti dal mago Indivino e le fu chiesto se volesse un filtro d’amore e per farlo avrebbe dovuto dire dove si incontrasse con il fidanzato , orario, targa della macchina . Lo stesso Giuttari ipotizza che fosse questo il modo di adescamento delle coppie . L’interesse esoterico accumuna le vittime del mostro . È particolare dico che anche tra gli interessi del Gentilcore ci fossero conoscenze di maghi e fosse tea l’altro in litigio con la fidanzata per gelosie , una ragazza molto bella e vivace molto corteggiata , forse un motivo per ricorrere a legami d’amore fatti da sedicenti maghi . Non è affatto strampalata la deduzione che proprio al ragazzo fosse stato detto di compiere un rituale la sera dell’incontro .

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    1. Ciao, scusami se nella mia risposta precedente ti sono sembrato scortese, in realtà andavo semplicemente di fretta e non mi sono soffermato più di tanto a spiegare. Mea culpa.
      Comunque, ho inteso bene ció che hai detto e mi riferivo proprio a quello. Tu hai scritto che è emerso dai processi che i ragazzi (le vittime?) venivano individuati perché si rivolgevano a maghi. Questa è una deduzione che non ha alcuna base probatoria. Si tratterebbe di una velatissima ipotesi avanzata al Processo contro i CdM e lasciata cadere senza neanche calcare troppo la mano perché assolutamente priva (all'epoca come oggi) di qualsivoglia riscontro.
      Ripeto e cerco di essere più chiaro: non c’è alcuna prova che attesti che le vittime si rivolgessero a maghi per la preparazione di filtri d’amore. Non esiste alcuna prova che nei delitti fossero coinvolti maghi o affini. Non è scritto da nessuna parte che le vittime avessero interessi esoterici. 
      L’unico contatto accertato fra una delle 14 o 16 vittime con un presunto mago è questo del Gentilcore con un guaritore per problematiche che comunque esulavano da qualsiasi interesse esoterico. 
      Per il resto cosa abbiamo? Una ragazza alla ricerca di casa che - dieci anni dopo i fatti - sostiene di aver parlato (deci anni prima) con un uomo che sempre lei sostiene essere Indovino e che le avrebbe riferito di filtri d'amore e di alcuni riti da eseguirsi in automobile in luogo appartato. 
      Ora, da qui a fare collegamenti con i delitti, sinceramente, c'è il mondo che passa di mezzo.
      Bisogna vedere se la ragazza ha detto la verità o ci ha romanzato; se a dieci anni di distanza ricordava bene oppure no; se ha parlato davvero con indovino oppure no; ma ammesso la risposta è sì a tutti i precedenti quesiti, bisogna vedere se Indovino preparava davvero questi filtri o erano una scusa per andare a spiare qua e là coppie appartate; ammesso li preparasse davvero, se avevano qualcosa a che fare con i delitti del mostro o avevano altri più o meno leciti fini; ammesso vi avessero a che fare, se realmente qualche vittima era stata adescata in questa maniera. Capisci bene che partendo dalle dichiarazione della Silvia per poi arrivare alle conclusioni che hai scritto, non è che sia proprio così immediato, per usare un eufemismo.

      PS. Per rispondere finalmente alla tua domanda, il Mocali è morto. Risulta accertato che non c'entra nulla con il delitto del 1974, tanto meno con i successivi, su come sia morto è argomento di stretta pertinenza della sua famiglia.

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  8. Le orge a casa di Indovino , con la partecipazione di molti degli indagati , la ragazza che ha testimoniato ha riferito che Indovino le chiese targa , luogo , ora informazioni molto ‘pesanti ‘visto i legami del soggetto … c’è un quadro non certo ma indiziario molto pesante soprattutto se lo riferisce Giuttari che come ebbe a dire il Rontini ‘ sento odore di verità ‘ . Anche i francesi erano alla ricerca dell’ esoterismo toscano . Purtroppo questo legame tra esoterismo maghi , quella ciurmaglia di personaggi come Pacciani insieme a personaggi più noti entrati nelle indagini con interessi comunque esoterici è in contatti con sensitivi non è stato indagato per lontananza dei tempi ( Indovino morto … tra l’altro con amici sparsi Toscana che non so se sono stati interrogati ) e perché Giuttari fu bloccato.
    Comunque lei non vede collegamenti perché il quadro indiziario non le pare probante , personalmente lo vedo molto forte .

