Scopeti


Data: Mostrologicamente incerta, oscillante fra la sera di Venerdì 6 settembre e la sera di Domenica 8 settembre 1985;
Luogo: Piazzola degli Scopeti, via degli Scopeti, San Casciano Val di Pesa;
Vittime: Jean-Michel Kraveichvili, 24 anni; Nadine Mauriot, 36 anni;
Automobile: Volkswagen Golf bianca, targata 9952 SE 25; la coppia fu uccisa in una tenda posizionata di fronte alla vettura;
Fase Lunare: La luna nuova era prevista per il 15 settembre, quindi indipendentemente da quando sia stato commesso il duplice delitto, siamo a circa una settimana di distanza dal novilunio (età lunare -7gg circa). Se ipotizziamo una data intermedia di sabato 7 settembre come quella del duplice omicidio, a Firenze la luna è sorta alle ore 23:29 con illuminazione al 49%.


Prima del delitto
Come nel 1983, le vittime sono una coppia di stranieri in vacanza in Toscana, probabilmente completamente ignare del pericolo che correvano campeggiando nelle campagne attorno a Firenze. Si tratta di due giovani francesi, fidanzati da meno di un anno. Lui, Jean-Michel Kraveichvili, musicista venticinquenne; lei, Nadine Mauriot, trentaseienne, commerciante di scarpe, separata e con due figlie piccole rimaste in Francia.
Non si conoscono bene i movimenti della coppia immediatamente prima del delitto, non si sa neanche da quanto tempo stazionasse nella piazzola degli Scopeti prima di essere uccisa. Anzi, questo è proprio uno dei punti più dibattuti e incerti di tutta la storia.
La domanda chiave, a cui da anni l'intera mostrologia tenta di dare una risposta, infatti è: "Quando è stato commesso il duplice omicidio degli Scopeti?"
Una domanda fondamentale perché dalla risposta si potrebbe ad esempio capire quanto c'è di vero nelle dichiarazioni del reo-confesso Giancarlo Lotti.
Dagli scontrini rinvenuti fra gli effetti personali della coppia di francesi e dalle ricostruzioni fatte da Salvatore Maugeri (psicologo e amico d'infanzia del Kraveichvili) e dall'avvocato Vieri Adriani si è dedotto che:
► Mercoledì 4 settembre, Jean-Michel e Nadine entrarono in Italia; prima tappa Binasco dove sostarono a un bar.
► Giovedì 5 settembre, erano a Forte dei Marmi, infatti vennero recuperati fra gli effetti personali della coppia 7 scontrini fiscali della zona.
► Venerdì 6 settembre, passarono da Tirrenia e Pisa; la mattina sostarono al bar "La Terrazza" di Tirrenia; a pranzo (fra le 12.00 e le 15.00) in una pizzeria di Pisa.
► Da questo punto in poi subentrano le prime incertezze, anche perché da questo momento in poi non si trovano più scontrini fra gli effetti personali della coppia; a ogni modo, venerdì sera o al massimo sabato mattina i francesi arrivarono a San Casciano.
Ci sono alcuni testimoni che riferiscono di aver visto i francesi a San Casciano la sera di venerdì 6 settembre. Seppur non certissime, le testimonianze sono:
1. Passando da via degli Scopeti verso le 14:00 di venerdì 6 settembre, il dottor Antonio Berti, giornalista sportivo piuttosto noto nell'ambito ippico, vide due ragazzi montare una tenda nella piazzola. Questa testimonianza riporta un orario che potrebbe essere non compatibile con il pranzo di Nadine e Jean-Michel in quel di Pisa, quindi per quanto non sia del tutto convincente non si può scartare l'ipotesi che il giornalista abbia visto un'altra coppia nella piazzola. Indipendentemente da questo, tale testimonianza è comunque particolarmente interessante perché dal verbale redatto si attesta che all'epoca la tenda fosse perfettamente visibile da via degli Scopeti.
2. Angelo Cantini vide i due francesi e la loro automobile alla festa dell'unità di Cerbaia la sera del venerdì: la distanza tra Cerbaia e la piazzola degli Scopeti è di circa 12 chilometri. Il predetto Cantini era volontario alla festa e addetto alla preparazione della carne alla brace.
Nel verbale, redatto dai carabinieri di San Casciano il 17/9 e discusso durante il Processo ai CdM, emerge che i due ragazzi visti dal Cantini erano sicuramente francesi, ma il testimone dichiara di non poter essere del tutto sicuro che si trattasse degli stessi giovani uccisi dal MdF. In realtà, ciò che rende non del tutto sicuro il Cantini, paradossalmente avvalora la sua testimonianza. Infatti l'uomo dichiarò che la ragazza vista alla festa aveva i capelli più lunghi di quella vista in fotografia dopo l'omicidio. Vedremo come effettivamente la Mauriot nel settembre del 1985 portava i capelli più lunghi rispetto alla fototessera diffusa dai giornali.
Ciò che invece rende un po' più incerta questa testimonianza è il fatto che nel verbale la data dell'incontro alla festa dell'Unità risulta essere "venerdì 7 settembre 1985", quando invece venerdì era il 6 settembre. Si tratta certamente di un refuso del Cantini stesso o di chi ha stilato il verbale, e da un punto di vista mnemonico è statisticamente più attendibile il riferimento al "venerdì" che non al "7 settembre". L'esperienza quotidiana ci dice infatti che potrebbe essere più corretto il riferimento al giorno della settimana che non al numero del mese. Non avendo tuttavia alcuna certezza in merito, risulta doveroso menzionare questa incongruenza.
► Indipendentemente se le testimonianze di cui sopra siano attendibili o meno, il sabato mattina, i due francesi erano sicuramente accampati nella piazzola degli Scopeti. Abbiamo infatti due testimonianze significative, piuttosto circonstanziate, indipendenti fra loro ma come vedremo dopo anche convergenti:
3. Edoardo Iacovacci, agente della DIGOS, ascoltato il 6 giugno del 1994 durante il Processo Pacciani, dichiara che la mattina di sabato 7 settembre alle 10.30 si fermò alla piazzola degli Scopeti per un bisogno fisiologico e notò sia la Golf bianca che la tenda dei francesi. Fece inversione di marcia con la sua vettura nei pressi della tenda, quindi si sistemò all'imbocco della piazzola a leggere il giornale;
4. Giuliano Pucci, noto guardone di zona, soprannominato "seghe seghe", sostiene anche lui che la mattina del sabato 7 settembre la tenda era già a Scopeti.
Ora, se la tenda il sabato mattina alle 10.30 risulta già montata, possiamo ritenere possibile fosse lì già dalla sera prima e quindi che le due testimonianze di Antonio Berti e Angelo Cantini siano attendibili, oltre che molto plausibili.
In ogni caso per tutta la giornata di sabato non esiste alcun testimone che riferisce di aver visto fisicamente i francesi.
► Domenica 8 settembre, tenda e macchina furono visti nella radura degli Scopeti da numerosi "passanti". Vi sono però solo tre testimoni che affermano di aver visto personalmente i ragazzi francesi. Si tratta di:
5. Igino Borsi, genero del proprietario della pensione "Ponte Agli Scopeti", che affermò di aver servito alla Mauriot un'acqua brillante la domenica mattina (8/9/1985);
6. Paolo Bonciani, proprietario della pensione "Ponte Agli Scopeti", che confermò il racconto del suocero, aggiungendo di aver visto la Mauriot salire su una macchina con targa francese.
Bisogna tuttavia sottolineare come queste due testimonianze si basino sulla somiglianza della presunta Nadine con la fototessera diffusa da giornali e televisioni dopo l'omicidio, foto in cui la ragazza aveva i capelli molto corti. Nel settembre 1985, Nadine portava i capelli lunghi ed era piuttosto diversa dalla ragazza ritratta nella fototessera e su cui poi sono avvenuti i riconoscimenti. Come detto, questo particolare avvalora invece la testimonianza del Cantini, secondo cui i francesi già il venerdì sera erano in zona San Casciano.
È comunque sicuramente da notare la curiosa coincidenza di una ragazza straniera che assomiglia alla foto pubblicata dai giornali della Mauriot che per giunta sale su una macchina con targa francese, addirittura una Golf secondo la testimonianza offerta da Bonciani il 12 settembre 1985, anche se poi in sede processuale (06/12/1994) l'uomo avrebbe parlato di una Renault 4.
7. La terza testimonianza è quella di Marcello Fantoni, anche lui volontario alla festa dell'Unità di Cerbaia nel settembre del 1985 e ascoltato per la prima volta al Processo contro i CdM in data 19 Dicembre 1997. Il Fantoni affermó di aver servito personalmente da mangiare alla coppia francese la domenica sera. Alla domanda dell'avvocato Filastò su quale giorno fosse, rispose infatti: "Mi sembra la domenica. Però... dovessi insistere e appropriare su una data come su altre... su un orario, come si fa? Mi sembra la domenica però..."
Per poi dichiarare: "...Li riconosco il giorno dopo sul giornale, sì, appunto. Cioè, mi venne spontaneo di dire: 'porca miseria, questi l'ho serviti ieri sera a tavola io!"
Questa testimonianza presenta un unico problema: i cadaveri furono scoperti il lunedí, mentre i primi giornali che riportavano la notizia uscirono il martedí.
Quindi sicuramente il Fantoni non aveva servito Nadine e Jean-Michel il giorno prima di aver visto le loro foto sui giornali. Possiamo dedurre dunque che quel "ieri sera" detto dal Fantoni, fosse generico. Poteva riferirsi a due, tre o anche più giorni prima.

