Appendice A - Il Processo Pacciani


Di seguito il dettaglio delle udienze del Processo Pacciani.


19 Aprile 1994:
Giornata di apertura del dibattimento. I giudici popolari prestano giuramento.
Vengono presentate le istanze di Parte Civile e, su opposizione del collegio difensivo di Pietro Pacciani, vengono respinte le richieste di parte civile degli eredi di Francesco Vinci.


21 Aprile 1994:
Relazione introduttiva del Pubblico Ministero Paolo Canessa. Il PM dichiara che i referti parlano chiaramente di un unico serial killer che ha effettuato tutti gli omicidi e tutte le escissioni. Descrive in maniera sommaria gli indizi che gravano sulla testa del Pacciani, soffermandosi anche sul quadro "Sogno di Fatascienza". Entra infine nel dettaglio del delitto del 1968, sul perché - a parere dell'Accusa - Stefano Mele ha mentito e non è colpevole di quel delitto.
Svolgono le loro relazioni e presentano le loro richieste anche le Parti Civili, nell'ordine: avvocato Santoni Franchetti; avvocato Colao; avvocato Pellegrini; Avvocato Saldarelli; Avvocato Capanni.
Infine, la parola passa alla difesa per la relazione introduttiva e le richieste di ammissione di prove e testimoni: parla prima l'avvocato Pietro Fioravanti, quindi l'avvocato Rosario Bevacqua.


22 Aprile 1994:
Risposta della Corte per bocca del giudice Enrico Ognibene alle richieste e alle istanze presentate da Pubblica Accusa, Parti Civile e Difesa.
Nel pomeriggio si entra nel vivo del processo, partendo dal delitto del 1968 con la testimonianza del colonello Olinto Dell'Amico, chiamato a deporre sulle indagini condotte all'epoca dai carabinieri. È durante questa testimonianza che l'avvocato Bevacqua fa riferimento ai calzini a suo dire puliti del piccolo Natalino Mele.
Segue la deposizione del professor Biagio Montalto che si è occupato delle analisi sul cadavere di Barbara Locci.


26 Aprile 1994:
L'udienza si apre con la richiesta dall'avvocato Aldo Colao di ammettere a processo un teste che sosteneva di essere stato aggredito da Pacciani nel 1978 dalle parti di Vicchio mentre era appartato in automobile con la propria compagna. La richiesta non viene accolta dalla corte.
Il PM Paolo Canessa continua con l'evoluzione cronologica dei delitti. Il primo testimone a essere ascoltato è il dottor Massimo Grazioso che si è occupato delle analisi sul cadavere di Antonio Lo Bianco.
Al termine di questa deposizione, il PM comunica la sua decisione di rinviare a data da destinarsi la testimonianza del generale Matassino, in quanto la Parte Civile rappresentata dall'avvocato Luca Santoni Franchetti ha chiesto che vengano chiamati a deporre Stefano e Natalino Mele.
Il PM passa dunque al delitto del 1974 con la testimonianza di Michele Falcone, all'epoca comandante della caserma di Borgo San Lorenzo.
Segue la deposizione dell'ex maresciallo dei carabinieri Domenico Trigliozzi, all'epoca di stanza a Borgo San Lorenzo. Da queste ultime due deposizioni emerge poca chiarezza e ricordi piuttosto confusi sul ritrovamento della borsa di Stefania. Secondo entrambi, ad esempio, quando fu consegnata la borsa alla famiglia, non mancava nulla fra gli effetti personali della ragazza. Cosa che poi si appurerà non vera.
Segue infine la deposizione del medico legale, dottor Mauro Maurri, che ha esaminato i cadaveri di entrambe le vittime.


27 Aprile 1994:
Viste le incertezze emerse il giorno precedente riguardo il ritrovamento della borsa, vengono ascoltati in aula l'ex brigadiere Mario Sciarra e la signora Bruna Bonini, mamma di Stefania Pettini.
Emerge dalla testimonianza della Bonini che la borsa di Stefania era stata restituita alla famiglia molto tempo dopo il duplice omicidio (la donna parla di anni), mentre non furono mai restituiti i gioielli (braccialetti, catenina d'argento, portafogli e orologio). Vestiti e documenti erano invece stati regolarmente restituiti.
Viene successivamente ascoltato nuovamente l'ex comandante della caserma di Borgo, Michele Falcone, il quale relaziona sulla sua conoscenza con l'imputato Pietro Pacciani e sulla vicinanza fra il luogo dove aveva vissuto Pacciani (podere del signor Cesari a Badia a Bovino, frazione di Vicchio) e i luoghi dei delitti del 1974 e del 1984.
Al termine, viene chiamato a deporre l'ex maresciallo dei carabinieri, Pietro Frillici, che rende dettagliata testimonianza sulle residenze di Pietro Pacciani nel corso degli anni: Pacciani vive dalle parti di Ampinana dalla nascita fino al 1951, anno dell'omicidio Bonini; dal 1951 al 1964 è in carcere; dal 1964 al 1970 vive a Vicchio; dal 1970 al 1973 vive alla Rufina; nel 1973 emigra a San Casciano.
Si passa al duplice omicidio di giugno del 1981. Il primo testimone a deporre è l'ex brigadiere della Pubblica Sicurezza, Vittorio Sifone, colui che ha trovato i corpi dei ragazzi uccisi a Mosciano di Sacndicci.
Si succedono dunque sul banco dei testimoni: l'ispettore di polizia Giovanni Autorino, che eseguì i rilievi tecnici dell'omicidio; il sovrintendente di polizia Giovanni Libertino, che intervenne sul posto per eseguire le foto; l'ex funzionario di polizia Nunzio Castiglione; i medici legali, dottor Mauro Maurri e dottor Aurelio Bonelli (colui che intervenne direttamente sul luogo del delitto); infine il generale Ignazio Spampinato, esperto balistico che eseguì le analisi sui bossoli rinvenuti sul luogo e sulle similitudini con i bossoli repertati nel 1974.