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    1. Opinioni decisamente diverse, direi. I miei studi sull'argomento mi hanno portato piuttosto distante da quanto lei sta sostenendo; sarebbe decisamente lungo spiegarle il perché e poi è anche corretto che ognuno si faccia e sostenga la propria legittima idea.
      Io semplicemente vorrei farle notare che tutto quanto è da lei riassunto non ha alcuna base documentale e/o probatoria. Trattasi di voci che puntualmente sul più bello non hanno mai trovato alcun riscontro. E le assicuro che di riscontri ne son stati cercati senza badare a spese e senza risparmiare energie.
      Una sola cosa, a mio parere importane: che i francesi fossero alla ricerca dell'esoterismo toscano, ci andrei molto cauto con l'affermarlo, sia perché si tratta di semplice illazione senza alcuna base, sia perché potrebbe infastidire i parenti delle vittime, molto attive nella ricerca della verità.

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    2. Guardi mai vorrei urtare la sensibilità delle vittime , ci mancherebbe . Ricordo di averlo letto ma si tratta chiaramente di un ricordo e di testi non processuali, in effetti non ho precisato questo aspetto . Inoltre non credo che sia un’offesa nei confronti delle vittime . Spero vivamente che trovino il bandolo della matassa per arrivare ai colpevoli . Lo augurerei per la società intera . E aggiungo credo che parlarne tenga viva l’attenzione . Quanto a lei , non le nego che mi sembra infastidito da ipotesi diverse alla sue . Ad ogni modo le porgo i miei saluti

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    3. Ma no, figuriamoci! Se ha letto queste pagine saprà bene che non ho ipotesi precostituite né tanto meno da difendere, ma cerco sempre di valutare tutto con razionalità e spero obiettività.
      Certo, mi irrigidisco un po' quando mi rendo conto che si continua a prestare più fede alle voci di paese che ai documenti, quando si alimentano queste voci che col tempo si sedimentano e divenano le classiche bufale mostrologiche, quando si fanno illazioni (specie se coinvolgono le vittime) che non hanno alcuna base. Sì, questo un po' mi infastidisce, certo non la diversità di opinioni che, anzi, è momento di crescita indispensabile per la comprensione della storia.
      Per farle un esempio, la pista esoterica può certamente essere valutata, ma partendo dai fatti, dai riscontri oggettivi, non dai "si dice" che - le assicuro - fanno molto più male che bene alla vicenda e alla memoria delle vittime.
      La saluto anche io, la ringrazio per il piacevole confronto.
      Lu

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  9. Mi sono sempre chiesta poiché erano seguiti , attenzionati quindi scelti , come facessero a sapere i luoghi in cui si appartavano che spesso non sono mai gli stessi in una coppia e come trovarli proprio le sera in cui erano pronti ad uccidere .

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    1. Non per tutte le coppie i luoghi d'infratto variano. Di sicuro, NON per i poveri Pasquale e Stefania, purtroppo. Ce lo dice proprio lei nei suoi diari, dove dà conto del fatto che loro due andavano sempre e solo lì, tantè vero che in quei diari lei (poverina!) esprime il desiderio che, se fossero arrivati a sposarsi, potessero tenere quel luogo ("il prato", lo chiama lei) in conto di un santuario del loro amore, dove tornare una volta ogni tanto per delle visite nostalgico-romantiche...
      Dunque, purtroppo, per il loro assassino la cosa si fece facile: bastava che li avesse visti imboccare quel luogo una volta, che poi ci fosse tornato non visto e ce li avesse ritrovati, per sgamare dove cercarli da lì innanzi. E pertanto quella sera maledetta sarà andato ad appostarsi lì (anche in anticipo, in loro attesa) quasi a colpo sicuro ..