Ricapitolando, abbiamo questa situazione:
1. I ragazzi francesi arrivarono a Scopeti il venerdì sera (6/9) o il sabato mattina (7/9). Abbiamo due testimoni che affermano di aver visto la coppia proprio la sera del 6/9 (in un caso montavano la tenda, nell'altro erano alla festa dell'Unità a Cerbaia).
2. Il sabato mattina (7/9) alle ore 10.30 la tenda e l'automobile Golf erano sicuramente già alla piazzola; questo ci lascia propendere per un arrivo la sera precedente, in accordo ma anche indipendentemente dalle due testimonianze precedenti. L'intero sabato però nessuno vide i francesi. Vennero visti solo tenda e automobile.
3. La domenica mattina (8/9) i due ragazzi francesi forse vennero visti far colazione in una pensione vicino alla piazzola dai due gestori. Testimonianza questa che presenta alcune lacune ma anche una curiosa coincidenza.
4. La domenica sera i due ragazzi francesi potrebbero aver cenato alla festa dell'Unità di Cerbaia, come da testimonianza di Marcello Fantoni. Anche questa testimonianza però potrebbe non essere troppo attendibile.
5. La domenica sera, stando al rapporto Maurri e alla versione ufficiale della Procura di Firenze, i due giovani francesi vennero uccisi. Probabilmente prima di mezzanotte, ma non si sa bene quando; secondo la testimonianza del reo-confesso Giancarlo Lotti verso le 23.00.

In realtà attualmente ci sono forti dubbi su questa datazione dell'omicidio. Studi neanche troppo recenti sulle larve deposte sul cadavere di Nadine dalla mosca "carnaria" porterebbero infatti, secondo buona parte della odierna mostrologia, ad anticipare la data dell'omicidio alla notte fra sabato e domenica, se non addirittura a quella fra venerdì e sabato.
Lasciando però un attimo da parte gli interessanti quanto dibattuti studi fatti a posteriori da celebri entomologici sui cadaveri delle due vittime francesi, quello che a spanne (e cioè al momento non basandoci su alcun referto medico-legale) verrebbe da ipotizzare è:
▪ dando per buono che i francesi arrivarono alla piazzola il venerdì sera...
▪ assodato che il sabato mattina la loro tenda era sicuramente agli Scopeti ma nessuno vide i due ragazzi per l'intera giornata (dove erano finiti? Impossibile fossero stati un intero giorno in tenda dove oltretutto la temperatura era piuttosto elevata)...
▪ ipotizzando un possibile scambio di persona nel riconoscimento di Nadine da parte dei gestori della pensione la domenica mattina e dunque ipotizzando che anche la domenica nessuno vide la coppia francese...
▪ considerando che la piazzola era tutto sommato un luogo poco ospitale e non troppo adatto per il campeggio, circondata com'era da rifiuti e utilizzata persino come discarica...
▪ appare piuttosto plausibile, almeno a livello intuitivo (dunque non basandoci ancora su alcun dato oggettivo), che effettivamente il duplice delitto possa essere avvenuto proprio il venerdì notte, cioè dopo che la coppia fosse eventualmente rientrata dalla festa dell'Unità.

Nota Bene: Come dicevamo, oggigiorno la maggior parte de mostrologi (pur con qualche buona eccezione) son concordi nel retrodatare la data del delitto degli Scopeti; quasi tutti danno per certo che quantomeno la domenica mattina i francesi fossero già morti e dunque che il reo-confesso Giancarlo Lotti abbia mentito almeno sulla data del duplice omicidio. Questo punto sarà affrontato nel dettaglio nel prossimo capitolo, Mostrologia a Scopeti.


Scena del crimine
Indipendentemente dal giorno del duplice omicidio, la coppia era nella tenda nel momento in cui venne sorpresa dai colpi sparati dal MdF.
La ricostruzione ufficiale (che ovviamente non trova tutti d'accordo) ipotizza l'arrivo di soppiatto del mostro nella piazzola; questi squarciò con un coltello il primo telo della parte posteriore della tenda con un taglio di circa 40 centimetri, effettuato dall'alto verso il basso. Per un qualche motivo il Mostro non aprì il secondo telo che venne ritrovato intatto. Si portò quindi verso la parte anteriore della tenda e cominciò a sparare. Nadine morì quasi subito, Jean-Michel rimase ferito agli arti superiori ma riuscì comunque a uscire dalla tenda, verosimilmente sbilanciando il MdF che ne ostruiva l'ingresso. Completamente nudo e scalzo (anche se alcuni mostrologi ritengono potesse indossare un paio di pantaloni, vedremo dopo perché), il ragazzo provò a fuggire. Nella sua fuga compì un percorso non lineare, un po' come se qualcuno gli avesse ostruito la strada e dunque nel caso gli autori dell'omicidio sarebbero stati più di uno. Il killer, rimasto nei pressi della tenda, fece ripetutamente fuoco verso di lui, lo mancò, finì i colpi, quindi lo inseguì o più probabilmente gli tagliò la strada raggiungendolo in una zona boscosa della piazzola. Qui lo finì con l'arma bianca. Il MdF spinse il cadavere di Jean-Michel verso un anfratto e lo nascose sotto alcuni coperchi di bidoni di vernice, quindi si diresse verso la tenda dove esportò pube e seno sinistro dal cadavere di Nadine. L'escissione dovrebbe essere avvenuta all'esterno della tenda, a circa un metro di distanza, dove venne trovata una vasta gora di sangue. A supporto di questa ipotesi vi sono tracce di terriccio, fili d'erba e aghi di pino fra i capelli e sul cadavere della povera Nadine. Il dottor Francesco De Fazio, intervenuto per la prima volta direttamente sulla scena del crimine, ritenne invece che l'escissione fosse avvenuta dentro la tenda e quella gora potesse essere stata il luogo dove il killer aveva poggiato per qualche tempo i feticci escissi e grondanti di sangue. Comunque sia andata, premura del MdF fu poi chiudere la donna dentro la tenda.
La mano delle escissioni sembra la stessa di Vicchio.


Dopo il delitto
I cadaveri vennero scoperti lunedì 9 settembre verso le ore 15:30 da un cercatore di funghi di nome Luca Santucci. I corpi erano in medio stato di decomposizione. Sul cadavere della Mauriot furono rinvenute larve di mosca "carnaria"; secondo gli entomologi queste si manifestano a un primo stadio dopo 18 ore dalla morte e non vengono deposte di notte.
Il dottor Maurri, tuttavia, reputò che la formazione di larve fosse stata accelerata dalle particolari condizioni ambientali in cui si trovava il cadavere della Mauriot e cioè all'interno di una tenda chiusa. Maurri reputò di far risalire la morte alla notte fra domenica e lunedì, prima della mezzanotte, quindi in un lasso di tempo che andava dalle 15 alle 18 ore precedenti alla scoperta dei cadaveri. Non c'era tuttavia uniformità di giudizio all'interno del team dei medici. Come emerse durante il Processo ai CdM, alla fine prevalse la teoria Maurri, in quanto più anziano ed esperto del team.
I periti di Modena (l'equipe De Fazio), intervenuti rapidamente sulla scena del crimine secondo un piano d'azione predisposto già da tempo dalla Procura di Firenze, propesero invece sin da subito per una morte avvenuta più probabilmente la notte fra il sabato e la domenica, quindi circa 40 ore prima della scoperta dei corpi.
Sappiamo già che alcuni studi entomologici oggigiorno tendono a dare ragione alla datazione proposta da De Fazio. Ma non mancano accese discussioni sull'argomento.
Una domanda che spesso infatti i mostrologi si pongono è com'è possibile che un medico legale esperto come Maurri possa essersi sbagliato così grossolanamente?
Durante il Processo ai CdM, Maurri ribadì la sua datazione e sostenne la teoria secondo cui l'effetto serra nella tenda chiusa avesse anticipato i processi putrefattivi sul cadavere della donna e dunque la povera Nadine sembrava morta da più tempo di quanto in realtà fosse. Inoltre Maurri portò a sostegno della propria ipotesi sia la non completa risoluzione del rigor mortis sul corpo di Jean-Michel in data mercoledì 11 settembre, sia la completa assenza di morsi significativi da parte di fauna locale (insetti, topi, scoiattoli) sul cadavere del ragazzo francese, ritenendo dunque improbabile che tale corpo fosse rimasto più di una notte all'aperto.
È anche ipotizzabile che nel dubbio sulla data da attribuire al duplice omicidio, Maurri si fosse fatto condizionare dalle testimonianze di chi sosteneva di aver visto la Mauriot viva la domenica mattina (testimonianze rese proprio il 12 settembre, negli stessi giorni in cui si completava l'autopsia sui cadaveri). Forse, ma non vi è certezza in merito, senza quelle testimonianze Maurri si sarebbe orientato anche lui verso una retrodatazione del delitto.
Torneremo più dettagliatamente in seguito su questo punto.
Frattanto, subito dopo la scoperta dei cadaveri, furono controllati i movimenti di tutte le persone che nel corso degli anni erano rientrate nelle indagini, a partire da Salvatore Vinci (il maggior indiziato in quel momento), passando per il figlio Antonio, il Mele Giovanni, il Mucciarini, il Calamosca, lo Spalletti, il Fabbri, il dottor B. Tutti fornirono alibi, più o meno verificabili, di tipo familiare. Non emerse comunque nulla di particolare da segnalare su alcuno di questi personaggi.