28 Aprile 1994:
L'udienza si apre con l'analisi del duplice omicidio di Calenzano (Ottobre 1981). Il primo testimone chiamato a deporre è Dino Salvini, maresciallo dei carabinieri e comandante della caserma di Calenzano.
Seguono le testimonianze di Vittorio Trapani, comandante del nucleo operativo della compagnia di Prato, e quelle di Mario Balanzano e Claudio Valente, della polizia scientifica.
Tocca dunque al medico legale che eseguì i rilievi sui cadaveri, dottoressa Maria Grazia Cucurnia, quindi nuovamente al generale Ignazio Spampinato, il quale disserta egregiamente sulla tipologia di pistola con cui il MdF ha effettuato le sue azioni delittuose. Il generale precisa che esistono alcuni modelli di Beretta Calibro 22 Long Rigle Serie 70 che possono contenere nel proprio caricatore 10 proiettili più uno eventualmente in canna, per un totale di 11 proiettili. Segue la testimonianza del funzionario di polizia Nunzio Castiglione che completa la dissertazione sull'arma del generale Spampinato.
Al termine di questa deposizione, l'avvocato Rosario Bevacqua chiede alla corte che vengano ammessi a deporre Enzo Spalletti, la moglie e suo fratello Dino. Le parti civili si dicono remissive, la Pubblica Accusa si dichiara anch'essa remissiva ma esprime profondo scetticismo sull'utilità di queste testimonianze. La Corte respinge la richiesta della Difesa.
Il PM passa quindi a trattare il duplice delitto di Baccaiano di Montespertoli (Giugno 1982). Il primo testimone a deporre sul nuovo fatto di sangue è il tenente colonnello dei carabinieri Silvio Ghiselli, all'epoca dei fatti comandante della compagnia di Signa, sotto la cui giurisdizione ricadeva il luogo del delitto.
Segue la deposizione del dottor Giuseppe Grassi, all'epoca dei fatti dirigente della Squadra Mobile di Firenze. Il Grassi afferma che sin dal 1981 era stata costituita una squadra diretta dal dottor Sandro Federico che si interessava prevalentemente di questo tipo di delitti.
Ultimo testimone della giornata è il già ascoltato colonnello Olinto Dell'Amico, intervenuto sul luogo del delitto di Baccaiano dopo la mezzanotte. Al colonnello Dell'Amico l'avvocato Bevacqua chiede se ricorda se subito dopo l'omicidio furono perquisiti due noti medici, a suo dire uno della zona di Empoli, l'altro della zona di Firenze. Il colonnello risponde che lui ricorda della perquisizione a un solo medico.


29 Aprile 1994:
Continuano le deposizioni inerenti al duplice omicidio di Baccaiano (giugno 1982). Intervengono nell'ordine: Sergio Spinelli, cine-foto-segnalatore addetto ai sopralluoghi, il dottor Riccardo Cagliesi Cingolani e la dottoressa Laura Parrini, entrambi medici legali che hanno eseguito le analisi sui cadaveri.
Successivamente il PM passa ad analizzare il delitto di Giogoli, chiamando nell'ordine l'ispettore di polizia Giovanni Autorino, che aveva eseguito i rilievi sul luogo del delitto, il perito della polizia scientifica Giovanni Iadevito, che si era occupato della perizia balistica comparativa sui bossoli del delitto di Giogoli, l'allora maresciallo dei Carabinieri, Giuseppe Storchi, fra i primi ad arrivare sul luogo del delitto, infine l'allora maresciallo dei carabinieri Giovanni Leonardi, sottoufficiale addetto al Nucleo Operativo del gruppo Carabinieri di Firenze. Quest'ultima testimonianza è passata a suo modo alla storia come chiara dimostrazione dell'inefficienza delle forze dell'ordine di fronte ai delitti del MdF. Emergono infatti pienamente la superficialità con cui furono fatti i rilievi a seguito di questo omicidio (misurazioni prese ad occhio a detta dello stesso maresciallo), la totale mancanza di un cordone di sicurezza che tenesse lontano i curiosi (famosa la battuta del presidente Ognibene: "Maresciallo, mancavano i brigidini e poi era la fiera all'Impruneta"), infine forse per la prima volta risulta evidente il nervosismo del PM Canessa che, di fronte alla quasi totale mancanza di ricordi del testimone il quale però sembrava ricordare benissimo che dalla radio del furgone dei tedeschi usciva una canzone di Sting, tanto da ripeterlo più volte, sbotta: "Sì. Capisce che in questo momento, maresciallo, è l'ultima cosa che a noi interessa del suo ricordo, lo capisce anche lei?"
L'ultima testimonianza della giornata è quella del medico legale, dottor Mauro Maurri, sempre inerente al delitto di Giogoli.


2 Maggio 1994:
Il PM passa ad analizzare il delitto del 1984 alla Boschetta di Vicchio. Forniscono testimonianza nell'ordine:
il maresciallo Michele Polito, che all'epoca comandava la stazione dei carabinieri di Vicchio ed era stato il primo fra le forze dell'ordine ad arrivare sul luogo del delitto; il colonnello Emanuele Sticchi dell'arma dei carabinieri, primo ufficiale a intervenire sul luogo del delitto. Questa testimonianza è particolarmente significativa perché l'avvocato Bevacqua introduce per la prima volta la vicenda Bardazzi, parlando del misterioso individuo visto al bar e che - secondo le parole del Bevacqua - sembrava essere stato visto anche qualche tempo prima proprio nel bar dove lavorava Pia Rontini.
Seguono le deposizioni dell'ormai ricorrente ispettore di polizia Giovanni Autorino, dell'allora sovrintendente di polizia Giovanni Libertino, entrambi intervenuti a fare rilievi sul luogo del delitto, infine del medico legale, dottor Franco Marini.


3 Maggio 1994:
Udienza che si apre con l'intervento del dottor Mauro Maurri, medico legale, sempre per il delitto di Vicchio.
Si passa successivamente al delitto nella piazzola degli Scopeti (Settembre 1985). Depone per primo il maresciallo Vincenzo Lodato, ex comandante della caserma dei carabinieri di San Casciano. Lodato fu anche colui che ricevette la lettera anonima che segnalava alle autorità per la prima volta il nome di Pacciani e che si incaricò di effettuare la perquisizione a casa del contadino in data 19 settembre. Questa è la famosa udienza in cui c'è il diverbio fra Pacciani e Canessa sulla data di tale perquisizione.
Seguono le deposizioni del solito ispettore Giovanni Autorino e nuovamente del dottor Mauro Maurri, a lungo interrogato da Bevacqua sulla complicata dinamica del delitto degli Scopeti e sulla eventuale data della morte dei due francesi. In questo momento ancora nessuno sembra mettere in dubbio che l'8 settembre sia la data più probabile della morte, come dichiarato da Maurri.
Finisce con questa udienza l'excursus storico degli 8 duplici omicidi commessi dal MdF.


23 Maggio 1994:
Giornata importante per il processo.
L'udienza si apre con l'autorizzazione alla perizia da parte del giudice Ognibene per valutare l'altezza del Pacciani e l'ipotetica altezza che l'imputato aveva 11 anni prima, vale a dire nel 1983, in occasione del delitto di Giogoli. Il PM Canessa depone agli atti un documento del carcere Don Bosco di Pisa dove era detenuto Pacciani per la violenza alle figlie, in cui si attesta che nel 1987 l'imputato era alto 169 centimetri.
Successivamente c'è la richiesta del PM Canessa di consegnare alla corte il fascicolo del delitto del 1951 commesso da Pacciani ai danni di Severino Bonini e di proiettare in aula le foto della vittima e del luogo del delitto. Richiesta che viene respinta dalla corte; la sentenza di quel delitto risulta comunque depositata agli atti.
A seguire l'avvocato di parte civile Luca Santoni Franchetti chiede che venga analizzata la rivista pornografica trovata nei pressi del furgoncino dei tedeschi in occasione del delitto del 1983, giudicata importante ai fini del processo.
Si passa poi con i testimoni della Pubblica Accusa. Il primo a sedersi sul banco è Ruggero Perugini, ex capo della SAM e più grande accusatore di Pietro Pacciani. Durante la sua lunghissima deposizione, Perugini illustra come e perché la SAM sia arrivata a indagare su Pietro Pacciani. Non parla ancora degli indizi che hanno portato al Processo, ma semplicemente dell'excursus storico seguito dalle indagini per arrivare a puntare i riflettori sull'attuale imputato.
A quella di Perugini, segue un'altra storica testimonianza: arriva infatti per la prima volta a deporre Lorenzo Nesi, ex amico del Pacciani, che interloquisce sulla sua conoscenza con l'imputato e dichiara che questi andava regolarmente a caccia e si vantava di sparare ai fagiani. Durante questa testimonianza vien fuori per la prima volta il nome di Mario Vanni, definito semplicemente un amico intimo del Pacciani; inoltre viene citata per la prima volta la famosa lettera che dal carcere Pacciani scrisse al Vanni.