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    2. L'assassino gira a caso vittime casuali non scelte,lo dimostra il delitto mainardi,e' un attimo spara e fugge

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  10. Ad ogni modo purtroppo la verità non si saprà mai . Sono solo supposizioni post letture e non c’è da discutere molto . Rimangono gli atti processuali e delle sentenze .
    Buona vita e saluti

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    1. E' cosi' purtroppo e il vero assassino non e' nemmeno alla lontana stato sospettato o indagato. Morto e sepolto sicuro altrimenti non avrebbe mai smesso di uccidere.

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  11. Buon pomeriggio. Innanzitutto, complimenti per l'ottimo blog.
    Detto questo, però, vorrei fare quello che, a seconda dei casi, potrebbe essere un rilievo, oppure una domanda.
    Si tratta di questo: scrivendo del giorno successivo al delitto di Rabatta, hai scritto che nella medesima occasione della segnalazione anonima e conseguente ritrovamento della borsa di Stefania, fu anche ritrovato, a lato strada, il suo reggiseno.
    Ecco il rilievo: questo particolare aggiuntivo del reggiseno, però, NON risulta affatto dal verbale dei CC (l'ho letto, scannerizzato, sul blog di Antonio Segnini) nel quale si dà atto del rinvenimento della borsa.
    Ed ecco la domanda: per caso, tu hai avuto accesso a delle fonti non note a tutti, e ulteriori rispetto a quel verbale? Se sì, se tu fossi in grado di confermare questo dettaglio, potresti indicare anche a noi del grosso pubblico queste fonti, e se il documento sia accessibile anche a noi?
    Saluti. Luca.

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    1. Bungiorno, ti ringrazio per la domanda che mi permette di approfondire e chiarire questo aspetto su cui le notizie sono confusee frammentarie.
      Che io sappia, l'unica fonte che parla di ritrovamento del reggiseno a 50 metri dal luogo in cui venne rinvenuta la borsa è la prima versione del libro dello Scrivo ("Il mostro di Firenze esiste ancora"). Non so se nella recente versione questo particolare è ancora riportato.
      Ne ho approfittato per correggere il mio scritto, specificando meglio la questione reggiseno. Grazie ancora per la segnalazione.
      Luigi

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    2. Certo che... Scrivo stesso avrebbe dovuto / dovrebbe precisare se questa cosa la sa da fonte certa o se anche lui lo seppe solo per "sentito dire"... Un po' di differenza, secondo me, la fa...
      Saluti. Luca (= "grantottero").

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  12. Post scriptum: il mio precedente commento/ domanda sul reggiseno trovato / non trovato a Rabatta, non so perché, ma me lo dà come pubblicato alle ore "6.18", quando in realtà l'ho fatto partire pochi minuti fa, pari-pari 9 (nove) ore dopo quella indicata. C'è per caso qualche problema tecnico incombente? O è un orario d'oltreoceano, dove magari sta il server del blog? (P.S. l'orologio del mio smartphone sta andando benissimo. Con l'orario italiano, ovviamente...).

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    1. Era semplicemente impostato l'orario di default, costa pacifica. Ho provveduto a impostare l'orario italiano.
      L.

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    2. Grazie per l'attenzione!
      Luca (= grantottero).

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  13. Inoltre, altro rilievo: per come descrivi tu la disputa sull'attacco dal lato destro o sinistro dell'auto, SEMBREREBBE (dalle tue parole) che ad essere frammentato e sporgente verso l'interno fosse il finestrino lato passeggero. Ti sei espresso male, perché invece è quello lato guidatore, convesso verso l'esterno dell'auto. Segnini spiega il fatto col vetro dapprima forato e crepato dai proiettili (attacco dal lato guidatore) ma non ancora sbriciolatosi, Pasquale crollato addosso a Stefania alla propria destra (perché freddato mentre istintivamente si buttava verso lo sportello più lontano dallo sparatore), poi, pochi attimi dopo, il cadavere di Pasquale spostato rudemente dall'assalitore (nel frattempo spostatosi dal lato esterno dell'auto dov'era la ragazza) al fine d'arrivare a Stefania (il cadavere del ragazzo le era crollato addosso) e, in tale movimento rude, la testa (fors'anche la spalla) del ragazzo mandata accidentalmente a sbattere verrso il finestrino LATO GUIDA già crepato, che così si frantuma definitivamente e i monconi rimasti, per effetto di questo impatto, rivolti verso l'ESTERNO.
    Una precisazione che, al di là delle diverse interpretazioni del dato, era comunque necessaria...
    Saluti. Luca.