La lettera a Silvia Della Monica
Il giorno successivo alla scoperta dei cadaveri, la mattina di martedì 10 settembre, arrivò presso gli uffici della Procura di Firenze una busta sigillata destinata al Sostituto Procuratore Silvia Della Monica, il magistrato che si era occupato dei delitti dal giugno del 1981 alla fine del 1983 e che aveva lasciato il caso agli inizi del 1984.
La busta era stata chiusa con una colla di tipologia "UHU extra". L'indirizzo era composto da lettere ritagliate da uno di quei settimanali a largo consumo molto popolari negli anni '80, sul momento non identificato. Le lettere erano state attaccate sulla busta con una colla diversa rispetto alla precedente, a base di destrina. La stessa colla era stata usata per l'affrancatura da 450 Lire. Non erano state rinvenute tracce biologiche dell'autore della missiva, né impronte digitali.
L'indirizzo conteneva un errore nella parola "Repubblica", scritta con una sola B.
All'interno del plico c'era un lembo di seno che le analisi hanno accertato essere con altissima probabilità quello di Nadine Mauriot. Il lembo era avvolto in un fazzoletto di carta e inserito in una bustina di cellophane.
Il plico era stato imbucato in una cassetta postale di San Piero a Sieve dopo mezzogiorno di sabato 7 settembre (ora dell'ultima raccolta) e prima della raccolta di lunedì 9 settembre (eseguita fra le 9.30 e mezzogiorno). La lettera venne dunque imbucata quando ancora i cadaveri non erano stati scoperti. La cassetta postale non è stata identificata con univoca certezza. Come riporta il blog "Mostro di Firenze": "Dato il sistema di raccolta sono due le cassette indicate come più probabili. Una viene individuata come la cassetta di fronte al Bar Marcello posizionata su una banchina di separazione fra la provinciale la strada comunale a fianco, ben protetta da una siepe, oggi non più esistente... L'altra è quella posizionata sulla via Provinciale all’altezza della Pieve di Santo Stefano, accanto al tabaccaio. Una cassetta ancora esistente dove poi, in un secondo momento, fu ritrovato un proiettile Winchester calibro 22 serie H, vedi 11 ottobre 1985. Anche questa abbastanza occultata dietro un angolo."
L'invio di questa missiva rappresenta tuttora l'unico contatto certo mai avvenuto fra Mostro di Firenze e inquirenti che si occupavano del caso.
Una domanda che ci si potrebbe porre è perché proprio una cassetta postale a San Piero a Sieve, distante una cinquantina di chilometri dalla piazzola degli Scopeti, dove era stato commesso il delitto. Perché, dunque, correre il rischio di fare tutta quella strada in macchina con quel reperto compromettente? Le risposte potrebbero essere due:
1. Come ipotizzato da molti, il MdF era della zona del Mugello, dunque per lui la zona attorno a San Piero a Sieve poteva essere limitrofa a quelle che lui frequentava abitualmente. Potrebbe persino aver imbucato la lettera rientrando a casa la notte stessa dell'omicidio (ovviamente per quanto detto prima, ipotesi non valida se il delitto fosse stato commesso il venerdì sera, perché in quel caso la lettera sarebbe stata raccolta il sabato mattina entro mezzogiorno). Un legame piuttosto forte fra il Mostro e il Mugello sembra comunque assodato, considerando oltre alla questione lettera, anche due omicidi (fra cui il primo di tipo maniacale) avvenuti in zona.
2. Risposta decisamente più inquietante: indipendentemente da dove risiedesse il MdF, all'epoca la dottoressa Della Monica aveva una casa estiva nel Mugello. Quindi imbucare la lettera in Mugello avrebbe potuto rappresentare un gesto di sfida da parte del mostro nei confronti dell'unica donna che si era occupata del caso. Per la serie, "occhio, so dove abiti".
C'è tuttavia da sottolineare che tale abitazione era a Scarperia (una decina di km più a nord) e non a San Piero a Sieve, come talvolta si sente dire in giro.

A questo proposito, ci si potrebbe appunto chiedere perché l'invio della missiva proprio alla Della Monica? Le risposte in questo caso potrebbero essere cinque:
▪ il MdF non sapeva che non si occupava più delle indagini e quindi aveva inteso sfidare colei che pensava fosse ancora a capo dei cani che gli davano la caccia;
▪ la Della Monica era l'unica donna fra gli inquirenti che si erano mai occupati del caso e il MdF voleva interagire con una donna;
▪ la Della Monica aveva teso un agguato al MdF in occasione del delitto di Baccaiano, facendo dichiarare alla stampa che il Mainardi aveva parlato prima di morire; la lettera poteva dunque essere una vendetta del killer;
▪ un insieme di qualcuno o di tutti i 3 punti di cui sopra;
▪ nessuno dei punti di cui sopra.

Analizzando il plico, si possono riscontrare le seguenti particolarità che potrebbero indicare un livello socioculturale mediamente basso dell'autore della missiva:
1. È scritto "DOTT." anziché "DOTT.SSA".
2. È scritto il cognome del destinatario prima del nome.
3. Come dicevamo è scritto "REPUBBLICA" con una B.
4. La parola "REPUBBLICA" inoltre non è contenuta in un'unica riga, così l'autore utilizza il trattino per andare a capo. Si ha insomma l'idea di poca dimestichezza con le parole.
Inoltre è possibile notare come:
5. L'indirizzo sulla busta sembra essere stato scritto in due momenti diversi; la prima parte infatti è piuttosto lineare e ordinata, la seconda (quella con il nome della città e il CAP) segue un andamento decisamente più irregolare.
6. Il numero 1 del CAP di Firenze (50100) è realizzato con la lettera "I" e non appunto con la cifra "1".
7. Secondo i periti che hanno studiato la busta, le lettere che compongono l'indirizzo sono state ritagliate da riviste di largo consumo e scarso valore economico. Alcuni mostrologi avevano suggerito in passato che potessero essere state ritagliate da giornali pornografici (lo stesso avvocato Bevacqua ne aveva fatto cenno in un'udienza del Processo Pacciani), ma non è mai esistito alcun riscontro in merito e probabilmente tale diceria è nata da un'accattivante suggestione. Da più parti si è vociferato che la rivista in questione fosse invece "Cronaca Vera", molto in voga negli anni '80, oppure la popolarissima "Gente".
In tempi molto recenti (aprile 2020), Paolo Cochi ha dichiarato di essere riuscito a risalire, dopo minuziose ricerche e un lavoro durato un paio di anni, alla rivista in questione. Dai suoi studi e da quelli condotti in particolar modo dalla dottoressa Valeria Vecchione, le lettere dovrebbero essere state ritagliate dal numero 51 della rivista "Gente", in edicola fra il 14 e il 20 Dicembre 1984. La copertina di quel numero era dedicata alla neomamma Gloria Guida.
La principale artefice della scoperta, Valeria Vecchione, ha dichiarato in un recente video su youtube che la scoperta è stata possibile grazie alla presenza di un blocco unico di lettere (dunque non ritagliate singolarmente) nella parola "DELLA" del cognome della magistrata. Il blocco unico ha permesso di avere un retro delle lettere ritagliate più corposo e ben leggibile, che ha rappresentato un buon punto di partenza nello studio delle riviste.
In tale video, la suddetta Vecchione si è soffermata sulle due già citate particolarità: l'indirizzo verosimilmente scritto in due momenti diversi e la cifra 1 del CAP sostituita dalla lettera "I".
Per quanto riguarda l'indirizzo scritto in due tempi diversi, secondo l'opinione della Vecchione, forse l'autore della missiva aveva originariamente intenzione di recapitare a mano la lettera in Procura e solo successivamente potrebbe aver cambiato idea decidendo di imbucare la missiva e quindi avrebbe deciso di aggiungere in tutta fretta CAP e città di destinazione. Un'idea questa che - a parere di chi scrive - non sembra troppo realistica ed è probabilmente figlia della convinzione comune fra i mostrologi (poi rivelatasi errata) che meno di un mese dopo il MdF avrebbe consegnato a mano due lettere anonime inviate ai magistrati che si occupavano dell'inchiesta (vedasi capitolo denominato Accadimenti finali).
Potrebbe, invece, avere un fondamento di realtà il fatto che l'invio della busta non sarebbe stata un'idea estemporanea del killer, ma già programmata in precedenza; in altre parole, il MdF avrebbe per un qualsiasi motivo preparato solo parzialmente la busta con un certo anticipo rispetto all'omicidio (forse senza neanche sapere chi sarebbero state le vittime successive), in seguito in un periodo temporale molto prossimo all'omicidio (subito prima o subito dopo) avrebbe terminato il suo collage, aggiungendo le informazioni mancanti: due momenti ma anche due fasi e due stati emotivi completamente diversi.
Per quanto riguarda la lettera I al posto della cifra 1 (cifra che pure era presente ripetute volte all'interno della rivista) - a quanto suggerisce la Vecchione - potrebbe trattarsi di un retaggio culturale che l'autore si sarebbe portato dietro; infatti in passato le macchine da scrivere non avevano il tasto "1" che veniva comunemente sostituito dall'utente con la "I" maiuscola. Una persona abituata per lavoro, per formazione o per qualsiasi altro motivo a usare molto spesso la macchina da scrivere, potrebbe essere stata condizionata in un momento di particolare concitazione anche nella scelta dei ritagli di giornale.
Successivamente, la stessa ricercatrice, avvicinatasi alla cosiddetta teoria Zodiac, avrebbe cambiato idea, attribuendo l'utilizzo della lettera I al posto del numero 1 a un retaggio culturale di tipo anglosassone.


