Alfa, gamma e delta


Come abbiamo visto, oltre a Giancarlo Lotti, un ruolo fondamentale durante le indagini preliminari e il processo, nonché ai fini della condanna degli imputati, lo ebbero altri tre testimoni, anch'essi presentati inizialmente in forma anonima durante il processo d'Appello a Pietro Pacciani.
Vediamoli nel dettaglio.

Il Testimone Alfa, Fernando Pucci:
Nato a Montefiridolfi l'8 novembre del 1932, Fernando Pucci aveva un'invalidità civile riconosciuta nel 1983 per oligofrenia. Amico di vecchia data del Lotti con cui era solito frequentare prostitute e cinema porno a Firenze, fu colui che per primo ammise di aver assistito al delitto degli Scopeti assieme al Lotti.
A differenza di Lotti, però, il Pucci non risultò mai indagato per i delitti del Mostro. Il suo ruolo fu semplicemente quello di teste chiave nel processo a carico dei Compagni di Merende. In virtù del suo ruolo di testimone fu periziato dai consulenti Marco Lagazzi e Ugo Fornari cui venne affidato il compito di redarre un profilo psicologico e accertare in quale grado fosse affetto da oligofrenia e dunque se fosse idoneo a rendere testimonianza.
Il responso fu che, sebbene dotato di bassissimo livello culturale, di povertà di linguaggio e di pensiero, non c'era motivo – almeno a livello psicoattitudinale - per cui il Pucci non dovesse essere considerato in grado di testimoniare.
La sua testimonianza, tuttavia, è quella che presta maggiormente il fianco agli attacchi di chi crede nell'innocenza dei Compagni di Merende. Già durante gli interrogatori in Procura il Pucci commise alcuni plateali errori nella ricostruzione del delitto degli Scopeti.
Dall'interrogatorio del 2 gennaio 1996, riportiamo uno dei passaggi piú controversi della sua testimonianza: "Una volta fermatici all'inizio della stradina che conduce nella piazzola, ricordo bene che notammo una macchina, di colore chiaro, ferma a pochi metri di distanza da una tenda e, alla nostra vista, due uomini, che si trovavano a bordo di quell'auto, scesero da essa e si misero a vociare contro di noi con atteggiamento minaccioso, tanto che subito andammo via".
In pratica il Pucci sosteneva che i due uomini, che in seguito avrebbero commesso il delitto, erano a bordo dell'automobile chiara posta davanti alla tenda. Questa era in realtà la Golf bianca dei giovani ragazzi francesi.
Nel successivo interrogatorio del 23 gennaio 1996, Pucci ribadì che i due uomini erano scesi dalla suddetta automobile, ma commise anche l'errore di invertire le posizioni di tenda e automobile: "Ricordo di avere visto una macchina ferma, a luci spente, con la parte anteriore rivolta nella direzione di San Casciano e, più oltre la macchina, una tenda. Non posso fornire particolari sulle caratteristiche della tenda e sul suo colore dato che era buio; posso però dire che la forma era a capanna. Mentre ci stavamo avvicinando alla parte posteriore della macchina sono usciti fuori da questa due individui, venendoci incontro".
In seguito, durante il dibattimento in aula, Pucci si celò dietro una sequela interminabile di "non ricordo" e di lunghi silenzi. Apparve spesso in difficoltà e chiese più volte conto di ció che egli stesso aveva dichiarato durante gli interrogatori. Riportiamo alcuni passaggi particolarmente significativi delle sue deposizioni.
Dall'udienza del 6 ottobre 1997 del processo di primo grado ai CdM:
P.M.: "Senta, le faccio ancora qualche domanda. Lei, poi, con il Lotti, ha parlato di altri omicidi? Degli altri omicidi del Mostro? Con il Lotti..."
Pucci: "Ma io... Ma che c'è mica scritto, costì?"
P.M.: "Eh..."
Pucci: "No, lo voglio sapere, perché vu' scrivete un monte di robe, io 'un me lo ricordo!"
P.M.: "Noi, queste robe, per fortuna le abbiamo anche registrate. Quindi..."
Pucci: "Abbia pazienza... 'Un mi posso ricordare di ogni cosa"
P.M.: "No, ma lei non si deve ricordare cosa c’è scritto qui, capito, signor Pucci?"
Pucci: "Ecco..."