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    1. Ti ringrazio per la precisazione, effettivamente nello scritto non era espresso molto chiaramente.
      Ciao, Luigi

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  14. Io da sempre ho una idea ben precisa intendo sul profilo di questo assassino: PERSONA SOLA lavoro mediocre, ha sofferto tantissimo per amore il delitto del 68 non c'entra niente coi successivi omicidi,nessun collegamento con sette e riti vari, fruga la borsa solo per uno scopo conoscere nome cognome e abitazione delle sue vittime

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  15. Se si cerca ancora un brandello di verità, infastidire i familiari ormai non sarebbe il primo pensiero. La ricerca è asettica. Sarebbe come dire che durante un'analisi al microscopio ci si preoccupa della fedina penale della persona da cui proviene il materiale. Sono proprio i parenti, spesso, a evitare le rivelazioni imbarazzanti sui congiunti, e si può capire per loro, ma non più per noi. D'altronde, se quelli dei francesi non si sono premurati nemmeno di fornire qualche parametro su date e scopi del viaggio e della presenza a San Casciano, non può che restare agli storici tale indagine. Il tempo trascorso purifica qualunque retropensiero malevolo, gli umani possono sbagliare e un errore costar loro caro

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  16. L'assassino ' sempre da solo , uccide e scappa da solo ,un pazzo solitario che vive solo ,non del luogo mia personale teoria viene da altra regione anche se conosce benissimo quei luoghi i luoghi dove ha tanto sofferto per amore di una ragazza ,la sua fortuna che a quei tempi non esistevano tutte queste telecamere puntate ovunque.

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  17. sempre mia personale teoria e' morto subito dopo l'ultimo duplice omicidio

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  18. 96 coltellate......per far contenti i mandanti oppure per appagare se stesso? Cose da pazzi! Teorie da nemmeno principianti di criminologia.

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  19. Anche i vestiti rimessi in ordine e puliti pacciani vanni e lotti lo hanno fatto su richiesta del mandante mago setta.....haaahhhhhhaaaaa da ridere!

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  20. Mi scuso se vado off- topic,volevo rispondere a uno degli "Anonimo " di cui sopra: il ,o i MDF,smisero di colpire perché dal 1986, in Italia,fu introdotta la prova del DNA,e per loro,dal 1986 in poi,sarebbe stato pressoché impossibile non lasciare la minima traccia di DNA come avevano quasi sempre fatto;sotto le unghie del ragazzo francese fu trovato un pezzetto di pelle non sua,la Cambi aveva in mano dei ciuffi di capelli e il Baldi aveva due capelli marroni lunghi sotto l' unghia dell' indice destro,e gli esempi non finiscono qua,capelli trovati sul cambio della Panda a Vicchio,ecc

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    1. Chiarissimo l'assassino altroche' intelligente, un povero scemo che si e' salvato solo perche' allora non esistevano telecamere cellulari e dna.

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    2. Ciao Enigmista, idea più che legittima la tua, è infatti molto molto probabile che sui luoghi dei delitti il killer abbia lasciato tracce del suo passaggio. Che poi davvero abbia smesso di uccidere per l'introduzione della prova del DNA, rimane una possibilità. Come tante altre ve ne possono essere.
      In ogni caso, entrando nel merito: i capelli che stringeva la Cambi erano del Baldi. I capelli rinvenuti sotto l'unghia di un dito della mano destra del Baldi, secondo la perizia medica "possono essere attribuiti con estrema verosimiglianza a reperti piliferi appartenuti a Susanna Cambi".
      Sotto le unghie di Jean-Michel, l'anonimo fiorentino scrisse che erano rimasti brandelli di pelle del Mostro, ma in realtà, l'autopsia al ragazzo francese non aveva rilevato nulla del genere.
      Ciao e grazie ancora,
      LS

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    3. Un serial killer del genere non smette di uccidere per paura di essere catturato non si fermera' mai . Il dna? in quegli anni era fantascienza , ancora oggi fanno errori su errori. Figuriamoci se il mostro smette per paura del dna , il vero assassino al 100x100 e' morto subito dopo l'ultimo omicidio quello dei francesi

