La pistola del Mostro


Il primo a parlare inconsapevolmente dell'arma che sarebbe diventata celebre come quella del Mostro di Firenze fu il colonnello Innocenzo Zuntini.
Nel 1968, all'indomani del duplice omicidio di Signa, Zuntini redasse infatti una perizia in cui descriveva il tipo d'arma da fuoco con cui erano stati uccisi la Locci e il Lo Bianco.
Va detto che oggi, a oltre cinquant'anni di distanza, non viene ritenuta granché affidabile la perizia Zuntini, anche perché il colonnello già all'epoca parlava genericamente di una pistola molto vecchia, usurata e mal tenuta. Era stato un rigonfiamento presente su tutti i cinque bossoli repertati sulla scena del delitto a indurre Zuntini a ritenere tale arma piuttosto consumata.
Lo stesso colonnello si ritrovò sei anni dopo a redigere una perizia sul delitto di Rabatta e pur non collegando alla stessa arma i due delitti, non poté non notare che anche sui bossoli rinvenuti sulla scena del crimine del 1974 fosse presente un rigonfiamento, dandone la stessa identica motivazione.
Scrive, difatti, il colonnello: "...rigonfiamento sulla parte cilindrica del bossolo subito dietro l'orlo del fondello in corrispondenza delle ore 6 circa (è causata dalla mancanza parziale di appoggio esistente nella parte bassa della canna, in corrispondenza del piano inclinato di caricamento). Si verifica in genere su bossoli esplosi con armi usurate o vecchie."
In tempi più recenti numerosi esperti balistici hanno fornito motivazioni alternative all'usura e all'età della pistola per spiegare il rigonfiamento dei bossoli. Per esempio il generale Romano Schiavi in una recente intervista rilasciata all'avvocato Vieri Adriani parlava del rigonfiamento presumibilmente dovuto all'utilizzo di cartucce da carabina, dotate quindi di una carica esplosiva maggiore, eccessiva per una pistola.
Successive analisi condotte sui luoghi dei vari delitti hanno permesso agli esperti una precisione maggiore nella individuazione dell'arma, fino ad arrivare a poterne conoscere in maniera probabilistica serie, modello e con buona approssimazione persino anno di fabbricazione.
Nell'udienza del 27 Aprile 1994 del Processo Pacciani, il generale Ignazio Spampinato dichiarò a tal proposito: "Questa pistola non c'è dubbio che sia una pistola Beretta Calibro 22 Long Rifle Modello 70, non so a canna lunga o a canna corta."
Visto che nel corso degli anni era stata infatti più volte avanzata l'ipotesi di una pistola che non fosse la stessa per tutti i delitti o addirittura di più armi da fuoco presenti sulle scene del crimine (di cui un Revolver che non lasciava bossoli), nella sua deposizione il generale si affrettò di fatto sin da subito a sgomberare qualsiasi dubbio o illazione sull'argomento.
Precisiamo subito - a onor del vero - che il generale Spampinato si espresse in termini di assoluta sicurezza, mentre dalla lettura dei referti emerge che, non essendo mai stata ritrovata l'arma dei delitti, sarebbe più corretto esprimersi in termini di alta (o meglio ancora altissima) probabilità. A volere essere rigorosi, dunque, oggi possiamo affermare con (ovvia) certezza che la pistola del Mostro fosse una calibro 22 Long Rifle e con ottima probabilità che fosse una Beretta.
Anche sulla lunghezza della canna non c'è uniformità di vedute negli ambienti mostrologici. Il generale Spampinato afferma - senza tema di smentita - che si tratterebbe di una questione irrisivolbile sulla base dei dati da lui analizzati, tuttavia secondo l'esperto balistico e blogger Enrico Manieri, dalla lettura dei referti emergerebbe in maniera piuttosto chiara l'assenza sui bossoli rinvenuti sulle scene del crimine della tipica affumicatura lasciata da una pistola a canna lunga. Dunque, a suo dire, si potrebbe ragionevolmente ipotizzare che la pistola del MdF fosse a canna corta; da notare che l'assenza della suddetta affumicatura escluderebbe anche la presenza di un silenziatore applicato alla canna, anche se non si potrebbe aprioristicamente escludere l'utilizzo di un soppressore di rumore per così dire artigianale, come un panno o altro mezzo atto a evitare la propagazione delle onde sonore.
Precisiamo, infine, che il generale parlò di Beretta Calibro 22 Long Rifle Modello 70, mentre noi per evitare confusione parleremo di Beretta Calibro 22 Long Rifle Serie 70. Questo perchè - come ci ha spiegato lo stesso generale - all'interno della cosiddetta serie 70 troviamo sette modelli distinti, denominati con i numeri compresi fra 71 e 76, con l'aggiunta della 70S.
Possiamo subito escludere fra le possibili pistole del MdF - come affermò il PM Paolo Canessa nella stessa udienza - il modello 76 in quanto prodotto dal Dicembre 1968 e quindi successivamente (seppur di pochi mesi) al delitto di Signa.
Per quanto riguarda gli altri modelli, dovendo effettuare una scelta probabilistica, ci atteniamo alle parole del dottor Giovanni Iadevito, perito della polizia scientifica, che dopo aver esaminato circa 450 pistole Beretta calibro 22 LR, scrisse nel suo referto: "...eseguite le prove di sparo e tutti i necessari raffronti, le caratteristiche di percussione dell'arma omicida erano tali da poter escludere che essa fosse stata fabbricata oltre il 1964 e comunque non oltre il 1966: però le caratteristiche di percussione di una delle Beretta campione, modello 71 immatricolata nel settembre 1964, erano quelle che più di tutte assomigliavano alle pari carateristiche presenti nei reperti".
Dunque, sulla base di tali dichiarazioni, l'arma del mostro potrebbe essere una Beretta Calibro 22 Long Rifle Serie 70 Modello 71 a canna corta, prodotta attorno al 1964 e comunque non più tardi del 1966. Una pistola quindi che in occasione del primo delitto non aveva più di quattro anni e che nel 1985, data dell'ultimo duplice omicidio, aveva circa vent'anni.
Dalle scene del crimine, possiamo anche desumere un altro particolare riguardo quest'arma. Sappiamo infatti che il massimo numero di colpi sparati dal MdF durante i suoi assalti omicidi è stato nove e ciò è avvenuto in tre occasioni: a Calenzano, a Baccaiano e a Scopeti. Sappiamo anche con ragionevole certezza che almeno a Scopeti il MdF aveva esaurito i colpi. Sulla base di questi dati è possibile affermare (pur lasciandoci un ovvio beneficio del dubbio) che la pistola del MdF contenesse al massimo nove colpi, otto nel caricatore e uno in canna.