P.M.: "Lei si deve ricordare se questi discorsi li ha fatti e se sono veri"
Pucci: "Ma io non me lo ricordo"
Sempre nella stessa udienza del 6 ottobre 1997:
Presidente: "...E il Lotti cosa le ha detto su questo punto? Le ha detto qualche cosa sull'omicidio dei tedeschi, il Lotti?"
Pucci: "No, l'abbia pazienza un momento. Costì, come c'è scritto sul foglio?"
Presidente: "Scusi, eh..."
Pucci: "Perché io non me ne ricordo mica icché c'è scritto, costì"
Presidente: "Cosa ha detto?"
Avv. Filastò: "Ha chiesto come c'è scritto sul foglio. Perché per lui il punto di riferimento è il foglio scritto là, che ha il Pubblico Ministero"
Pucci: "Appunto"
Dall'udienza del 19 maggio 1999 del processo d'appello ai CdM:
Pucci: "Si, ma che c'è scritto lì?"
P.M.: "Lo ha dichiarato lei!"
Pucci: "Allora se c'è scritto costì vuol dire che va bene, ma che vuole, gliè passato un monte di tempo, un me ne ricordo!"

È opportuno ricordare che nell'attuale sistema processuale la prova si dovrebbe formare in dibattimento nel contraddittorio delle parti. Ma a parte questo, abbiamo già fatto notare nel capitolo dedicato a "La credibilità del Lotti" come durante gli interrogatori in Procura, il Pucci era stato perfettamente in grado di ricordare eventi di 10/11 anni prima, mentre in aula non era stato in grado di ricordare cosa aveva fatto mettere a verbale su quegli stessi eventi uno o due anni prima.
Incalzato dunque dalla difesa, Pucci cadde più volte in contraddizione se non proprio in errori. In special modo:
▪ si contraddisse più volte sulla presenza sua e di Lotti alla piazzola de La Boschetta di Vicchio (delitto 1984), dicendo nel giro di pochi minuti tutto e il contrario di tutto: avevano spiato la coppia uccisa nella piazzola prima del delitto; non erano mai stati nella piazzola prima del delitto; erano stati alla piazzola prima del delitto ma non avevano spiato la coppia;
▪ confuse più volte cosa avevano fatto lui e Lotti il giorno del delitto degli Scopeti, dichiarando prima che quel pomeriggio erano stati dalla Gabriella Ghiribelli, poi che erano stati al cinema, infine tornando a dire che sì, erano andati dalla Ghiribelli;
▪ dichiarò che entrambe le vittime francesi erano state uccise nella tenda, quando invece il ragazzo era stato ucciso all'esterno;
▪ dichiarò che la sera del delitto degli Scopeti la piazzola era illuminata dalla luna, "quella buona per i funghi". Risulta certo che la notte in cui Lotti e Pucci fanno risalire il delitto (8 settembre 1985) la luna sorse dopo mezzanotte; secondo le loro dichiarazioni il delitto sarebbe invece avvenuto fra le 23 e le 23:30;
▪ dichiarò che il Vanni era entrato nella tenda dal retro (lì dove venne trovato lo squarcio presumibilmente prodotto dal coltello dell'omicida), quando in realtà l'accesso dal retro era impossibile poiché il taglio era lungo circa 40 centimetri. Questo fu un punto molto dibattuto e che quasi creò scalpore, perché alla difesa parve che l'intervento del giudice Lombardi, che prese la parola durante il controinterrogatorio della difesa, servì a suggerire al Pucci una risposta più coerente ed evitare potesse fornire dichiarazioni completamente errate rispetto alla reale dinamica degli eventi.
▪ dichiarò di non conoscere il Faggi personalmente, ma che lo stesso gli era stato indicato dal Lotti una sera a San Casciano. Il Lotti aveva invece dichiarato più volte di non aver mai visto o incontrato il Faggi, ma di averlo soltanto sentito nominare dal Pacciani e dal Vanni. Questa, in special modo, appare non una contraddizione o un cattivo ricordo, ma una vera menzogna di cui però non si capisce il fine, forse compiacere la Pubblica Accusa e permettere la condanna di un altro imputato. Ció dovrebbe far ben riflettere sia sulla coscenza civica dell'individuo, sia piú in generale sul valore delle sue accuse.