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  21. I MDF sapevano che sarebbe passata la prova del DNA,il primo caso risolto in Italia risale ai primi mesi del 1987, soltanto chi era in ambiente Giudiziario,Procura e Forze dell'ordine poteva sapere dell' introduzione della prova del DNA in Italia dal 1986. Così inventarono che il MDF era stato ferito dal ragazzo Francese e non avrebbe più colpito,inscenarono la storia del proiettile lasciato nel parcheggio dell' ospedale di ponte a niccheri, in realtà sapevano che la pacchia era finita,e alla minima traccia lasciata,anche uno starnuto o un colpo di tosse sulle vittime e per loro era finita,quindi meglio finire li. Poi nel 1987 inviarono la famosa videocassetta,una alla Procura e una a Video Firenze,una emittente televisiva del tempo, scrissero che non avevano smesso,lo fecero perché al tempo la gente aveva capito il collegamento tra il MDF che smette e la prova del DNA,e qualcuno avrebbe potuto fare 1+1, quindi si affrettarono a dire che sarebbero tornati,lo fecero nei giorni in cui in Italia si risolveva il primo caso con la prova del DNA ( marzo- aprile) e subito il 7 aprile spedirono il VHS con il foglio. Per non fare capire che la fine del mostro non era collegata alla prova del DNA.

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  22. Si,sono abbastanza d'accordo con te,anche perché altre cose clamorose non sono successe nel 1986, l' unica abbastanza importante da poter scoraggiare il Mostro a proseguire era :o era stato ferito in maniera così evidente e grave da non poter più usare il braccio come prima,o come dici tu la prova del DNA,e mi sa che è o l' una o l'altra.

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    1. Eccome no un serial killer del genere ha paura del dna che all'epoca nemmeno sapevano manipolare .

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  23. E invece non e' cosi', l'assassino non ha piu' colpito perche' e' morto. Non avrebbe mai permesso che finissero in galera degli innocenti non per bonta' ma perche' troppe volte ha firmato i suoi omicidi ,gli inquirenti debbono avere la assoluta certezza che le vittime siano del vero mostro unico e stop.La prova di questo che dico e' che molte volte con innocenti in galera il mostro con un duplice omicidio li ha scagionati.

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    1. Concordo con lei. Antonio Serafini Burialdi

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  24. Hanno trovato tracce di sangue sui sedili posteriori? Perché è possibile che i ragazzi li abbiano messi dietro, anche per non stropicciarli e per non dare sospetti ai genitori del loro incontro amoroso. Se fosse così è plausibile che il SK li abbia presi e riposti fuori. Per quanto riguarda lo specchietto retrovisore può essere che la ragazza si fosse aggrappata per non essere trascinata fuori e si sia staccato, poi dopo le coltellate mortali, quando il killer si è prodigato nel trascinare fuori il corpo lo abbia gettato dietro perché era finito sul corpo della vittima femminile. Altro motivo dello specchietto staccato può essere che il killer, vedendosi riflesso, abbia avuto un gesto quasi di ripulsione verso la propria figura (doveva avere il viso stravolto dall'eccitazione e dalla furia omicida) e l'abbia staccato (ipotesi affascinante sotto il profilo psicologico ma poco probabile). Non sapevo che il corpo della Pettini fosse rimasto 10 minuti sul sedile, vista la quantità di sangue riversato sul sedile, quindi tutta l'azione omicida è durata almeno mezz'ora (5 minuti per sparare ed accoltellare, 10 minuti che ha lasciato il corpo della Pettini sul sedile -segno che non aveva pianificato cosa volesse fare con il corpo- 10/15 minuti per trascinare il corpo fuori e dare le 90 coltellate più posizionare il tralcio di vite, almeno 5 minuti per togliere i vestiti (è possibile che avesse dei guanti e che li abbia tolti e messi in tasca), poi ha preso la borsa e mentre si allontanava ha rovistato all'interno. Un tempo enorme per un delitto del genere.