24 Maggio 1994:
Comincia la sfilza di testimonianze degli abitanti di San Casciano. Il primo a testimoniare è Emilio Calosi, conoscente e collega di Pacciani presso la tenuta Rosselli Del Turco. Seguono le testimonianze di Walter Ricci e di sua moglie Laura Mazzei, quest'ultima cugina di Mario Vanni. Queste tre testimonianze sono tese a dipingere su Pacciani il quadro di un uomo violento, avvezzo all'uso di armi, che teneva in soggezione l'intera sua famiglia.
È il turno quindi dei tre periti designati dal giudice Ognibene per il calcolo dell'altezza del Pacciani, Carlo Fazzari, Bruno Chiarelli, Mario Cianciulli. Questi accettano l'incarico prendendosi due settimane di tempo prima di depositare la perizia.
Segue la drammatica, ma nel contempo grottesca e a tratti persino ridicola, testimonianza della signora Maria Antonietta Sperduto, moglie di Renato Malatesta e amante del Pacciani. È durante questa testimonianza che il Pacciani prorompe nelle ormai storiche dichiarazioni divenute tormentoni del web: "...puzzava di volpe come una bubola..."; "...poi siccome ballavano un tango lei ballava il salto di capretto...".
Seguono infine le testimonianze dei due figli della Sperduto ancora vivi, Laura Malatesta e Luciano Malatesta (Milva Malatesta era stata assassinata nell'agosto dell'anno prima).


25 Maggio 1994:
È la giornata delle drammatiche deposizioni delle due figlie del Pacciani, prima Graziella, poi Rosanna. Estremamente difficili e a tratti toccanti le suddette testimonianze. Tocca poi alla moglie dell'imputato, Angiolina Manni, la quale però rifiuta di fornire dichiarazioni e viene subito accompagnata fuori.
È il turno quindi di Romano Pierini, abitante di San Casciano, il quale rende testimonianza riguardo un'esperienza vissuta sul finire degli anni '70 (il teste parla di 1978 o 1979) mentre era in macchina appartato con la propria compagna di allora nella piazzola degli Scopeti: la coppia fu vittima delle attenzioni di un guardone appiccicato al vetro della macchina, che il Pierini stesso riconobbe in Pietro Pacciani.
Dopo la testimonianza del Pierini, tocca alla sua compagna dell'epoca, nonché attuale moglie, la signora Daniela Bandinelli, rendere testimonianza e confermare grosso modo le dichiarazioni del marito. Da notare che la moglie non riconobbe nel guardone l'imputato Pacciani.


26 Maggio 1994:
Continuano le testimonianze degli abitanti di San Casciano. Nell'ordine si siedono a deporre:
Gina Cengin, vicina di casa di Renato Malatesta e della Sperduto, che conferma le soventi visite del Pacciani e del Vanni nella casa della signora Maria Antonietta.
Rolando Castrucci, titolare di un'impresa di costruzioni che aveva fatto dei lavori a casa di Pacciani per ordine del marchese Rosselli. Il Castrucci sostiene che in quell'occasione il Pacciani gli mostrò una pistola.
Mario Lasagni, vicino di casa del Pacciani, la cui testimonianza conferma lo stato di profonda soggezione in cui vivevano moglie e figlie del Pacciani.
Tocca quindi a Mario Vanni, il grande amico di Pietro Pacciani. Una testimonianza cardine questa, perché il Vanni si mostra chiaramente reticente, facendo convergere i sospetti degli inquirenti su di lui. Storici, oltre che l'esordio del Vanni (da cui nacque la famosa locuzione "I compagni di merende"), anche altri passaggi chiave della deposizione, come l'ira del presidente Ognibene a proposito delle omissioni del Vanni sulla lettera che Pacciani gli aveva spedito dal carcere.
Infine è la volta di Giovanni Faggi, amico del Pacciani, residente a Calenzano. Il Faggi nega una profonda conoscenza col Pacciani, dichiarando di averlo visto esclusivamente due volte, la prima in un ristorante di Scarperia dove si conobbero, la seconda quando andò a casa del Pacciani e gli regalò una tuta. Il Faggi nega categoricamente anche di aver mai frequentato casa della Sperduto o la Cantinetta a San Casciano.


30 Maggio 1994:
Continuano anche in questa giornata le testimonianze degli abitanti di San Casciano. Nell'ordine si siedono a deporre:
Paola Lapini, anche lei vittima delle attenzioni di un guardone attorno al maggio del 1981, mentre era appartata in automobile con un uomo in una piazzola poco distante da quella dove sarebbe avvenuto il duplice omicidio degli Scopeti. La donna sostiene che il guardone fosse proprio Pietro Pacciani.
Benito Acomanni, che dichiara di aver scorto nell'inverno a cavallo fra il 1980 e il 1981 il Pacciani intento nella sua attività di guardone mentre lui era appartato sul suo furgone con una signorina dalle parte di Crespello, in via di Luiano. Acomanni si mostra dotato di una memoria prodigiosa (dichiarando di essere soprannominato Pico della Mirandola), nonché - a suo dire – esperto in topografia, tanto da fornire dati e coordinate decisamente esagerate considerato il contesto e suscitando finanche l'ilarità dei presenti all'udienza. Fra le altre cose che il colorito personaggio sostiene, è quella di essere il miglior venditore di auto della provincia di Firenze, dicendosi pronto a sostenere qualsiasi confronto in merito.
Claudio Pitocchi, proprietario di una FIAT 131, targata FI F773759. Tale numero di targa era stato trovato su un foglietto fra gli appunti del Pacciani, sotto la dicitura "COPPIA". Indagando, gli inquirenti avevano scoperto che l'automobile apparteneva proprio al Pitocchi, il quale attorno al 1987 era solito appartarsi in auto con varie ragazze dalle parti di Mercatale, non distante dall'abitazione del Pacciani. Il Pacciani si era giustificato sostenendo di aver notato più volte quella macchina appartata e di essersi segnato la targa per avvisare la coppia di stare attenti perché quella era zona frequentata dal cosiddetto mostro. Durante la sua deposizione, il Pitocchi conferma quanto rinvenuto dagli inquirenti, dichiarando appunto di aver avuto quell'automobile negli anni '80 e di essersi appartato diverse volte in zona Mercatale.
Scilla Lapini, compagna del Pitocchi, conferma grosso modo le dichiarazioni del precedente testimone dichiarando di essere stata la sua ragazza nel 1987 e di essersi appartata alcune volte con la 131 dalle parti di Mercatale, non lontano da casa del Pacciani, zona in cui ella stessa abitava.
Marcello Fantoni, meccanico di San Casciano e residente a Mercatale di fronte casa del Pacciani. La testimonianza del Fantoni nasce dal fatto che Pacciani aveva sostenuto di essere stato alla festa dell'Unità a Cerbaia la sera dell'8 settembre 1985 (considerata all'epoca la data del duplice omicidio dei francesi a Scopeti) e attorno alle 21.30 di essere rimasto in panne con la macchina (la Ford Fiesta), tanto da aver avuto bisogno dell'intervento del Fantoni che stava mangiando a un tavolo vicino.
Durante la sua deposizione il Fantoni dichiara però di non essere mai andato alla festa dell'Unità di Cerbaia, inoltre di aver riparato solo una volta una macchina al Pacciani, per la precisione la 500, che aveva i fili dell'accensione invertiti.
Ultima deposizione della giornata è quella di Floriano DellI, ex impiegato di banca, che aveva affittato assieme ad alcuni amici una parte di casa colonica a Mercatale, accanto a casa del Pacciani, dove andava a trascorrere i weekend estivi con la famiglia. Durante la sua deposizione il Delli racconta del cane affidato al Pacciani e lasciato morire di percosse, inoltre parla dello stato di soggezione in cui vivevano moglie e figli.
Nota Bene: In quel momento ancora nessuno sa che era stato proprio il Delli nel 1985 a inviare la lettera anonima che aveva portato Pacciani sotto la lente degli inquirenti.