Nel corso delle varie testimonianze di Lotti e Pucci emerse che subito dopo il delitto degli Scopeti, l'amicizia fra i due si era incrinata fortemente, tanto che i due avevano persino smesso di frequentarsi. Secondo il Pucci questo era avvenuto perché: "...non frequentai più il Giancarlo, in quanto, la domenica successiva, mi diede l'appuntamento per la consueta visita a Firenze, ma non si presentò ed io giudicai questo comportamento sleale, per cui ruppi l'amicizia". Secondo l'Accusa, invece, causa di questa rottura era stato proprio lo shock del Pucci nell'assistere al duplice omicidio e nello scoprire che il suo amico Lotti fosse invischiato nei delitti.
In realtà, da un'attenta analisi delle dichiarazioni di Valdemaro Pucci, fratello di Fernando, emerge che la rottura fra i due avvenne diversi anni dopo, probabilmente nel 1990 o 1991, e che ad averla provocata furono altri fattori, molto più banali: forse una questione di soldi (un prestito di pochi spiccioli non restituito) o un mancato appuntamento per cui il Pucci si offese con l'amico fino a smettere di frequentarlo. Se si vuole approfondire l'argomento sulla rottura fra Lotti e Pucci, si può fare riferimento a questo interessante articolo, Il teste alfa (4), del blogger e ricercatore Omar Quatar.
Dopo il Processo che – come visto – si concluse con la condanna di Vanni e Lotti e in cui dunque fu determinante la sua testimonianza, il Pucci si ritirò a vita privata nella sua San Casciano.
È stato l'ultimo dei compagni di merende a morire, il 25 febbraio 2017, all'età di 85 anni.


La Testimone Gamma, Gabriella Ghiribelli:
Della vita della testimone gamma, al secolo Gabriella Ghiribelli, prima del 1977 si sa ben poco. Nacque a Firenze nel giugno del 1951, si diplomò in ragioneria e si sposò piuttosto giovane.
All'età di 26 anni, nel 1977, divorziò dal marito e si trasferì a Prato. Al bar Rolando di piazza Duomo (meglio noto come il bar dei sardi) conobbe tale Sebastiano Indovino che divenne per un breve periodo suo compagno. Sebastiano le presentò il fratello, il ben più noto Salvatore Indovino, con cui la Ghiribelli iniziò un lungo rapporto d'amicizia che durò praticamente fino alla morte di quest'ultimo nell'estate del 1986.
Secondo altre fonti, invece, la Ghiribelli e Salvatore Indovino si sarebbero conosciuti tempo dopo, precisamente nel dicembre del 1981 quando la donna venne ricoverata presso l'ospedale di Prato per abuso di alcool e l'uomo, da poco uscito di galera, fu ricoverato presso lo stesso nosocomio per una frattura al braccio.
Comunque sia andata, nel 1978 Gabriella si trasferì a Firenze e conobbe Norberto Galli, colui che la portò (o la riportò) sulla strada, inducendola a praticare la prostituzione. Abbiamo intesto dire "la riportò" perché da alcuni verbali di polizia è risultato che la donna si prostituisse saltuariamente già dagli inizi degli anni '70.
Il Galli divenne compagno e protettore della Ghiribelli; la donna continuò comunque ad intrattenere rapporti con i fratelli Indovino, soprattutto con Salvatore.
Nella prima metà degli anni '80 la Ghiribelli si trasferì a San Casciano, in via Borgo Sarchiani 80; qui conobbe il Vanni, suo vicino di casa. Secondo le testimonianze rese, il Vanni le chiese più volte prestazioni particolari ma lei, infastidita dalla sua volgarità, non acconsentì mai ad averlo come cliente.
L'anno preciso del trasferimento della Ghiribelli a San Casciano è fortemente dibattuto. In un verbale, la donna dichiarò che era avvenuto nel 1982, in un altro nella seconda metà 1984. Secondo il Galli, tale trasferimento risaliva invece all'inizio del 1985. L'avvocato Gabriele Zanobini, durante il Processo Calamandrei, affermò ripetutamente che tale trasferimento era avvenuto, carte alla mano, nell'estate del 1984.
A ogni modo, indipendentemente da quando fosse avvenuto il trasferimento a Borgo Sarchiani, è ipotizzabile che la Ghiribelli avesse frequentato la casa di Salvatore Indovino già in precedenza, sicuramente da prima del marzo 1984, data in cui la convivente di Salvatore, Filippa Nicoletti si era trasferita ad Arezzo.