A proposito di colpi, abbiamo visto nel capitolo dedicato alla Pista Sarda che le analisi condotte dagli esperti balistici Arcese e Iadevito sui bossoli rinveuti sulle scene del crimine portarono a stabilire "con un ottimo margine di veridicità" che il munizionamento utilizzato in tutti gli otto duplici omicidi appartenesse a un unico lotto fabbricato all'incirca nel 1966 e contraddistinto dal codice VK51.
Fu possibile giungere a questa conclusione in quanto la lettera H stampigliata sul fondello di tutti i bossoli (sia quelli del 1968, sia quelli dei delitti successivi) presentava la stessa caratteristica imperfezione. Dunque era ed è possibile affermare con ragionevole certezza che questi proiettili fossero stati fabbricati tutti nello stesso periodo, nella stessa fabbrica e la lettera H era stata impressa dallo stesso punzone, in seguito identificato.
Sulla base di questa specifica imperfezione, talvolta è stato erroneamente affermato (Mario Spezi è stato uno dei precursori, ma in tempi più recenti anche l'investigatore privato Davide Cannella se l'è lasciato sfuggire) che i proiettili usati nei delitti del Mostro a partire dal 1974 provenissero tutti dalla stessa scatola (o più correttamente dalle stesse due scatole) dei proiettili usati nel delitto del 1968.
Ribadiamo che si tratta di un'interpretazione non corretta e parziale dei fatti.
Come dichiarato nel 1984 dalla casa produttrice Winchester e come esplicitato più che bene nel blog del già citato esperto balistico Enrico Manieri, l'unica cosa che si può affermare con certezza è che le cartucce usate negli otto duplici omicidi del Mostro sono tutte di produzione risalente all'incirca al 1966 e corrispondenti a uno stesso lotto. Non si può ragionevolmente affermare nulla più di questo, anche perché prima che il punzone "difettoso" fosse cambiato, questi avrebbe potuto stampigliare le H su diverse migliaia di proiettili e di conseguenza su svariate decine di scatole. Dunque, le scatole da cui sono stati attinti i proiettili utilizzati dal MdF, in linea teorica potrebbero essere anche più di due. Non vi è univoca certezza in merito.
È doveroso fare questa precisazione nell'eventualità di un passaggio di mano della pistola fra il 1968 e il 1974. Affermare che i proiettili provenissero tutti dalle stesse due scatole (una a palla ramata usata nei delitti del 1968 e del 1974, una a piombo nudo usata negli altri delitti, con l'eccezione di un unico proiettile a palla ramata sparato a Giogoli nel 1983), implica infatti un passaggio di mano anche delle scatole. Mentre, affermare che i proiettili provenissero tutti dallo stesso lotto (e a questo lotto possono risalire decine di scatole) non implica necessariamente anche il passaggio delle scatole.
Risulta facilmente comprensibile come questa distinzione sia puramente filologica, perché sarebbe davvero un caso fortunoso che la pistola passasse in qualche modo di mano dall'autore del delitto del 1968 all'autore dei delitti successivi e quest'ultimo venisse in possesso di proiettili appartenenti alla stessa partita di quelli posseduti dal suo predecessore. Tuttavia, non si potrebbe aprioristicamente escludere che in quel periodo nella provincia di Firenze girassero più scatole, tutte contenenti proiettili dello stesso lotto.
Stabilito questo, la domanda successiva da porci è: da dove viene la pistola utilizzata dal Mostro? Al momento le possibilità che possiamo vagliare sono tre, ma ciò non esclude che siano sbagliate e l'origine dell'arma sia tutt'altra.