31 Maggio 1994:
Continuano le deposizioni dei conoscenti del Pacciani. Nell'ordine rendono testimonianza:
Luigi Caioli, il quale riferisce di conoscere un certo Luca Iandelli che, appartato in auto con una donna presso il cimitero di San Casciano attorno al 1986, era stato oggetto di attenzioni da parte di un guardone che aveva un braccio fasciato e una pistola nell'altra mano. Lo Iandelli, spaventato, era fuggito, per poi notare il giorno dopo il Pacciani con un braccio fasciato. A quel punto, l'uomo lo aveva spontaneamente collegato al guardone della sera prima. Lo Iandelli aveva poi raccontato questo episodio al Caioli, il quale di fronte alla reticenza dello Iandelli stesso di parlarne con gli inquirenti, aveva deciso di presentarsi spontaneamente in Procura per raccontare l'episodio.
Franco Lotti, medico curante del Pacciani, chiamato a testimoniare sullo stato di salute dell'imputato.
Francesco Lotti, marito di Antonella Salvadori, la donna che da giovane era stata in macchina con Luca Iandelli ed entrambi erano stati spaventati da un guardone con un braccio fasciato e una presunta pistola nella mano.
Antonella Salvadori, la quale conferma grosso modo quanto riportato sia dal Luigi Caioli, sia dal marito Francesco Lotti, circa la sua disavventura con il guardone dal braccio fasciato. La Salvadori precisa che lo Iandelli aveva riconosciuto nel guardone il Pacciani.
Luca Iandelli, finalmente interrogato, smentisce clamorosamente tutti, confermando sì l'episodio col guardone del 1986, ma dichiarando di non aver mai riconosciuto in costui il Pacciani, né quella sera, né tantomeno il giorno successivo.
A quel punto, il PM chiede un confronto pubblico fra il Caioli, la Salvadori e lo Iandelli in data da destinarsi.
Angelica Scardigli, la quale nel 1986 assieme a un gruppo di amici aveva preso in affitto la casa del Pacciani in via Sonnino per utilizzarla come sala prove del suo gruppo musicale. La Scardigli parla del quadro "Sogno di Fatascienza" e di altri quadri trovati in casa del Pacciani.
Vengono dunque chiamati a testimoniare Tiziano Pieraccini e Marco Paolini, altri due ragazzi del gruppo che aveva preso in affitto la casa.
Giunge quindi il turno di Lucia Mecacci, la quale abitava in piazza del Popolo 5 a Mercatale, esattamente sopra il Pacciani. La Mecacci racconta di aver visto all'alba di un giorno di dicembre del 1991 il Pacciani e l'Angiolina uscire di casa con uno strano fagotto sulle spalle, quindi dirigersi silenziosamente verso i cassonetti per andare a buttarlo. La donna poi passò dal cassonetto e tastò il fagotto senza riuscire a capire cosa contenesse.
Santina Lalletti, mamma della Mecacci, conferma sostanzialmente il racconto della figlia.
Alessandro Gazziero, figlio di Afro Gazziero, presso cui il Pacciani aveva lavorato sia a Mercatale sia dalle parti di Calenzano. Il ragazzo smentisce di essere mai stato possessore della pistola di tipo scacciacani rinvenuta dal Vanni nell'automobile del Pacciani.
Elena Betti, fisioterapista che ha abitato in affitto nella casa del Pacciani in via Sonnino. La donna riferisce sia del quadro "Sogno di Fatascienza", sia delle sere in cui il Pacciani, ubriaco, tentava di importunarla. La sensazione, tuttavia, è che la donna avesse vissuto quei momenti senza troppa apprensione, ma quasi con un misto fra ilarità e compassione.


1 Giugno 1994:
L'udienza si apre con l'intervento del PM Canessa che riporta alcune novità recentemente apprese e così riassumibili: una coppia (Giampaolo Cairoli e Emanuela Consigli) si era presentata in Procura dichiarando di conoscere un guardacaccia di Vicchio di nome Gino Bruni, il quale durante un colloquio privato avrebbe loro dichiarato che Pacciani possedeva con certezza una Beretta Calibro 22. Il PM invita, dunque, la corte ad ammettere i nuovi importanti testimoni. La corte acconsente e vengono dunque subito ascoltati la signora Emanuela Consigli e suo marito Giampaolo Cairoli. Entrambi confermano per filo e per segno quando riportato da Canessa. Si stabilisce dunque di convocare il guardacaccia Bruni per ascoltarlo personalmente come teste.
A queste due testimonianze segue quella contradditoria di Vincenzo Trancucci, spazzino di San Casciano, e compagno per un breve periodo della Maria Antonietta Sperduto. Trancucci accusa Pacciani di essere un noto guardone, tuttavia la sua testimonianza si rivela profondamente inattendibile. L'avvocato Bevacqua fa anzi notare la grave contraddizione fra il verbale stilato dalla polizia e firmato dal Trancucci (il quale comunque non sapeva né leggere né scrivere), in cui il teste dichiarava di conoscere personalmente il Pacciani e quanto invece dichiara in udienza e cioè di non conoscere il Pacciani, addirittura di non averlo mai visto in vita sua.
Segue la deposizione di Orlando Celli, abitante in via di Giogoli, vicino al luogo dell'omicidio del 1983, che il sabato mattina 10 settembre (l'omicidio era avvenuto il venerdì sera) aveva notato un uomo e un ciclomotore vicino al furgone.
Seguono una serie di brevi testimonianze relative alla visita della "Vicchio Folk Band" (di cui faceva parte anche Pia Rontini) a Mercatale nel settembre del 1983.
Le testimonianze di Liliana Benvenuti, Marzia Sottili, Monica Giovanetti, Renato Giovanetti, Laura Materassi, Enzo Materassi, indicano univocamente che Pia quel giorno era a Mercatale con la banda e ad assistere all'esibizione c'era pure Pacciani che offrì del vino ai musicanti.
Segue la breve deposizione di Rosa Fontani, che nel 1951 aveva un trattoria a Vicchio e parla sommariamente di Pacciani ai tempi di quel delitto della Tassinaia.
Tocca quindi ad Amelia De Giorgio, abitante a Giogoli nel 1983, che parla del ciclomotore lasciato all'interno del cortile della villa La Sfacciata nei giorni precedenti all'omicidio.
Seguono le deposizioni di Tiziana Battoli e Nicoletta Fantappiè, due ragazze che un giorno di aprile del 1992 (quattro, cinque giorni prima della grande perquisizione), mentre facevao footing avevano incontrato Pacciani seduto sul ciglio della strada dalle parti di Crespello, che armeggiava con le mani su qualcosa di non identificato. Il luogo era pressocché quello in cui sarebbe stata ritrovata la famosa asta guida-molla, poi fatta pervenire in forma anonima alla caserma dei carabinieri di San Casciano.
Tocca dunque a Vito Gusmano, compagno di cella di Pacciani a Solliciano che parla dei disegni dell'imputato.
Infine è il turno di Afro Gazziero, datore di lavoro di Pacciani a partire dal 1982. L'imprenditore parla degli impegni lavorativi dell'imputato, dell'incendio alla sua azienda sita in Calenzano, del quadro "Sogno Di Fatascenza" e infine della famosa scacciacani che Pacciani avrebbe eventualmente sottratto ai figli del Gazziero stesso e che Vanni avrebbe successivamente notato nel cassetto porta-oggetti dell'automobile del Pacciani.