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    1. Sembrerebbe che le coltellate mortali alla Stefania siano state inferte quando era fuori dall'auto e non all'interno, recentemente il ricercatore Dario Quaglia ha letto sul suo canale l'esame autoptico della ragazza e le colature di sangue indicherebbero, purtroppo, proprio questo scenario.
      L.R.

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    2. La Pettini è stata colpita da tre colpi da arma da fuoco (se ricordo bene) e nessuno dei tre era mortale quindi la ragazza era vigile e ovviamente spaventata quando è stata accoltellata (mi auguro invece che fosse svenuta). Il sangue sul sedile indica, secondo gli esperti, che la ragazza è stata ferma per circa 10 minuti ed è presumibile che fosse già morta perchè non credo che sia stata ferma e viva, senza urlare e senza cercare di scappare, per dieci lunghissimi minuti. Non metto in discussione quanto ha scritto il dott. Quaglia però deve spiegare il sangue sul sedile oppure altri esperti hanno sbagliato nel calcolare il tempo in ragione del sangue ritrovato. Questo caso è difficile anche per il motivo che non si riesce a trovare un chiaro scenario del delitto senza lasciare dei dubbi. Antonio Serafini Burialdi

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    3. Non serve a niente arrovellarsi su questi particolari. Studiare e ristudiare cercare di capire dove l'assassino del 1974 ha trovato la pistola, anche se ho moltissimi dubbi che sia la stessa del 68

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    4. Fanno errori su errori oggi 2024 con la tecnologia che hanno a disposizione figuriamoci che macello i primi anni 70

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    5. Rispondo all'anonimo del 25/8/2024: invece è importante capire i dettagli di questo delitto perchè hanno una valenza maggiore degli altri in quanto il primo delitto seriale. Fra i dettagli di questo delitto che ritroviamo poi negli altri sono - ad esempio -i vestiti delle vittime: a Rabatta ripiegati e messi fuori dall'auto, a Scandicci non ho notizia dei vestiti ma la vittima femminile aveva la collana fra le labbra (può essere un caso dovuto al trascinamento), a Calenzano sotto il corpo maschile senza parlare di uno stivale della vittima maschile posizionato in posizione verticale al posto di guida, dai pedali dell'auto (sembra improbabile che possa essere rimasto in piedi dopo che il ragazzo è stato ucciso e trascinato fuori), a Vicchio il reggiseno stretto nella mano dalla vittima femminile, a Scopeti "il mistero" dei jeans vicino al corpo maschile. In alcuni casi sembra che il killer abbia perso tempo a comporre questo quadro d'assieme. Perchè? Che cosa vuol dirci? Che sta pensando? A Rabatta lascia la vittima femminile dieci minuti sul sedile (un tempo enorme), perchè? Era per caso indeciso se lasciare tutto o continuare nella sua azione criminale? Le 96 punzecchiature cosa ci vogliono dire? Perchè lo fa? Cosa ha pensato? E il tralcio di vite? Non intendo cosa significhi il tralcio di vite (al massimo potrebbe rappresentare una figura grottesca dei Baccanali) poichè, essendo attorniato da vitigni, ha usato cio che ha trovato quindi non era un'azione "pensata" ma immagino che guardandosi attorno gli fosse venuta l'idea al momento, ma perchè appoggiarla al sesso della vittima femminile? Un'atto di denigrazione del corpo? Io credo che lui componga, come in un quadro, la scena del crimine, probabilmente si sente un'artista che vuole lanciare un messaggio d'orrore alla popolazione. Punisce le coppie ma soprattutto la donna, rea di essere la colpevole di una decadenza morale della società. Infierisce per punire ma anche per creare orrore e il suo disegno criminale si evolve in continuazione.

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  25. Una cosa e' certa e sicura: NON E' OPERA DA UBRIACONI MANDANTI e scemi del paese!!

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  26. Questo del 1974 e' il primo omicidio che commette il vero unico e solo MDF, x sei anni conserva e cura quella pistola ne puo' avere quante ne vuole ,ma quella cal 22 dovra' diventare l'unica pistola del mdf,perche'? Era nel sessantotto un poliziotto o carabiniere? Ha litigato con qualche suo superiore? chi era addetto alle ricerche dell'arma il 23 agosto?

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  27. Nel delitto di Rabatta, con un esame profondo, si inizia a capire il profilo del maniaco delle coppiette......