A volte si sente dire in giro che a casa dell'Indovino la Ghiribelli conobbe il Lotti (amico e amante della Filippa) e il Pucci, a sua volta amico del Lotti. Tuttavia, questa appare un'inesattezza perché da quanto dichiarato dagli stessi protagonisti, era stato il Pucci a conoscere per primo la Ghiribelli frequentandola come prostituta a Firenze e poi a coinvolgere nell'amicizia anche il Lotti.
Nel 1983 Ghiribelli e Galli furono denunciati per ricettazione, contraffazione e alterazioni di titoli di credito.
La sera di domenica 8 settembre 1985, ipotetica data del delitto degli Scopeti, tornando da Firenze verso San Casciano, in compagnia del Galli, la Ghiribelli scorse sia la tenda dei francesi nella piazzola, sia un'automobile rossa ferma all'imbocco della piazzola stessa. Dieci anni dopo riconoscerà quell'automobile come quella del Lotti.
Di quella che fu la vita della Ghiribelli dalla metà degli anni '80 fino alla metà degli anni '90, sabbiamo ben poco, se non che nel 1988, dopo che si interruppe la relazione con il Galli, la donna denunciò il suo ex compagno per sfruttamento della prostituzione.
Come visto nel capitolo denominato I Compagni di Merende, con le sue dichiarazioni del 27 Dicembre 1995 relative all'automobile rossa con portiera più chiara vista a Scopeti, la Ghiribelli diede il via a quello che poi diventerà il Processo ai Compagni di Merende.
Abbiamo anche visto come queste dichiarazioni fossero probabilmente fallaci fin dall'inizio in quanto la Ghiribelli accostò la vettura vista a Scopeti nel settembre 1985 non con quella che il Lotti possedeva all'epoca del delitto, ma con quella che il Lotti possedeva all'epoca di tali dichiarazioni, circa dieci anni dopo il delitto (vale a dire, una 131 rossa). Eppure da tali dichiarazioni fallaci, gli inquirenti arrivano a ritenere che l'automobile vista a Scopeti la presunta sera del delitto fosse comunque del Lotti, ovviamente non la 131 rossa, ma la più credibile 128 rossa (posseduta dal Lotti dal 1983 al 1985 e su cui ancora non pendevano tutti i problemi relativi all'assicurazione visti nei capitoli precedenti).
Nel mese di febbraio del 1996, la Ghiribelli venne riascoltata e oltre a confermare quanto detto nell'interrogatorio precedente, cominciò ad allargare il ventaglio delle sue accuse, parlando delle strane pratiche che avvenivano a casa di Salvatore Indovino e creando di fatto l'humus perché la Procura di Firenze iniziasse a vedere dietro i delitti del Mostro un variegato gruppo di personaggi dediti a messe nere e riti esoterici e facenti riferimento alla casa del mago Indovino e della sua compagna, Filippa Nicoletti.
In pratica furono le dichiarazioni soprattutto della Ghiribelli, ancor prima di quelle del Lotti, a dare il via alle indagini sulla cosiddetta pista esoterica e sul cosiddetto secondo livello.
Di seguito le testuali dichiarazioni della Ghiribelli in proposito: "Ogni domenica mattina, nell'appartamento dei due c'erano i resti di messe nere, vedevo cose strane, c'erano inequivocabili tracce di cosa era successo il sabato sera e la notte. Nella stanza appena si entrava, c'erano ceri spenti, una stella a cinque punte disegnata in terra con il carbone, una indicibile sporcizia e confusione dappertutto, preservativi, bottiglie di liquori vari vuote, nonché un cartellone appoggiato sul tavolo contenente tutte le lettere dell'alfabeto e numeri con all'estremità di questo cartellone, che era di forma ovale, due cerchi con scritte in uno "SI" e nell'altro "NO". Nel mezzo di questo cartellone c'era un piattino da caffè sporco di nero. Sulle lenzuola del letto grande c'erano tracce di sangue. Erano macchie larghe quanto un foglio di carta da lettera".
Ascoltata al Processo contro i CdM, la donna confermò tutto quanto dichiarato negli interrogatori precedenti ma, incalzata dalla difesa, ammise di aver fatto in passato ampio uso di alcool per superare la vergogna che provava nell'esercitare il mestiere della prostituzione, tanto da essere stata ricoverata più volte per disintossicarsi dalla sua dipendenza. Lo stesso Norberto Galli durante il processo diede una testimonianza tesa a sminuire i ricordi della Ghiribelli, tacciandola come un'alcolista largamente inattendibile, nonché avida lettrice di romanzetti d'appendice che andavano ad alimentare la sua fervida fantasia.