6 Giugno 1994:
Si presentano a rendere testimonianza nell'ordine: Luigi Ciani e Gherardo Gherardi, entrambi ottici di San Casciano, chiamati a testimoniare sulla nota scritta dal Pacciani sul taccuino Skizzen Brunnen, relativa a una visita agli occhi e all'acquisto di un paio di lenti. Entrambi negano che Pacciani fosse mai stato loro cliente.
Nilo Donati, istruttore di scuola guida di San Casciano, anche lui chiamato a testimoniare circa le visite sostenute dal Pacciani.
Palmerio Metaponti, originario di Vicchio e dunque conoscente di Pacciani, marito di Iris Martelli la cui sorella aveva sposato il fratello di Miranda Bugli. In udienza dichiara che intorno a marzo del 1986 il Pacciani si era presentato inaspettatamente a casa sua, per chiedere a lui e alla moglie dove abitasse ora la Bugli. Secondo il Metaponti, sua moglie rispose di non saperlo precisamente ma che la Bugli abitava circa dalle parti di Montelupo Fiorentino.
Iris Martelli, moglie del Metaponti e parente acquisita della Bugli, la quale smentisce il marito e dichiara di non aver mai sentito dal Pacciani, durante la famosa visita del marzo 1986, domande circa l'abitazione della Bugli. I due test, marito e moglie, si contraddicono reciprocamente nel giro di pochi minuti.
Franco Lotti, medico curante del Pacciani, già ascoltato in precedenza. Anch'egli depone in merito ad eventuali visite oculistiche sostenute dal Pacciani per il rinnovo della patente.
Seguno alcune testimonianze di notevole importanza.
La prima è quella di Giuseppe Bevilacqua, detto Joe, custode del cimitero dei Falciani, a poche centinaia di metri in linea d'area dalla piazzola degli Scopeti. In una controversa e storica deposizione (vedasi capitolo Mostrologia minore) il Bevilacqua dichiara di aver visto Pacciani, vestito da guardiacaccia o con un abbigliamento simile, aggirarsi sul luogo del delitto nei giorni in cui lo stesso ebbe luogo.
Edoardo Iacovacci, agente della Digos, dichiara che la mattina di sabato 7 settembre 1985 si fermò con la propria automobile alla piazzola degli Scopeti, vide la tenda dei francesi e poco dopo un uomo giunto in loco su un motorino che si muoveva fra le frasche con modo di fare da guardone. In tale guardone riconobbe le fattezze di Pietro Pacciani.
Bruna Vieri, conoscente della figlia Graziella di Pietro Pacciani, cui aveva regalato il lenzuolo su cui in seguito era stata avvolta l'asta guida-molla.
Igino Borsi e Paolo Bonciani, che nel 1985 gestivano il bar "Pensione agli Scopeti" e confermano quanto dichiarato all'epoca del delitto. Entrambi sostengono aver servito la mattina di domenica 8 settembre 1985 una ragazza francese simile alla foto che era stata loro mostrata di Nadine Mauriot; la ragazza era poi salita su un'automobile con targa francese. Da notare che durante la deposizione il Bonciani parla di una automobile Renault 4 e il PM Canessa fa subito notare che nella deposizione di dieci anni prima aveva invece parlato di una Volkswagen Golf.


7 Giugno 1994:
Vengono ascoltati in udienza nell'ordine:
Antonello Frongia, agente di polizia che aveva eseguito i rilievi planimetrici di Villa La Sfacciata e dei relativi cancelli d'ingresso.
Adriana Sbraci, ex moglie di Franco Martelli, proprietario di Villa La Sfacciata. Nel 1983 la signora viveva proprio a La Sfacciata e testimonia a proposito di un motorino notato nei giorni immediatamente precedenti all'omicidio all'interno dei cancelli della villa; motorino che l'Accusa ritiene di proprietà del Pacciani.
Miranda Bugli, ex fidanzata del Pacciani e sua correa nel 1951 nell'omicidio del Bonini. Dichiara di aver visto Pacciani dai tempi del delitto della Tassinaia una sola volta nel 1969: se lo ritrovò davanti alla porta di casa, scambiarono due chiacchiere veloci e non lo rivide mai più. Dichiara anche di essere solo molto superficalmente informata dell'omicidio del 1968 a Signa, sebbene vivesse a poca distanza dall'abitazione del Lo Bianco, perhcé in quei giorni era in vacanza al mare.
Giuseppe Di Bella, brigadiere dei carabinieri di stanza a San Casciano dal 1958 al 1989, depone a proposito della richiesta inoltrata da Pacciani per la licenza di caccia. Interrogato dall'avvocato Bevacqua, confermerà di non avere notizie che Pacciani girasse di notte e svolgesse attività di guardone.
Gianfranco Bruci, idraulico di San Casciano, depone circa l'eventuale acquisto di Pacciani di uno sportello del gas, come riportato dall'imputato negli appunti ritrovati sull'album da disegno Skizzen Brunen.
Chiudono la giornata di udienza i periti chiamati dalla Corte a relazionare sull'altezza del Pacciani e sull'ipotetica altezza che questi aveva nel 1983, in occasione del delitto di Giogoli. Depongono in merito i dottori Carlo Fazzari, Brunetto Chiarelli e Mario Cianciulli.