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    1. Condivido il suo ragionamento. Antonio Serafini Burialdi

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  28. Da qualche parte ne sono certo c'e' ancora quella pistola, non l'avrebbe mai gettata via ,il mostro non ha piu' colpito perche' sicuramente deceduto dopo l'ultimo omicidio dove ha nascosto la pistola? Dov'e' quella pistola? Un appello a chiunque magari , faccio un esempio trovi per puro caso un arma simile , magari un nuovo inquilino andato ad abitare a sua insaputa nell'appartamento del mdf.

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  29. Complimenti vivi, lavoro eccelso ed equilibrato sulle base delle fonti primarie. Chiave di volta della vicenda questo delitto, primo della serie maniacale nella mia valutazione.Ho sempre pensato ad un mostro coetaneo dei due ragazzi nel 1974 e che in questo caso raggiunge il luogo del delitto a piedi da una casa non troppo distante. Nell'84 torna in quei luoghi come per rivendicare l'anniversario decennale.

    Purtroppo da quando è scomparso il blog di Ale si è perso materiale fotografico importante, idem per i contributi dei primi veri mostrologi oggi purtroppo quasi tutti scomparsi. Sono rimasti invece una serie di personaggi nefasti dal narcisismo delirante che hanno inquinato la discussione con teorie una più campata in aria dell'altra e con evidente scopo di monetizzazione su YouTube.

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    1. Purtroppo concordo con te. La mostrologia odierna presenta una variegata accolita di strambi personaggi, di dubbia cultura e ancor più dubbie capacità , che paiono divertirsi ad articolare le teorie più contorte e artificiose. Ci sono ottime eccezioni, ma queste sono per lo più silenti.
      Comunque grazie per il commento e a presto.
      LS

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  30. Ma qualcuno pensa ancora e ci crede ai compagni di merende? Dite teorie strane ... ma come si fa dico come si fa' a credere che lembi di carne erano pagati a suon di milioni a pacciani e compagni. dico come si fa come si fa

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  31. Curiosità che magari si potrebbe aggiungere: in un articolo di Stampasera del 16/09/1974 "Nessuna traccia dell'assassino della giovane coppia" (facilmente reperibile nell'Archivio storico de La Stampa) c'è scritto: "I cani-poliziotti dei carabinieri hanno seguito il percorso compiuto dall'assassino fino a quando questi è rientrato sulla nazionale che porta a Vicchio di Mugello. Ora si sta cercando di vagliare eventuali alibi di tutte le persone note nella zona per i loro istinti depravati. È questa l'unica traccia in mano agli inquirenti, che si sono messi alla caccia del duplice assassino con moltissimo impegno, spronati anche proprio dall'angoscia della popolazione della zona."

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  32. A quei tempi il caso piu' complicato era il ladro di galline e prosciutti della toscana.

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    1. Antonio Serafini Burialdi4 marzo 2025 alle ore 01:06

      Lei offende le Forze dell'Ordine e la Magistratura. Gli anni settanta furono anni molto violenti per l'Italia e la Toscana non era da meno. Tralasciando fatti di cronaca nera e la storia del Mostro in Toscana le Forze dell'Ordine erano impegnate contro l'Anonima Sarda (22 sequestrati), la presenza di Camorra e Mafia con vari regolamenti di conti, gestione del giro della droga (fu smantellato il più grande giro di droga internazionale tra Sudamerica ed Europa), della prostituzione e delle bische clandestine. Inoltre erano presenti le BR (a Firenze fu scoperta la sede logistica del rapimento Moro), gruppi paramilitari neo fascisti con attentati a Firenze e sulla linea ferroviaria Firenze Bologna (alcuni sventati e alcuni purtroppo riusciti come la strage del treno Italicus che costò la vita a 12 persone), senza contare rapine ad uffici postali e banche. Nel 1981 fu scoperta ad Arezzo la loggia segreta P2. Infine manifestazioni di piazza che spesso finivano male. L'elenco sarebbe lungo ma mi limito a questo. Le Forze dell'Ordine pagarono un pesante contributo di sangue. Chi pensa che la Toscana fosse un paradiso e che l'unico fatto delittuoso fosse il Mostro di Firenze non sa nulla della situazione dell'Ordine Pubblico in Toscana e a Firenze in particolare. Un'inciso: aggressioni a coppiette con ferimento o l'uccisione del soggetto maschile e la conseguente violenza carnale del soggetto femminile o per rapina, in Toscana e in Italia, non erano avvenimenti sporadici. La differenza è che il MdF non era un rapinatore o qualche maniaco che voleva violentare la ragazza (in quasi tutti i casi i colpevoli furono arrestati) ma un serial killer organizzato.