Avvistamenti e segnalazioni
Il delitto degli Scopeti è quello in cui si sono verificate il maggior numero di segnalazioni che collocano i futuri Compagni di Merende sulla scena del crimine. Probabilmente a determinare questo fattore hanno influito la maggior prossimità temporale di questo omicidio rispetto agli altri, ma soprattutto l'estrema vicinanza con il luogo del delitto delle abitazioni o più in generale dei luoghi frequentati dai Compagni di Merende. Vedremo nei capitoli dedicati ai Processi come non sempre queste segnalazioni si siano dimostrate attendibili.
► Un esempio ci viene dato dalla già citata testimonianza dell'agente della DIGOS, Edoardo Iacovacci, il quale - come abbiamo visto - aveva dichiarato nell'udienza del 6 giugno 1994 del Processo Pacciani di aver notato la mattina del sabato 7 settembre la tenda dei ragazzi francesi già montata nella piazzola degli Scopeti. In tale udienza lo Iacovacci aveva anche affermato di aver visto giungere nella piazzola un uomo su un motorino di tipo Beta e che costui, che aveva tutta l'aria di essere un guardone, aveva preso ad aggirarsi nelle prossimità della tenda. Parecchi anni dopo, lo Iacovacci riconobbe in una fotografia del Pacciani, l'uomo visto quella mattina nella piazzola.
Sembra tuttavia molto probabile, confrontando i vari verbali resi alla caserma dei carabinieri di San Casciano, che il personaggio visto dallo Iacovacci non fosse il Pacciani, ma un tale Giuliano Pucci, noto guardone di San Casciano, il cui profilo aveva una certa somiglianza con quello del Pacciani.
Infatti nei giorni immediatamente successivi al delitto, il Pucci era stato interrogato dai carabinieri di San Casciano e aveva lui stesso dichiarato di essere giunto a bordo del suo ciclomotore Vespa agli Scopeti la mattina del 7 settembre e ivi di aver notato la tenda, una golf bianca (quella dei francesi) e una 126 bianca (l'automobile dello Iacovacci) con dentro un uomo. La testimonianza del Pucci è indipendente ma al contempo coincidente con quella dello Iacovacci, dunque è estremamente probabile (per non dire certo) che i due si fossero incontrati quella mattina nella piazzola e che, a distanza di anni, lo Iacovacci avesse scambiato il Pucci per il Pacciani, anche probabilmente suggestionato dalle indagini che stavano conducendo i suoi colleghi sul contadino di Mercatale. Resta la discrepanza sul tipo di ciclomotore su cui sarebbe arrivato il guardone nella piazzola, ma anche qui è possibile che la suggestione abbia giocato un certo ruolo nel confondere il ricordo dello Iacovacci.
► I coniugi Vittorio Chiarappa e Marcella De Faveri, ospiti di Gianfranco Rufo, proprietario della villa posta di fronte alla piazzola degli Scopeti, dichiararono che un'automobile di colore rosso sbiadito, di forma squadrata e con il retro tronco, aveva sostato tutto il pomeriggio di domenica 8 settembre 1985 all'imbocco della piazzola. Secondo i coniugi, due persone avevano trascorso buona parte di quel pomeriggio ferme nei pressi della vettura con lo sguardo rivolto verso la tenda dei giovani ragazzi francesi.
La descrizione della vettura ricorderà agli inquirenti, circa una decina di anni dopo, la Fiat 128 coupé di Giancarlo Lotti. Per maggiori dettagli si veda il capitolo La credibilità del Lotti.
► Fra i numerosi avvistamenti nella piazzola degli Scopeti di domenica 8 settembre 1985, ce n'è uno particolarmente inquietante: venne infatti notato il motorino di Andrea Rea, colui che esattamente quattro anni dopo diverrà noto come il Mostro di Posillipo.
Rea, napoletano, classe 1956, aveva ucciso una donna già nel 1983 a Ischia, senza però venire minimamente sfiorato dalle successive indagini. Sempre nel 1983 aveva stuprato una turista finlandese e dato i primi segnali di profonda instabilità mentale. Era stato ricoverato forzatamente in una casa di cura dalla propria famiglia. Proprio nel 1985 era stato ospite della comunità per giovani bisognosi d'aiuto Emmaus a Firenze, trovandosi spesso a girare per la campagna fiorentina e probabilmente finendo dalle parti di Scopeti proprio il giorno precedente alla scoperta dei cadaveri dei due francesi.
Rientrato nella sua città natale, nel 1987 era stato protagonista di un altro stupro, infine nel 1989 aveva commesso il suo delitto più atroce, uccidendo la trentottenne Silvana Antinozzi a morsi e coltellate e provando a occultarne il cadavere in una valigia da disperdere nel golfo di Napoli. Il suo piano era fallito miseramente e Rea era stato definitivamente condannato.
Quando il Mostro di Posillipo salì agli onori della cronaca italiana, venne ripescato dagli inquirenti fiorentini quello strano avvistamento nei pressi degli Scopeti lo stesso giorno in cui secondo la versione ufficiale erano stati uccisi i ragazzi francesi. Furono dunque controllati tutti gli alibi di Rea sia in occasione di ogni singolo delitto del MdF, sia in occasione dei famosi omicidi delle prostitute fiorentine avvenuti fra il 1982 e il 1984 (vedasi capitolo Le morti collaterali).
Le successive indagini non diedero comunque alcun esito. Per tutti i delitti presi in considerazione, Rea aveva alibi di ferro, trovandosi oltretutto piuttosto lontano dalle campagne fiorentine.
► Piuttosto interessante risulta la segnalazione rilasciata dal signor Giovanni U. al Reparto operativo dei carabinieri di Firenze, il quale dichiarò di aver visto un uomo di 40-45 anni, alto circa 180 cm, robusto, dai capelli castano rossicci aggirarsi nei pressi della piazzola degli Scopeti poco dopo le 18 di venerdi 6 settembre 1985.
Sulla base di questa testimonianza i carabinieri realizzarono un photo-fit dell'individuo indicato.
Da notare come le caratteristiche fisiche del soggetto indicato potrebbero essere simili a quelle descritte da diversi testimoni in occasione del delitto di Vicchio (vedasi relativo capitolo) e che potrebbero condurre al cosiddetto Rosso del Mugello, ultimamente teorizzato da parecchi studiosi come autore dei duplici delitti.
► Appaiono piuttosto interessanti le segnalazioni convergenti di due testimoni indipendenti fra loro, che resero spontanea testimonianza ai carabinieri di San Casciano e indicarono una stessa automobile nei dintorni della piazzola degli Scopeti il presunto giorno del delitto.
Nello specifico, il signor Salvatore Suppa dichiarò che domenica 8 settembre 1985 verso le ore 22:00, mentre percorreva via degli Scopeti da San Casciano verso la Cassia, aveva notato un'automobile Renault 4, colore beige, parcheggiata con i fari spenti sul bordo della strada, un centinaio di metri dopo la piazzola del delitto. All'interno c'era un uomo di circa 40 anni, con i capelli scuri e folti, di corporatura normale. Sulla base dell'accurata descrizione fornita dal testimone, venne realizzato anche in questo caso un photo-fit. Il risultato fu un individuo con i baffi, i cui lineamenti richiamavano vagamente una versione più magra del Lotti. È bene precisare che Lotti non è mai stato possessore di una Renault 4 beige.
Ci sarebbe poi la testimonianza del signor Paolo Pecci, il quale dichiarò che la mattina di domenica 8 settembre 1985, mentre percorreva via degli Scopeti da San Casciano verso Tavernuzze, aveva notato una Renault 4, colore beige chiaro, parcheggiata sul bordo strada a circa 300/400 metri dalla piazzola del delitto. In questo caso, però, non vi era nessuno all'interno dell'automobile. Al rientro del Pecci da Tavernuzze, verso le ore 11:10, transitando dallo stesso punto, l'automobile non c'era più.
Dando per scontato che le due segnalazioni indicavano con ottime probabilità la stessa vettura, possiamo desumere che l'auto in oggetto era parcheggiata nei dintorni della piazzola sia la mattina della domenica, per un tempo piuttosto limitato, sia a sera inoltrata verso le 22:00, stavolta con un uomo all'interno. Giova ricordare che secondo la ricostruzione ufficiale (quella fornita dal reo-confesso Giancarlo Lotti) il delitto sarebbe avvenuto da lì a circa un'ora.