8 Giugno 1994:
Giornata importante per le sorti del Processo. Depongono nell'ordine:
Gino Bruni, l'anziano guardiacaccia che, secondo la testimonianza dei coiniugi Cairoli e Consigli del 1 giugno, aveva dichiarato che Pacciani possedeva una Beretta Calibro 22. Il Bruni nega decisamente di aver mai proferito tale affermazione, anzi sostiene di non essere a conoscenza di una pistola posseduta dall'imputato. Si scopre durante qesta deposizione che tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 il Bruni era stato violentemente picchiato dal Pacciani, tanto da riportare lesioni che l'avevano obbligato a un lungo ricovero in ospedale. Secondo il Bruni, l'aggressione da parte del Pacciani era avvenuta perché lo aveva scoperto a cacciare di frodo; secondo il Pacciani l'aggressione era avvenuta perché il Bruni aveva insidiato sua moglie, Angiolina. Il Bruni non aveva mai fatto menzione di tale aggressione e anche in ospedale aveva dichiarato di essere caduto da un albero, per paura del Pacciani.
Segue un serrato confronto fra il Bruni e Giampaolo Cairoli, in cui ognuno rimane delle proprie posizioni. Il Cairoli sostiene di aver udito dal Bruni l'affermazione circa la pistola del Pacciani. Il Bruni ribadisce la sua estraneità a tali discorsi. Interviene il giudice Ognibene durante questo confronto che, piuttosto infervorato, accusa il Bruni di mentire e lo invita a dire la verità.
Ovviamente le parti si dividono: Canessa ritiene che Bruni menta perché è ancora terrorizzato dal Pacciani; Bevacqua sostiene che Bruni, ultra-ottantenne e malato terminale per un tumore alla prostrata, avrebbe finalmente l'occasione per vendicarsi del Pacciani senza poter temere nessun tipo di ritorsione, dichiarando che l'imputato possedeva effettivamente la Beretta Calibro 22. Dunque, secondo Bevacqua, se Bruni non effettua questa dichiarazione è perché non vuole dire il falso in punto di morte.
Al termine di questo serrato confronto, è la volta di un'altra storica deposizione, quella di Lorenzo Nesi che, per la seconda volta, si siede sul banco dei testimoni. Il Nesi è tornato per dire che la sera di domenica 8 settembre 1985 verso le ore 23:00 su via degli Scopeti aveva incrociato l'automobile del Pacciani, al cui interno vi era il Pacciani stesso e un altro uomo che non era riuscito a identificare. Il Nesi sostiene di non aver fatto mai menzione in precedenza di questo incontro perché non aveva mai dato particolare peso all'episodio; ma dopo che Pacciani aveva finto di non conoscerlo in occasione della sua precedente testimonianza in aula, aveva pensato che l'atteggiamento del Pacciani fosse stato proprio dettato da quell'incontro che evidentemente l'imputato giudicava estremamente compromettente. Sulla base di questo ragionamento un po' contorto e di un discorso probabilistico poco comprensibile in cui il Nesi si avventura, aveva dunque deciso di riferire in udienza di questo incontro.
Risulta questa una delle deposizioni più controverse dell'intero dibattimento, densa di momenti emotivamente carichi di tensione, ma anche piuttosto ridicoli, soprattutto nei serrati battibecchi fra il Nesi stesso e l'avvocato Bevacqua. Al termine di questa deposizione, il Nesi querelerà l'avvocato.
Chiude la giornata dibattimentale la signora Bruna Arcusi, abitante di Vicchio, che depone sulla visita della banda di Vicchio a Mercatale.


13 Giugno 1994:
Udienza che si apre con la richiesta dell'avvocato Bevacqua di reperire i tabulati ANAS relativi alla chiusura della superstrada Firenze-Siena la sera del delitto agli Scopeti, come precedentemente dichiarato da Lorenzo Nesi. Richiesta che viene accolta dalla corte. Successivamente prestano testimonianza:
Antonio Andriaccio, cognato di Maria Antonietta Sperduta (marito della sorella), il quale nega categoricamente di aver mai conosciuto Pacciani.
Maria Mugnaini, cognata di Maria Antonietta Sperduta (moglie del fratello di Renato Malatesta), la quale nega di avere mai conosciuto Pacciani e presenta fortissimo astio nei confronti della cognata.
Torna quindi a sedersi sul banco dei testimoni Ruggero Perugini che in una nuova lunghissima deposizione parla delle perquisizioni compiute e degli oggetti sequestrati in casa Pacciani.


15 Giugno 1994:
Rendono testimonianza nell'ordine:
Rolando Nesi, chiamato a testimoniare in quanto era nella stessa automobile di Lorenzo Nesi (non vi è grado di parentela fra i due) la sera dell'8 settembre 1985 in cui il Lorenzo dichiara di aver incrociato l'automobile di Pacciani in via degli Scopeti.
Carla Marretti, moglie di Rolando Nesi, anch'ella nella stessa vettura la sera dell'8 settembre 1985.
Pasquale Massoli, amico di Ronaldo e Lorenzo, nonché il proprietario della casa in cui avevano passato la serata i due Nesi prima di rientrare verso Firenze e San Casciano.
Carla Rossi, moglie di Pasquale Massoli.
Giuseppe Daidone, maresciallo dei carabinieri, chiamato a testimoniare sulla perquisizione della cella di Pacciani, prima che questi venisse scarcerato.
Giuseppe Pizzo, assistente della Polizia di Stato, uno degli incaricati delle intercettazioni ambientali, riprese video e documentazione fotografica in casa del Pacciani fra dicembre 1991 e maggio 1992. Dichiara a Processo che da tale attività indagativa risultò evidente che Paccani perlustrasse insistentemente una parte del suo orto come alla ricerca di qualcosa. Fu in seguito a questa segnalazione che prese il via la maxi perquisizione dell'aprile 1992.
Enrico Colagiacomo, assistente della Polizia di Stato, svolse fra il 1991 e il 1992 la stessa attività dell'appena citato Pizzo.
A seguito delle deposizioni di Pizzo e Colagiacomo, prende la parola l'imputato Pietro Pacciani che parla della potatura di un'acacia nel punto in cui venne visto trafficare nel suo orto.
Infine tocca nuovamente a Ruggero Perugini che stavolta tratta il delicato tema del ritrovamento della cartuccia nell'orto del Pacciani duranre la maxi-perquisizione.


22 Giugno 1994:
Apre la giornata di udienza il giudice Enrico Ognibene in merito all'eventuale chiusura della superstrada Siena-Firenze la sera dell'8 settembre 1985, così come aveva sostenuto il Nesi. Non è risultato possibile effettuare tale accertamento, mancando documentazione scritta.
Segue una richiesta del Pubblico Ministero Paolo Canessa di eseguire con la Corte un sopralluogo in via degli Scopeti per studiare i luoghi dove il Nesi afferma di aver incrociato la vettura del Pacciani e dove il Bevilacqua afferma di aver incontrato il Pacciani in divisa da guardiacaccia. La Corte accoglie l'istanza del PM.
Seguono le deposizioni di:
Paolo Scriccia, capitano dei carabinieri, che nell'aprile del 1992 aveva partecipato alla maxi-perquisizione nell'orto di casa Pacciani.
Pietro Frillici, maresciallo dei carabinieri, anch'egli nell'aprile del 1992 aveva partecipato alla maxi-perquisizione nell'orto di casa Pacciani.
Ruggero Perugini, che rende testimonianza sulle intercettazioni ambientali in casa Pacciani. Vengono ascoltate alcune intercettazioni giudicate significative.
Giulia Matteucci, cui viene affidato l'incarico di provvedere alla trascrizione integrale della bobina numero 59B relativa ad intercettazioni ambientali a casa del Pacciani.