A questo proposito, oggi buona parte della mostrologia, sicuramente non giuttariana e in parte non merendara, tende a non dare granché credito alle dichiarazioni della Ghiribelli o almeno a una parte di tali dichiarazioni, sia perché talvolta risultavano piuttosto improbabili, sia perché altre volte apparivano a dir poco farneticanti (vedasi ad esempio nel capitolo Il secondo livello i suoi riferimenti agli esperimenti di mummificazione condotti da un tale medico svizzero).
Per contro, la Ghiribelli continuò a essere ascoltata a intervalli regolari dalla Procura, ormai decisa a continuare le indagini per arrivare ai presunti mandanti dei delitti attribuiti al Mostro. La donna stava infatti progressivamente coinvolgendo nel caso oltre agli abituali frequentatori di via Faltignano (gente dalla bassissima estrazione sociale), anche i cosiddetti notabili, medici (il medico svizzero, il medico di Perugia, il medico delle malattie tropicali), il famacista di San Casciano, avvocati e professionisti vari. A cavallo del nuovo millennio, divenne così la testimone principale dell'Accusa per quello che pareva destinato a diventare il grande Processo contro il secondo livello.
A tal proposito, in un'intervista del 2001, rilasciata alla dottoressa Roberta Petrelluzzi, conduttrice della trasmissione televisiva "Un giorno in pretura", dichiarò: "...a San Casciano, del gruppo di merende lo sapevano e lo sa anche qualche altro... anche in farmacia dovresti andare, però li devi prendere di brutto, cattiva devi andare eh!..."
Nel 2003 la Ghiribelli coinvolse nelle indagini uno stilista italoamericano che aveva vissuto per un breve periodo a villa La Sfacciata, dichiarando agli inquirenti: "Ho visto questo individuo (Mario Robert Parker, NdA) dare soldi al Lotti. Queste somme erano costituite da svariate banconote da cento, credo che fossero qualche milione; credo che usava questi soldi per portare la nipote del Vanni al mare, o per andare con la Nicoletti Filippa a mangiare e a farci l'amore..."
Sull'oggettiva attendibilità di tali dichiarazioni, avremo modo di soffermarci nel capitolo Il secondo livello. Per ora ci limitiamo a far notare che il Parker - come avremo modo di vedere - aveva abbandonato villa La Sfacciata agli inizi del 1984, lasciando ben presto la zona; mentre il Lotti aveva frequentato la nipote del Vanni oltre dieci anni dopo, nell'estate del 1995.
La Ghiribelli morì l'anno seguente, il 5 dicembre del 2004, all'età di 53 anni a causa di una cirrosi epatica, privando la Procura che si apprestava a celebrare il processo sul cosiddetto secondo livello del testimone più importante.


Il Testimone Delta, Norberto Galli:
Del testimone delta, Norberto Galli, si sa che negli anni '80 lavorava come cameriere e lavapiatti ai ristoranti di Firenze "Mamma Gina" e "Donnini". La data in cui conobbe la Ghiribelli è piuttosto incerta (nel '78 secondo Gabriella, nell'82 secondo lui) e ne divenne compagno e protettore dopo che la indusse a prostituirsi. Frequentò per un breve periodo la casa di Salvatore Indovino: nel 1985 era solito accompagnare la Ghiribelli a San Casciano dopo che la stessa aveva terminato il suo lavoro a Firenze. Durante uno di questi viaggi, la sera dell'8 settembre 1985, avvistarono un'automobile di media cilindrata ferma all'imbocco della piazzola di Scopeti.
Il Galli non è mai stato in grado di affermare con certezza di che tipo di auto si trattasse. Genericamente durante gli interrogatori in Procura parlò prima di una vettura chiara, forse bianca, in seguito di una vettura sicuramente non scura, più in linea con quanto dichiarato dalla sua ex compagna. Successivamente, durante il Processo ai CdM, la sua testimonianza fu tesa a sminuire le dichiarazioni della Ghiribelli che a suo dire aveva trascorso la maggior parte di quegli anni annebbiata dall'uso eccessivo di alcool. Le dichiarazioni del Galli hanno comunque contribuito a tracciare un quadro più o meno attendibile dei personaggi che bazzicavano la casa di Salvatore Indovino in via Faltignano, casa che nell'idea che stava maturando in seno alla Procura, costituiva il centro nevralgico dei delitti del Mostro di Firenze.


Nessun commento:

Posta un commento