Particolarità a Scopeti
● I proiettili usati per questo delitto sono Winchester a piombo nudo così come Mosciano, Calenzano, Baccaiano, Vicchio e in parte Giogoli, ma diversi da Lastra a Signa, Rabatta e in parte Giogoli. Anche questi proiettili hanno la lettera H impressa sul fondello del bossolo e sono indubbiamente sparati dalla pistola del MdF.
● Per la prima volta nella storia dei delitti commessi dal MdF, venne trovata sui bossoli una patina di una sostanza che all'analisi risultò essere un misto fra gesso, silicone e ossido di zinco. Questo ha portato molti mostrologi sia a ritenere che fra il delitto di Vicchio dell'anno prima e quello degli Scopeti, il killer avesse cambiato luogo dove custodiva i proiettili, sia a ipotizzare che l'autore di questi omicidi (o eventualmente il custode dei proiettili) avesse a che fare con ambulatori o ospedali ortopedici, in quanto gesso e ossido di zinco - come è noto - servono proprio per la realizzazione di gessi ortopedici.
In tempi recenti, il blogger ed esperto balistico Henry62 ha ipotizzato invece che la suddetta patina potesse essere stata causata da una contaminazione operata proprio dagli agenti della polizia scientifica, i quali per poter eseguire le fotografie sui bossoli si erano serviti di alcune piastrelle trovate in loco (è noto che la piazzola degli Scopeti era utilizzata dagli abitanti della zona come discarica), la cui colla avrebbe appunto contaminato i bossoli.
● Sul luogo del delitto, in prossimità del cadavere di Jean-Michel e in particolar modo di una vasta gora di sangue, venne rinvenuta dal Tenente Colonnello Antonio Rimicci l'impronta di un tacco di scarpa numero 44 che richiamava alla mente l'orma rivenuta a Travalle di Calenzano nell'ottobre del 1981. Stando a quanto afferma lo stesso Rimicci, tale impronta fu notata prima dell'intervento delle altre forze di polizia, quando cioè era impossibile un inquinamento della scena del crimine.
Di tale impronta non sembra esistere alcun riscontro fotografico, ma secondo alcuni articoli di giornale dell'epoca, molta importanza venne - almeno inizialmente - data al rinvenimento dal dottor De Fazio. In particolare, secondo l'articolo scritto su "La Nazione" dal giornalista Sandro Bennucci, De Fazio riteneva potesse essere stata lasciata da un uomo alto almeno 1 metro e 85 centimetri, di corporatura sicuramente robusta. Inoltre, la profondità dell'orma sul terreno poteva essere stata causata dal sollevamento da parte del killer del cadavere della vittima maschile.
In realtà, lo stesso De Fazio che nella sua perizia parlerà di "posizione altamente significativa", tenderà a sminuire la portata della traccia, parlando anche di "aleatoria fruibilità identificativa posto che che sul luogo erano passati e ripassati numerosi agenti".
In seguito, complici anche le piste intraprese dagli organi inquirenti (prima il Vinci Salvatore, poi il Pacciani) si intese dare sempre minor importanza a tale rinvenimento, arrivando a considerarlo un "inquinamento" della scena del crimine da parte di organi di polizia poco attenti.
Al contrario, in questi ultimi anni la tendenza acclarata sembra essere quella di rivalutare le varie tracce dimenticate sui loghi dei delitti, compresa ovviamente l'orma a Scopeti, che - giova ricordarlo - stando alle dichiarazioni del Rimicci sarebbe stata rilevata quando ancora la scena del crimine era scevra da possibili inquinamenti.
● Nell'edizione pomeridiana/serale del TGR Toscana del 9 settembre 1985, andata in onda poco dopo la scoperta dei cadaveri, venne detto esplicitamente che il duplice omicidio risaliva a un paio di giorni prima. Questo dimostra come la prima impressione che si ebbe al ritrovamento dei cadaveri fu che i due ragazzi fossero morti da parecchio.
● Per la prima volta il MdF non colpì una coppia in automobile, ma una coppia in tenda. Inoltre, la Mauriot aveva 36 anni quando venne uccisa, piuttosto distante dall'età media delle vittime femminili del mostro. Infine, per la seconda volta, il MdF attaccò una coppia di stranieri.
Bisogna anche considerare che nell'estate del 1985, dopo il terribile delitto di Vicchio, la tensione e la preoccupazione per un nuovo omicidio del mostro, erano alle stelle. La soglia di allerta era molto elevata, almeno fra gli abitanti della zona di Firenze, soprattutto nei weekend e soprattutto quel settembre. È dunque molto probabile che le coppie appartate in automobile in orari notturni scarseggiassero. Da qui potrebbe essere scaturita la necessità o la scelta di colpire una coppia straniera, presumibilmente ignara del pericolo e soprattutto che non era attesa per il rientro a casa; dunque nessuno avrebbe potuto dare l'allarme prematuramente.
● Per la prima volta il MdF si preoccupò di nascondere i colpi delle vittime (quello dell'uomo in un anfratto celato da coperchi di secchi di vernice, quello della donna nella tenda). Quattro potrebbero essere le motivazioni di questo gesto:
1. Un atroce scherzo a danno degli inquirenti; un'ipotesi questa, proposta più volte dal giornalista Mario Spezi, secondo cui il MdF voleva inviare la sua particolare "missiva" e farla arrivare a destinazione prima della scoperta dei cadaveri in modo da far intendere che c'era stato un nuovo delitto e innescare una specie di terribile caccia alle vittime anziché al Mostro.
Questa ipotesi, tuttavia, perde un po' di credibilità in caso di duplice omicidio avvenuto non la domenica sera, ma il sabato o addirittura il venerdì. Sappiamo infatti che la raccolta della posta non sarebbe avvenuta prima del lunedì mattina e più si tende a retrodatare il delitto, più le probabilità che i cadaveri venissero scoperti prima dell'arrivo a destinazione della lettera sarebbero aumentate. Un assassino che voleva farsi beffe delle forze dell'ordine come proposto da Spezi, teoricamente avrebbe dovuto commettere il duplice omicidio quanto più a ridosso della raccolta della posta e dunque proprio la domenica sera.
2. Il MdF temeva di essere tenuto sotto controllo, voleva quindi che i cadaveri venissero ritrovati più tardi possibile, per avere il tempo di rientrare, sistemare tutte le sue faccende, crearsi eventualmente un alibi. Da questo punto di vista, bisogna anche considerare che Scopeti era un luogo molto più battuto (da coppie, guardoni, cercatori di funghi, personaggi vari) rispetto ad esempio alla Boschetta di Vicchio. Due cadaveri lasciati sul luogo del delitto, senza nessun riparo, come era accaduto nei delitti precedenti, sarebbero con ottime probabilità stati scoperti nel giro di poco tempo.
Da notare che i personaggi tenuti sotto controllo in quel periodo erano parecchi. Alcuni tuttavia (come il dottor B.) erano attenzionati da tempo ed erano abituati a ricevere perquisizioni subito dopo ogni delitto del MdF, dunque la loro eventuale colpevolezza non spiegherebbe perché proprio a Scopeti avrebbero dovuto tenere un comportamento diverso rispetto ai precedenti duplici omicidi.
Altri personaggi invece erano stati attenzionati dopo il delitto dell'anno prima a Vicchio e in questo caso avrebbe avuto più senso assumere un comportamento differente rispetto agli omicidi precedenti: si pensi, ad esempio, a Salvatore Vinci, il quale era soggetto a pedinamenti e intercettazioni telefoniche, o - come vedremo nel capitolo denominato La pistola del Mostro - al personaggio attenzionato dal maggiore Sebastiano Anzà e perquisito nella sua abitazione fiorentina proprio nel giugno del 1985, e dunque in quel periodo entrato per la prima volta nelle indagini.
Da notare, infine, che né Pacciani, né alcuno dei Compagni di Merende erano all'epoca del delitto degli Scopeti ancora finiti nel mirino degli inquirenti.
3. Pur non essendo il killer tenuto sotto controllo, gli eventi accaduti nella piazzola avrebbero potuto richiamare altre persone, semplici curiosi se non addirittura le forze dell'ordine. Di qui l'esigenza di nascondere i cadaveri. Bisogna considerare, infatti, l'eventualità che il giovane Jean-Michel abbia urlato nel tentativo di sfuggire al suo aggressore.
Nel silenzio della campagna, esisteva una pur minima possibilità che qualcuno potesse aver udito quelle grida e allertato le forze dell'ordine. In piena epoca "Mostro" è probabile che queste si sarebbero subito precipitate sul luogo del delitto. Il killer potrebbe aver contemplato tale possibilità e dunque aver predisposto le cose affinché i cadaveri non fossero immediatamente visibili per aver il tempo comunque di allontanarsi dalla zona.
4. Il killer era a conoscenza di un protocollo segreto della Procura che disponeva, nel momento in cui sarebbe stato scoperto un nuovo delitto, il blocco immediato di tutte le strade attorno alla scena del crimine in modo da creare una fitta maglia di controlli ed impedire ogni via di fuga all'assassino.
Di qui, appunto, l'esigenza di impedire un prematuro ritrovamento dei corpi.
● A proposito di sospettati tenuti sotto controllo, il suddetto Salvatore Vinci fu sottoposto alla prova del guanto di paraffina dopo l'omicidio di Scopeti. Prova che risultò leggermente positiva alla mano sinistra. Ancora una volta, però, come già visto nei casi di Stefano Mele e Carmelo Cutrona, per una persona che svolgeva lavori manuali come il muratore, la prova non aveva un alto grado di attendibilità.