29 Giugno 1994:
Rendono testimonianza rispettivamente:
Mauro Buonaguidi, motociclista di Scandicci, il quale dichiara che domenica 8 settembre 1985 verso le ore 15:00 aveva notato durante un giro in moto un'automobile Golf con targa francese parcheggiata in una strada non lontana dalla piazzola degli Scopeti. Secondo il testimone, l'automobile sarebbe la stessa della coppia francese uccisa dal MdF. Fosse vera, questa testimonianza sarebbe importante perché indicherebbe che la domenica pomeriggio l'automobile della coppia era stata spostata e dunque presumibilmente la coppia era ancora viva.
Italo Buiani, abitante di San Casciano, che dichiara di aver incrociato l'automobile del Pacciani in una stradina di campagna dalle parti di via degli Scopeti la sera di venerdì 6 settembre 1985, orientativamente verso le 21.
Successivamente vengono ascoltati i professori Salvatore De Marco, Franco Lotti e Susanna Contessini, incaricati di esaminare le scritte eseguite dal Pacciani sul blocco Skizzen Brunnen.
Infine è la volta di Mario Spina, agente scelto della Polizia di Stato, addetto alle intercettazioni teleofniche in casa Pacciani. Durante la sua deposizione vengono ascoltate due registrazioni importanti effettuate in casa dell'imputato: la prima è quella in cui Pacciani agggredisce verbalmente e fisicamente la moglie appena rientrata da un colloquio con il Pubblico Ministero, rea di aver accennato a un fucile posseduto dal marito; la seconda è quella in cui si sente un affannatissimo Pacciani spostare mobili per casa (forse il frigorifero) e poi nel frastuono mormorare un'unica frase: "in do' la metto ora?". Per la Pubblica Accusa, Pacciani si riferisce alla pistola usata per i delitti. Per la difesa la frase corretta è invece "in do' lo metto ora?", parlando dunque di qualcos'altro.


4 Luglio 1994:
I professori Franco Marini, Riccardo Cagliesi Cingolani e Francesco Saint Omer Bartoloni depongono a proposito della lettera inviata dal MdF alla dottoressa Della Monica contenente il lembo di seno della Mauriot.
Il maresciallo dei carabinieri Pietro Frillici parla delle indagini svolte sulla busta imbucata in una cassetta di San Piero a Sieve.
Il professor Pietro Benedetti e il generale Ignazio Spampinato rendono testimonianza sulla pistola e sui proiettili usati dal MdF durante i delitti.


5 Luglio 1994:
L'avvocato Luca Santoni Franchetti apre la giornata dibattimentale parlando del possibile coinvolgimento dei sardi nelle vicende del MdF e delle difficoltà riscontrate nel portare in aula molti dei personaggi coinvolti, in special modo Salvatore Vinci, risultante disperso.
Seguono le deposizioni di:
Vinicio Caselli, dottore di San Casciano, parla dello stato di salute di Pacciani.
Giuliano Pucci, noto guardone di San Casciano, parla del suo rapporto di presunta amicizia con il Pacciani.
Heidemarie Meyer, sorella di Horst Meyer, uno dei due ragazzi uccisi a Giogoli. La ragazza parla del blocco Skizzen Brunnen e del portasapone Deis.
Il dottor Francesco Donato, consulente tecnico del PM, chiamato a relazionare sulla pistola e i proiettili del MdF e sul proiettile trovato nell'orto di casa Pacciani.
Il dottor Claudio Proietti, direttore della Divisione Identità della Polizia Scientifica, disserta sugli appunti scritti dal Pacciani sul blocco Skizzen Brunnen.


8 Luglio 1994:
Rendono testimonianza rispettivamente:
Giorgio Trinca, tecnico della Polizia Scientifica, che ha svolto accertamenti chimico-merceologici sulla busta inviata alla dottoressa Silvia Della Monica contenente il lembo di seno della Mauriot.
Dottor Giancarlo Mei, incaricato di fare esami chimici sulla cartuccia trovata nell'orto del Pacciani per determinare orientativamente i tempi di interramento.
Pietro Frillici, maresciallo dei carabinieri che stavolta disserta sulle indagini condotte in Germania sul blocco Skizzen Brunnen.
Paolo De Simone, agente di Polizia Giudiziaria, chiamato a testimoniare a proposito delle indagini condotte sul portasapone Deis.
Callisto Di Genova, agente di Polizia Giudiziaria, che testimonia a proposito delle indagini condotte sui rapporti fra Pacciani e la Sperduto e fra Pacciani e la Bugli.
Paola Baghino, agente della Polizia di Stato, incaricata dei pedinamenti nei confronti dell'imputato Pacciani dopo che questi era uscito dal carcere dove era stato recluso per la violenza sulle figlie.
Tocca quindi sedersi sul banco dei testimoni a Natale Mele, figlio di Stefano Mele e Barbara Locci. Natalino dichiara in questa occasione di non ricordare nulla a proposito della notte in cui fu uccia sua mamma.
Chiude la giornata d'udienza Pietro Locci, fratello di Barbara.


12 Luglio 1994:
Rendono testimonianza rispettivamente:
Antonio Amore, maresciallo dei carabinieri di Prato, indotto dalla difesa del Pacciani, che nel 1985 aveva indagato su Giampiero Vigilanti. Durante la deposizione, sollecitato dalle domande dell'avvocato Bevacqua, il teste parla anche dell'episodio della guardia giurata che a Calenzano incontrò un personaggio piuttosto sospetto, possessore di diverse cartucce calibro 22, serie H.
Angiolina Manni, moglie del Pacciani, che fra mille difficoltà e piuttosto confusamente parla dei rapporti con il marito.
Roberto Pabi, segretario della commissione esami per il rilascio di certificati, chiamato a testimoniare sulla domanda presentata dall'imputato per il porto di un fucile.