Possibilità 1: L'arma da Villacidro
Nel 1982, quando prese corpo la Pista Sarda, le forze dell'ordine cercarono una qualche connessione fra i sardi e una Beretta calibro 22, scoprendo che di tale arma (molto usata in Sardegna) erano stati venduti undici esemplari compatibili con quella del MdF a Villacidro, paese di origine dei fratelli Vinci. Di queste undici pistole, una risultava scomparsa. Tale pistola era stata acquistata dal signor Franco Aresti, il quale successivamente era emigrato in Olanda nel 1960 e ivi era morto tre anni dopo a causa di un incidente sul lavoro. La sua pistola non venne mai ritrovata, risultando né denunciata, né venduta, né ereditata da qualcuno. Inoltre la polizia olandese notificò nel gennaio 1986 agli inquirenti italiani di non aver trovato tracce negli atti d'ufficio dell'esistenza di una pistola tra gli oggetti e gli effetti personali dell'Aresti, in seguito restituiti ai suoi familiari in Sardegna.
Per le forze dell'ordine italiane, che all'epoca erano concentrate su Salvatore Vinci, la pistola dell'Aresti non era dunque mai giunta in Olanda, ma con ottime probabilità era stata portata da Villacidro in Toscana da uno dei fratelli Vinci per poi diventare la pistola del Mostro.
C'è un particolare che però non quadra con questa ricostruzione. Se la pistola del MdF fosse veramente questa, sarebbe stata prodotta molto prima della Beretta modello 71 fabbricata nel settembre del 1964 che Iadevito trovava estremamente compatibile con l'arma del Mostro.