● In diversi ambienti mostrologici è piuttosto diffusa la voce secondo cui nel pomeriggio di domenica 8 settembre 1985 allo stadio di Firenze (dove era in corso la partita Fiorentina-Sampdoria, valida per la prima giornata del campionato di calcio di Serie A 1985-86) si era sparsa la notizia di un nuovo delitto commesso dal Mostro. C'è persino chi sostiene che tale notizia arrivò in tribuna stampa e venne divulgata da un emittente radiofonica privata. Da notare che il pomeriggio di domenica 8 settembre, non solo i cadaveri non erano ancora stati scoperti (lo sarebbero stati il pomeriggio del giorno successivo), ma addirittura secondo la versione ufficiale il delitto non era ancora stato commesso (lo sarebbe stato quella sera verso le ore 23.00).
È doveroso sottolineare che non esiste alcuna prova documentale che tale notizia si fosse sparsa realmente fra le gradinate dello stadio, né tantomeno che venne diffusa da una radio privata. Tuttavia, vista l'insistenza con cui anche a distanza di molti anni, questa voce persiste e spesso ricorre in molti dibattiti mostrologici, è lecito contemplare l'evenienza che possa avere un fondo di attendibilità. Un'ipotesi più volte avanzata (anche indipendentemente da questo episodio) è che in realtà i cadaveri delle due vittime francesi fossero stati scoperti prima del rinvenimento ufficiale, forse da un guardone, forse da una coppia non regolare o più in generale da qualcuno che non voleva essere coinvolto nella vicenda e quindi si era ben guardato dal dare l'allarme, ma che potrebbe non aver mantenuto lo stesso riserbo con amici, parenti o compagni di voyeurismo, dando di fatto il via a un sotterraneo propagarsi di voci e illazioni.
● Connesso al punto precedente, risulta un verbale di "sommarie informazioni testimoniali" reso alle ore 20.00 del 14 settembre 1985 da un operaio (iniziali B.D.) presentatosi spontaneamente alla caserma dei carabinieri di San Casciano. In tale verbale l'uomo dichiarava di aver accompagnato sua madre all'ufficio postale di Castel Fiorentino verso le 7.45 del mattino del 9 settembre 1985 (dunque il lunedì mattina, quando i cadaveri non erano ancora stati scoperti, NdA) e lì di aver udito una donna di circa 60/65 anni, anch'ella in attesa che aprisse l'ufficio postale, affermare - testuali parole - "la mia nipote ascoltando la radio questa mattina ha sentito dire che il mostro ha ammazzato un'altra coppia". L'uomo non sapeva precisare il luogo dell'eventuale delitto, dichiarava di non conoscere la donna che aveva fatto tali affermazioni e di non saper dare riferimenti su come rintracciarla; ne forniva una sommaria descrizione, infine asseriva che c'erano state altre persone che avevano udito tale dichiarazione. L'uomo sosteneva infine che quando quella stessa sera aveva appreso in TV del delitto appena scoperto dal MdF, si era chiesto come la donna potesse esserne stata a conoscenza sin dalla mattina.
A seguito di questo verbale, la stazione dei carabinieri di San Casciano nella persona del maresciallo Lodato inviò un fonogramma alla corrispettiva stazione di Castel Fiorentino, chiedendo urgenti accertamenti sull'episodio riportato dal predetto B.D.
Non esistono riscontri sugli sviluppi di tali accertamenti.
● Fra gli effetti personali dei francesi, all'interno della tenda, non venne rinvenuta alcuna fonte luminosa, una torcia o altro oggetto adatto allo scopo. Il che risulta piuttosto strano considerando che erano due campeggiatori in viaggio dalla Francia e che, soprattutto a Scopeti, sostavano in una zona estremamente buia e priva di fonti luminose esterne. Tanto più che una torcia venne rinvenuta in una "borsa marrone di tessuto sintetico con scritta ADIGE" all'interno dell'automobile della coppia, dunque se Nadine e Jean-Michel avessero avuto bisogno di una luce avrebbero potuto attingere a quella. Se non l'hanno fatto è ragionevole supporre che avessero già a disposizione nella tenda una fonte di luce e che questa possa essere stata sottratta proprio dall'autore del duplice omicidio o in misura minore da eventuali curiosi capitati in zona successivamente al delitto (cosiddetti sciacalli).
● Da verbale redatto dai carabinieri sugli effetti personali delle vittime repertati sul luogo del delitto, risulta che sempre nella borsa marrone del punto precedente venne rinvenuto "un contenitore con n. 16 diapositive della MAURIOT, nonché un pezzo di pellicola fotografica". Le 16 diapositive (nella vulgata mostrologica si parla in realtà di 17 diapositive) non sono mai state rese pubbliche. Come si sostiene in diversi ambienti mostrologici, potrebbe essere utile conoscerne il contenuto al fine eventuale di trarre qualche informazione in più sui luoghi (e relative date) visitati dalla coppia francese durante la vacanza in Italia e in special modo durante gli ultimi giorni di vita. Tali diapositive potrebbero (si sottolinea il condizionale) ad esempio essere utili per avere qualche informazione in più sulla data della morte.
Aggiornamento del 30/01/2024: è notizia odierna che le 16 (o 17) diapositive di cui sopra, custodite in due plichi sigillati, sono andate smarrite. Per maggiori informazioni si veda la pagina dedicata agli Aggiornamenti.
● Sempre a proposito di effetti personali dei francesi, sul sedile posteriore della Golf era posizionato un seggiolino per bambini appartenente a uno dei due figli della Mauriot, rimasto in Francia. Quando nel pomeriggio del 9 settembre arrivarono gli inquirenti sul luogo del delitto, la prima cosa che fecero fu delimitare la piazzola e - tramite l'utilizzo di unità cinofile - battere la zona alla ricerca di un ulteriore cadavere, verosimilmente quello dell'eventuale bambino. Inutile dire che alla mente degli inquirenti balzò la similitudine con il primo delitto della serie, quello a Signa in cui nell'automobile assieme alla Locci e al Lo Bianco, c'era anche il piccolo Natalino Mele.
● Abbiamo accennato al fatto che, secondo alcuni mostrologi, per esempio secondo il noto blogger Antonio Segnini, Jean-Michel potrebbe non essere stato nudo durante la sua fuga dalla tenda, ma potrebbe aver indossato un paio di pantaloni. Questo perché, da alcune foto divulgate dal ricercatore Paolo Cochi, tale indumento venne rinvenuto nei pressi del corpo senza vita del giovane francese.
I pantaloni erano di taglia 44 (compatibile con il fisico longilineo di Jean-Michel), di velluto a coste sottili (meno compatibile con il clima estivo, in ogni caso dalle foto non sembrano pantaloni eccessivamente pesanti) e marca "Maman" (mamma in francese, dunque pienamente compatibile con la provenienza del ragazzo). È piú che ragionevole supporre che tale indumento appartenesse proprio a Jean-Michel e non fosse finito sul luogo del delitto (che ricordiamo era cosparso di spazzatura di vario genere) per altre vie.
Dunque, piuttosto che ipotizzare che fosse stato lo stesso assassino, a omicidio concluso, a recuperare i pantaloni dalla tenda e a portarli vicino al cadavere di Jean-Michel, secondo Segnini è banalmente più logico che il ragazzo li avesse con sé durante la fuga, forse in mano o più probabilmente indossati. Se li avesse avuti in mano, bisogna pensare a un Jean-Michel completamente nudo nella tenda, che si sveglia di soprassalto all'assalto del killer, viene ferito, afferra per normale istinto i vicini pantaloni e - ovviamente senza infilarli - si precipita all'esterno. Se invece li avesse avuti addosso, bisogna pensare a un Jean-Michel che nella tenda indossava i pantaloni ma non le mutande, dato che queste non sono state rinvenute nei pressi del suo cadavere. Ancora, se li avesse avuti in mano è normale averli trovati sul luogo dove poi il ragazzo francese sarebbe stato ucciso. Se invece li avesse normalmente calzati, secondo Segnini bisogna supporre che sia stato il killer a sfilarglieli, probabilmente in maniera involontaria mentre lo afferrava per le estremità inferiori per gettarlo nell'anfratto fra i rovi dove poi il cadavere sarebbe stato rinvenuto.
Al solito, peró, la situazione è un po' piú complessa di come la stiamo raccontando. Questo perché, dalla relazione del genetista forense Ugo Ricci, incaricato dalla Procura di Firenze di analizzare l’indumento, non risulta alcuna traccia biologica sui pantaloni, escludendo la presenza di tracce epiteliali sulla tasca del pantalone stesso.
Premesso che della traccia epiteliale parleremo dopo, l'assenza di macchie biologiche indurrebbe a pensare che i pantaloni non avessero alcuna macchia di sangue, cosa difficilmente credibile. È davvero arduo immaginare che durante gli spari nella tenda e ancor di più durante il massacro che il MdF ha compiuto con il coltello sul corpo del povero Jean-Michel, questi pantaloni (in mano o regolarmente indossati che fossero) non si siano minimamente sporcati del sangue del ragazzo.
L'assenza di macchie biologiche può avere due spiegazioni:
▪ O, come sostiene Segnini, era così normale che i pantaloni fossero impregnati del sangue e più in generale del DNA di Jean-Michel che quando il genetista ha parlato nella propria relazione di assenza di macchie biologiche, faceva riferimento a tracce che non fossero appartenute a Jean-Michel e dunque tracce di soggetti diversi rispetto al proprietario.
▪ Oppure - contrariamente a quanto ci dicono le foto - i pantaloni non sono stati rinvenuti vicino al corpo del giovane francese, ma normalmente nella tenda. E solo in un secondo momento - per non si sa quale motivo - sono stati portati vicini al cadavere e fotografati. Nel caso, il povero Jean-Michel sarebbe uscito dalla tenda completamente nudo, come del resto si è sempre ipotizzato.
Negli atti della Procura, viene avvalorata proprio questa versione, in quanto si può leggere: "Un profilo maschile, battezzato "Uomo Sconosciuto 1", differente da quello della vittima Jean Michel Kraveichvili, è stato isolato su una paio di pantaloni taglia 44 presenti nella tenda".