13 Luglio 1994:
Giornata dibattimentale che si apre con la deposizione di Giulia Matteucci precedentemente incaricata dalla Corte della trscrizione di una bobina relativa ad alcune intercettazioni telefoniche in casa Pacciani.
Seguono nell'ordine le seguenti deposizioni: il maresciallo dei carabinieri Pietro Frillici che testimonia sulla rogatoria in Germania relativa al taccuino e al portasapone.
Guido Iandelli, zio di Luca Iandelli, chiamato dalla Difesa del Pacciani a testimoniare sulla vicenda che ha visto coinvolto il nipote.
Ivo Longo, di professione ottico, che dichiara di aver visto la presunta notte dell'omicidio della coppia francese, il Pacciani a bordo di un'automobile di grossa cilindrata in uno stato di completa trance che procedeva a forte velocità sulla superstrada Firenze-Siena. In questa deposizione il Longo fa riferimento al sudore che colava dal volto del Pacciani e ai peli delle sue braccia, suscitando fra le altre cose la pungente ironia dell'avvocato Bevacqua.
Baldo Bardazzi, testimone introdotto dalla Difesa, proprietario del bar presso cui si erano presuntamente diretti la Rontini e lo Stefanacci il pomeriggio del 29 luglio e ivi incontrarono un signore che mostrava un forte risentimento nei loro confronti. Vedasi a tal proposito il relativo capitolo.
Pancrazio Matteuzzi, ex collega e amico di Paolo Mainardi, la vittima maschile dell'omicidio di Baccaiano. Matteuzzi diichiara che Mainardi e Migliorini erano soliti appartarsi in auto nella piazzola dove si verificò l'omicidio e che tempo prima erano stati disturbati da un guardone claudicante.
Attilio Pratesi che nel 1983 lavorava come giardiniere a Villa La Sfacciata, viene chiamato a rendere testimonianza sul motorino fermo oltre il cancello della villa nei giorni dell'omicidio di Giogoli.
Franco Corti, convocato dalla Difesa dell'imputato perché avrebbe visto un signore molto distinto accampato con una piccola tenda in una stradina sterrata e in disuso parallela a via degli Scopeti. Il teste dichiara di aver fatto questo incontro la domenica precedente a quella dell'omicidio. Il PM contesta che dal verbale dei carabinieri reso il 15 settembre 1985, tale incontro sarebbe invece avvenuto l'ultima domenica di luglio del 1985, quindi temporalmente piuttosto distante dal giorno del delitto.
Al termine della deposizione di Franco Corti, l'avvocato Bevacqua chiede di introdurre a Processo una lettera anonima giunta al giornalista del quotidiano "La Repubblica" Paolo Vagheggi di cui abbiamo già parlato a proposito dell'omicidio di Miriam Ana Escobar (vedasi capitolo Le morti collaterali). Richietsa ovviamente respinta.
In ultimo depone Giovanni Attianese, agente di polizia, che si presenta in veste di operatore di un video realizzato nell'orto del Pacciani durante la maxi-perquisizione al fine di individuare la presenza dell'acacia di cui parlava Pacciani.


14 Luglio 1994:
Giornata processualmente molto importante. Rendono testimonianza nell'ordine:
L'avvocato Giuseppe Zanetti, ciclista amatoriale, il quale dichiara di aver incontrato durante i suoi allenamenti per alcuni giorni consecutivi e immediatamente precedenti al giorno del delitto degli Scopeti un'atomobile Ford Fiesta parcheggiata nei pressi della piazzola. L'ultimo giorno, vicino a questa vettura, c'era un uomo piuttosto distinto che guardava in direzione della piazzola e che indubbiamente non era il Pacciani.
Pietro Mucciarini, chiamato a testimoniare dall'avvocato di Parte Civile Luca Santoni Franchetti, il quale da ex indagato, si rifiuta - come suo diritto - di rendere testimonianza.
Rosina Massa, ex moglie di Salvatore Vinci; deposizione che è manna per tutti i sardisti.
L'ispettore di polizia Riccardo Lamperi, secondo di Perugini da un punto di vista gerarchico nella SAM. Deposizione chiara ed estremamente interessante la sua.
Infine è il turno di Marco Morin, esperto di balistica giudiziaria, consulente della difesa per quanto riguarda le analisi effettuate sul proiettile rinvenuto nell'orto di Pacciani.


15 Luglio 1994:
Ultimo giorno di udienza prima della lunga pausa estiva. Sono chiamati a deporre nell'ordine:
Arturo Minoliti, maresciallo dei carabinieri e comandante della Stazione di San Casciano, il quale disserta di Pacciani, della Sperduto, delle perquisizioni in casa dell'imputato.
Segue l'interessantissima deposizione dei criminilogi del pool di Modena, i professori Francesco De Fazio, Giovanni Beduschi, Salvatore Luberto, Ivan Galliani e Giovanni Pierini. I professori spiegano la relazione che, su richiesta della Procura di Firenze, avevano presentato nel Maggio 1986 sul tipo di autore degli omicidi.
A questi fa da contraltare la deposizione del criminologo Francesco Bruno, chiamato dalla Difesa, che si schiera nettamente a favore di un serial killer completamente diverso sia da un punto di vista fisico e che psicologico da Pacciani.
Per ultimo si siede sul banco dei testimoni nuovamente l'ispettore Riccardo Lamperi, chiamato brevemente a deporre su un particolare emerso nella mattinata riguardo un'utenza telefonica del Pacciani.


18 Ottobre 1994:
L'udienza riprende dopo la lunghissima interruzione estiva.
L'imputato Pietro Pacciani rende dichiarazioni spontanee alla Corte. È questo il celebre monologo in cui il contadino di Mercatale racconta la sua vita, parla dell'omicidio del 1951, tenta di discolparsi dalle accuse, fa riferimenti religiosi, recita poesie ("Se ni' mondo esistesse un po' di bene e ognun si considerasse suo fratello, ci sarebbe meno pensieri e meno pene e il mondo ne sarebbe assai più bello").
Al termine, il Pubblico Ministero Paolo Canessa comincia la sua requisitoria finale.


19 Ottobre 1994:
Giornata interamente dedicata all'ottima e mirata requisitoria del Pubblico Ministero Paolo Canessa.


20 Ottobre 1994:
Giornata dedicata alle arringhe degli avvocati di Parte Civile.
Parla per primo l'avvocato Luca Santoni Franchetti. Curiosa la sua posizione in quanto sostiene la colpevolezza di altri imputati, probabilmente più di uno e probabilmente appartenenti alla Pista Sarda, ma nel contempo chiede la condanna per Pacciani, perché mentitore indefesso e seriale e dunque sicuramente implicato in qualche modo nella vicenda. Una posizione che non mancherà di sollevare qualche polemica sia fra gli altri avvocati di Parte Civile, sia soprattutto fra i difensori del Pacciani.
A seguire, nell'ordine, parlano gli avvocati Luca Saldarelli, Manuele Ciappi, Capanni, Eriberto Rosso, Patrizio Pellegrini, Aldo Colao.


24 Ottobre 1994:
In questo gironata di udienza la parola va al primo dei difensori di Pietro Pacciani, l'avvocato Pietro Fioravanti.


25 Ottobre 1994:
Termina la sua disamina difensiva l'avvocato Pietro Fioravanti e comincia la sua lunga arringa difensiva l'avvocato Rosario Bevacqua.


26 Ottobre 1994:
Giornata interamente occupata dall'arringa difensiva dell'avvocato Rosario Bevacqua.


27 Ottobre 1994:
Ultimo giorno di arringa difensiva dell'avvocato Rosario Bevacqua.


28 Ottobre 1994:
Giornata di repliche per il Pubblico Ministero Paolo Canessa e per le parti civili Luca Santoni Franchetti, Luca Saldarelli, Aldo Colao e Patrizio Pellegrini.


29 Ottobre 1994:
Giornata conclusiva del dibatitmento processuale.
La parola agli avvocati Pietro Fioravanti prima e Rosario Bevacqua per la loro ultima replica.
Infine, come previsto dalla legge, l'ultima parola spetta all'imputato per una dichiarazione spontanea. Pietro Pacciani non manca di sollevare polemiche quando fra le lacrime dichiara "Gesù è mio fratello" e "Sono innocente come Cristo sulla croce".
Si chiude con queste frasi il Processo Pacciani.


1 Novembre 1994:
Il giudice Enrico Ognibene legge la sentenza di condanna nei confronti dell'imputato. Giudicato colpevole di sette degli otto duplici omicidi storicamente attribuiti al Mostro di Firenze (escluso quello del 1968), Pietro Pacciani viene condannato all'ergastolo.




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