Possibilità 2 - La pistola smarrita in Mugello
Abbiamo visto nel capitolo dedicato alla nascita della Pista Sarda che nei giorni successivi al delitto, il procuratore Pier Luigi Vigna in persona aveva cominciato a indagare sulla scomparsa di un'arma a Borgo San Lorenzo, sospettandola legata ai delitti del Mostro. Il primo a raccontare di questo nuovo filone d'inchiesta era stato il giornalista Mario Spezi che il 14 e 15 luglio 1982 titolava su "La Nazione" rispettivamente: "Carabinieri e magistrati si sono recati a Borgo San Lorenzo. Frenetica attività degli inquirenti" e "Frenetico lavoro svolto martedì sera a Borgo San Lorenzo dal giudice Pier Luigi Vigna e da alcuni ufficiali dei carabinieri".
La pista era stata però abbandonata con la scoperta del collegamento con il delitto di Signa, perché tale pistola risultava essere stata messa in commercio nel 1969, dunque dopo che il delitto stesso avesse avuto luogo.
Entriamo maggiormente nel dettaglio: le indagini compiute con estremo riserbo a Borgo San Lorenzo dal dottor Vigna nei giorni 14 e 15 luglio del 1982 avevano portato a scoprire che una Beretta calibro 22 Long Rifle modello 71 matricola 18288, prodotta nel 1967, era stata acquistata dall'armeria Raspanti di Borgo San Lorenzo nel febbraio del 1969. Dopo accurati controlli compiuti presso la sede centrale della Beretta in provincia di Brescia, presso la sede del distributore di zona (Benvenuti Franco Srl) e presso la suddetta armeria, era emerso che di tale pistola si erano perse le tracce, risultando appunto venduta all'armeria e verosimilmente debitamente pagata, ma non risultando riportata nei registri del negozio stesso.
Interrogato in merito, il titolare dell'armeria, signor Ferrari R. affermava di non avere alcuna notizia sulla suddetta arma e pertanto escludeva di averla mai acquistata. Poiché gli accertamenti sembravano invece indicare il contrario, il Ferrari veniva invitato dagli inquirenti a fornire maggiori indicazioni ed essere più preciso sull'argomento. È ovvio che il forte sospetto era che tale arma fosse giunta "clandestinamente" dall'armeria nelle mani di un ignoto soggetto e che dunque la stessa - non essendo mai stata registrata - fosse sfuggita ai vari controlli che le forze dell'ordine stavano eseguendo.
A quanto è dato sapere, tuttavia, tale indagini non diedero mai alcun esito, in quanto nei giorni immediatamente successivi venne scoperto il collegamento con il delitto di Signa. Tale delitto risaliva all'agosto del 1968 e dunque qualche mese prima della messa in commercio dell'arma oggetto di indagini. Risultava quindi evidente che la suddetta non poteva essere la pistola che aveva sparato a Signa e di conseguenza non poteva essere la pistola del Mostro.
Ad oggi, nondimeno, nell'ottica di un depistaggio, cioè nell'ottica di un delitto di Signa completamente scollegato dai successivi commessi dal Mostro, anche la pista di quest'arma scomparsa dal Mugello è tornata ad avere un certo credito fra i mostrologi. Oltretutto il modello di tale Beretta (71) è proprio quello proprosto da Iadevito come più probabile fra i vari modelli da lui analizzati. Non tornerebbe però l'anno di produzione perché Iadevito parla di un'arma prodotta sicuramente non oltre il 1966, mentre questa è stata prodotta nel 1967. Chi vi scrive non è in grado di affermare se questa discrepanza di tempi possa essere ritenuta significativa o meno.