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  33. Solo una donna può comporre in modo così perfetto dei vestiti.
    L’unica donna presente fra prima durante e dopo il delitto (in cui saranno intervenuti non meno di 20 uomini per le operazioni peritali) è Stefania.
    Probabilmente è stata lei che li aveva riposti, forse nel pianale retrostante il divanetto posteriore considerato che dovevano ribaltare i sedili.
    Se li ha spostati, con cura, il MdF il messaggio potrebbe essere questo: “non ho una donna, non posso averla, e questo devo farlo da solo”.
    Solo una cosa mi lascia perplesso dopo una notte all’aperto quei vestiti anche se ben riposti come potevano non essere stati contaminati dalle condizioni ambientali.
    Qualcuno, pertanto, potrebbe averli spostati per le predette operazioni peritali.

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    1. Antonio Serafini Burialdi4 marzo 2025 alle ore 00:40

      Considerato che tra l'omicidio e la scoperta dei corpi sono passati circa 8 ore e non ha piovuto nella notte i vestiti sono rimasti puliti.

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  34. Intelligenza di questo assassino era pari a zero! Molti continuano il mostro organizzato e che pianificava gli omicidi e seguiva le vittime ma quando mai!, immaginate a quei tempi come era semplice uccidere una coppia di ragazzi indifesi , nessuna telecamera niente telefonini niente internet , bastava individuare un'auto ferma isolata e' il gioco era fatto.

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    1. Antonio Serafini Burialdi6 marzo 2025 alle ore 22:29

      Seguendo il suo ragionamento oggi non dovrebbero esserci più omicidi e invece avvengono e non di rado non si arriva ad un colpevole. È vero che la tecnologia civile e quella scientifica, unitamente ad una maggiore preparazione delle FF.OO, ha alzato la percentuale di successo. Tutti gli esperti ritengono che il MdF sia stato un uomo intelligente, che non significa che abbia avuto titoli accademici, ed era un SK che la criminologia lo classifica in "organizzato". A differenza dei SK "disorganizzati", che agiscono d'impulso e colpiscono senza un minimo di piano e precauzione, questo assassino ha dimostrato che organizza gli omicidi: sa come arrivare, sa come andarsene senza incontrare nessuno (quindi conosce i posti che ha perlustrato nei giorni e notti precedenti visto che non può conoscere ogni bosco della provincia), ha una pistola vecchia e usurata ma che non si inceppa mai e questo significa che fa manutenzione, non lascia impronte digitalibe ad ogni omicidio impara dai propri errori. Inoltre in almeno tre casi dimostra di avere una mente allenata nel risolvere gli imprevisti (Calenzano,Baccaiano, Scopeti).

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  35. Tra coloro addetti alla ricerca dell'arma che ha ucciso nel 68 era da cercare il vero assassino Mia personale teoria. Oramai

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  36. Il mele confesso' di aver gettato l'arma nel canale, per quale motivo avrebbe dovuto mentire?

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  37. Antonio Serafini Burialdi4 marzo 2025 alle ore 01:12

    Arma che non fu mai trovata. Il Mele si accusò del duplice omicidio ma come disse il Colonnello Olinto Dell'Amico durante il processo Pacciani "ci diede l'impressione che non sapesse nemmeno impugnare una pistola". Il Mele cambiò versione mille volte quindi è lecito pensare che abbia mentito sull'arma.

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  38. io invece credo che qualcuno addetto alle ricerche si sia portato l'arma a casa , custodita per anni prima di commettere il suo primo duplice omicidio 1974 .Motivo? chissa' chi lo sapra' mai.

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  39. certo risalire a chi ha per lavoro trovato arma

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