Mettiamo ora da parte il luogo del rinvenimento dei pantaloni e soffermiamoci brevemente sul profilo maschile cui si fa riferimento nel suddetto atto. Com'è facile intuire, si tratta proprio delle tracce epiteliali sulla tasca cui accennavamo in precedenza.
A chi appartenga il profilo di "Uomo Sconosciuto 1" non è ovviamente cosa nota. Quel che appare certo è che non si tratta di profilo compatibile con i principali sospettati della vicenda, eccezion fatta per i due compagni di merende, Vanni e Lotti, di cui - a quanto si dice e stranamente - non si possiede un profilo genetico.
● Stando a quanto dice l'avvocato difensore Rosario Bevacqua al Processo Pacciani durante la testimonianza del maresciallo Lodato, subito dopo la scoperta dei cadaveri agli Scopeti, fu inviata una pattuglia di carabinieri a casa di un medico di Montelupo Fiorentino. Probabile, per non dire certo visto il riferimento a Montelupo Fiorentino, che si tratti del famoso e misterioso dottor B., rientrato nelle indagini dopo il delitto di Scandicci del giugno del 1981 e dunque evidentemente ancora attenzionato nel 1985.
● Più volte è stato sostenuto che durante il delitto degli Scopeti, il celebre gastroenterologo perugino Francesco Narducci si trovava negli Stati Uniti. Questo particolare è stato smentito sia dal magistrato Giuliano Mignini che ha dichiarato di aver controllato personalmente il passaporto del medico, sia dalla stessa moglie del Narducci. Sembra infatti essere certo che il dottore partì per Rochester, negli USA, verso la fine del mese di settembre.
Sempre a proposito del Narducci, c'è anche da riportare la voce secondo cui la targa della sua Citroen Pallas fosse stata registrata a un casello autostradale nei pressi di Firenze la presunta notte dell'omicidio dei francesi. Non vi sono fonti ufficiali su questo episodio che viene spesso riportato senza però - ribadiamo - che almeno apparentemente esista alcun documento che ne attesti la veridicità. Per maggiori dettagli, si veda il capitolo dedicato al gastroenterologo perugino.
● A proposito del Pacciani, un aspetto forse sottovalutato, anche se puramente suggestivo, riguarda la contemporanea presenza della coppia francese e di Pietro Pacciani alla festa dell'Unità di Cerbaia a non molte ore di distanza dall'omicidio stesso.
Sappiamo infatti che con buona probabilità i ragazzi francesi cenarono in una o più sere della loro permanenza a San Casciano alla festa dell'Unità di Cerbaia. Abbiamo un paio di testimonianze (quella del Fantoni e quella del Cantini) che sembrano non lasciare spazio a dubbi. Entrambe le testimonianze non ci danno certezze sul giorno (Cantini dice il venerdì, Fantoni dice la domenica, ma abbiamo visto come entrambe presentino alcune lacune), tuttavia difficilmente si può mettere in dubbio che almeno uno di questi giorni Nadine e Jean-Michel cenarono davvero a Cerbaia.
Sappiamo altresì con certezza che anche Pacciani trascorse almeno una di quelle sere alla stessa festa dell'Unità. È lui stesso ad affermarlo, parlando degli ottimi "pollettini arrosto" che ivi cucinavano e fornendo questa sua partecipazione come alibi per la domenica sera, giorno in cui ufficialmente venne commesso il duplice omcidio degli Scopeti (vedasi capitolo Il contadino di Mercatale).
A scanso di equivoci, è bene ribadire come questo punto, pur essendo piuttosto inquietante, sia puramente suggestivo, perché non vi sono prove per affermare che i due francesi e Pacciani cenarono la stessa sera alla festa di Cerbaia, né tantomeno che si incrociarono realmente. A dirla tutta non si sa nemmeno con certezza se i due giovani furono realmente uccisi dopo aver cenato a Cerbaia, anche se i resti di cibo rinvenuti nel loro apparato gastrico rendono - come vedremo - plausibile questa possibilità.
● Abbiamo già visto a proposito del delitto di Giogoli come la distanza fra la piazzola degli Scopeti e quella dell'omicidio del 1983 fosse estremamente ridotta, quantificabile in pochissimi chilometri in linea d'area. La vicinanza fra questi due luoghi e il particolare che in entrambi i casi siano state uccise due coppie straniere, dunque coppie che non potevano essere state scelte con cura da troppo tempo, porterebbe a pensare, almeno in questi due casi, a delitti in cui il killer potesse aver incontrato casualmente le proprie vittime e nel giro di pochissimo tempo avesse deciso di ucciderle. La zona fra Giogoli e Scopeti, per un motivo o per un altro, potrebbe dunque essere stata frequentata con una certa assiduità dall'assassino.
● Alcune settimane dopo il delitto, un ragazzo di Prato, identificato come W.D.B., si recò in visita presso la piazzola del delitto assieme al suo cane di razza cocker. Il cane, sfuggito per alcuni secondi al controllo del proprietario, ritrovò in un cespuglio non distante dal punto in cui era stato rinvenuto il cadavere di Jean-Michel Kraveichvili, un paio di guanti da chirurgo e un fazzolettino intriso di sangue, contenente un frammento di capello castano.
I reperti vennero consegnati alla vicina caserma dei carabinieri, di qui il 5 ottobre 1985 giunsero all'istituto di Medicina Legale di Firenze. Il 7 novembre 1985 il dottor Riccardo Cagliesi Cingolani stilò in merito una relazione di tredici pagine. In essa era scritto che il materiale ematico era sangue umano di gruppo B, mentre il frammento pilifero, lungo circa due centimetri, di colore castano, liscio, provvisto di cuticola a scaglie sottili, era un capello umano. Veniva comunque escluso potesse trattarsi di sangue delle vittime in quanto Nadine era di gruppo A e Jean-Michel di gruppo 0.
In seguito, i reperti sono stati nuovamente analizzati a distanza di moltissimi anni (luglio 2017), pervenendo grazie alle nuove possibilità offerte dalla tecnologia, a un risultato diverso. Non c'è molta chiarezza in merito e non vi sono documenti ufficiali a riguardo, se non qualche articolo di giornale rintracciabile sul web, comunque pare che il sangue rinvenuto nel fazzoletto possa appartenere a entrambe le vittime e parte di esso sia riconducibile a un uomo di origine est-europea. Da notare che il Kraveichvili aveva origini georgiane.
● Dopo questo duplice omicidio, per la prima volta gli inquirenti presero seriamente in considerazione la possibilità che il killer potesse conoscere con un certo anticipo le loro mosse, dunque potesse avere degli agganci nel mondo investigativo o persino farne lui stesso in qualche modo parte (un po' quella che è la cosiddetta ipotesi Filastò). Ciò che principalmente mosse questo ipotesi (e ribadiamo che di semplice ipotesi si trattó) furono i seguenti elementi:
1. Come abbiamo già detto, per la prima volta era stato predisposto un protocollo segreto stilato dalla Procura di Firenze in accordo con polizia e carabinieri che prevedeva, nel momento in cui sarebbe stato scoperto un nuovo delitto del MdF, il blocco immediato di tutte le strade attorno alla scena del crimine in modo da creare una fitta maglia di controlli ed impedire ogni via di fuga all'assassino.
Il Mostro sembrò rispondere nascondendo entrambi i cadaveri. Il rinvenimento degli stessi sarebbe avvenuto solo a distanza di parecchie ore.
2. Sempre per la prima volta era stato siglato un accordo fra la Procura di Firenze e la società Autostrade secondo cui i casellanti (su base volontaria, ma ci fu grande adesione da parte di questi) avrebbero dovuto segnalare il numero di targa di tutte le automobili con uomini soli a bordo che nei weekend estivi entravano o uscivano dalle autostrade attorno a Firenze. Furono controllate all'incirca 30.000 automobili.
Il Mostro sembrò rispondere spostandosi in automobile (probabilmente senza prendere l'autostrada) per oltre 60 km dal luogo del delitto fino ad arrivare in Mugello. Difatti è certo che nelle ore immediatamente successive al delitto il killer andò in Mugello, o per imbucare la lettera (e poi tornare indietro) o semplicemente per tornare a casa.
3. Erano state predisposte delle coppiette civetta che nei weekend estivi si appostavano in luoghi piuttosto conosciuti nella campagna fiorentina per essere ritrovo di convegni amorosi e che dunque potessero fungere da nuova scena del crimine per il Mostro. Non che le forze dell'ordine disponessero di chissà quanti agenti per questa attività, in ogni caso fu tentata anche questa strada.
Il Mostro rispose uccidendo una coppia straniera in tenda, dunque quanto di più lontano possibile da una coppia civetta.
4. A partire dal 1985, si incominciò a parlare per la prima volta negli ambienti investigativi di DNA e di come questo potesse servire per risolvere i più svariati casi di cronaca nera.
Il Mostro rispose inviando per la prima volta una propria missiva a un magistrato inquirente senza lasciare la più piccola traccia biologica sulla stessa.
● Il delitto degli Scopeti scatenò attorno al caso del MdF un interesse mediatico senza precedenti. Oltre a quello che presto sarebbe stato definito "turismo dell'orrore" e che vide, nei giorni e nelle settimane successive al delitto, un'enorme quantità di gente andare in visita sul luogo dell'eccidio, a livello di indagini venne messa per la prima volta in Italia una taglia di 500 milioni di lire sulla testa dell'assassino, da consegnare a chiunque avesse dato una mano per la sua identificazione. A novembre la taglia venne ritirata senza che nessuno fosse riuscito a intascarla.
● Questo è stato l'ultimo delitto (almeno di cui si abbia notizia) commesso dal Mostro Di Firenze.