Possibilità 3 - Il Rosso del Mugello
L'ipotesi di una seconda pistola scomparsa dal comune mugelesse collegata con i delitti del Mostro, ovviamente diversa da quella appena citata, prese piede nell'ottobre del 1984, qualche mese dopo il duplice delitto di Vicchio.
Stando a quanto riporta l'autore Paolo Cochi nella versione riveduta nel 2020 del suo libro "Al di là di ogni ragionevole dubbio", fu il maggiore Sebastiano Anzà della compagnia dei Carabinieri di Borgo San Lorenzo a condurre tali indagini. Anzà appurò infatti che nel 1965 erano state rubate quattro armi da fuoco da una ferrammenta/armeria di proprietà della famiglia Guidotti a Borgo San Lorenzo. Tre delle pistole sottratte erano state recuperate dalle forze dell'ordine in un'operazione di polizia fra Firenze e Brescia; l'unica a non essere mai stata rinvenuta e a risultare allora come oggi dispersa fu una Beretta Calibro 22 Long Rifle Serie 70 Modello 75.
Il maggiore Anzà sospettò dunque che tale arma potesse essere messa in relazione con i delitti del MdF, indicando come possibile possessore un uomo di origine mugellana, che la vulgata mostrologica avrebbe identificato in tale Stefano P. (identità in realtà mai confermata dal Cochi), il quale all'epoca aveva 46 anni (dunque nato all'incirca nel 1938). Costui negli anni '60 si era trasferito dal Mugello alla zona ovest di Firenze, nel 1966 aveva subito una perquisizione per il furto della predetta Beretta dall'armeria e diversi anni dopo - cosa piuttosto suggestiva - era stato denunciato per reati contro la libertà sessuale.
Le indagini che seguirono al rapporto del maggiore Anzà portarono nel giugno del 1985 a una perquisizione nell'abitazione del soggetto indicato, che però non diede alcun frutto. Fu sequestrata, invero, una pistola, ma non risultò compatibile né con quella rubata nel 1965, né con la vicenda del Mostro. Quando poi, nel settembre dello stesso anno, venne commesso il delitto degli Scopeti, secondo alcune fonti costui risultò essere in vacanza a Forte dei Marmi, attenzionato dalle forze dell'ordine. Sul momento, dunque, tale pista venne abbandonata e il suddetto personaggio non rientrò neanche nella famosa lista della SAM che includeva tutti i possibili sospettati.
Recentemente, tuttavia, il già citato Paolo Cochi ha concentrato le sue ricerche su tale individuo, di cui non ha mai fatto il nome ma dicendosi persuaso che lì potrebbe risiedere la soluzione del caso. Secondo quanto emerso, tale soggetto avrebbe lavorato in ambienti vicini alla Procura di Firenze e potrebbe essere identificato nel cosiddetto "Rosso del Mugello", il sospettato di cui si è già ampiamente parlato nel capitolo dedicato all'omicidio della Boschetta.
È ovvio come questa terza possibilità sull'origine della pistola abbia spunti interessanti e riccamente suggestivi (su tutti i reati contro la libertà sessuale commessi dall'ipotetico possessore della Beretta rubata), tuttavia anche in questo caso ci sono alcuni particolari che andrebbero approfonditi meglio:
▪ il modello della pistola: 75 quella rubata, 71 quella identificata dallo Iadevito come la pistola del MdF; certo non è un punto dirimente, perché nulla toglie che lo Iadevito si sia sbagliato nell'individuare il modello preciso, ma a questo punto se si è sbagliato nell'individuare il modello, potrebbe essersi sbagliato anche nell'individuare l'anno e quindi potrebbe tornare buona anche l'ipotesi dell'arma proveniente da Villacidro;
▪ il fatto che il sospettato sarebbe eventualmente stato a Forte dei Marmi nei giorni in cui veniva commesso il duplice omicidio degli Scopeti;
▪ infine, volendo trascurare il punto precedente, il MdF avrebbe commesso l'ultimo terribile duplice omicidio meno di due mesi dopo essere stato per la prima volta attenzionato, perquisito e interrogato dalle forze dell'ordine sulla vicenda del mostro. Anche questo non è ovviamente un punto dirimente, ma è indubbio fornisca qualche spunto di riflessione: ci si aspetterebbe infatti maggiore prudenza da un soggetto consapevole di essere improvvisamente finito nel mirino degli inquirenti.
Si ricordi, tuttavia, il particolare dei cadaveri nascosti a Scopeti al fine di ritardarne la scoperta, forse appunto perché l'autore dell'eccidio, consapevole di essere attenzionato, aveva bisogno di tempo per rientrare e crearsi un alibi. Questo collimerebbe appunto con un soggetto da poco entrato nel mirino delle forze dell'ordine.
Nel complesso, al momento, quella del "Rosso del Mugello" resta una pista di sicuro interesse, ma ancora piuttosto incerta. Si attendono sviluppi in merito.


33 commenti:

  1. Mi complimento per il blog e per la scrupolosità. Potrei suggerire di completare l'articolo con le suggestioni derivanti dai ritrovamenti, nel corso degli anni, di pistole compatibili sulle quali rimane ancora il dubbio possano effettivamente essere quella incriminata?

    PS: mi scuso per il mio nome utente 😂. Sto utilizzando un vecchio nickname che utilizzavo su Blogspot da ragazzo negl'anni della mia goliardia 😅.

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    1. Grazie per i complimenti e per il suggerimento. Appena avrò tempo, non mancherò di completare l'articolo con qualche riga sulle "pistole ritrovate".
      L.

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  2. Ma i proiettili calibro 22 funzionano solo con la beretta 22 o si possono sparare anche da altri modelli di pistola calibro 22 ?
    Perché questa sicurezza che sia una beretta 22 ?

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    1. Nessuna sicurezza che si tratti di una Beretta, nell'articolo è scritto. Però c'è un'altissima probabilità che lo sia.

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  3. I proiettili calibro 22 funzionano con le pistole calibro 22. Semplificando, l'identificazione del modello dell'arma può avvenire confrontando i rilevamenti fatti sul proiettile (come viene fatta la percussione, il tipo di estrazione, l'espulsione del bossolo etc.) e le specifiche delle varie armi riportate nei database dei produttori.

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    1. Uno può anche avere canna percussore ed estrattore del mostro da montare all'occorrenza su una normale 22 beretta denunciata

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  4. L articolo è ben fatto complimenti
    L unica cosa che stona è l inadeguatezza dei periti balistici che da quello che scrivono si capisce che non capiscono nulla o quasi di armi
    La storia delle affumicature sul bossolo nelle canne lunghe sono baggianate ad esempio e il caricatore della beretta 70 in 22lr contiene 10 colpi, la definizione 8 colpi nel caricatore e uno in canna è tipica delle forze dell' ordine ma in pratica non è mai fatta perché è assurda
    Io credo che uno dei motivi per il quale il mostro non sia mai stato preso in quegli anni è anche dovuto a un inadeguatezza dei periti

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    1. L'affumicatura presente sui bossoli esplosi da pistole Beretta a canna lunga è chiaramente riportata anche in un articolo dell'epoca pubblicato da "La Nazione", quotidiano di Firenze, dove furono intervistati i tecnici collaudatori della Beretta stessa ed è una questione tecnica ben nota a chi utilizza queste armi anche solo per divertimento al TSN.

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  5. Sono in possesso di un audio video recente dove una anziana signora rimembra fatti accaduti del mdf dove vi abitava. La nota che stona e che la stessa più altre 120 persone circa coinvolte, alludono al volermi bruciare come tale, ho perlomeno far passare a miglior vita in modo piuttosto brutale. Devo preoccuparmi.