15 commenti:

  1. Come mai non citare nemmeno la testimonianza di Joe Bevilacqua resa al processo Pacciani?

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    1. Ciao, di Joe Bevilacqua trovi scritto sia nel capitolo dedicato al processo Pacciani, sia nel capitolo dedicato alla Mostrologia minore, anche se forse è un po' riduttivo confinare la pista "Zodiac" in tale contesto.
      Non si è parlato in questo capitolo della sua deposizione, in quanto non aggiungeva nulla alla storia degli Scopeti, se non informazioni contraddittorie e in alcun casi errate.

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  2. Dove hai sentito che l'orma n44 a Scopeti era di un membro delle forze dell'ordine ?

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    1. Non torna neanche a me. L'orma ,ufficialmente attribuita ad un militare un pò sbadato,dovrebbe essere quella di Calenzano

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    2. Ciao, la colpa è mia che sono stato abbastanza sbrigativo su questo punto. Pungolato dalle vostre corrette segnalazioni, ho inteso dilungarmi di più sull'argomento, specificando meglio.
      Grazie.

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    3. ma uno che ha ucciso tutte queste persone secondo voi lascia impronte? ma andiamo!

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  3. Ancora discutete su Iacovacci. Dei francesi non c'è traccia mai

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    1. Buongiorno, la ringrazio per il commento.
      In questo blog si discute di tutto ciò che concerne la vicenda del Mostro di Firenze. E Iacovacci, volente o nolente, con le sue dichiarazioni e la deposizione a Processo è entrato a far parte della vicenda. Si può scegliere di credere o meno a quanto dice, di nutrire qualsivoglia sospetto (per lui come per molti altri testimoni della vicenda), ma è un dovere per chi si occupa della vicenda riportare tutti i fatti.
      Saluti.

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  4. Un assassino simile che lascia impronte di scarpe , lascia una scatola di norzetam medicina vicino alle vittime, lascia un suo fazzoletto insanguinato e va ad uccidere con una auto rossa???????? ,segue le sue future vittime e si fa notare nei bar coi capelli rossi???? h aah ah ah ma chi inventa ste stupidaggini?

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  5. Salve
    Volevo aggiungere un mio pensiero logico che potrebbe coadiuvare la retrodatazione senza bisogno di evidenze scientifiche: sappiamo che la Mauriot aveva come obiettivo la fiera di Bologna, ma aveva lasciato detto che il lunedì avrebbe accompagnato i bambini a scuola, in Francia. Quindi, la coppia sarebbe dovuta partire da Bologna massimo entro il tardo pomeriggio della domenica e questo credo dimostri che sarebbero dovuti arrivare sabato o domenica mattina al massimo alla fiera. A questo punto risulta ovvio che a Scopeti campeggiano sicuramente tra venerdì e sabato, forse tra sabato e domenica, ma sicuramente NON domenica per i motivi sopracitati.

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    1. Molto probabile sia così. Grazie per il commento.
      L.

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    2. Grazie a lei per lo splendido blog, lo consiglio sempre sia ai neofiti che ai navigati

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  6. E tre o quattro mostriciattoli sarebbero partiti per assassinare questi due francesi, magari dopo esser passati in osteria , h aah ah ah ah da ridere per non piangere!

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  7. Giusto per sdrammatizzare, ti faccio una precisazione culinaria. Quelli di cui parla Pacciani alla festa dell'Unità di Cerbaia erano i "Pollettini arrosto".
    Complimenti per il Blog :)

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    1. Ciao e grazie per il commento e per la precisazione :-)

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