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  6. Esterefatte le magistrature nel sentire le video registrazioni odierne, riprendono le indagini, la pista di una organizzazione ancora in piedi e molto più estesa nella Firenze borghese e provincie.

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  7. si cerca la pistola, ma non e' detto che il mostro usi una pistola trovata per caso ,puo benissimo usare solo canna e percussore del mostro e montarle su di una pistola cal 22 beretta regolarmente detenuta quando deve commettere gli omicidi.e' secondo me dal 68 che bisogna indagare dove e' finita quella pistola ,quel primo duplice omicidio non centra niente col mostro di firenze . chi ha ritrovato quella pistola??????? dove disse di aver gettato l'arma il mele????

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  8. poi tutto puo' essere , anche qualcuno che aveva accesso ai corpi di reato ha sostituito i bossoli a suo piacimento

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  9. Nell'articolo (peraltro, complessivamente ottimo, secondo me) c'è stata una imprecisione laddove si dice che alcuni, tra gli inquirenti, sospettarono la presenza sulle scene dei delitti, anche d'una seconda arma e che essa sarebbe stata una pistola "automatica" e che non avrebbe rilasciato bossoli. In realtà, le pistole moderne (revolver a parte) sono, di solito, "pistole semiautomatiche". Quelle "automatiche" sono le cosiddette "macchine pistols", in grado di sparare anche (piccole) raffiche (e che comunque rilasciano i bossoli). Quelli che non espelle o i bossoli sono i "revolver".

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    1. Ciao, grazie del commento e della segnalazione. Ho provveduto a correggere. :-)

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  10. Attenzione, perché Iadevito, in base alle parole pubblicate, NON sembra che abbia detto che secondo lui l'arma sarebbe stata prodotta nel 1964 o attorno a quell'anno, ma soltanto che, secondo lui, sicuramente NON OLTRE il 1966 e più probabilmente NON OLTRE il 1964. Ma questo significa che avrebbe anche potuto essere stata prodotta PRIMA del 1964: tanto per buttare lì qualche data, anche nel 1960, nel 1958, nel 1957... (ovviamente, bisognerebbe comunque restringendo a dopo l'anno d'iniziativa produzione di quei modelli...). Questa mi pare la corretta lettura di quelle parole scritte da Iadevito e qui riportate.

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    1. Ciao, grazie per il commento che mi dà l'occasione di precisare meglio, perché magari nell'articolo non sono stato molto chiaro.
      Iadevito parla di una pistola prodotta molto probabilmente non oltre il 1964 e sicuramente non oltre il 1966. Quindi - come dici tu - la pistola poteva essere stata prodotta nel 1957, 1958, 1963, ecc. Con minore probabilità poteva essere stata prodotta nel 1965 e 1966. Sicuramente non era stata prodotta dopo il 1966.
      Ora, stabilito questo, Iadevito dice anche che fra tutte le 450 pistole Beretta da lui provate, quella che si avvicinava di più a quella del Mostro secondo lui era un Modello 71 del settembre 1964. Per questo ho scritto che per lui la pistola era stata prodotta attorno al 1964 e sicuramente non oltre il 1966. Comunque ho provveduto a precisare meglio nell'articolo questo aspetto.
      Grazie ancora.

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    2. quelle pistole erano dei cessi , se non la oli e curi facilmente si inceppano , secondo me il mostro non avrebbe rischiato di fallire ,quindi poteva avere anche due armi

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  11. Domanda: ma quella persona Magellano sospettata, si sa se fosse a Forte dei Marmi (e attenzionata) soltanto nel weekend dell'omicidio degli Scopeti, oppure se anche nei giorni precedenti? Lo chiedo perché la datazione ufficiale (molto contestata) del delitto fu alla domenica sera, ma molti elementi su cui ora qui non sto a dilungarmi fanno invece propendere per il venerdì sera.

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    1. tutti questi esperti balistici secondo me non ci hanno capito molto!

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  12. Ovviamente, nel commento precedente, volevo scrivere "persona mugellana". Il navigatore Magellano non c'entra niente... Dannato correttore!

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  13. Chiedo poi scusa per l'anonimato, ma non ho capito come si faccia qui a far comparire il nickname... Comunque mi chiamo Luca.

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  14. Ce poco da fare,il mostro e' stata una sola persona solitaria e che ha sofferto per amore ,ha trovato per caso quella pistola

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  15. Chi era addetto alle ricerche della pistola del omicidio del 68? Quell'omicidio non centra niente col mostro,quella era cuorna

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  16. Bellissimo blog. Vorrei riportare le parole di Cochi riguardo il presunto alibi del rosso del Mugello: proprio in questi giorni Cochi ha dichiarato nei suoi social che 1. Non esiste nessun alibi accertato in riferimento al weekend a Forte dei Marmi 2. Non esiste nessun riferimento al fatto che il presunto rosso del Mugello all epoca dei fatti di Scoeti nel 1986 fosse attenzionato dalle forze dell'ordine

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    1. Ciao e grazie per il commento e per i complimenti.
      Cochi ha avuto accesso agli atti, quindi è probabile sappia quello che dice.
      Ci sono altri ricercatori che sostengono l’alibi fornito dalla vacanza a Forte dei Marmi in alcuni video facilmente rintracciabili in rete.
      Io mi limito a riportare le differenti versioni, facendo sempre uso del condizionale, come d’obbligo.
      Ciao e a presto.

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    2. Va be se andate ancora dietro alle panzane di Cochi nel 2024 siamo a possto hahaha ha ha ha hahaha

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  17. poverello deve scrivere libri,il mostro l'assassino non e' stato nemmeno a 10000000000mila km sfiorato dalle indagini ,trattasi di un matto solitario e nemmeno cosi' intelligente come si pensi, si e' salvato perche' allora non esistevano telecamere dappertutto

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  18. ma porcaccia dellla...... ma come possibile pensare e credere che un assassino simile si faccia vedere in un bar seguire la vittima ,lasciare l'auto vicino ai luoghi dei delitti e magari dare un passaggio con tanto di auto e targa e raccontare all'autostoppista di una lettera con un pezzo di seno ma siete imbecilli o ci fate????? .

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  19. Quel tipo di pistola ,mettiamoci anche abbastanza vecchiotta si inceppano facilmente soprattutto con munizioni vecchiotte ,no per me e' impossibile che il vero mostro sia stato cosi' fortunato!!!

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  20. Buongiorno, chiedo un chiarimento sulla questione del "lotto di poche decine di scatole" a cui si arriverebbe dalle imperfezioni sulle H. Da dove si desume che si possa restingere il numero di scatole con la medesima imperfezione a poche decine e non a "molte decine" o acora di piu? Ovviamente piu è basso il numero meno è probabile un passaggio separato dell arma e del munizionamento. Grazie. Mario.

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    1. Buongiorno Mario, la ringrazio per il commento.
      Dove ha letto "poche decine di scatole"? Glielo chiedo perché nessuno è mai stato in grado di quantificare questa quantità, se poche o molte. Anche a Processo, non è stato possibile chiarire il punto.
      In questo articolo si parla di "svariate decine di scatole" ma è un termine arbitrario e del tutto privo di un riferimento numerico che - ripeto - nessuno sarà in gradi di fornirle.

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    2. ha ragione! mi scuso, diciamo che sulla dimensione dello "svariate" si gioca la probabilita che ad un acquisto casuale sucessivo al delitto del 68 ci si potesse imbattere nello stesso lotto. grazie. mario

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    3. Pistola e munizioni trovate per puro caso il delitto del 68 non e' stato commesso dal futuro cosiddetto mostro di firenze MIO PENSIERO PERSONALE.

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